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Titolo: Ritorno ad Avalon
Autore: Eleonora Sessa
Serie: Il mito arturiano
Parti: 1
Status: Concluso
Archivio: SLC
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Ritorno ad Avalon

Eleonora Sessa

"E all'improvviso capì perché Lancillotto
avrebbe galoppato nei secoli la lancia in
resta, raccogliendo i cuori degli uomini
sulla punta della sua lancia come anelli per
esercitarsi a giostrare."
John Steinbeck


Dopo tanto tempo ho trovato il coraggio di tornare a casa.
Ma la mia casa non c'è più.
Da anni ormai gli uomini hanno dimenticato la via che porta ad Avalon, e Avalon si è allontanata nelle nebbie, per sempre.
Mi aggiro tra le rovine di Glastonbury, in cerca di ricordi non miei. Il Tor, sullo sfondo, mi aiuta a creare l'illusione. Se socchiudo gli occhi, le pietre abbattute diventano alberi e i prati si animano del fresco vociare delle giovinette della Casa delle Vergini.
Là c'è ancora il Pozzo Sacro. Naturalmente qui ha un nome diverso, ma la Dea elargisce ancora i suoi doni a chi beve di quell'acqua. Ora i preti lo chiamano Pozzo del Calice, in ricordo della più grande impresa mai tentata dall'uomo.
Il Graal.
Il mio estremo fallimento. La ricerca di una purezza che non era più mia, che non potrà mai più essere la mia.
Mi dirigo verso il vecchio faggio. È uno strano albero. Non ho mai capito se quello che sorgeva ad Avalon era il suo gemello o se realmente esisteva nei due mondi contemporaneamente. Mi piace pensare che sia una porta, l'estremo passaggio per quei pochi che ancora desiderano raggiungere l'isola dei meli.
Sfioro con reverenza la corteccia segnata dal tempo.
«Madre!» Non riesco a trattenere la sorpresa: è apparsa all'improvviso, accanto all'albero, giovane e bella come ai tempi della mia infanzia.
«Ti ho sentito chiamare, figlio mio». C'è tenerezza nella sua voce.
Quando ero bambino pregavo per poter vedere in lei la madre e non la Dea.
«Signora, com'è possibile...?»
Alza una mano ad accarezzarmi i capelli. «Il velo che separa i mondi, in questo luogo, è più sottile. Il tuo amore mi ha portato qui».
Mi chino a baciarle l'orlo della veste. «Mi riesce difficile credere che il mio amore valga ancora qualcosa.» Non riesco a trattenere l'amarezza: è stato l'amore a dannarmi, a farmi tradire ciò che avevo di più sacro.
«L'amore è sempre prezioso.» Le parole della Dama del Lago scendono come balsamo a lenire le mie antiche ferite. «Ti piacerebbe rivedere i vecchi amici?»
La domanda mi sorprende. Mia madre deve ancora possedere la Vista, per leggere con tanta chiarezza nelle profondità del mio cuore.
«Puoi operare questo miracolo, Signora?»
«Non io, figlio. Tu.»
Scuoto la testa, dubbioso. «Se fosse possibile mi piacerebbe incontrare un'ultima volta i miei compagni d'arme,» sospiro, «e anche...» Non oso continuare. Questa è una ferita ancora aperta.
«La Regina?» suggerisce la Dama del Lago.
Sorrido impacciato: forse la Vista di mia madre non è poi così acuta. «No. Artù.»
Sento che vorrebbe chiedermi qualcosa, ma preferisce tacere. Prende la mia mano tra le sue e la appoggia nuovamente all'albero.
Ad un tratto mi trovo circondato dai cavalieri della Tavola Rotonda.
«Cugino!»
Galvano è sempre quello di una volta. Mi stringe in un abbraccio rude, ma è un vecchio gioco tra di noi. Ricambio la stretta con altrettanta energia, impegnandolo per qualche istante nella nostra scherzosa prova di forza.
«Vedo che i secoli passati a cavalcare per il mondo non ti hanno indebolito!» ride.
È bello sentire di nuovo la sua risata aperta e contagiosa. So che molti hanno accusato Galvano di essere troppo accecato da se stesso per poter vedere ciò che lo circonda, ma io conosco il suo cuore, e so che è generoso e leale. In quanto alla scarsa capacità di riflessione... con il passare del tempo mi sono convinto che sia più una benedizione che un difetto. Se anch'io fossi stato capace di seguire la mia strada senza perdermi dietro a pensieri logoranti e sogni pericolosi, ora potrei godere dell'oblio, invece di essere condannato a vagare per sempre tra i mortali.
«Ser cavaliere.»
Mi volto verso la voce che mi chiama così cortesemente. «Tristano! Anche tu qui? Sono davvero felice di vederti!» È la verità: al mondo non esiste un cavaliere più nobile e gentile di lui.
«Ci sei mancato, Lancillotto.»
Posso credere alle sue parole. Il suo animo non è stato mai capace di menzogna o meschinità. Forse anche perché lui, più di tutti, sapeva quanto poco c'era da invidiare nella mia posizione di campione della regina...
Gli sorrido come farei a un fratello. «Anche voi mi siete mancati. A volte ho pensato che proprio questa fosse la mia condanna: l'estrema, eterna solitudine. Ma dimmi di te. Hai finalmente trovato la pace?»
Un lampo di dolore attraversa il suo sguardo. La sua storia e la mia sono così simili che a volte, guardandolo, mi sembra di vedere me stesso da giovane.
Possibile che gli errori degli uomini debbano ripetersi senza fine, sempre uguali? Possibile che non esista proprio nessuna speranza?
Una voce irridente mi colpisce come una lama ben affilata. «E tu? Hai trovato la tua pace?»
Morgana non è cambiata. Ha ancora la capacità di trovare a colpo d'occhio il punto debole nella difesa di un uomo e sa approfittarne senza scrupoli.
Trattengo a stento un sospiro. «Sai che non posso.»
«Di' che non vuoi!»
«È la pena per il mio tradimento.»
Mi guarda negli occhi e, con mia grande sorpresa, l'espressione non è di scherno, ma di pietà. «Una pena che ti sei inflitto da solo.»
La tenerezza mi travolge. Davanti a me non c'è la sacerdotessa o la duchessa di Cornovaglia. Quella che vedo è la fanciulla che mi sorrideva sul Tor, la parente che calmava i miei affanni cantandomi le dolci ballate di Avalon. «Ciò che ho fatto è così enorme!»
«Come tutto ciò che ti riguarda, cavaliere! Nel bene e nel male tu devi distinguerti dagli altri.»
La voce sfrontata appartiene a un giovane di bell'aspetto, alto e bruno, vestito di scuro. Faccio per rispondergli, ma Morgana mi precede. «Mordred! Le tue parole non ti fanno onore!»
Il giovane ride con amarezza. «Perché dovrei preoccuparmi del mio onore, madre? Per la storia io sono soltanto un traditore, un parricida. Ero il miglior combattente della Tavola Rotonda, e tu lo sai bene!» Si interrompe per puntare un dito verso di me. «Io l'ho battuto! Tra tutti i nobili compagni del re io solo ho avuto il coraggio di sfidarlo e la forza di vincerlo. Eppure, per gli uomini, lui è l'eroe, mentre io sono un vigliacco!»
Ha ragione. Io non sono degno della mia fama, così come lui non è totalmente responsabile della sua. Persino Morgana tace, per una volta a corto di argomenti con cui rispondere.
«Nessuno ha mai negato i tuoi meriti, figlio.»
Conosco questa voce. I cavalieri si spostano formando due ali per far passare il nuovo arrivato.
«Ser Lancillotto accettò la sua sconfitta e premiò il tuo valore nominandoti cavaliere. Le ragioni che ti hanno portato a tradire gli ideali della cavalleria non possono essere imputate a lui. Se proprio cerchi un bersaglio per il tuo odio, eccomi qui. So di non essere stato giusto con te e di aver meritato il tuo disprezzo. Questo, però, non attenua il tuo crimine.» Le parole, e più ancora il tono autorevole, riducono al silenzio ser Mordred.
Artù si gira nella mia direzione.
Non riesco ad affrontare il suo sguardo. Cado in ginocchio, il volto chino verso terra.
«Mio Signore e mio Re.»
«Amico mio.»
La sua mano sulla mia spalla ha ancora il vigore della giovinezza.
«Alzati, Lancillotto. Sai che non ho mai amato ricevere questo genere di omaggio da te. Lascia che ti abbracci, come si conviene tra parenti.»
Mi parla come ai tempi delle prime battaglie, quando combattevamo fianco a fianco contro i nemici del regno. Allora eravamo entrambi giovani e innocenti...
Ora siamo cambiati.
Non riesco a vedere in lui il ragazzo che si esercitava di nascosto nel bosco con Excalibur, l'amico con cui condividevo le lunghe notti di veglia prima dei grandi scontri, l'uomo che ho amato quasi più di me stesso.
Lui è il Grande Re. Il mio Re.
E io l'ho tradito, rubandogli ciò che di più prezioso avesse al mondo: l'amore della sua sposa e la fiducia che aveva riposto in me.
Mi alzo, senza però osare risollevare lo sguardo.
«Perché quell'aria cupa, amico mio? Sei finalmente tornato tra noi. Il tuo viaggio è terminato.»
Scuoto la testa. «Non posso restare. Devo ancora pagare per la mia colpa.»
«Non c'è peccato che non possa meritare il perdono. E tu sei stato perdonato molto tempo fa. Nulla più ti costringe a restare lontano da noi, se non la tua volontà.»
Vorrei accettare l'invito contenuto nelle sue parole, vorrei restare. Ma qualcosa me lo impedisce. Cerco di calare una barriera per proteggermi dal suo amore. «Ti sbagli.»
«Metti alla prova quanto dico. Torna ad Avalon con me. Con noi.» Non si arrende. La sua amicizia per me è tornata ad essere quel sentimento puro che ci ha legati da giovani. Come allora, lui mi ama e, come allora, io dovrò ferirlo.
Chiudo gli occhi mentre qualcosa dentro di me si lacera. «No. Non ancora.»
Non ho bisogno di guardarlo per sapere che l'ho fatto soffrire.
«Sia come tu vuoi.» È un sospiro, ma a me sembra il rintocco di una campana, la mia condanna definitiva.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime mentre mi volto e mi allontano.
Non tornerò mai più.

***

Ai piedi del grande faggio, Artù e la sua corte seguono con lo sguardo il cavaliere che scompare tra i resti della vecchia abbazia.
«È il migliore di tutti noi,» commenta Galvano.
«Lo è davvero!» Igraine è apparsa all'improvviso in mezzo al gruppo. Il suo aspetto e la sua voce sono i consueti, eppure una nuova dignità li ammanta.
«Madre!» esclama Morgana, ma è chiaro a tutti che è la Dea colei che sta invocando.
«Sembri sorpresa, figlia mia. Forse pensavi che una sacerdotessa fosse più adatta per la mia manifestazione. Eppure lo sai che io sono in tutte le donne.»
La giovane china il viso, confusa.
«Signora, riconosco in te la forza che ha mosso gli eventi di cui noi siamo stati protagonisti. So che non ci è concesso di capire i tuoi scopi, ma vorrei ugualmente fare una domanda.» Artù è deciso, senza essere arrogante.
«Chiedi.»
«È per Lancillotto. Quanto ancora dovrà vagare per il mondo? Quanto durerà la sua pena?»
Negli occhi della Dea brilla una luce di compassione. «Non avrà mai fine, figlio mio. Senza di lui lealtà e onore perderebbero l'ultimo campione e il mondo sarebbe sconfitto dalle tenebre. Finché ci sarà un solo uomo sulla terra, lui galopperà in suo aiuto.» Gira lo sguardo su tutti i presenti. «Capite ora la vera natura del suo sacrificio? La sua solitudine, i suoi rimpianti, il suo dolore fanno di lui l'eroe perfetto. Certo, per gli uomini Lancillotto non è che una leggenda, ma quando l'ombra di questa leggenda cade su un mortale, costui non può fare a meno di esserne commosso. E la commozione apre la strada all'emulazione.»
Alza le braccia nell'antico rituale e, come assecondando il suo gesto, le nebbie si levano avvolgendo il gruppo. La sua voce si attenua, confondendosi con lo stormire delle foglie.
«Lancillotto non tornerà ad Avalon perché il mondo ha bisogno di lui.»







StrangeLandsChronicles © 2004
© Eleonora Sessa