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Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 2
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 2

Lontano dal sopramondo

Di ritorno alla Torre, Ellemir aveva fatto una breve apparizione nel salottino che fungeva da sala di ritrovo per il gruppo di telepati che risiedeva a Tramontana. Aveva il dovere di comunicare la sua prossima partenza e voleva salutare tutti i suoi colleghi di lavoro, ma l'incontro fu più desolante di quanto avrebbe potuto immaginare.
Tutti sapevano che lei avrebbe lasciato Tramontana e, dopo le ultime disavventure, attendevano quasi con ansia la conferma della sua partenza. La maggior parte di essi ebbe comunque l'accortezza di tenere chiusa la propria mente, in modo da non far filtrare i propri pensieri. Sarebbe stato poco carino, per alcuni, farla partecipe del loro sollievo per la sua partenza, mentre gli altri non volevano che il loro rammarico, motivato più che altro dalla perdita di una ottima Custode, rendesse più triste il suo già difficile distacco dalla Torre.
Furono molto pochi i colleghi che le inviarono sinceri messaggi di cordoglio per il suo abbandono e, tra tutti, solo Rafael, il primo Tecnico di Tramontana le fece capire che desiderava parlare con lei a quattr'occhi, prima che decidesse di ritirarsi per preparare i bagagli per il viaggio.
Il fatto di non essere mai riuscita ad instaurare un buon rapporto di amicizia con nessuno degli altri comyn del gruppo non l'aveva mai disturbata più di tanto. Il ruolo che doveva ricoprire le aveva permesso di mantenere una sorta di gelido distacco e, solo in quel momento, Ellemir si rese conto di quanto isolata fosse stata in realtà fino a quel momento e di quanto poco la sua vita doveva valere per tutte le persone con cui aveva lavorato.
Meditando su questo, Ellemir salutò nuovamente i colleghi e si avviò verso la sua stanza per preparare le poche cose che le sarebbero occorse durante il viaggio.
Rafael la seguì in silenzio. Era stato il solo ad aver offerto il suo aiuto alla Custode, proponendole di affrontare assieme un viaggio fino a Castel Comyn, nel tentativo di scoprire l'identità dei mandanti dei suoi attentati. Ellemir si era fermamente rifiutata, non voleva coinvolgere altre persone nelle sue disgrazie e, se tutti i problemi derivavano dalle sue parentele, come aveva creduto fin dall'inizio, non voleva inimicare nessuno ai favori del Consiglio. Specialmente qualcuno che, in un futuro non troppo lontano, avrebbe dovuto lasciare la Torre per mettere su famiglia e adempiere ai propri doveri verso il clan.
Ellemir si fermò all'altezza della stanza dei relè, invitando Rafael ad accomodarsi su una delle poltrone in quel momento libere. Nonostante vi fosse sempre qualcuno in servizio, quello rimaneva il posto più tranquillo della Torre e la Custode sapeva che la persona in quel momento di turno non avrebbe potuto disturbarli neanche se avesse voluto.
«Mi spiace che tu abbia deciso di partire,» disse Rafael, «non credo che troveremo nessuno in grado di sostituirti pienamente.»
Ellemir sorrise tristemente, non tanto alle parole dell'uomo quanto nel rendersi conto che la sua mente rimaneva chiusa ed impenetrabile a qualsiasi contatto.
«Oggi ho ricevuto un messaggio da parte di Fiona di Neskaya,» continuò poi il Tecnico. «Credo che volesse mettersi in contatto con te per stabilire i termini di un vostro incontro,» Ellemir cercò di trattenere un brivido al pensiero che una terza persona potesse essere venuta a conoscenza di una parte dei suoi piani per il viaggio. «Mi ha chiesto di riferirti avrebbe atteso tue notizie e non ha aggiunto altro. Credo che tu sappia cosa intendeva.»
Ellemir annuì. «Avevo detto anche a lei che mi sarei vista costretta a lasciare Tramontana,» aggiunse subito dopo, come sentendo la necessità di fornire una spiegazione, anche se vaga, alla comunicazione fatta dall'altra Custode. «Mi ha proposto di tornare a Neskaya, ma non posso andare via di qui per mettere a repentaglio la sicurezza di un'altra Torre.»
«Credi davvero che tuo zio accetterà di prendersi carico della tua protezione?» il tono di Rafael si era fatto troppo interessato e un nuovo brivido percorse la schiena di Ellemir.
"Qualcuno sta camminando sulla mia tomba," pensò incoerentemente. «Non può rifiutarsi,» aggiunse subito ad alta voce. «Anche se lascio Tramontana, rimango sempre una Custode. Sarebbe un'offesa nei riguardi del mio ruolo e, anche se lui è l'Erede del Dominio, non può permettersi di rifiutare ospitalità ad una persona del mio rango. In un certo modo, valgo molto più di lui.»
Rafael annuì, distogliendo il suo sguardo da quello della donna. «Partirai domani?» chiese distrattamente, come se la cosa non avesse importanza.
«Non appena arriverà la mia scorta,» Ellemir si mantenne enigmatica. Non le piaceva l'interesse che Rafael metteva nel cercare di scoprire i suoi progetti. Probabilmente era solo preoccupato per lei ma, in quelle ultime ore, Ellemir avrebbe dubitato anche della buonafede della propria ombra.
«Dovrai fare attenzione,» continuò Rafael sullo stesso tono. «Sui passi più alti è già caduta la prima neve. Il viaggio potrebbe essere più pericoloso del previsto.»
«Non credo che correremo rischi, non da quel punto di vista. Andando verso sud dovremmo trovare un clima ancora mite.»
«Fai attenzione, in ogni caso.»
Ellemir annuì. «Ora è meglio che vada. Devo ancora preparare il mio bagaglio.»
«Non credo ci rivedremo più,» quello di Rafael voleva essere chiaramente un commiato definitivo. «Ti auguro buona fortuna, Ellemir di Tramontana,» disse poi, inchinandosi lievemente davanti a lei.
La Custode lo salutò a sua volta, senza troppi cerimoniali. La simpatia che poteva aver provato per il Tecnico in tutti quegli anni stava sfumando davanti al comportamento che l'uomo aveva tenuto in quei pochi minuti. Ellemir sentiva che avrebbe dovuto incolpare solo se stessa per le strane sensazioni che aveva ma, nonostante tutto, non riusciva ad accettare lo strano comportamento di Rafael.
Attese nella stanza dei relè che il Tecnico la lasciasse per tornare alle sue occupazioni poi, sempre più tristemente, Ellemir si avviò verso le sue stanze. Doveva preparare il suo bagaglio, come aveva detto a Rafael, ma soprattutto doveva mettersi in contatto con Fiona. Quello che si sarebbero dette non poteva essere di dominio pubblico e utilizzando il circuito dei relè avrebbero ottenuto il risultato opposto. Era necessario che Ellemir salisse nel sopramondo per incontrarsi con la sua vecchia amica e collega.

***

La prima parte dei suoi compiti venne risolta rapidamente. Dentro una piccola sacca Ellemir ripose un cambio di abiti e qualche oggetto di uso quotidiano. Ma, al momento di riporre la sua matrice, non resistette alla tentazione di fare immediatamente un breve sopralluogo nel sopramondo, per cercare di incontrare l'altra Custode. Ellemir sapeva che lei attendeva un suo messaggio ma, come d'abitudine, non avrebbe dovuto salire nel sopramondo prima di mezzanotte, ora abituale dei loro incontri.
Erano mesi che Ellemir aveva cominciato a provare la sgradevole sensazione di non essere sola nel sopramondo, come se qualcuno la tenesse controllata e tentasse di localizzare la sua posizione nel mondo reale mediante la sua immagine mentale, e da allora le due donne avevano deciso di utilizzare per i loro incontri un orario solitamente adibito ai lavori dei vari cerchi.
La prima volta che aveva provato quella sensazione, Ellemir aveva dato la colpa alla tensione provocata dagli strani incidenti, si ostinava ancora a chiamarli così, che alla fine l'avevano costretta a partire. Tutte le volte che varcava la soglia del mondo mentale provava una specie di angoscia, il timore di essere in costante pericolo anche, e soprattutto, lì nel sopramondo. Immaginazione, forse, ma era certa che anche questa volta non avrebbe fatto eccezione.
Ellemir si distese sul letto ed estrasse la sua matrice. Nonostante fosse ancora avvolta dalla seta isolante, la pietra sembrava calda, come se l'avesse utilizzata di recente. Non si preoccupò della cosa, non era raro che accadesse. Quindi chiuse gli occhi e, cercando di non pensare al viaggio che l'attendeva per l'indomani, scivolò dolcemente nel sopramondo.
Con sicurezza individuò la Torre di Arilinn, dove Ellemir avrebbe dovuto essere addestrata, se nelle sue vene fosse scorso solo sangue Alton. Senza badare al senso di invidia che sempre provava nel passare vicino alla Torre più importante del pianeta, si spostò velocemente verso di essa, incurante della costante sensazione di sentirsi seguita a distanza. Una volta raggiunta Arilinn si sarebbe diretta, senza esitazioni, verso la sua meta finale.
Dai tempi dell'addestramento Ellemir utilizzava quella Torre come punto di riferimento e, anche se la cosa non sarebbe stata più necessaria, l'abitudine non era mai mutata, neppure dopo le ultime spiacevoli esperienze. Rapidamente raggiunse il punto dove lei e Fiona si incontravano abitualmente e, a dispetto dell'orario anomalo, trovò l'altra Custode ad aspettarla.
«Sapevo che saresti salita subito, non appena ricevuto il messaggio,» le disse Fiona, dopo i convenevoli di rito.
«È per domani,» le comunicò semplicemente Ellemir.
«Allora ci incontreremo fra tre giorni,» Fiona sollevò una mano, bloccando la protesta che stava per uscire dalle labbra di Ellemir. «Capisco che tu sia ancora contraria. Ma deve essere fatto.»
«Ne riparleremo,» fu il solo commento di Ellemir. Fiona annuì e, dopo un breve cenno di saluto, si accomiatò da lei.
L'incontro era stato volutamente rapido e incomprensibile, almeno speravano, agli occhi di un'eventuale spia, ma Ellemir abbandonò il posto avvolta da uno strano senso di inquietudine. Tornò rapidamente su i suoi passi, dirigendosi nuovamente verso la Torre di Arilinn. Una volta raggiuntala, si rese finalmente conto che qualcosa realmente non andava e, questa volta, non era solo colpa della sua immaginazione.
L'aria intorno a lei sembrava pesante, sentiva quasi fisicamente lo sforzo che compiva nel muoversi. Fino a quel giorno non aveva mai avvertito la sensazione del movimento e, anche se preferiva spostarsi seguendo percorsi ben definiti, in realtà le sarebbe bastato pensare di essere in un posto che subito il suo corpo astrale si sarebbe trovato sul luogo prescelto. Quella sera, il solo arrivare ai piedi della Torre di Arilinn, un esercizio per lei ancora più semplice del rompere un bicchiere, le costò una fatica immane.
In un primo tempo credette che fosse la Custode della Torre ad aver creato quello strano fenomeno. Forse stavano compiendo qualche lavoro particolarmente difficoltoso e quello era una specie di segnale che invitava tutti a starsene alla larga. Ma, in tal caso, la Torre avrebbe comunicato la notizia attraverso la rete dei relè, in modo che nessuno disturbasse per sbaglio i tecnici al lavoro.
No, doveva esserci qualche altra spiegazione, ma Ellemir non era sicura di voler scoprire quale essa fosse.
Attese che qualcuno percepisse la sua presenza nella zona di sopramondo occupata da Arilinn ma, nonostante il passare dei minuti, nessuno comparve. Provò allora a contattare direttamente l'altra Custode, ma ancora non ebbe risposta anzi, le sembrò di sentire un incredibile senso di gelo provenire dall'immagine proiettata dalla Torre di Arilinn nel sopramondo.
Guardò con più attenzione la costruzione e solo allora le sembrò di notare delle piccole differenze tra essa e l'immagine che era abituata a vedere. La Torre sembrava più vecchia, l'usura degli anni passati nel piano reale dell'esistenza si ripercuoteva anche nel sopramondo e, soprattutto, l'immagine veniva modificata da come i suoi abitanti la vedevano. L'alta costruzione non sembrava più il simbolo della potenza dei comyn sul mondo governato dai poteri del laran, bensì una fredda prigione, un luogo dove una potente energia veniva costretta in angusti spazi piuttosto che lasciata libera di esprimersi per il mondo.
Ellemir ebbe come la visione di una giovane donna, abbigliata con la veste cerimoniale delle Custodi, rincorsa da una folla infuriata, desiderosa di procedere al suo linciaggio.
L'immagine sparì altrettanto rapidamente, lasciando solo la sensazione che quella donna fosse stata accusata ingiustamente, ma non riuscì a cogliere niente altro del probabile futuro che aveva intravisto. Quelli erano fatti che sarebbero appartenuti ad Arilinn e sicuramente ad una generazione lontana dalla sua, come potevano queste cose riguardare lei, che stava per abbandonare la propria Torre per rifugiarsi nel Dominio Perduto?
La paura cominciò ad attanagliare il cuore di Ellemir. Doveva allontanarsi da lì, cercare di tornare verso Tramontana e il suo tempo. Lentamente e con altrettanta fatica riprese la strada di casa, ma era come se l'aria del sopramondo si fosse trasformata in melassa. Una forza misteriosa sembrava volerla tenere legata a quel luogo, impedendole di rientrare nel proprio corpo.
Si rese conto improvvisamente d'essere caduta in una trappola e, ormai in preda al panico, Ellemir cercò di opporre resistenza, aumentando gli sforzi per liberarsi da essa. Sperando che la Custode di Arilinn non fosse coinvolta nell'azione, lanciò un altissimo grido d'aiuto che avrebbe dovuto raggiungere qualsiasi telepate nel raggio di molte miglia.
Nulla. Pur essendo imprigionata in una trappola a matrice appartenente al suo tempo, Ellemir si trovava ancora sospesa a cavallo dello sfasamento temporale che si era venuto a creare e il suo appello di aiuto non aveva trovato sfogo in nessuna delle due realtà. L'aria non sembrava neppure essere stata scalfita dalla tremenda energia che aveva impresso in quel segnale d'allarme. Era ancora imprigionata in quella sorta di ragnatela creata utilizzando un laran molto potente.
Decise allora di risparmiare le forze, era ovvio che non sarebbe riuscita a sfuggire da quell'ammasso vischioso di energia se avesse continuato a sprecare la sua. Questo semplice ragionamento le fece ricordare che, probabilmente, era la stessa trappola che l'aveva imprigionata ad assorbire la sua forza. Più lei si fosse agitata più quella cosa avrebbe assorbito energia, creando un circolo vizioso dal quale non sarebbe riuscita a fuggire.
Cercò allora di ragionare logicamente sul problema, cosa non facile vista la paura che l'attanagliava. La trappola era stata piazzata davanti ad Arilinn perché sapevano che sarebbe passata di lì. Ma chi poteva essere a conoscenza dei suoi spostamenti? Solo Rafael sapeva che avrebbe dovuto contattare Fiona, ma nessuno poteva immaginare che lei si sarebbe recata nel sopramondo per incontrarla. La sola spiegazione poteva essere che lei, inconsapevolmente, avesse indicato ai propri nemici quello che avrebbe fatto quella sera oppure, possibilità ancora più angosciante ai suoi occhi, lo stesso Rafael non aveva fatto altro che attendere la sua comparsa e seguirla su quei percorsi che, ormai d'abitudine, Ellemir compiva. Questo stava a significare che Rafael l'aveva spiata e che, in quel momento, era la persona che reggeva la trappola in cui era caduta.
Ellemir scartò immediatamente la possibilità. Non riusciva ad accettare che qualcuno con cui aveva condiviso tutto potesse tradirla in un modo così vile e spietato. Ma chi altri poteva incolpare?
Una delle sue certezze, fino a quel momento e senza prove che la confermassero, era che a capo delle persone che operavano per eliminarla ci fossero gli Hastur. Nelle sue vene scorreva del sangue della casa regnante di Darkover, ma la sua posizione nella linea dinastica era troppo lontana perché qualcuno dovesse temere per la propria futura eredità. La stessa cosa si poteva dire di lei come Alton, anche se per motivi diversi lei apparteneva al ramo cadetto della famiglia. I suoi figli non avrebbero gettato che una piccola ombra sulla posizione di quelli dei maschi del primogenito della casata.
Entrambi i ragionamenti erano pertinenti, ma assolutamente inutili. Il fatto stesso che lei fosse una Custode metteva in ridicolo tutti i possibili giochi di potere riguardo le eredità dei due clan e, a pensarci bene, gli incidenti erano iniziati prima che lei decidesse di abbandonare la Torre.
"Bene," pensò con una nota di irritazione, "sembra che questa situazione mi aiuti a vedere più chiaro in questa faccenda. Almeno adesso sono sicura che non mi vogliono morta a causa delle mie parentele. Se fosse così sarebbe stato tutto fin troppo semplice."
Ancora presa nei suoi pensieri, Ellemir notò che l'energia impiegata per il mantenimento della trappola stava cominciando a diminuire. La rete sembrava essere alimentata unicamente dalla sua energia e, stando immobile e non opponendo resistenza, era quasi del tutto neutralizzata. La Custode notò anche che la Torre di Arilinn stava tornando al suo solito aspetto. La potenza emanata dall'immagine mentale della costruzione era quasi tangibile. Se per qualche momento Ellemir si era ritrovata in un tempo diverso dal suo, ora stava lentamente tornando al presente.
Pazientemente, attendendo che tutta l'energia della trappola si fosse esaurita, continuò nella sua ricerca ed eliminazione delle possibili cause che potevano aver scatenato questa caccia nei suoi confronti, nonché nella possibile identificazione dei cacciatori.
"Che la spia sia veramente la Rinunciataria che ho assunto come guida?" Non poteva evitare di prenderne in considerazione l'eventualità. Taksya n'ha Roslyn possedesse il laran ma, ripensando ai tentativi di sondaggio della sua mente, Ellemir dovette eliminare per una seconda volta l'ipotesi.
Nessun telepate addestrato sarebbe stato così stupido da fingersi privo di qualsiasi capacità. Sapevano di avere a che fare con una Custode, il trucco sarebbe stato scoperto fin troppo facilmente. Però Taksya poteva essere controllata senza saperlo, ma allora che senso aveva progettare la trappola in cui era caduta se i suoi nemici avrebbero potuto più semplicemente attendere e farla uccidere da lei durante il viaggio verso Caer Donn. Questo eliminava anche l'Amazzone dalla lista dei sospetti, a meno che, con questo trucco, i suoi avversari non mirassero appunto a far accrescere la sua fiducia nella donna, rendendo il suo compito di assassina più facile.
Ellemir si sentiva scoppiare la testa. Più ci pensava meno qualcosa sembrava avere senso, in tutta quella faccenda. La presenza della trappola a matrice aveva dato spazio ad altre teorie che avrebbero aperto nuove e ben più dolorose considerazioni.
I suoi nemici non avevano bisogno di informatori, specialmente se sapevano che prima o poi sarebbe salita nel sopramondo e che sarebbe passata nei pressi di Arilinn. Avevano solo piazzato una trappola, ripescata dai lontani secoli di guerre e sintonizzata sulle sue onde mentali, aveva lavorato con una infinità di telepati, poteva essere stato chiunque a realizzarla. L'avrebbero tenuta ferma in quella ragnatela fino a quando il suo corpo fisico non si fosse dimenticato di respirare, morendo. Dopo non avrebbe più costituito un pericolo per nessuno. Il suo corpo mentale si sarebbe diretto verso la sua ultima dimora e tutti si sarebbero presto dimenticati di Ellemir di Tramontana.
"Allora perché la trappola ha perso così rapidamente la sua potenza?" ma Ellemir non poté terminare il pensiero che, quasi in risposta ad esso, la ragnatela che l'avvolgeva tornò ad assorbire la sua energia, impedendole qualsiasi movimento.
Trovò facilmente la spiegazione al fenomeno. Lo slittamento temporale doveva aver indebolito il legame e, se avesse atteso ancora qualche istante a tornare nel suo tempo, sarebbe stata libera da esso. Purtroppo, come l'immagine di Arilinn le confermava, era tornata al presente e la trappola a matrice aveva potuto sintonizzarsi nuovamente sulle sue onde e stava rapidamente portando a termine il compito per cui era stata costruita.
Il pensiero di come lei, Ellemir di Tramontana, poteva essere caduta così stupidamente in trappola balenò nella sua mente e sembrò rianimarla.
Trovava inconcepibile che un altro telepate, una persona che avesse diviso con lei il lavoro nella Torre e di cui si era fidata, avesse ordito quella trappola per ucciderla. Il solo sospetto la irritava. Non riusciva a trovare un motivo abbastanza valido che potesse giustificare un comportamento che avrebbe offeso la sensibilità di qualsiasi telepate. Ma questo, un giochetto che potevano utilizzare contro un telepate qualsiasi, diventava un affronto che nessuno poteva compiere nei confronti di una Custode.
"Non senza doverne affrontare le meritate conseguenze," pensò ferocemente.
L'ira che sentiva crescere in lei diede una nuova carica anche ad altre sensazioni che credeva da tempo ridotte al silenzio. In una parte profonda e ben protetta della sua mente sentì che una grande quantità di energia stava cominciando a mettersi in movimento. Sapeva cosa veniva governato da quel piccolo settore del suo cervello e la cosa, almeno per una volta, non la riempiva di paura.
Quando si era recata alla Torre di Neskaya per l'addestramento le avevano detto che era raro, in un tempo in cui il potere dei comyn stava cominciando ad indebolirsi, trovare qualcuno in cui il Dono degli Alton fosse presente allo stato puro. La cosa aveva lusingato Ellemir. Poi aveva scoperto il rovescio della medaglia ed esso non era così brillante come i racconti tradizionali volevano farle credere. Il Dono degli Alton era un fardello pesante da portare e, se non si riusciva a convivere con esso, imparando a riconoscerne ogni alterazione, poteva anche uccidere il suo stesso padrone.
Si attardò ad accarezzare la forza che sentiva provenire da quel settore, cercando di valutare appieno quanto la sua ira avesse influito sul suo controllo del Dono, crogiolandosi all'idea che con un solo pensiero avrebbe potuto anche sterminare tutti coloro che tramavano alle sue spalle. Lasciò quel pensiero libero di vagare lungo tutti i livelli della sua mente e, con sorpresa, sentì come una bassa vibrazione attorno al suo corpo astrale. Il suo catturatore doveva aver percepito quel pensiero, giunto fino a lui attraverso il collegamento instaurato tra la trappola e la sua matrice. Era evidente che la cosa doveva averlo intimorito.
Poteva sentire che la ragnatela di laran che la teneva prigioniera si era indebolita. Aveva continuato a non offrirle resistenza e le era venuta nuovamente a mancare la fonte primaria di sostentamento. Ancora pochi istanti e sarebbe stata così debole da permetterle di tentare di liberarsi, ma lei non era così stupida da tentare un'azione che avrebbe riportato la trappola ai livelli di massima potenza.
Ellemir tentò di analizzare la struttura della rete che imbrigliava la sua energia, cercando un punto debole. Con suo massimo disappunto notò che non sarebbe stata in grado di recidere il contatto. La trappola non era stata attivata e lasciata libera di agire, come si faceva di solito. Chi l'aveva azionata era stato costretto a restare in ascolto. La preda era troppo grossa e solo in tal modo lei non sarebbe riuscita a rompere il meccanismo, per farlo non avrebbe dovuto disattivare solo la trappola ma anche la persona che l'aveva azionata e che in quel momento la controllava.
Tentò disperatamente di calcolare il tempo trascorso da quando era entrata nel sopramondo, ma non riuscì a farsene un'idea precisa. Non sapeva quanta autonomia restasse al suo corpo, prima che il suo cervello si dimenticasse di lui, smettendo di azionare i muscoli che rendevano possibile la respirazione.
A questo pensiero Ellemir sentì il panico crescere di nuovo dentro di sé, avvertì le mani bramose del suo potere allungarsi verso la parte cosciente del suo essere. Se cedeva avrebbe rischiato di convogliare l'energia mortale verso se stessa, non avendo a disposizione altri bersagli.
L'idea le illuminò la mente come per incanto.
Prima il suo pensiero era giunto fino al suo catturatore, cosa facilmente spiegabile visto che il suo donas era la capacità di imporre i propri pensieri agli altri, persino ad un atelepate. Chi aveva sintonizzato la trappola a matrice sulla frequenza della Custode aveva anche convogliato parte della sua energia in essa, per renderla più stabile. In tal modo era entrato in contatto con la mente di Ellemir, anche se solo superficialmente, e ne aveva captato i pensieri.
Il piano si stava delineando in tutta la sua pienezza nella mente di Ellemir, per quanto contorto e spietato potesse sembrare.
Il suo catturatore doveva avere per forza equilibrato la propria frequenza con quella della trappola, a sua volta sintonizzata con la matrice di Ellemir. Questo voleva dire che lei poteva tentare di entrare in sintonia con le sue onde mentali. Era una Custode ed era abituata a farlo da anni, senza il minimo sforzo.
Con cautela e precisione, Ellemir raccolse le fibre della ragnatela che costituiva la sua prigione. Risalì al filo che reggeva l'intera struttura e si agganciò ad esso con tenacia. Con l'occhio della mente poteva quasi vedere l'immagine di colui che la teneva legata ma non la riconobbe. L'uomo, se poi era veramente un uomo, aveva cercato di celare la sua identità, ben consapevole del fatto che sarebbe stato immediatamente riconosciuto dalla donna con cui aveva lavorato a stretto contatto.
Il suo laran era mimetizzato dalla potenza della trappola e non era completamente distinguibile dall'alterazione dovuta al contatto stabilitosi con quello della Custode. Un lungo mantello nero, adornato da un cappuccio che nascondeva completamente il volto, dava alla figura le caratteristiche di un incubo. I suoi occhi erano celati all'ombra del cappuccio e brillavano come di luce propria. Due scintille di un fuoco giallo, feroce.
La Custode non riuscì a capire se quello che vedeva era l'immagine mentale che il suo catturatore aveva creato per rendersi irriconoscibile o se, semplicemente, aveva attinto a quello che il suo stesso inconscio stava proiettando all'esterno.
Ellemir non si pose ulteriori problemi, non le importava di vedere la faccia che si nascondeva tra le pieghe di quel mantello. Quello che voleva era tornare nel suo corpo, continuare a vivere. Avvinghiò ancora più strettamente la sua energia a quella della figura incappucciata, allungando la trama della trappola fino alla sua immagine.
Se il suo catturatore non avesse ceduto sarebbe rimasto a sua volta invischiato nella ragnatela. Non sarebbe più stato in grado di lasciare il sopramondo e sarebbe morto con la sua vittima. Restava da scoprire se il prezzo da pagare per la sua morte valeva quanto la vita dell'individuo che aveva tessuto la trappola.
Improvvisamente fu libera.
Si dimenticò immediatamente dell'uomo che l'aveva catturata. Temendo di essere stata lontano troppo a lungo, Ellemir si precipitò verso Tramontana, rientrando nel suo corpo appena in tempo per risolvere un crampo che avrebbe sicuramente precipitato la situazione, dando il via alla lenta morte del suo organismo. Una volta risolto il problema, si guardò intorno, accarezzando con lo sguardo ogni più piccolo particolare della stanza.
Il pensiero di abbandonarla non era stato mai troppo doloroso. Pur avendovi vissuto per anni, non era mai riuscita a rendere veramente suo l'appartamento destinato alla Custode della Torre. La camera continuava ad essere, agli occhi di un visitatore, fredda ed estranea, come se nessuno vi avesse mai abitato. Ma in quel momento, al pensiero di non potere neppure più rifugiarsi nel sopramondo per trovare un po' di pace e di conforto, persino l'idea di abbandonare quella stanza le sembrò intollerabile.
Per la prima volta da quando tutta questa storia era cominciata, si lasciò andare alla disperazione e pianse.

***

Ellemir rimase sveglia per buona parte della notte. Era terrorizzata all'idea di rientrare nel sopramondo involontariamente, durante il sonno. Forse, dopo il fallimento di quel giorno, i suoi nemici si sarebbero limitati a controllare i suoi spostamenti, organizzando altri incidenti, fino a realizzare quello che avrebbe causato la sua morte. Ma potevano anche decidere di ritentare la fortuna affidandosi alla trappola a matrice, oppure di crearne una alla quale non sarebbe stata in grado di sfuggire.
Un altro pensiero la tormentava. Come poteva la Custode di Arilinn, da sempre considerata la più potente delle Custodi del pianeta, non aver percepito quello che capitava appena fuori del suo territorio. Ellemir non poteva credere che anche la Dama di Arilinn potesse essere coinvolta nel progetto che vedeva la sua eliminazione come risultato finale.
La sola altra spiegazione era che il laran di chi l'aveva catturata fosse talmente potente da oscurare persino le percezioni della stessa Dama di Arilinn, creando attorno a lei una barriera impenetrabile. Questo poteva solo dimostrare che i suoi nemici erano Hastur, i soli dotati di un potere così forte da ingannare qualcuno appartenente al loro stesso sangue, come la Custode di Arilinn.
Dopo l'agguato di quella notte, era certa che ormai fossero a conoscenza della meta del suo viaggio, ma forse il percorso stabilito dalle due Amazzoni poteva concedere loro un po' di respiro. Poteva solo sperare che, una volta varcati i confini del Dominio Perduto, i suoi inseguitori decidessero di abbandonare la caccia. Per catturarla avrebbero dovuto stabilire dei contatti con gli Aldaran, perlomeno riconoscere la loro esistenza e dare loro importanza.
Se conosceva bene la mentalità dei comyn, Ellemir era certa che la sua accettazione nel clan degli Aldaran sarebbe equivalsa ad una sua dichiarazione di morte per il resto di Darkover. Ma si sarebbero accontentati di vederla sparire dal mondo civile o si sarebbero sentiti in dovere di ucciderla prima che entrasse in contatto con loro?
Ad Ellemir sarebbe bastato sapere perché qualcuno aveva deciso che lei doveva morire. Ma temeva che nessuno avrebbe mai risposto alla sua domanda.







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© Simona Degli Esposti