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Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 5
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 5

Comhii-Letzii

Grisella aveva osservato l'arrivo dello strano gruppo dalla postazione più comoda raggiungibile lungo il tronco dell'albero caduto. Aveva chiamato anche Taksya, ma lei aveva rifiutato.
«Non mi interessa vedere con chi si deve incontrare,» aveva bofonchiato, cercando di calmare la propria cavalcatura.
«È la scorta più strana che abbia mai visto! Ci sono due Rinunciataria, ma non mi sembra di conoscerle, da qui almeno,» aveva continuato Grisella. «Ci sono anche tre uomini, ma non indossano colori particolari. Poi una donna, deve essere lei che doveva incontrare, indossa un abito come quello della tua Custode. Non sembra molto più vecchia e, strano, ma non viaggia con comodità maggiori della nostra.»
Taksya si arrampicò accanto alla compagna. «Una Custode? Allora viene da Neskaya.»
Grisella la guardò, sorprendendosi di non essere affatto sorpresa dalla sicurezza che traspariva dalle parole della compagna. Scrollando le spalle, tornò a guardare l'incontro che stava avvenendo nella radura davanti a loro. Era ancora profondamente irritata dall'assurdità di questa fermata, convinta che non ci fosse nulla di più rischioso da fare, specialmente per qualcuno che è stato più volte minacciato di morte.
Taksya, rimasta immobile accanto a lei, sembrava seguire con lo stesso interesse le mosse delle due donne rosso vestite. Dall'espressione che il suo volto aveva assunto, Grisella pensò quasi che fosse in grado di seguire parola per parola quello che Ellemir e la sconosciuta si stavano dicendo.
«Cosa sta accadendo,» chiese, quasi in tono di sfida.
Taksya scosse la testa. «Non lo so, ma credo che Ellemir ci dirà qualcosa, una volte tornate al rifugio.»
«Ellemir,» ribatté Grisella, cercando di non far trasparire il fastidio che le dava il sentir pronunciare il nome della loro cliente da parte della compagna. «Sicuramente!» concluse, scendendo dall'albero e andando a sedersi accanto ai cavalli.
Taksya non la seguì ma non continuò neppure ad osservare quello che accadeva ai piedi della vecchia Torre distrutta. Si girò sulla schiena, cercando una posizione comoda sulla rugosa superficie del tronco, e chiuse gli occhi. Lentamente, come se provenissero da una grande distanza, le voci delle due donne cominciarono ad echeggiare nelle sue orecchie.
Se qualcuno le avesse chiesto cosa stava facendo, Taksya non avrebbe saputo cosa rispondere. Fin da piccola riusciva perfettamente ad ascoltare conversazioni, anche a grande distanza. Lo aveva sempre considerato un semplice trucco, convinta che solo il movimento del vento o di una semplice brezza, accompagnata ad uno sviluppato senso dell'udito, potesse permettere a chiunque una cosa del genere.
Era un talento che le era stato molto utile durante la sua adolescenza ma che, dopo l'entrata nell'Ordine delle Rinunciatarie, aveva usato sempre più di rado.
Seguì in silenzio l'intero scambio di battute, senza capirci un granché, ma, quando la Custode di Neskaya liberò Ellemir dai vincoli dettati dal Giuramento prestato così tanti anni prima, non poté trattenersi dal rabbrividire. Sua madre avrebbe pagato qualunque prezzo pur di poter tornare all'interno di una Torre, mentre Ellemir, per salvarsi la vita, era costretta ad abbandonarla e, con essa, rinunciare anche a tutto quello che aveva imparato.
Taksya scese dalla sua postazione, per essere pronta a ripartire immediatamente all'arrivo di Ellemir. Grisella la vide ancora più tesa e pensierosa ma, per buona pace, non si azzardò a chiederle cosa le fosse accaduto in quei pochi minuti. Temeva che la risposta che avrebbe ricevuto non le sarebbe affatto piaciuta.
Qualche istante dopo anche Ellemir spuntò dalla vegetazione, canticchiando sommessamente. «Spero che non abbiate dovuto attendere troppo,» disse non appena scorse le due donne. «Ho cercato di impiegare il minor tempo possibile ma,» sospirò, cercando le parole più adatte, «per alcune cose non basterebbe un'intera vita!»
Taksya montò immediatamente a cavallo. «È ora di tornare. La notte scenderà presto e dobbiamo fare molte cose, questa sera.»
Ellemir la guardò allontanarsi, sorpresa dal suo comportamento. Con aria perplessa sbirciò il volto di Grisella, ma dalla sua espressione non traspariva nulla. Non osava chiedere alla sua guardia del corpo se fosse accaduto qualcosa di spiacevole durante la sua breve assenza e, silenziosamente, si mise in coda alla piccola carovana.
Ben presto si estraniò dalla marcia. Il suo corpo compiva automaticamente i movimenti necessari a mantenersi saldamente in sella, l'addestramento avuto durante la sua infanzia ad Armida le avrebbe permesso di cavalcare anche da addormentata. Inoltre il suo cavallo era abituato a seguire l'andatura di chi lo precedeva, quindi non c'era nulla che potesse distrarre Ellemir dai propri pensieri.
La sua mente tornò alla ballata che aveva ricordato dopo l'ultimo saluto a Fiona. La speranza di trovare finalmente una casa le sembrava quasi un desiderio irrealizzabile. Allontanata dalla sua Torre, da qualsiasi Torre per essere esatti, non riusciva neppure ad immaginare come avrebbe potuto sentirsi a suo agio tra la gente comune.
Il ricordo della nonna paterna fece prepotentemente capolino da un angolo remoto dei suoi ricordi. Era stata lei ad insegnarle quella canzone ed a risvegliare completamente il suo donas, quando aveva da poco compiuto i dieci anni. Un talento precoce che avrebbe dovuto essere addestrato nella più gloriosa delle Torri. Invece, a causa del sangue che scorreva nelle sue vene, era stata condotta prima a Dalereuth, poi a Neskaya.
Ellemir aveva pianto per giorni, dopo il forzato allontanamento dalla nonna, la sola persona che non l'aveva mai trattata come il delicato giocattolo che lei sembrava invece essere agli occhi di tutti. Era l'unica femmina della famiglia ed aveva solo cinque anni quando suo padre l'aveva condotta nella tenuta estiva della famiglia, cercando di spiegarle che si sarebbe trovata benissimo in compagnia della sua vecchia madre.
Ellemir non aveva mai capito perché suo padre, primogenito della casata, non fosse divenuto l'Erede del Dominio come, di diritto, gli sarebbe spettato. Pur vivendo nella tenuta di Armida, sovrintendendo alla sua gestione, suo padre non era mai stato riconosciuto come erede legittimo e, in cuor suo, non l'aveva mai desiderato. Era invece il secondogenito ad aver ereditato il titolo ed il piacere di passare quasi tutto l'anno in compagnia del padre a Castel Comyn, nella città di Thendara.
Aline Alton, la nonna paterna, nonostante l'età avanzata gestiva con saggezza le tenute nei pressi del lago Mariposa, sicura che nessuno avrebbe mai osato contraddirla finché fosse vissuta. Fu lei a raccontare alla giovane Ellemir come, durante la sua permanenza nella Torre di Arilinn per il canonico anno di addestramento, avesse incontrato l'allora Erede degli Hastur. Il loro era stato un amore giovanile, per nulla condizionato dai vincoli già stabiliti per loro dalle rispettive famiglie e desiderato solo come unico sostegno alla loro sopravvivenza nel duro mondo delle Torri.
Poco dopo il suo ritorno alla vita normale, Aline si ritrovò promessa in sposa ad un illustre sconosciuto, che avrebbe permesso loro di mantenere inalterata la linea di discendenza della casata, ed in attesa del figlio del futuro Reggente del trono di Darkover il quale, messo al corrente della cosa, avrebbe accettato immediatamente di sposarla o, almeno, di riconoscere il nascituro.
Ma l'unione di Aline era già stata decisa e il bambino nacque sotto il nome degli Alton, riconosciuto per volere dal clan dal patrigno, ma con tutte le caratteristiche degne dell'Hastur dal sangue più puro. Sangue che, dal primo vagito, gli avrebbe impedito di entrare a far parte della linea di successione del Dominio e che, una generazione più tardi, avrebbe portato Ellemir prima a Tramontana e poi verso il Dominio Rinnegato degli Aldaran.
Ellemir era certa che la cosa avrebbe deliziato sua nonna, così come tutte le situazioni di questo genere in cui lei veniva coinvolta avevano sempre fatto durante tutta la sua infanzia. Senza dare nell'occhio Aline aveva seguito con molto più affetto le vicissitudini dell'unico figlio che aveva partorito con amore, e non per dovere. Dopo di lui l'interesse era passato sulle gesta di quella nipote dai capelli di fiamma, che si divertiva così tanto ad andare a cavallo ed a litigare con i cugini, piuttosto che imparare a ricamare.
Quando suo padre la scoprì intenta a demolire le pietre in una vicina sassaia, utilizzando solo il potere della sua mente, decise che era venuto il momento che la sua unica figlia facesse conoscenza dell'unica donna della famiglia che avrebbe un giorno potuto risvegliare il Dono degli Alton che sicuramente possedeva.
Ellemir apprese dalla nonna l'arte di suonare il ryll ed imparò molte delle ballate che la donna conosceva. Imparò a conoscere il suo donas, prima ancora che venisse risvegliato completamente e, apprendendo la storia legata alla nascita di suo padre, decise che non si sarebbe mai prestata ai giochi di potere della famiglia. Ellemir non aveva mai amato essere classificata come femmina più che come donna, essere costretta a certi comportamenti solo perché il suo sesso le impediva di fare altrimenti. Se l'unico modo per evitare di essere venduta come un cavallo, per ottenere buone alleanze per la famiglia, era quello di entrare stabilmente in una Torre, allora lei sarebbe divenuta la più famosa Custode della sua epoca.
«Per farlo dovresti diventare la Dama di Arilinn,» le aveva detto Aline, «il tuo sangue te lo impedirà.» Ed aveva ragione.
Solo una Hastur poteva diventare Custode della più potente Torre del pianeta e lei non sarebbe mai stata riconosciuta come tale, anche se tutto nella sua figura diceva il contrario. Solo la Custode di Dalereuth accettò di iniziare il suo addestramento e solo a Tramontana, la Torre ai confini più estremi dei sei Domini, Ellemir poté trovare il modo di realizzare, almeno in parte, le sue ambizioni.
Aline Alton morì pochi anni dopo la conclusione del suo addestramento, il padre subito dopo il trasferimento della figlia a Tramontana. Da allora, Ellemir non aveva più avuto contatti con la sua famiglia. La sua presenza era troppo imbarazzante per poterla ricordare senza riportare alla mente lo scandalo avvenuto due generazioni prima.
Ora, in marcia verso Caer Donn e il Dominio degli Aldaran, Ellemir poteva dire non avere nessun posto che avrebbe potuto chiamare casa e, nonostante tutte le promesse di uno splendido futuro ricevute da parte di Edric, le sue visioni non le avevano mai promesso tanto.
A dispetto della pessima atmosfera creatasi all'andata, durante il ritorno al rifugio Taksya e Grisella ripresero a parlare tranquillamente. Era solo per discutere il percorso della giornata seguente ma, in fin dei conti, era sempre qualcosa.
Ellemir, risvegliatasi dai sui ricordi, rimase piacevolmente soddisfatta nel vedere le due Amazzoni parlare senza accenni di discussione, ma fu un evento di breve durata. Non erano neppure giunte al rifugio che già Grisella aveva fatto ripiombare la compagna nel mutismo più completo.
Avendo ormai capito che non era il caso di intromettersi nei loro fatti privati, ben consapevole di essere la causa diretta di buona parte delle discussioni, Ellemir rimase come sempre in disparte. Scese da cavallo e sistemò con accuratezza l'animale all'interno della stalla, attendendo solo che Grisella raccogliesse la legna necessaria al fuoco per la notte per entrare poi nel rifugio seguendola silenziosamente.
«Voi conoscete la Montagna dell'Uomo Morto?» la domanda della donna la colse impreparata.
«Come?» fu la sola risposta di Ellemir.
«La Montagna dell'Uomo Morto,» ripeté Grisella senza scomporsi.
Ellemir cercò di fare mente locale. Essendo vissuta a Tramontata per lungo tempo, poteva dire di conoscere perfettamente quella parte di Hellers che faceva da parete divisoria tra la regione meno frequentata dei sei Domini e quello degli Aldaran. Però non conosceva il nome di tutte le cime.
«No,» fu la risposta.
La Rinunciataria non diede spiegazioni alla sua domanda, si limitò a scuotere la testa sconsolatamente e cominciò a preoccuparsi della preparazione della cena.
Ellemir si sedette vicino al camino, pensando tristemente a quello che sarebbe seguito al pasto, cercando contemporaneamente di evitare che la sua mente indugiasse sull'operazione che, sperava, Taksya avrebbe compiuto sui suoi capelli.
In quel momento la guida fece capolino dal tunnel che collegava l'interno del rifugio alla stalla, trasportando un voluminoso involucro e fischiettando sommessamente una canzone.
Ellemir rabbrividì e, nonostante sembrasse impegnata nelle faccende domestiche, Grisella non poté fare a meno di notarlo.
«Dovrete resistere ancora per qualche ora, vai leronis. Il calore si disperde velocemente in questo posto e non c'è modo per farlo scaldare più rapidamente.»
Ellemir scosse la testa in senso di diniego. «Non è il freddo,» commentò, continuando ad osservare il pacco che Taksya stringeva a sé. «Credo si possa dire che sto tremando di paura!» Esclamò rabbrividendo nuovamente, come per confermare le sue parole.
Taksya posò il pacco sul tavolo e cominciò a svolgerlo. Tra le sue mani comparve una strana coperta, costituita da due strati di pelle morbida tra i quali era stato inserito uno spesso panno di lana.
«Un regalo di Madre Nives,» commentò, quasi disgustata al ricordo della donna. «Dice che è una sua creazione. Dovrebbe tenere molto caldo... Vedremo!» esclamò, continuando a frugare sul fondo del pacco aperto a metà.
Tra le sue mani comparvero i pantaloni di un abito da Libera Amazzone. «Spero che siano della vostra misura,» disse, estraendo subito dopo un'ampia camicia e tutto il necessario per trasformare l'aspetto di Ellemir da quello di Custode in quello di una qualsiasi Rinunciataria.
«Ci vorrà poco perché la cena sia pronta,» Grisella, difatti, stava cominciando a preparare la tavola. «Spero che non vorrai fare adesso.»
Taksya scosse negativamente la testa. «Ogni condannato ha diritto all'ultimo pasto,» l'espressione di Ellemir rendeva più che veritiero il commento. «Avremo tutto il tempo dopo, mentre tu metterai a punto i programmi per domani.»
Ellemir non poté fare a meno di notare, nelle parole di Taksya, una frecciata gelida diretta alla compagna. Probabilmente aveva a che fare con la discussione terminata poco prima dell'arrivo al rifugio.
Grisella, fingendo di non essere colpita dal tono tagliente di Taksya, cominciò a spiegare la sua idea. Mano a mano che descriveva il percorso che riteneva giusto seguire l'indomani, Taksya assumeva un'espressione sempre più cupa ma non la interruppe neppure una volta.
«Per raggiungere Caer Donn lungo le strade meno trafficate dovremmo dirigerci prima verso Nevarsin, poi spostarci verso nord ed attraversare gli Hellers passando vicino alla Montagna dell'Uomo Morto. Qualsiasi altra strada ci porterebbe troppo vicine ai sentieri utilizzati dai pellegrini per il Monastero. Inoltre, questa è la via più breve.»
Ellemir annuì, aveva vagamente presente le strade che attraversavano i Kilghard, anche se vi era passata poche volte. Non si era mai recata a Nevarsin, la sua famiglia non apparteneva alla religione dei cristoforos e non era mai capitato che una fanciulla vi venisse mandata per approfondire gli studi. Già era raro per i maschi e, oltre tutto, una donna non aveva bisogno di imparare più del dovuto.
«Mi sembra una buona idea,» azzardò, «se ci permetterà di evitare incontri troppo frequenti.»
Taksya sospirò, vedendo persa la sua battaglia. «È questo il problema,» cercò di spiegare con calma. «Non ci sarà nessuno su quei sentieri, ormai siamo in inverno e nessuno ci passa per sbaglio neppure durante la bella stagione.»
«La nostra cliente correrà meno rischi di essere notata,» ribatté Grisella.
«Anche chi ci tenderà un agguato correrà meno rischi di essere notato,» Taksya sapeva che non sarebbe riuscita a far cambiare idea alla compagna. Non insistette oltre e si diresse verso il fuoco, cercando di calmare il tremito che la scuoteva. Grisella sembrò non accorgersi della cosa e continuò a preparare le poche cose che sarebbero servite loro per la cena.
Ellemir, invece, si sedette accanto alla guida. «Dovresti essere tu a decidere la strada da percorrere,» le disse piano, cercando di non farsi sentire dall'altra donna. «Infondo sei tu la guida.»
Taksya sorrise. «Il piano di Grisella non è da buttare via,» le rispose, «in un'altra occasione non avrei avuto nulla da ridire. Ma ho la certezza che qualcuno ci sta seguendo. Non è solo un'impressione, sento la loro presenza quasi fisicamente.» Ellemir rabbrividì, non poteva negare di condividere la sensazione. «Di certo, se ci vogliono attaccare, lo faranno ovunque. Mi sembra solo stupido facilitargli le cose,» concluse l'Amazzone.
Il discorso fu interrotto dall'annuncio che la cena era pronta e, silenziosamente come sempre, il pasto fu consumato rapidamente. Subito dopo, mentre Grisella provvedeva a liberare la tavola dai resti della loro cena, Taksya si diresse in silenzio verso il pacco da cui aveva estratto gli abiti per Ellemir e lo depose sul tavolo.
«Penso sia giunta l'ora, siete pronta vai leronis
Grisella si girò interessata, vide Taksya estrarre dall'involucro un piccolo vasetto contenente la tintura estratta dal mallo delle noci. Accanto ad esse la guida posò con aria solenne un lungo paio di forbici e una spazzola. Gli strumenti sacrificali erano pronti, mancava solo la vittima per officiare il rito.
Ellemir riprese a tremare come una foglia. Sapeva di non essere più una Custode e di aver perso ogni diritto di indossare gli abiti cremisi che ancora portava ma, nonostante ciò, non riusciva a pensare a nulla di più terribile che mostrare la nuca scoperta.
Una parte della cattiva reputazione delle Rinunciatarie veniva proprio dalla loro decisione di tagliare i capelli al di sopra del collo. Nessuna donna seria l'avrebbe mai fatto, neppure se vi fosse stata costretta per motivi d'importanza vitale ma, per Ellemir, non vi era nessuna altra alternativa. Doveva dire addio ai propri capelli o alla propria vita, con la sola differenza che i primi sarebbero ricresciuti in fretta, la seconda una volta persa era finita.
Con un sospiro rassegnato si sedette davanti a Taksya e, con mano incerta, aprì il pregiato fermaglio di rame che teneva legata la folta chioma fiammeggiante. Non disse nulla, offrì in silenzio i suoi preziosi capelli all'implacabilità della lama.
Taksya, che reggeva le forbici come se veramente fossero un'arma sacra, ebbe la sensazione di stare per compiere un sacrilegio. Anche se Ellemir non aveva raccontato del suo incontro, lei sapeva benissimo quello che era accaduto e che, da quel momento, la donna che aveva davanti non era più una Custode ma, nonostante tutto, non riusciva a cacciare dalla sua mente la sensazione che quello che stava per compiere fosse sbagliato.
Ellemir comprese lo stato d'animo in cui la donna si trovava e ne fu sorpresa. Lei stessa era più preoccupata per quello che la gente avrebbe potuto dire vedendola conciata in quella maniera, piuttosto che per il danno che la sua integrità di Custode poteva subire. Dopo tutto, anche vestita da Rinunciataria e con i capelli corti, chiunque l'avrebbe potuta riconoscere per quello che era in realtà. Il suo aspetto era solo una facciata necessaria per accrescere il timore che doveva incutere come Custode consacrata al potere delle matrici.
"Non esitare," le comunicò mentalmente, "sono io che te lo chiedo." La voce di Ellemir giunse chiara e forte nella mente di Taksya, che però non diede segno di averla udita, "non permettere che sia Grisella a farlo. Lei non può capire quello che tu, che noi proviamo in questo momento."
Taksya prese una grossa ciocca di capelli tra le mani e, con un movimento deciso, cominciò a tagliarli. Ripeté l'operazione più volte, fino a che i capelli di Ellemir non furono più lunghi della curva del mento. Si allontanò un poco dalla donna, come un'artista per rimirare il suo lavoro, e annuì soddisfatta.
Ellemir si passò una mano tra i capelli... dove un tempo erano stati i suoi capelli. Sentì salire le lacrime agli occhi, nel vedere la massa rosso fuoco giacere senza vita al suolo, ma resistette orgogliosamente. Non ebbe però il coraggio di guardarsi. Grisella le aveva porto un piccolo specchio, trovato su uno scaffale della dispensa, ma lei aveva rifiutato.
«Per oggi credo che possa bastare,» cercò di scherzare.
«Non è finita,» disse Taksya, intenta a preparare la mistura che avrebbe reso quasi neri i capelli della donna. «Andare in giro con i capelli di quel colore, anche se tagliati corti, non farebbe di voi un bersaglio meno individuabile.»
Ellemir tornò a sedersi, sottoponendosi a quella seconda tortura, molto più complessa della precedente. Fu una lavorazione più lunga, tanto che Grisella decise di dare la buonanotte alla compagnia e andarsene a dormire. Terminata la tintura, Taksya consigliò ad Ellemir di asciugare i capelli al calore del fuoco, avrebbe finito più rapidamente e lei avrebbe potuto coricarsi prima. Ma la donna decise di distendersi subito, si sentiva troppo stanca e temeva di addormentarsi davanti al fuoco.
Taksya non ebbe nulla da ridire e, salutando la donna, si fermò per qualche minuto in bagno. Uscita, dopo aver ripulito le ciotole utilizzate per la tintura, controllò che le sue due compagne fossero entrambe addormentate e, pensando a quello che sarebbe potuto accadere se Ellemir si fosse effettivamente addormentata davanti al camino e le fosse toccato trasportarla fino al letto, Taksya estrasse dalla borsa il piccolo involucro contenente l'impasto schiarente. Adesso toccava a lei dare una sistemata ai suoi capelli.
Uno sguardo attento avrebbe potuto notare la forte sfumatura rossa che i suoi capelli stavano assumendo. La donna da cui aveva comprato il materiale l'aveva avvisata riguardo la qualità dell'impasto, la stagione era stata inclemente e non erano riusciti a preparare un prodotto molto buono. Di sicuro il suo colore sarebbe tornato fuori dopo poche settimane ma Taksya non se ne era preoccupata. Il viaggio non sarebbe durato molto, bastava che il potere schiarente della sostanza mantenesse il suo effetto fino a Caer Donn. Una volta in città poteva rifornirsi con un prodotto più valido.
Con l'abilità acquisita dopo lunghi anni di pratica, Taksya compì l'operazione rapidamente. Dopo neppure un'ora era già distesa e pronta ad addormentarsi ma, passate alcune ore, sembrava che il sonno non volesse arrivare.
Taksya guardò Grisella e provò un moto di invidia, lei stava già dormendo tranquilla da un paio d'ore abbondanti. Sembrava che non ci fosse nulla che potesse disturbare il suo sonno, tranne quei rumori inudibili che facevano presagire un agguato o un tentativo di entrare di sorpresa nel rifugio.
Il sonno di Ellemir non era invece così tranquillo. Sembrava che la donna non riuscisse a lasciarsi andare, temendo di addormentarsi troppo profondamente. Taksya allungò una mano, con la tentazione di posarla sulla fronte della donna. Avrebbe voluto controllare se Ellemir correva qualche rischio di febbre, dopo tutto dovevano essere passati anni dalla sua ultima uscita dalla Torre ed addormentarsi con i capelli ancora bagnati non era stata una buona idea. Avrebbe voluto darle un po' di conforto, ma non osava neppure sfiorarla.
La vicinanza della mano di Taksya sembrò invece calmare la donna, il suo respiro divenne più regolare e sembrò finalmente cedere al suo bisogno di riposo.
"Tutta immaginazione," si disse Taksya, tornando a distendersi accanto a lei, cercando di toccare il suo corpo il meno possibile. "Non è possibile che sia in grado di fare cose del genere!"
Cercando di non pensare a quello che era appena accaduto, cosa che non faceva altro che riportarle alla mente un periodo della sua vita che aveva cercato il tutti i modi di cancellate, Taksya si lasciò andare lentamente, riuscendo finalmente ad addormentarsi.

***

Ellemir era stata colta dal sonno ancora impreparata. Avrebbe voluto cercare di indursi un sonno profondo, in modo da impedirsi di entrare nel sopramondo involontariamente. Invece si ritrovò avvolta dalla luminescenza azzurrina che ben conosceva, con la consueta sensazione di essere stata seguita.
Cercò di allontanarsi da lì, ma essendovi entrata in sogno non era facile. La sua volontà rispondeva lentamente ai comandi, la tranquillità che il sopramondo donava al suo animo era maggiore della sensazione di pericolo e del ricordo della passata esperienza. Con fatica le sembrò di riuscire a tornare indietro, ma venne trattenuta con violenza.
Sentiva la vicinanza di due presenze. Riconobbe la prima, un'emanazione quasi tangibile di malvagità appartenente all'uomo che l'aveva imprigionata durante il suo ultimo viaggio nel sopramondo, ma le sembrò che, almeno questa volta, non riuscisse a localizzarla. La seconda, del tutto sconosciuta ma incredibilmente potente, sembrava addirittura inconsapevole della sua presenza al suo fianco.
Ellemir non tentò neppure di spostarsi verso luoghi a lei familiari, non voleva correre il rischio che il suo avversario riuscisse a localizzarla con esattezza, risalendo così alla loro posizione. Non riusciva però a tornare ad un livello superiore di coscienza, quasi fosse in una posizione di stallo, ancora nel suo corpo ma con la possibilità di sentire se stessa anche nel sopramondo.
Improvvisamente sentì come una ventata di aria fresca attraversarle il corpo e si ritrovò libera. La sua immagine proiettata nel sopramondo aveva riacquistato la capacità di muoversi e non le sembrava più di essere bloccata a cavallo dei due mondi. Ellemir si affrettò a tornare indietro, ma anche così si rese conto che il suo avversario poteva aver carpito dalla sua mente preziose informazioni. Forse ora sapevano dove erano nascoste e quale erano i progetti per l'indomani, sempre che i suoi persecutori avessero deciso di passare alle vie di fatto, cercando di impedirle di raggiungere un luogo sicuro come poteva essere il settimo Dominio.
Un istante prima di uscire definitivamente dal sopramondo, Ellemir ebbe come l'impressione di cogliere la presenza della Rinunciataria accanto a lei. La sensazione che fosse stata Taksya l'artefice della sua liberazione si insinuò nel suo cervello, ma come?
Con l'interrogativo ancora presente nella mente, Ellemir scivolò in un sonno più profondo, al riparo da sogni e dal rischio di rientrare nel sopramondo.

***

Taksya venne ridestata dall'impressione di sentire qualcuno aggirarsi all'interno del rifugio. Si alzò a sedere, guardandosi intorno, i sensi perfettamente svegli e all'erta, ma non vide nulla di strano. Grisella stava ancora dormendo tranquillamente, se ci fosse stato qualche tentativo di intrusione si sarebbe svegliata. Tornò a sdraiarsi, convinta di aver sognato tutto, quando si rese conto che, accanto a lei, Ellemir aveva ricominciato a lamentarsi nel sonno. Taksya rimase ad osservare il suo volto, a stento distinguibile nella penombra. Era chiaro che, qualsiasi sogno stesse facendo, si trovava in una situazione poco piacevole.
Se si fosse trattata di una donna normale, non avrebbe avuto dubbi su come calmare l'agitazione. Il solo contatto fisico dava alla persona tormentata la sensazione di essere al sicuro, senza bisogno d'altro. Ma una Custode non era una donna comune anche se in precedenza, per quanto avesse cercato di convincersi del contrario, la sola vicinanza della sua mano era riuscita a calmare la donna. Facendo forza contro le restrizioni inculcatele dagli insegnamenti della madre, Taksya allungò un braccio verso di lei, posandolo delicatamente accanto alla sua spalla.
Si era aspettata che Ellemir si svegliasse di colpo, che lei stessa venisse fulminata, come le leggende narravano, invece nulla. Esattamente come prima, Ellemir si quietò, cadendo nuovamente in un sonno profondo e ristoratore.
Taksya attese che il sonno della donna non precipitasse ancora nell'incubo poi, lasciando il suo braccio vicino al suo corpo, in modo da farle percepire la sua vicinanza, si addormentò a sua volta.

***

La mattina giunse più rapidamente del previsto, annunciata nottetempo da una abbondante nevicata. Grisella, svegliatasi come al solito prima delle altre, aveva già preparato una colazione calda ed aveva provveduto a nutrire anche i cavalli ed i cervine. Con il freddo che faceva era meglio che tutti i componenti della carovana si mettessero in marcia con lo stomaco ben pieno.
Risvegliata dal profumo della colazione, Taksya si affrettò a rimettersi in sesto. Voleva controllare la situazione dall'esterno, anche se sapeva benissimo che sarebbe stato difficile fare cambiare idea a Grisella riguardo il percorso da seguire, se il tempo fosse stato particolarmente inclemente poteva convincerla a deviare almeno un poco.
Risvegliata dallo spiffero di aria fredda causato dall'uscita di Taksya, si svegliò anche Ellemir. Con la testa pesante a causa del sonno difficoltoso, si alzò a fatica, avendo la strana impressione di vivere ancora in uno degli incubi che avevano infestato il suo sonno. Fu comunque un risveglio poco gradito. Da quella mattina avrebbe dovuto cominciare ad indossare gli indumenti tipici di una Libera Amazzone e non era sicura di essere contenta della novità.
Appartandosi in un angolo riparato, Ellemir indossò i vestiti che Taksya le aveva consegnato. La stoffa era calda, erano pratici per compiere qualsiasi lavoro, ma erano terribilmente offensivi per l'animo di qualsiasi donna.
Taksya rientrò dal suo breve giro pochi minuti dopo la vestizione, seguita dalla compagna, e la trovò ancora nell'angolo, intenta ad osservarsi con aria interrogativa.
«Può andare,» fu il suo commento. «Che ne dici Grisella, potrebbe anche passare per una di noi.»
Grisella mise sul tavolo la colazione, invitando con un gesto le altre due donne a sedersi. «Se non si muove e non parla, forse,» fu il suo commento. «Da oggi non potremo più usare rifugi come questo. Credo sia meglio che vi facciate notare il meno possibile.»
Taksya annuì, terminando in fretta la sua parte di cibo. «Vado a sistemare gli animali,» disse alzandosi. «Partiremo tra poco.»
Ellemir la raggiunse nella piccola grotta adibita a stalla. Rimase in silenzio alle sue spalle, vergognandosi immensamente del suo aspetto.
«Dovreste essere orgogliosa, vai leronis,» le disse Taksya senza voltarsi. «Il mondo sarebbe ben poca cosa se non ci fosse l'Ordine delle Rinunciatarie a dare una possibilità di riscatto alla vita di molte donne.»
«Vi credo sulla parola ma, anche se non godo più del diritto di farmi chiamare leronis, non è mai stato nei miei progetti diventare una Amazzone.»
«Voi non siete una Amazzone,» il tono di Taksya era duro, quasi offeso. «Se vi foste conciata così senza il nostro permesso, e qualcuna di noi vi avesse scoperto, allora sareste stata costretta a prestare il Giuramento, o a morire per ripagare l'offesa.»
«Non era mia intenzione mancare di rispetto al vostro Ordine,» si scusò Ellemir.
«Per una volta ha ragione Grisella. Da questo momento in poi è bene che parliate il meno possibile,» la informò Taksya. «Chiunque potrebbe capire, anche da una sola parola, che voi non siete una Rinunciataria. Mentre qualsiasi commento poco adatto potrebbe essere male interpretato e gettare discredito su di noi, mettendoci anche in pericolo.»
Ellemir annuì silenziosamente, non aveva pensato che la cosa potesse essere così complicata. Quelle donne avevano veramente una grande considerazione per la loro Sorellanza, tanto da proteggerla a spada tratta. Forse non erano delle svergognate, come la gente comune le rappresentava, Taksya aveva più rispetto per se stessa di quanto Ellemir avesse mai visto in nessuna altra donna. Il solo fatto che obbedissero solo a loro stesse e non al clan non era una colpa così grave.
Lei stessa, facendo il Giuramento da Custode, si era svincolata dal volere degli uomini della sua casata. Era stata altrettanto libera di agire quanto la donna che aveva di fronte ma, chissà perché, questa affermazione risuonò vuota nella sua mente.
L'arrivo di Grisella la distrasse dai suoi pensieri, era giunto il momento di partire. La vera fuga cominciava da quel momento. Doveva solo sperare che loro tre fossero più veloci dei loro inseguitori, se mai ce ne fossero sulle loro tracce.
«Bene,» commentò Grisella, dopo essere montata a cavallo, dando voce alle preoccupazioni di Ellemir. «Da adesso dovremo muoverci rapidamente. Chiunque decida di seguirci dovrà essere costretto a mantenere il nostro ritmo, daremo del filo da torcere a chiunque!»
Taksya sospirò, poco convinta. «Se qualcuno vuole prenderci non ci correrà dietro,» commentò. «Lo troveremo ad attenderci nel punto a lui più favorevole.»
La visione della figura incappucciata riempì per un istante la mente di Ellemir. "Un avvertimento?" si chiese angosciata. "Vogliono farmi sapere che sanno dove sono, che loro non mi perderanno mai di vista?"
Taksya fissò Ellemir con occhio preoccupato. La donna non aveva fatto riferimento agli eventi di quella notte, probabilmente non si era neppure accorta della cosa. Il suo aspetto era però stanco, qualcosa continuava a tormentarla. Liberando la mente da tutti i problemi, Taksya si mise a capo della carovana, dando definitivamente il via alla marcia.
Partirono in silenzio e così avrebbero continuato fino alla prossima destinazione. Ci sarebbero voluti due, forse tre giorni per raggiungere il Passo, fino ad allora avrebbero fatto bene a guardarsi attentamente alle spalle. Ora il pericolo poteva giungere anche dai normali viaggiatori degli Hellers, chiunque poteva considerarsi autorizzato a dare una lezione a tre svergognate Amazzoni.







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