[Home] [Racconti] [Disegni] [Articoli e Recensioni] [News] [Links]

[MZB's Darkover] [Gli Dei di Darkover] [salva]

barra spaziatrice
Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 4
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
barra spaziatrice

Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 4

La Torre Verde

Il successivo giorno di marcia si compì nel silenzio più assoluto. Le due Amazzoni parlavano a stento tra di loro ed unicamente per comunicarsi notizie importanti per la prosecuzione del viaggio, mentre la Custode preferiva mantenersi in disparte, per impedire che un suo commento fuori luogo peggiorasse ulteriormente la situazione.
Sapeva che, nonostante ci fosse stato un accenno di riappacificazione tra le due donne, la sua richiesta di una sosta alla Torre Verde aveva creato il motivo per una nuova discussione. Era stata anche tentata di rivelare la ragione per cui era estremamente necessario che lei raggiungesse in tempo la Torre ma, in fin dei conti, era anche certa che le due Amazzoni, soprattutto la sua guardia del corpo, non avrebbero capito l'urgenza della cosa e non era il caso di correre ulteriori rischi rivelando più del dovuto.
Durante la sosta effettuata per un rapido spuntino di mezza giornata, Taksya le aveva comunicato l'intenzione di proseguire fino al rifugio. Se si fossero fermate alla Torre, cosa che comunque non avrebbero potuto fare prima del tramonto, sarebbero state costrette a raggiungere il rifugio a notte fonda mentre, lasciando la visita per la giornata seguente, avrebbero potuto fare tutto con la luce del sole.
Ellemir si trovò d'accordo. Non sapeva esattamente quando Fiona sarebbe giunta al luogo dell'appuntamento ma, durante il loro ultimo incontro, aveva parlato di tre giorni e, con ogni probabilità, non sarebbe arrivata nei pressi della Torre prima dell'indomani.
«Spero che non diventi un problema prolungare la sosta nello stesso rifugio per più di una notte,» disse poi alla guida. «Forse preferireste ripartire subito dopo.»
«Non credo che qualcuno potrà darci fastidio,» la rassicurò Taksya, «non dove ci fermeremo. Inoltre, prima di tornare verso nord, dovremo dare una sistemata al vostro aspetto.»
Ellemir rabbrividì inconsapevolmente. L'idea di doversi travestire, abbandonando l'intoccabile veste da Custode, la terrorizzava ma, d'altro canto, sapeva che i suoi inseguitori non si sarebbero di certo fermati davanti al suo aspetto.
Il cammino proseguì senza intoppi e, poco prima del tramonto, come Taksya aveva previsto, giunsero nelle vicinanze delle rovine della Torre Verde. I cavalli diventarono subito ombrosi ma, appena superata la zona, la tranquillità tornò sulla carovana.
Grisella si avvicinò alla compagna. «Mi sembri meno agitata di quel che avevi previsto,» disse in tono forzatamente neutro.
«Puoi evitare il sarcasmo,» ribatté bruscamente Taksya.
«Non volevo esserlo,» si difese Grisella, «volevo solo sapere come stavi. Sei più seria del solito oggi.»
Taksya si strinse nelle spalle. Non aveva voglia di parlare, sentiva l'aria pesarle addosso e, nonostante gli animali si fossero calmati, lei era ancora profondamente turbata.
Grisella non si arrese. «Se sapevi che ti avrebbe fatto questo effetto, perché non le hai detto che non era il caso di venire. Dopo tutto, lei dipende da noi. Se ci rifiutiamo di fare una cosa perché la riteniamo pericolosa, non può costringerci.»
Taksya continuò a restare in silenzio, infastidita dall'insistenza della compagna. «Grisella, smettila!» sbottò alla fine, quando si rese conto che l'altra stava per ripartire all'attacco. «Sembra che questo sia il tuo primo ingaggio. Neppure una alle prime armi farebbe dei discorsi del genere. Possibile che quella donna di indisponga fino a questo punto?»
«Non mi piace il tuo comportamento, sembri disposta a fare qualunque cosa lei ti chieda. Non è da te...»
«Capisco che tu mi dica che sono nervosa, che sei sicura che questo viaggio finirà male perché mi comporto in maniera strana,» Taksya scosse la testa, ridacchiando involontariamente al ricordo del tormentone a cui le compagne la sottoponevano tutte le volte che si comportava in quel modo. «Sono abituata a sentirmelo dire, ormai ci credo anch'io e potrei anche capirlo. Ma tu, andiamo... se non sapessimo entrambe che non è vero... il tuo sembra il comportamento di un'amante gelosa!»
Il volto di Grisella avvampò. Le parole di Taksya avevano messo a nudo uno dei pochi argomenti che non aveva mai avuto il coraggio di affrontare. Loro due avevo condiviso tante esperienze, si era sempre sentita tanto vicina a lei, almeno fino a quel momento, ed ora la situazione stava precipitando per colpa di quella donna.
Taksya la guardò sbalordita, senza sapere cosa dire. «Non pensavo che tu...» balbettò davanti alla reazione dell'amica. «Se avessi solo immaginato, io...»
Grisella scosse la testa. «Non ti devi preoccupare,» rispose acida, cercando di mettersi sulla difensiva. «Di sicuro avevo solo bisogno di qualcuno che mi stesse vicino. È stata la mia immaginazione a farmi vedere cose che non esistevano.»
Taksya si sentì improvvisamente in colpa. Forse aveva realmente fatto qualcosa che Grisella poteva aver frainteso ma, da quando era tornata da Nevarsin, il solo pensiero di instaurare un legame affettivo con qualcuno le sembrava una follia. Doveva ancora venire a patti con se stessa, figuriamoci trovare il giusto equilibrio per un rapporto di coppia.
Il rumore di un ramo spezzato la fece girare di scatto, ma era solo uno dei cervine che aveva inciampato, senza danni, in una radice scoperta. La Custode seguiva il sentiero senza problemi, guardandosi in giro con espressione quasi sognante. Era la prima volta che vedeva di persona quel luogo, ma le sembrava di conoscerne ogni particolare.
Rassicurata dal fatto che tutto procedesse senza intoppi, Taksya tornò a voltarsi verso Grisella e vide il volto dell'amica tornare ad incupirsi. Invece che preoccuparla, la sua reazione la fece quasi infuriare.
«Non avrai pensato che mi interessassi a lei solo per farti ingelosire?» le chiese, sibilando tra i denti.
Grisella non alzò gli occhi dalla strada. Sentiva lo sguardo di Taksya forarle la schiena e non se la sentiva di sostenerlo, soprattutto perché quello che stava dicendo era in parte vero.
«All'inizio, forse,» rispose piano, senza voltarsi. «Prima che capissi che quello che io potevo provare forse non era corrisposto.»
La collera di Taksya svanì rapidamente come era montata. Non poteva incolpare l'amica per quello che aveva pensato, ma non poteva promettere cose che non vedeva realizzabili. Cercò di spiegarlo a Grisella, ma la donna la interruppe immediatamente.
«Non devi preoccuparti,» le disse, finalmente guardandola negli occhi. «Le cose sono precipitate e non sono stata in grado di fermarle in tempo. Mettiamo da parte tutte queste storie e ricominciamo da capo. Il viaggio e lungo ed avremo modo di rientrare in sintonia come un tempo.» "Almeno è quello che spero," concluse Grisella, tenendo per sé l'ultimo pensiero.
Taksya annuì, felice che le cose si fossero, in un modo o nell'altro, sistemate, e tornò in testa alla piccola carovana. Il rifugio distava ormai poche miglia ed era giunto il momento di accelerare un po' il passo.
Dal suo posto in retrovia, Ellemir aveva seguito lo scambio di battute avvenuto tra le due Rinunciatarie. Come sempre, anche se adesso era certa che lo facesse del tutto involontariamente, Taksya aveva trasmesso buona parte delle emozioni causate dalla discussione e la Custode non era riuscita ad escludersi come avrebbe voluto.
Ora che la situazione si era chiarita, poteva leggere nella mente di Grisella la convinzione che non si era sbagliata nel vedere qualcosa nascere da parte dell'amica nei confronti della loro cliente. La cosa sorprese Ellemir, specialmente perché i soli pensieri che Taksya sembrava fare su di lei erano in qualche modo collegati al ricordo della madre scomparsa.
Non potendo scoprire altro di quello che Taksya pensava, tranne nei momenti in cui era lei stessa ad inviarlo, Ellemir non poté fare altro che compatire e, se avesse letto più profondamente nella propria anima, invidiare Grisella. Lei non aveva mai provato sentimenti di quel genere nei confronti di qualcuno, ma era certa che dovesse essere estremamente doloroso scoprire di provare qualcosa che aveva così poche possibilità di venire corrisposto.
"Ma sarebbe già molto," pensò tristemente, sorprendendo anche se stessa, "io non potrò mai neppure ottenere il privilegio di veder rifiutato il mio affetto." Stava ancora per autocompiangersi quando si ricordò di quello che sarebbe accaduto l'indomani alla Torre Verde. Volente o nolente, Fiona di Neskaya l'avrebbe dispensata dal suo Giuramento di Custode.
Dal momento in cui abbandonava la certezza delle Torri, per inoltrarsi in un territorio conosciuto a pochi, Ellemir non poteva sapere se avrebbe avuto o meno la possibilità di trovare un luogo adatto a proseguire il suo lavoro da Custode e Fiona era decisa a darle una nuova possibilità.
Solo un'altra Custode poteva liberarla dal suo Giuramento. Da quel momento in poi Ellemir avrebbe potuto persino decidere di farsi una famiglia, anche se era troppo tardi per decidere di avere dei figli. Dopo così tanti anni passati in una Torre, il solo pensiero sembrava sacrilego, ma Fiona non voleva negarle la possibilità, per quanto remota potesse sembrare.
Ellemir avrebbe faticato a convincerla che lei non aveva bisogno di tale concessione, che la sua vita non avrebbe subito mutamenti. Lei sarebbe stata sempre una Custode, persino le sue premonizioni, per quanto strane ed in parte difficilmente interpretabili, continuavano a ripeterglielo.
Le tre donne stavano ancora rimuginando ognuna sui propri problemi, quando raggiunsero il rifugio. Sia Grisella che Ellemir avevano fermato i cavalli davanti all'ingresso della costruzione principale, invece Taksya si inoltrò lungo un sentiero quasi invisibile, senza fare il minimo accenno di volersi fermare.
Dopo una decina di minuti di cammino, attraverso un intricato groviglio di cespugli, Grisella stava per protestare quando, tra il fitto intreccio di rami, comparve una costruzione in legno, più piccola del rifugio costruito sulla via principale, ma altrettanto ben tenuta.
«Ci siamo,» fu il solo commento di Taksya.
Scese da cavallo e, con manovre esperte, scostò una intricata parete di rampicanti, rivelando alle altre due una stalla ricavata da una piccola grotta naturale. Al suo interno, ben rifornito come qualsiasi rifugio, le loro cavalcature e gli animali da soma avrebbero potuto godere del meritato riposo.
Dopo aver sistemato gli animali, Taksya guidò le sue compagne di viaggio verso un piccolo tunnel scavato sul fondo della grotta, un cunicolo che le condusse direttamente all'interno della capanna. L'esterno in legno celava alla perfezione una seconda grotta naturale, anch'essa adibita e rifornita come un normalissimo rifugio di montagna.
Taksya si diresse verso il camino. L'interno era gelido e ci sarebbero volute diverse ore prima che un po' di calore riuscisse a scaldare i due soli locali di cui era costituito il rifugio. Solo quando estrasse l'acciarino si accorse che le mani le stavano tremando come delle foglie ed era sicura che la colpa non fosse solo del freddo.
«Una volta era la base di un gruppo di banditi,» disse, cercando di nascondere la sua preoccupazione, mentre tentava di accendere il fuoco. «Avevano costruito la finta copertura in legno per ingannare i possibili assalitori. Quando vennero eliminati fu un gruppo di Amazzoni a prendere possesso del posto, più tranquillo del rifugio sulla strada e praticamente sconosciuto. In realtà, una volta bloccata l'entrata è praticamente impossibile espugnare questo posto. Non ci sono armi o fuoco che tengano.»
L'acciarino sfuggì di mano alla guida. La sicurezza che il rifugio offriva non riusciva a calmare il suo stato d'animo. Grisella, accorgendosi della cosa, prese il suo posto ed accese rapidamente il fuoco. Aveva sperato che l'agitazione della compagna fosse lentamente scemata invece, a giudicare dello stato in cui si trovava, le cose sembravano essere peggiorate.
Solo lo stato di disaccordo in cui si erano trovate le aveva impedito di notare tutti quei particolari che avevano indicato il progressivo peggioramento delle condizioni di Taksya. La donna sentiva che qualcuno le stava seguendo ed il fatto di rendersi conto della propria agitazione non faceva altro che aumentare la sua angoscia. Sperava solo che i loro misteriosi inseguitori non riuscissero a trovare il nascondiglio.
Durante la cena frugale, Taksya espose le sue sensazioni alle altre due, ricevendone commenti differenti. Grisella non aveva notato nulla, era certa che nessuno le avesse seguite ed era solo la tensione, che aveva cominciato a mostrare già prima della partenza, a giocarle dei brutti scherzi.
Ellemir rimase invece in silenzio.
Erano mesi che lei conviveva con la sensazione di essere perennemente osservata, ma solo quando saliva nel sopramondo. Durante i primi due giorni di viaggio non aveva notato nulla, ma non si sentiva in grado di accantonare i sospetti di Taksya incolpando solo la tensione. Era certa che le sue sensazioni fossero acuite dallo strano laran che possedeva, quindi non erano da sottovalutare.
Chiese invece a Grisella l'origine del suo commento. Aveva notato lo strano comportamento di Taksya, ma credeva che l'agitazione fosse dovuta alla crisi del rapporto esistente tra di loro. L'Amazzone le descrisse invece alcuni degli atteggiamenti tipici di Taksya, cose che lei sembrava invece non notare. Chiunque poteva essere certo del fallimento di un affare se Taksya cominciava a mostrare segni di insofferenza nei confronti delle cose o delle persone che la circondavano.
«Premonizioni,» fu il giudizio della Custode. «La discendenza da sangue Hastur, Elhalyn e Aldaran può dare come potere quello della preveggenza. Anche se, a dire il vero, è una capacità comune a quasi tutte le famiglie comyn
«Proprio quello che ci manca!» esclamò Grisella, senza riuscire a trattenere una risatina al pensiero di Taksya calata nelle vesti di un membro della società che tanto odiava.
«C'è solo un inconveniente,» rispose seccamente Taksya all'affermazione fatta da Ellemir. «Io non ho sangue comyn e, tanto meno, il laran
"Di sicuro non hai sangue Hastur," commentò Ellemir mentalmente, "se ne avessi avuto anche solo qualche goccia me ne sarei di certo accorta. Non escluderei però quello di qualche altra casata." Ovviamente non espresse a parole il suo pensiero, anche se ebbe come la sensazione che Taksya lo avesse percepito lo stesso.
Il rumore provocato dallo sbattere dei rami contro la copertura in legno ruppe il silenzio che era calato nella stanza. Si stava alzando il vento e se avesse portato con sé il freddo delle cime innevate, l'indomani avrebbero rischiato di svegliarsi al suono della prima tormenta della stagione.
Lasciando a Grisella l'onore di preparare la cena, Taksya cominciò a preoccuparsi della disposizione per la notte. L'ambiente era molto più piccolo di quello della sera precedente. Delle due stanze ricavate dalla grotta, la più piccola era stata trasformata in un bagno che persino molte case potevano invidiare, avevano quindi a disposizione l'ambiente più spazioso come sala comune. Grande quanto bastava ad ospitare una mezza dozzina di persone, ammassandole l'una sull'altra, ma che restava sempre troppo piccolo per permettere di distanziare i loro due giacigli da quello della Custode. La loro cliente sarebbe stata costretta a distendersi accanto a loro.
Taksya ripensò con terrore ai racconti della madre, dove le era stata descritta la reazione automatica di una Custode ad un qualsiasi contatto fisico. Nessuno poteva immaginare quale poteva essere la prima reazione istintiva di Ellemir ad una vicinanza di questo genere, dopo tutti gli anni passati in isolamento nella Torre. L'idea di finire fulminate perché, magari rigirandosi nel sonno, una di loro poteva averla sfiorata per sbaglio non le andava molto a genio, ma non esistevano alternative.
Dopo un attento esame della situazione, soprattutto in considerazione del gelo che ancora regnava nella stanza scavata nella roccia, decise di mandare al diavolo tutte le misure di sicurezza e dispose i tre giacigli in modo che ognuna di loro potesse godere fino all'ultimo del calore morente del camino.
Grisella, ancora impegnata nella preparazione del pasto serale, guardò distrattamente il procedere dei lavori e scosse sconsolatamente la testa. «Non imparerà mai,» borbottò, finendo di sistemare le provviste avanzate nella piccola dispensa.
Ellemir la guardò interrogativamente. A parte l'angoscia datale dalla vicinanza delle tre coperte distese accanto al fuoco, non vedeva nulla di sbagliato in quello che aveva fatto Taksya e lo disse all'altra donna.
Grisella ridacchiò, assumendo il tono che solitamente utilizzava per spiegare le tecniche base del suo mestiere alle giovani appena arrivate alla loro Casa di Thendara.
«Sarebbe perfetto,» disse con accondiscendenza, trovandosi per la prima volta a giocare su un campo favorevole. «Se avessimo la certezza assoluta che a nessuno potrebbe saltare in testa di piombare qui dentro per farci una sorpresa.»
«Taksya è sicura che qui non potrebbe assalirci nessuno,» protestò Ellemir, felice di potersi distrarre dal pensiero dell'imminente necessità di coricarsi.
«Non mi riferisco a persone intenzionate a colpire voi in prima persona,» spiegò Grisella. «Forse solo banditi che conoscono l'ubicazione di questo posto oppure un gruppo di sbandati che l'hanno trovato per caso e ne vogliono approfittare per passare una notte al caldo. Tre donne indifese possono diventare un passatempo migliore di una bevuta o di una partita a dadi.»
«Non mi sembra che siamo tanto indifese,» commentò Taksya, ancora impegnata nel suo lavoro.
«Se tu avessi sistemato quei tre letti nella maniera giusta lo saremo ancora meno!» fu la risposta, piuttosto acida, di Grisella.
Taksya si strinse nelle spalle, ma non modificò la disposizione. «Nessuno ci assalirà, non per questa notte. Non è il caso di morire di freddo al pensiero che potrebbero farlo.»
Grisella rinunciò ad ulteriori discussioni. Taksya non avrebbe cambiato idea e, probabilmente, aveva ragione. Con fare deciso si avviò verso il letto centrale, in modo da essere vicina ad entrambe le compagne, ma venne bruscamente bloccata da Taksya.
«Prendi uno di quelli alle estremità, starò io in mezzo tra voi due.» Grisella si bloccò di colpo, cercando di trattenere il commento che le era salito alle labbra, ma Taksya sembrò non accorgersene. «Se la nostra leronis dovesse incenerire una di noi per sbaglio, preferisco essere io.»
Ellemir la fissò accigliata, ma nessuna delle due Rinunciatarie la stava guardando. Il tono di Taksya non era stato offensivo, né sembrava aver voluto fare una semplice battuta di spirito, tanto per alleggerire l'atmosfera. La spiegazione che la guida diede alla sua compagna le fece comprendere, una volta di più, la profonda conoscenza che l'Amazzone sembrava avere del mondo in cui lei aveva vissuto per anni.
«Ogni Custode viene addestrata a non venire mai in contatto fisico con altre persone. Questo come difesa dei telepati dei Cerchi, sarebbe troppo lungo da spiegare perché... poi non l'ho mai capito neppure io,» fece una breve pausa, ripensando ai lunghi e noiosi discorsi che sua madre le faceva a riguardo. «La cosa importante è che, per difendersi da contatti fisici indesiderati, rispondono con una scarica di energia, automatica e, quasi sempre, mortale,» si voltò verso Grisella, sorridendole seraficamente, «se non ricordo male ti agiti parecchio mentre dormi. Finché dai calci e gomitate a me non succede nulla, ma se lo fai ad una Custode...» lasciò la frase in sospeso ma la spiegazione era stata fin troppo esauriente.
Brontolando tra i denti, Grisella si sistemò dove Taksya le aveva indicato, si preparò rapidamente per la notte e dopo una mezz'ora stava già dormendo sonoramente.
Taksya si prese il secondo turno per l'utilizzo della piccola stanza da bagno. Impiegò anche meno tempo della compagna e, una volta fuori, trovò Ellemir seduta sul giaciglio che le era stato preparato, angosciata dall'idea di doversi coricare.
«Comincio a pensare di aver commesso il più grande errore della mia vita,» sospirò alzandosi, prendendo le poche cose che le sarebbero servite per prepararsi per la notte.
Taksya non seppe cosa rispondere. Aveva passato anche lei momenti che le erano sembrati terribili e interminabili, ma era sempre riuscita a superarli. Aveva la pelle dura e, ne era certa, l'aveva anche Ellemir, non sarebbe mai riuscita a diventare una Custode altrimenti. Non ebbe però il coraggio di dirle quello che pensava, non voleva correre il rischio che anche lei fraintendesse quello che voleva dire. Le bastava dover fare i conti con Grisella.
Quando Ellemir uscì dal bagno trovò Taksya distesa, con gli occhi chiusi. Pensando che fosse già addormentata si distese a sua volta, facendo ben attenzione a non sfiorarla neppure per sbaglio. Quello che aveva raccontato a Grisella per spiegarle la disposizione per la notte era vero e non voleva correre rischi. Prima ancora di rendersene conto, si era già addormentata.

***

La mattina successiva Ellemir si svegliò di soprassalto, convinta di non essere riuscita a chiudere occhio. Si sentiva stanca ed affaticata, gli occhi sembravano persino fare fatica a mettere a fuoco la stanza.
Vicino al camino, Grisella stava già preparando la colazione, mentre di Taksya non v'era traccia. L'Amazzone fece finta di non essersi accorta del suo risveglio e continuò metodicamente nel proprio lavoro, solo quando Ellemir fu davanti a lei, ormai vestita di tutto punto, fu costretta a rivolgerle la parole.
«Ben svegliata, vai leronis,» fu il laconico saluto. «Spero che abbiate dormito bene, nonostante tutto.»
Ellemir la guardò sorpresa, anche se le sembrava di non aver dormito neppure per un minuto, non si era comunque accorta di problemi notturni che avrebbero potuto disturbarla.
«Taksya ha avuto una notte piuttosto agitata,» spiegò Grisella, ritenendo conclusa la conversazione.
La Custode non indagò oltre. Prese un po' del cibo che era già preparato sul tavolo ed uscì all'aperto. Vicino alla piccola stalla trovò Taksya, intenta ad accudire i cervine che, almeno loro, avrebbero goduto di un'intera giornata di riposo.
«Avremo bel tempo, vai leronis,» le disse l'Amazzone a mo' di saluto, senza neppure alzare gli occhi dall'animale che stava strigliando. «La giornata ideale per una scampagnata.»
«Grisella mi ha detto che hai passato una notte agitata,» rispose la Custode. «Pensavo di non essere riuscita a dormire, probabilmente mi sbagliavo, se non mi sono accorta di nulla.»
«Avete dormito male anche voi,» le confermò Taksya. «Io non riuscivo a pendere sonno, era come se sentissi qualcuno vicino a noi che ci stesse spiando. Ma non c'era nessuno... sarà la vicinanza della Torre,» concluse, con un'alzata di spalle.
«Non sei costretta a venire,» rispose Ellemir. «Basterà che Grisella mi accompagni fino alla radura. Tu puoi restare qui, se preferisci.»
Taksya scosse la testa. «Non importa,» si voltò verso la donna, cercando le parole migliori per spiegarle perché voleva venire anche lei, senza trovarle.
L'arrivo di Grisella, che le incitava a rientrare per finire la colazione, sciolse l'imbarazzato silenzio che era calato sulle due donne. All'interno ci fu comunque scarsa conversazione, nessuna di loro era in vena di attaccare discorso e la colazione fu terminata rapidamente. Dopo neppure un'ora le tre donne erano in marcia, dirette alle rovine della misteriosa Torre Verde.
Il breve tratto di strada fu percorso, come sempre ormai, nel più assoluto silenzio. Taksya era la sola ad esservi mai stata e, nonostante la tensione che ancora avvertiva crescere dentro di sé, guidava senza incertezze la piccola compagnia attraverso un intricato corridoio di rami e radici sporgenti.
La radura si aprì improvvisamente davanti ai loro occhi, mostrando loro le rovine consumate dal tempo dell'antica Torre dimenticata e del villaggio che la circondava. Lo spiazzo erboso sembrava deserto, nessun animale correva o faceva capolino dalla lussureggiante vegetazione ai margini della radura e nulla si vedeva tra i ruderi, anche se la definizione era riduttiva nei loro confronti. La Torre era in condizioni pietose, così come le case che la circondavano ma, nonostante la catastrofe che doveva averle coinvolte, sembravano solo povere costruzioni abbandonate da tempo.
Ellemir non vi era mai stata prima, eppure le sembrava di conoscere quel posto alla perfezione. Nel sopramondo la Torre Verde era ben più visibile delle pietre soffocate dai rovi che ora le si paravano davanti. Eppure, nonostante la differenza tra i suoi ricordi e la realtà, riuscì a riconoscere la particolare struttura a otto lati dell'antico edificio.
La prima volta che l'aveva vista si trovava nel sopramondo con Edric. Erano entrambi telepati addestrati, ma la scoperta li aveva eccitati come due ragazzini. Naturalmente aveva comunicato la cosa a Fiona, già da tempo Custode a Neskaya e, oltre al fatto di essere a capo della Torre più vicina al posto, la sola persona che Ellemir continuava a considerare come suo diretto superiore.
La Torre era stata analizzata e la sua storia parzialmente ricostruita. L'avevano liberata dalla presenza di una matrice non registrata, cosa che aveva creato qualche difficoltà al Cerchio che se ne era occupato, dopo di che il problema era stato accantonato perché privo di ulteriori interessi.
Ellemir, però, aveva continuato a frequentare quel luogo durante i suoi vagabondaggi sul piano astrale. Lo considerava il suo rifugio segreto, il suo posto magico. Un paio di volte vi aveva persino incontrato Edric, le uniche volte in cui aveva potuto rivederlo dopo il suo allontanamento da Tramontana.
La voce di Grisella la richiamò al presente. «I cavalli sono agitati,» stava dicendo alla compagna. «Forse percepiscono la presenza di qualche animale.»
Stava per rispondere quando Taksya la prevenne. «No, non senti il silenzio. Non ci sono altri esseri viventi oltre noi. È solo il posto, forse saranno i tuoi fantasmi, Grisella.» Si voltò verso la compagna, cercando di indovinarne la reazione. «Oppure i miei...» aggiunse con un sussurro.
Ellemir si guardò intorno sorpresa. Era vero, non si sentiva la presenza di nessun animale ma, per la prima volta sentiva come la presenza di un richiamo, una voce senza corpo che chiamava a raccolta gente morta da secoli. Nel sopramondo non si era mai accorta di un fenomeno simile, dove sarebbe dovuto essere amplificato dalla stessa natura del luogo.
Si voltò verso Taksya. L'Amazzone stava rigida in sella, percependo chiaramente le stesse sensazioni che avevano pervaso la sua mente, oppure era la stessa donna che trasmetteva quello che sentiva all'unica mente in grado di captarla.
La guida si fermò accanto ad un albero caduto. «Noi ci fermiamo qui,» disse rivolta a nessuna delle due in particolare. «I cavalli sono abbastanza distanti per non eccitarsi troppo, voi avete poca strada da fare e noi possiamo tenere d'occhio la situazione,» batté una mano sul tronco coperto di asperità, «da quassù si gode un'ottima visuale della radura.»
Grisella abbozzò una debole protesta, come guardia del corpo avrebbe dovuto seguirla, ma la Custode tagliò corto con un secco gesto della mano.
«Non corro nessun pericolo,» assicurò, «non qui, almeno. Fate riposare i cavalli, non so quanto tempo dovrò trattenermi.» Si lasciò scivolare con grazia dalla sella e passò le briglie a Grisella, la mente già proiettata verso l'ospite che stava per arrivare.
Avanzò verso i ruderi osservando l'intreccio dei rampicanti sulle pietre annerite dalle antiche battaglie. Si sedette su un blocco di pietra dagli angoli smussati dal tempo. L'attesa non sarebbe stata lunga: Fiona, Custode di Neskaya, stava per arrivare.
Chiuse gli occhi, assaporando l'odore dell'umidità che saliva dal terreno, cercando di percepire qualche rumore dal sottobosco. Anche se si percepiva qualcosa di strano e diverso nell'aria, una sensazione forse dovuta al silenzio assoluto, Ellemir si sentiva tranquilla. "Un posto magico," le sussurrava la sua mente, "un rifugio segreto." Si abbandonò alla dolce cantilena di quelle parole ripetute all'infinito e scivolò in uno stato di sereno dormiveglia, trascinata sempre più lontano dall'incantesimo che lei stessa stava tessendo.
Le pareti della Torre si levarono nuovamente verso il cielo, verdi e nere. "I colori degli Alton," rise una voce da bambina dentro di lei, una voce che risaliva a un'epoca felice, prima dell'addestramento, quando aveva ancora un nome e una famiglia che l'amava. Si lasciò cullare dai ricordi infantili escludendo gli avvenimenti più recenti e, con essi, la pena e il dolore. Poi, con una breve scossa, tornò ad essere Ellemir di Tramontana. Aprì gli occhi in tempo per vedere Fiona smontare dal suo cavallo e fare cenno alle persone che la accompagnavano di attenderla tra gli alberi, all'altra estremità della radura.
Ellemir si alzò in piedi, reprimendo automaticamente l'impulso di correrle incontro per salutarla. Aveva imparato proprio da Fiona, di poco più giovane di lei, che una Custode deve essere sempre consapevole del proprio potere e della propria dignità. Attese con pazienza finché l'altra non le fu di fronte, quindi chinò il capo in un gesto che era più di riconoscimento che di omaggio.
Fiona ricambiò il saluto con altrettanta gravità. Aveva sempre provato simpatia per quella ragazzina decisa che usava il laran con la stessa disinvoltura di un'anziana Custode, ma non aveva mai permesso ai suoi sentimenti di interferire con il difficile compito di addestramento che le aveva unite, anche se in maniera alterna, per lunghi anni, prima a Dalereuth come allieve e poi a Neskaya, come aiuto della Prima Custode della Torre. Il risultato dei suoi sforzi ora la riempiva d'orgoglio, Ellemir di Tramontana incarnava l'ideale di Custode, fiera nell'aspetto e salda nei principi.
"Una vera Hastur," si trovò a pensare involontariamente Fiona. Represse all'istante quel pensiero pericoloso. «Gli anni ti hanno risparmiato,» commentò invece ad alta voce, osservando la figura alta e magra davanti a lei. "D'altra parte," si trovò involontariamente a pensare, "non c'era molto da sciupare." Ellemir non era mai stata bella e la maturità semmai aveva addolcito i tratti troppo spigolosi.
All'improvviso si sentì vecchia e stanca, non più adatta al compito che l'attendeva. «Sediamo un po', ti va? Abbiamo molte cose da dirci e preferirei farlo da una posizione più comoda.»
«Mi dispiace averti costretto a questo viaggio,» si scusò Ellemir, «ma non potevamo incontrarci in altro modo.»
Fiona la guardò perplessa. «Hai il laran più potente che io abbia mai incontrato, credevo che saresti riuscita ad aggirare qualsiasi ostacolo. I tuoi ultimi giorni a Tramontana devono essere stati veramente caotici se non hai saputo della mia ultima decisone. La notizia si è diffusa tra tutte le Custodi di Darkover.»
Ellemir arrossì, come se si ritenesse in qualche modo responsabile per una sua mancanza. «Non potevo fare altrimenti,» confessò tristemente. «Non posso più salire nel sopramondo.»
Fiona non riuscì a frenare un gesto di sorpresa. «Impossibile!» esclamò.
«È meglio che ti racconti gli ultimi avvenimenti,» sospirò Ellemir. «Ti dissi, mi pare, che già da qualche tempo mi capitava di sentirmi a disagio ogni volta che mi trovavo a muovermi nel sopramondo.»
«Come se qualcuno ti spiasse,» le confermò l'altra donna, «nascosto appena più in là del tuo campo visivo.»
«Non importava se ero sola o con il Cerchio,» continuò Ellemir. «Una volta l'ho percepito addirittura durante il sonno. Credevo che fosse una mia suggestione e così non ne ho fatto parola con nessuno. Subito dopo sono cominciati i primi inconvenienti. Dal principio il Cerchio non lavorava bene, c'erano elementi di disturbo, raramente riuscivamo a finire tutto il lavoro previsto per la seduta. Anche stavolta ho pensato di essere responsabile della cosa. In qualche modo, forse, la mia tensione si comunicava agli altri... Non sapevo più cosa fare: dubitavo delle mie capacità, accusavo il monitore di non compiere bene il suo lavoro, cambiavo continuamente l'assetto del Cerchio.»
Ellemir fece una pausa, cercando con lo sguardo il punto da cui Taksya e Grisella stavano sicuramente vegliando su di lei. Si sentiva più sicura contando solo sulla presenza delle due donne che su quella della scorta dell'altra Custode.
«Poi sono cominciati gli incidenti,» riprese sospirando. «Di questi non ti ho mai parlato, non potevo più fidarmi neppure della segretezza dei nostri incontri nel sopramondo. Gli inconvenienti sul lavoro sono diventati via via più seri, fino a quando il Cerchio ha rischiato di venire completamente distrutto. A quel punto non potevo più nascondere la cosa a me stessa, finché gli incidenti coinvolgevano me sola potevo anche tentare di ignorare la cosa, ma mettere a repentaglio altre vite era troppo!»
«Per questo hai deciso di abbandonare il mondo civile, per rifugiarti dagli Aldaran?» chiese ironica Fiona, che mai l'avrebbe immaginata capace di una simile decisione.
Ellemir sembrò non farvi caso, continuando invece con il racconto degli ultimi fatti. «L'ultimo tentativo l'hanno fatto dopo la mia visita alla Casa delle Rinunciatarie di Darriel, proprio di ritorno dal nostro ultimo colloquio.» Tralasciò di descrivere la strana sensazione di sfasamento temporale che aveva sperimentato nella stessa occasione e, semplicemente, disse: «Una trappola a matrice. Hanno sintonizzato una trappola a matrice su di me...»
Il viso di Fiona sbiancò. «Sono armi considerate ancora illegali. Non dovrebbero più neppure esistere congegni simili... Devono odiarti veramente molto, per arrivare a fare questo,» aggiunse poi, dolorosamente.
Ellemir annuì. «Non riesco ancora a spiegarmi come sono riuscita a sfuggire alla trappola. Sono certa che ci riproveranno,» tornò a guardare verso le sue accompagnatrici. «È una sensazione che non ho solo io, anche una delle due donne che mi scorta ha la certezza di essere seguita.»
«Potrebbe essere stata influenzata,» cercò di tranquillizzarla Fiona, ma Ellemir scosse negativamente le testa.
«Non credo che riuscirei ad influenzarla. Sai,» disse, contenta di poter cambiare per un attimo discorso, «dovresti conoscerla. È la persona più... strana che abbia mai incontrato.»
«Deve essere vero, se sei tu a dirlo,» Fiona non sembrava però molto interessata alla cosa.
«Dice di sentire una presenza qui, una voce che chiama. Fino ad oggi non ho mai percepito una cosa del genere, neanche la prima volta che vi capitai.»
Fiona ripensò agli avvenimenti vissuti alcuni anni prima, quando il Cerchio da lei guidato dovette disattivare la matrice che un tempo serviva la Custode della Torre. Dovettero lottare duramente contro gli spettri evocati da quella matrice prima di riuscire a spegnere la sua luce, ma aveva quasi scordato la cosa.
«Quando venimmo in questo posto, trovammo un uomo, legato al potere di una matrice di quarto, forse quinto livello. Era stato soggiogato dal suo potere e tramite essa creava dei fantasmi che lo servivano come veri guerrieri. Fu un lavoro estenuante, ma alla fine riuscimmo ad uccidere l'uomo e la matrice si distrusse da sola, pochi istanti dopo.» Fece una breve pausa, andando ancora più indietro nei ricordi. «Il nostro Primo Tecnico mi riferì che, durante tutta la battaglia, aveva continuato a sentire una voce che lo chiamava. Non abbiamo mai capito se fosse l'uomo che chiamava a raccolta nuove vittime, per nutrire la sua schiera di fantasmi servitori, o se la matrice stessa stesse cercando qualcuno più potente, in grado di utilizzare al meglio i suoi poteri.»
«Stai descrivendola quasi come Sharra,» un brivido passò lungo la schiena di Ellemir.
«È quello che ho pensato potesse diventare, se fosse caduta nelle mani di una persona più esperta. Forse la tua Amazzone sente l'eco di quegli avvenimenti. Non è raro se il suo laran è abbastanza forte.»
«Non parliamo del suo laran,» la interruppe Ellemir, «lei è convintissima di non averlo. Sua madre è una comynara, lo vedo chiaramente dalle immagini che trasmette di lei, ma è certa di non aver ereditato nessuna della sua capacità,» fece una breve pausa, comprendendo un particolare che le era sfuggito fino a quel momento. «Forse spera di non aver nessun potere. Dicono che alle spalle di ogni Amazzone c'è sempre una storia tragica, mi piacerebbe sapere cosa l'ha portata ad odiare così profondamente i comyn e tutto ciò che rappresentano.»
Fiona si alzò, cercando di attirare l'attenzione della donna. L'interesse quasi morboso che Ellemir provava nei confronti delle cose fuori dal comune, che non potevano fare altro che sconvolgere il ben ordinato mondo del laran all'interno delle Torri, aveva sempre sconcertato la donna.
Durante gli anni del loro addestramento, Ellemir aveva sempre mostrato troppo interesse per i segreti proibiti del passato. Riteneva che le Torri avessero mantenuto solo una parte delle tradizioni di un tempo e non capiva perché non si potesse cercare di recuperare tutte le conoscenze del passato.
Le continue dissertazioni della donna avevano trasformato i suoi costanti rimproveri in un interesse altrettanto maniacale. La sola cosa che in quel momento le distingueva era la ferma intenzione di Fiona di studiare il passato ma di proseguire solo per la strada ormai codificata dal lavoro eseguito delle Torri nei lunghi secoli dopo il Patto.
«Molte cose vengono dimenticate, o ignorate, solo perché non sono di nessuna utilità.»
Ellemir si voltò verso Fiona, che aveva parlato ad alta voce senza rendersene conto. «Dicevi?»
«È ora di passare ad argomenti più piacevoli,» aggiunse subito l'altra Custode, cercando di scacciare dalla sua mente i ricordi del passato. «Mi pare ovvio che tu sia rimasta esclusa dall'accordo che ho fatto con le altre Custodi, escludendo la Dama di Arillin, riguardo le mie prossime azioni.» Ellemir scosse negativamente la testa. Sapeva degli strani progetti che Fiona aveva cominciato a tessere già da alcuni anni e, in un certo senso, se ne riteneva responsabile. «Ho abbandonato il mio posto a Neskaya,» continuò Fiona, con tutta tranquillità, «da questo inverno, ovvero da dopo che tu avrai ripreso la tua strada per il Dominio Rinnegato, io mi stabilirò qui...»
Ellemir sapeva di aver assunto un'espressione di stupore incredulo, ma non disse nulla.
«Il mese scorso Damon Kadarin è tornato a Neskaya e mi ha parlato di alcune promozioni che ha avuto,» riprese Fiona. «Damon ha visto questa Torre e si è ricordato di me, dei nostri progetti, ed è subito corso ad avvisarmi. Sembra che il mio programma di studiare le vecchie tecniche di lavoro sia stato accolto con favore dalle altre Custodi, almeno fino a quando tutto andrà per il giusto verso.»
«Poi sarei io la visionaria affascinata dalle arti proibite del passato?»
Fiona la guardò con sufficienza. «Non andremo oltre i limiti che il Patto ci ha imposto. Non ho nessuna intenzione di riportare alla luce tutti i segreti che sono stati dimenticati e, soprattutto, continuerò ad essere una Custode.»
Ellemir abbassò lo sguardo, sentendosi ferita dalle parole della donna che, da sempre, aveva sempre considerato la sua guida nella dura vita delle Torri.
«Nessuna Custode può rimanere tale se abbandona le Torri, sai che questo è inevitabile,» aggiunse Fiona, tornando a riportare il discorso sulla fuga dell'altra.
«Gli Aldaran hanno una Torre...»
«Non il ramo degli Aldaran che tu stai raggiungendo. Quella non puoi chiamarla Torre!» Il tono di Fiona non ammetteva repliche. «Una vecchia donna, che a ragione in molti ritengono pazza, che cerca di tenere dietro ad un gruppo di giovani esaltati. Anche se cerca di non farsi sentire, sappiamo benissimo che il tuo pupillo Aldaran ascolta le nostre conversazioni attraverso la rete del relè. Non è la mia idea di Torre.»
"Solo perché nessuno si è mai degnato di prestare loro attenzione," Ellemir non poteva esprimere il suo pensiero a voce alta. Non voleva lasciarsi con la sua vecchia amica con male parole ma, per quando trattenuto, il pensiero giunse lo stesso nella mente dell'altra.
«Come ben sai, il tuo Edric altri non è che uno dei fratelli maggiori di Damon Kadarin. La passione per le cose del passato sembra essere un male di famiglia. Il loro clan ha un'ottima posizione ma non ha nulla a che fare con la casata che controlla il Dominio. Dom Kevin Aldaran non ha una buona reputazione neppure tra i suoi figli, come pensi che il Consiglio dei Comyn possa vedere questa tua decisione?» Fiona si girò a guardare il gruppetto che l'attendeva al limitare della radura. Solo in quel momento Ellemir si rese conto della sua eterogeneità . «Damon è convinto che presto o tardi avremo dei problemi da parte del padre o da uno dei fratelli maggiori, ma dice che anche gli Ardais si faranno sentire...» il tono, quasi divertito, colse di sorpresa Ellemir.
«Vi fermerete qui?» Ellemir aveva finalmente compreso le parole della donna. «Tu e loro, in mezzo al nulla? Con l'inverno alle porte? Poi sarei io a dovermi preoccupare del Consiglio?»
Fiona alzò una mano, come a zittirla. «L'accordo fatto con le altre Custodi, per la buona riuscita del mio... nostro progetto, comprendeva anche l'assoluto silenzio per quello che riguardava il Consiglio. Forse sarà una perdita di tempo: non riusciremo a ricostruire la Torre o il villaggio, nessuno accetterà la nostra sfida e ci ritroveremo solo in cinque a portare avanti il tutto... ma la Torre Verde dovrà essere invisibile agli occhi del Consiglio e libera dal controllo dei Domini.»
Ellemir si morse le labbra, cercando di trattenere il pensiero che era comparso nella propria mente.
«Sì, Ellemir,» le confermò invece Fiona. «Per il prossimo inverno vivremo nello stesso locale, senza le divisioni strutturali che nelle altre Torri consentono ad una Custode di essere isolata dal resto dei telepati ma, nonostante questo, io resterò la loro Custode... tu non hai idea di quello che ti aspetta a Castel Aldaran. Se la minaccia che ti insegue è vera, non potrai più eseguire nessuno dei tuoi compiti, neppure volendolo. Per questo non posso permetterti di mantenere un ruolo che potrebbe esserti solo d'ingombro.»
Ellemir sospirò tristemente. Fiona aveva ragione, come sempre. Quindi chinò il capo e si preparò a subire il supplizio che tanto temeva.
«Ellemir di Tramontana,» la voce di Fiona si fece più sommessa, «esistono cerimonie complicate e lunghe, dalle quali si ottiene lo stesso risultato. Da domani tutte le Torri sapranno che sei stata sciolta dal tuo Giuramento, non sei più obbligata a seguire le regole imposte ad ogni Custode. Da questo momento ritorni ad essere una donna, libera da ogni vincolo imposto dalle Torri ma, ricorda, oltre al diritto di sposarti, se vorrai, avrai il dovere di non utilizzare più il tuo potere di Custode... da ora torni ad essere Ellemir Lanart-Alton y Alton. Se tu non fossi decisa ad abbandonare i Domini,» sospirò al pensiero, «dovrei dirti che da questo momento torneresti ad essere vincolata al volere del Dom del tuo Dominio ed a quello del Consiglio e del Re... ma credo che dove stati per recarti questo non abbia alcuna importanza.»
Ellemir scosse la testa tristemente. «Alla mia età,» sospirò, «dovrei cominciare a desiderare di trovare qualcuno con cui dividere la mia vita. Neanche gli Déi potrebbero aiutarmi!»
Fiona non riuscì a capire se la cosa le dispiacesse o se fosse, in qualche modo, sollevata da questo pensiero. «Non prenderla troppo a cuor leggero,» si sentì in dovere di ammonirla. «Gli Déi potrebbero concederti molto più di quello che ti aspetti.»
Il rumore provocato dai cavalli della scorta di Fiona distrasse le due donne. «Forse è ora che tu vada,» disse ad Ellemir, che si avvicinò a lei tendendole le mani per un ultimo, più intimo saluto.
La Custode sfiorò delicatamente i polsi martoriati di Ellemir, tornando col pensiero ai giorni in cui avevano programmato la loro mente perché ogni contatto involontario provocasse loro quelle dolorose ferite. Non si sarebbero mai più riviste, Fiona ne era certa.
«È un addio, Ellemir,» le disse, lasciandole i polsi. «Le nostre strade non sono destinate ad incrociarsi un'altra volta. Che Avarra ti aiuti a ritrovare la pace.» La donna chinò la testa, non trovava le parole adatte a salutarla. Fiona la guardò con simpatia e, silenziosamente, si allontanò da lei.
Ellemir la guardò allontanarsi, attendendo fino a quando l'ex Custode di Neskaya non ebbe raggiunto il gruppo di telepati che l'avrebbe aiutata a far sorgere una nuova Torre. Tristemente pesò che Fiona stava come per rubarle il sogno che aveva covato da sempre, quello di riportare alla luce i segreti del passato. Ellemir Alton ex Custode di Tramontana, sapeva che lei non sarebbe mai riuscita a percorrere la strada scelta dall'altra Custode, non senza infrangere regole o riportando alla luce chissà quale pericoloso segreto. Chissà se sarebbe riuscita a trovare una nuova casa, come sembrava avesse fatto Fiona.
Nonostante la tristezza che l'attanagliava, la donna si ritrovò la mente pervasa dal motivo di una vecchia ballata. Erano anni che non faceva ricorso alla musica per allontanare da sé pensieri malinconici o tristi ricordi, poteva ricordare che da piccola passava buona parte del suo tempo chinata sul ryll che la nonna paterna le aveva donato, cercando di dimenticare le angherie che i fratelli le facevano subire.
Durante la permanenza di Edric a Tramontana, molte serate erano trascorse in compagnia della musica. Dal suo allontanamento Ellemir aveva imbracciato il ryll, non il suo, andato perduto durante il trasloco della sua roba da Neskaya a Tramontana, ma uno trovato nella nuova Torre, solo poche volte e, poteva ammetterlo senza incertezze, non poteva considerare quegli anni felici.

   Maybe I can find a place I can call my home
   Maybe I can find a home I can call my own
1

Sospirando tristemente le note della canzone, cercando di reprimere dentro di sé la certezza che questo non si sarebbe mai realizzato, Ellemir tornò verso il luogo dove Taksya e Grisella attendevano il suo ritorno.







StrangeLandsChronicles © 2004
© Simona Degli Esposti