[Home] [Racconti] [Disegni] [Articoli e Recensioni] [News] [Links]

[Una volta erano elvassini...] [MZB's Darkover]

barra spaziatrice
Titolo: Un incubo troppo reale
Autore: Reyka O'Connor
Serie: Marion Zimmer Bradley's Darkover
Parti: 1
Status: Concluso
Note: il racconto faceva parte del gioco di letteratura interattiva The Elvas Project
Archivio: SLC
barra spaziatrice

Un incubo troppo reale

Reyka O'Connor



Parla Reyka
Quando mi resi conto che la piccola si era assopita, mi appoggiai alle assi del letto, posai il flauto, ed osservando i guizzi del fuoco nel camino, mi addormentai anch'io.
Mi trovavo di nuovo nel luogo grigio e nebbioso dove avevo sentito la voce misteriosa, il paesaggio sembrava speculare da ogni parte lo si guardasse. Ero di nuovo vestita in tunica bianca... ma sognavo? eppure avevo l'impressione che le mie percezioni fossero più che reali, decisamente nitide.
Feci qualche passo e la nebbia si diradò ai miei piedi, mentre mi pareva di sentire in lontananza un canto, ma non distinguevo le parole, una melodia dolcissima.
Volli avvicinarmi e notai che non dovevo neanche muovere i piedi, mi era bastato pensare di avanzare ed eccomi muovermi veloce verso quel canto: ero forse in una dimensione parallela regolata dal pensiero? Queste cose mi affascinavano parecchio.
Finalmente il grigiore fu illuminato da una tenue luce dorata: Miralys, la piccolina che mi sembrava stesse dormendo nel letto del rifugio, era lì immersa nel canto, con gli occhi chiusi, le braccia tese verso l'alto.
Era lei ma nel contempo era diversa: non pareva del tutto umana... mi sembrava di ricordare alcune illustrazioni di creature fatate che le somigliavano molto.
Inoltre i capelli fluttuavano sulle spalle grigio argentati e lasciavano scoperte le orecchie, le mani notai avevano sei dita e si muovevano come fluttuando nell'aria.
Rimasi incantata ad osservarla mente cantava quel canto melodioso di cui non capivo le parole, ma coglievo il senso, un inno alla magnificenza della natura, al sole rosso, alle quattro lune misteriose, alla vita dei boschi di questo pianeta ancora sconosciuto.
La melodia si fece ipnotica e mi ritrovai immersa nel ballo, nella musica, qualcosa che somigliava molto alla mia idea di paradiso...
Seguivo i suoi movimenti aggraziati, sembrava non toccare nemmeno terra e ci ritrovammo immerse nel verde del bosco, nel profumo dei fiori... ed anche loro cantavano, frusciavano, tutta la natura si agitava al ritmo ipnotico e sempre più vorticoso del canto.
Volevo fermarmi, ero stanca, mi sarebbe piaciuto sedermi tra l'erba ed assaporare l'aroma di fiori che non avevo mai visto, ma non ci riuscivo, le gambe, le braccia, tutto il mio corpo seguitava a ballare: anche Miralys sembrava essere in balia della musica senza poter fare nulla per fermarsi.
Cominciai ad avere paura, la chiamai e lei mi rivolse uno sguardo disperato, le lacrime mi rigavano le guance.
Lo splendido sogno di pochi attimi prima, si era trasformato in un orrendo incubo che sembrava non finire mai.
Raccolsi tutte le forze ed urlai, a chiunque potesse sentirci, con tutto il fiato che avevo in corpo. "Aiutateci! Per favore qualcuno ci aiuti!Voglio tornare a casaaaaaaaaaaaa..."

***

Parla Ruyven
Era da ore che camminavo trascinandomi dietro Kiro, il mio stallone nero. Non volevo rischiare che gravato del mio peso scivolasse e si azzoppasse.
La tempesta infuriava violentissima, sicché procedevamo molto lentamente, mi sentivo mezzo congelato e probabilmente la neve mi era entrata perfino nei pantaloni.
Poi finalmente, al fondo della curva intravidi la forma di un rifugio, una splendida invenzione di qualcuno, che ogni anno salvava molte vite.
Oltretutto non c'era da preoccuparsi di faide e ostilità, nei rifugi vigeva una tregua perenne.
«Chissà chi ci sarà, Kiro? Speriamo di trovare una compagnia simpatica...!? Beh, muoviamoci.» Appena fummo al riparo dal vento, ci dirigemmo verso le stalle: c'era solo un'altra bella bestia, coperta da un mantello di lana ruvida.
Impastoiai Kiro e lo legai nello spazio libero accanto all'altro cavallo, lo coprii a mia volta e aggiunsi del foraggio in modo che bastasse per tutta la notte ad entrambi gli animali.
Corsi poi verso la porta del rifugio, per fortuna non era sbarrata e portandomi al seguito un gelido refolo di neve e vento mi richiusi la porta alle spalle.
Sentire il tepore del fuoco fu una gradita sorpresa, ma era molto basso e mi chinai per ravvivarlo, il rifugio era pieno di ombre e non riuscivo a distinguere gli altri occupanti.
Poi mi voltai e le vidi: su una branda, coperta fino al collo, c'era una ragazzina dai capelli bianchi e sciolti, profondamente addormentata, ed appoggiata al suo capezzale, una ragazza che non poteva essere molto più vecchia avvoltolata in una coperta, con un micio acciambellato in grembo.
Qualcosa non andava: avevo fatto parecchio rumore, entrando e trafficando col fuoco, ma non avevano dato segno di avermi sentito, ed erano molto pallide. Iniziai a preoccuparmi, poteva essere un principio di congelamento, ma il rifugio era abbastanza caldo. Mi avvicinai al capezzale ed estrassi la matrice per un controllo superficiale: fu allora che pensai di aver capito. Uno shock, un attacco di mal della soglia.
Cercai il contatto con le loro menti, ma erano molto lontane e non sentii un vero e proprio contatto, per nessuna delle due: senza perdere tempo sciolsi la mia pietra sul palmo, e balzai nel Supramondo.
Dapprima non vidi nessuno, e non udii nulla poi uno scossone mi fece cadere e venni travolto da un disperato urlo d'angoscia... mi precipitai verso la voce e assistetti alla scena più strana e agghiacciante: le due ragazze addormentate danzavano come burattini privi di volontà al ritmo di una melodia straziante.
La piccolina cantava quella melodia. Sembrava persa nella musica, e dall'esperienza sapevo che se si sta troppo tempo nel Supramondo senza avere l'esperienza necessaria, od un buon monitore, si rischia di che il corpo collassi e muoia. Soprattutto nelle crisi di mal della soglia.
Allora le chiamai più forte che potei, e tesi la mano alla ragazza bruna che mi fissava con aria disperata, finché riuscii ad afferrarla ed a cingerla. "Ora sei salva, chiya."
Lei si tenne forte a me e sorrise. Captai qualcosa nella sua mente, immagini confuse di prati verdi, scogli a picco sul mare ed un sole dalla luce... più cruda. Ma furono dei flash che si dissolsero in un attimo, e poi avevo ancora la piccina da liberare.
Insieme, tenendoci la mano, riuscimmo a trascinarci verso la bambina, che svenne tra le mie braccia.
Ci ritrovammo nei nostri corpi ed eravamo tutti esausti, la piccola si svegliò e gemette, la ragazza bruna la strinse forte e volse su di me il suo sguardo stanco: «Chi sei? Come... cos' hai fatto?»
«Dopo vi spiegherò, ora state ferme e zitte, devo controllarvi.»
A parte lo stress che avevano subito i loro corpi, sembravano a posto, la piccola era molto debole, era chiaramente in preda ai violenti attacchi del Mal della Soglia e avrebbe dovuto essere visitata da una Custode.
La ragazza bruna, invece, era soltanto frastornata.
Riposi la matrice e presi dalla mia sacca delle barrette al miele e delle noci, e le distribuii in tre parti uguali.
Mentre mangiavamo mi presentai: «Mi chiamo Ruyven Mikhail Castamir y Storn, sono in viaggio verso Elvas. E voi?» «Io mi chiamo Reyka O'Connor, faccio da tanto tempo sogni in cui vedo una specie di torre luminosa, e sentendo il forte bisogno di raggiungerla, mi sono messa in marcia. Vengo da Caer Donn. Lei invece l'ho trovata semi assiderata nella neve, si chiama Miralys, è orfana, perciò ho deciso di portarla con me. Appena sarà guarita, ripartiremo.»
«Perché non hai una matrice con te pur essendo una telepate molto dotata? Non lo sai che chi non impara a controllare il suo dono è un pericolo per sé e chi gli sta accanto?» Lei voltò il viso verso la bimba, le regalò uno sguardo dolcissimo e preoccupato, ma non mi rispose. Invece chiese: «Sono stata io a causare tutto questo?»
«No, sei stata ,credo, trascinata dalla forza dell'attacco del mal della soglia che ha colpito Miralys,» poi pensai tra me "Questa ragazza è decisamente carina," continuando subito dopo ad alta voce: «penso che siamo in viaggio verso la stessa meta, se vuoi posso scortarvi, anche perché penso di poter far qualcosa per controllare i sintomi della bambina.»
Reyka sembrava dubbiosa, ma osservò il fagottino sul letto e si decise: «Se avessi voluto, avresti potuto approfittare della nostra incoscienza per derubarci o ferirci, ma non è stato così... quindi... verremo con te.»
«Bene, e a quanto vedo, mi sa che dovrò spiegarti i principi basilari del comportamento di un telepatie. Non ne sai quasi nulla, vero?»
Arrossì, ed annuì con un timido sorriso.
Più tardi, quando le due si erano addormentate, mi avvolsi in una coperta accanto al fuoco, pensando che il mio destino cominciava a mostrarsi sempre più chiaro.
Ma Reyka mi nascondeva qualcosa, quelle immagini nella sua mente...







StrangeLandsChronicles © 2004
© Reyka O'Connor