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Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 8
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 8

Il salvataggio

Nonostante tutto, la notte era passata rapidamente, così almeno aveva pensato Taksya al momento del risveglio. Aveva trascorso buona parte delle ore notturne immersa in una strana sensazione di tensione, palpabile anche attraverso la cortina creata dalla stanchezza e dalla debolezza derivate dalle ferite ricevute. Era convinta di non aver riposato, ricordandosi di aver più volte controllato lo stato della sua compagna di viaggio e il bosco attorno al loro rifugio. Aveva però l'assurda sensazione di aver fatto tutto ciò senza alzarsi o solamente spostarsi dalla posizione in cui si era sdraiata la sera prima.
Ancora avvolta nella piacevole sensazione del dormiveglia, cominciò ad avvertire le sgradevoli avvisaglie dell'arrivo di un pesante mal di testa. Sapeva di essere debole e probabilmente era questa la causa del fastidio che sentiva, fastidio che contrastava nettamente con il messaggio di piacevole tepore che il resto del corpo le stava inviando. Il pensiero che nessuno avrebbe di certo approvato quella situazione la svegliò di colpo, come se avesse ricevuto un indelicato buongiorno a base di acqua gelata. Guardandosi intorno si accorse di stare stringendo tra le braccia l'esile corpo di Ellemir.
"Che Avarra mi protegga," fu il suo primo pensiero coerente. Con timore, si affrettò ad allontanare da sé la donna, ricordando troppo tardi che Ellemir, essendo stata dispensata dal suo Giuramento, non era più una Custode.
Ellemir venne bruscamente svegliata dai movimenti dell'Amazzone. Dal principio non capì cosa stava accadendo, rimpiangendo la piacevole sensazione di sicurezza e di calore che l'abbraccio di Taksya le aveva permesso di scoprire. Poi, percependo i pensieri frenetici della compagna, realizzò quale era il problema.
«Non volevo svegliarvi,» disse per giustificarsi Taksya. «Avevo scordato quello che è accaduto alla Torre Verde. Per un attimo ho temuto di aver commesso un sacrilegio!» concluse alzandosi, cercando di alleggerire un po' la tensione che ancora la attanagliava.
«Non devi preoccuparti,» la interruppe Ellemir, sentendosi stranamente ferita dal comportamento dell'Amazzone, «nessuno correrà più dei rischi toccandomi. Però,» si alzò a sua volta, cercando di distendere le articolazioni irrigidite dal freddo, «non mi pare di avervi raccontato cosa è accaduto durante il mio appuntamento.»
Taksya scosse negativamente la testa, che continuava a dolerle in maniera insopportabile, impedendole di concentrarsi su quello che Ellemir aveva appena detto. Non le sembrava un normale mal di testa, era quasi come se una parte del suo cervello avesse tutte le intenzioni di esplodere. Sentiva un pulsare costante e in regolare aumento ed aveva la certezza che, a meno di non svenire nuovamente, la testa le sarebbe effettivamente esplosa.
Facendosi forza, raccontò in poche parole quello che aveva sentito durante la breve sosta alla Torre. Nonostante tutto, non riuscì però a far comprendere ad Ellemir come fosse riuscita a percepire le loro parole da dove lei e Grisella si erano fermate.
Ellemir non si sforzò più di tanto nel tentativo di venire a capo del nuovo talento scoperto in Taksya. Doveva ancora riuscire a capire la natura del laran dell'Amazzone, una capacità in più o in meno non sarebbe riuscita ad intricare maggiormente le cose. Poteva sentire il dolore che sembrava invadere il cervello della donna e non voleva che un suo interrogatorio la facesse stare peggio di quanto già non stesse.
«Non devi preoccuparti,» la tranquillizzò. «Probabilmente non avremo neppure l'occasione di poterlo raccontare a qualcuno,» sospirò poi a bassa voce, sperando che Taksya non avesse colto quest'ultimo commento. "Chissà se Edric ha ricevuto il messaggio," pensò scoraggiata, "saremo comunque morte prima qualcuno possa arrivare fin qui da Caer Donn."
«Però è strano,» sussurrò Taksya, tornando a distendersi nella speranza di attenuare il dolore.
«Cosa?» chiese Ellemir distratta, la mente ancora rivolta all'amico che l'attendeva a Castel Aldaran.
«Non credevo che una persona, avendo vissuto per così tanto tempo come Custode, potesse provare piacere al contatto con un'altra persona,» Taksya si era quasi riaddormentata ed il resto della frase giunse ad Ellemir solo come un frammento di pensiero. "Ho sempre pensato che ogni contatto fosse per voi solo un fastidio da evitare..."
Ellemir appoggiò delicatamente una mano sulla fronte della giovane donna. Il dolore che proveniva dalla parte più profonda del suo cervello era quasi visibile ai suoi occhi, un pulsare lento e costante, che striava di scarlatto l'aura di laran che circondava l'Amazzone.
«L'ho sempre pensato anch'io,» disse ad alta voce Ellemir, rispondendo al pensiero di Taksya.
Con tutto il distacco che la situazione attuale le rendeva possibile, Ellemir utilizzò gli ultimi brandelli di energia per sondare la mente dell'Amazzone. Il sonno della giovane donna era divenuto molto più profondo, se qualcuno non fosse giunto presto a salvarle Taksya sarebbe passata dal sonno alla morte senza neppure rendersene conto.
Sentendo che anche le sue forze si stavano assottigliando rapidamente, Ellemir raggiunse il punto di origine del dolore che straziava il cervello di Taksya e con stupore si accorse che era all'interno di quella barriera così saldamente costruita. Poteva quasi visualizzare quel pulsare come la fame di libertà di una belva per troppo tempo tenuta legata. Ellemir si rese conto solo marginalmente di aver visualizzato la strana energia che sembrava essersi svegliata in Taksya proprio come solitamente immaginava il proprio donas.
Si tornò a distendere accanto a Taksya, cingendo l'Amazzone con un braccio. Con cautela, tornò a sondare i pensieri della donna, senza ricavare altro che immagini confuse. Per un fuggevole istante ebbe come la sensazione che Taksya fosse entrata in contatto con un'altra mente, più strana ancora fu la sensazione che Ellemir ebbe di riconoscere quella persona. Fu una questione di pochi istanti, poi la mente di Taksya ripiombò nel caos.
Una gradevole sensazione di torpore cominciò ad avvolgere anche Ellemir, ben consapevole che, se si fosse lasciata andare ad essa, non si sarebbe mai più svegliata. Senza volerlo chiuse gli occhi, la sua mente ancora sprofondata nei pensieri dell'Amazzone, e lasciò che la loro incoerenza la trasportasse lentamente verso il sonno.

***

Al riparo sotto la calda coperta, Edric non riuscì a trattenere un brivido. Stava cercando, per l'ennesima volta, di entrare in contatto con Ellemir, ma la sua matrice, la cui luminosità era già offuscata, si era fatta ancora più debole.
«Edric?» Alaric aveva avvertito il muto lamento del fratello ma non ne aveva capito l'origine. Sperava solo che non si trattasse del peggio.
«La sua matrice si è fatta ancora più debole,» gli comunicò Edric, «abbiamo poco tempo, sei ancora molto distante?»
Alaric gli inviò un'immagine mentale di dove lui e i suoi due compagni di viaggio si trovavano in quel momento e di quanto, stando ai suoi ricordi, poteva mancare al luogo che Ellemir aveva comunicato al fratello. «Sempre che non abbia deciso di allontanarsi,» commentò pessimisticamente alla fine, facendo cenno agli altri due che potevano proseguire.
Donald, il domestico che da anni seguiva Alaric nei suoi spostamenti tra Aldaran e Nevarsin, era ormai abituato ai colloqui che i due gemelli intrattenevano anche a distanza di miglia. Non aveva fatto caso al rallentamento della marcia ed aveva atteso in silenzio che il padrone gli comunicasse eventuali variazioni di percorso. Il terzo membro della piccola compagnia sembrava invece intimorito.
Domenic Aillard, figlio sestogenito dell'antica casata, non si sentiva più molto tranquillo in compagnia di Alaric Aldaran. Non era perché il compagno di studi apparteneva ad una famiglia rinnegata del Dominio Rinnegato, né perché sua madre l'aveva minacciato di disconoscerlo, se avesse deciso di coltivare questa amicizia con un Aldaran. Essere diseredato non avrebbe costituito per lui una grande differenza.
Lui era il sesto figlio, venuto dopo ben cinque femmine, ed essere l'unico maschio in un Dominio in cui ogni carica ed il donas vengono tramandati solo alla linea femminile della famiglia stava a significare che lui avrebbe dovuto sottostare ai voleri non solo della madre, ma anche di tutte le sue sorelle maggiori.
Avrebbero organizzato per lui un ottimo matrimonio di convenienza, sempre che le trattative non fossero già state concluse in sua assenza. Un'insieme di legami vantaggiosi che sarebbero poi serviti per attuare altri matrimoni, ottimi per migliorare la posizione sociale delle femmine di casa Aillard.
Tutto ciò non era mai stata la sua aspirazione, aveva sempre vissuto l'appartenenza al suo clan come un incubo ed il solo pensiero di poter tagliare i ponti con una famiglia in cui nessun uomo vorrebbe mai nascere, utilizzando unicamente la propria amicizia con un Aldaran, sembrava a Domenic un sogno. In fondo Alaric non gli era sembrato pazzo o un criminale assetato di sangue comyn, stando agli standard di giudizio che il resto di Darkover utilizzava nei confronti dei clan originari del settimo Dominio.
Tutto era andato per il meglio, almeno fino a quando i due giovani avevano condiviso studi e svaghi al Monastero di San Valentino delle Nevi. Poi erano partiti da Nevarsin diretti a Castel Aldaran, per partecipare alla Festa del Solstizio, e il parere di Domenic riguardo l'amico Aldaran era lentamente mutato, cominciando con una strana sensazione di essere fuori posto.
Il giorno prima della partenza il giovane Aldaran aveva sognato il suo gemello Edric. Alaric gli aveva raccontato con entusiasmo la vividezza del sogno ma, dopo aver portato a termine i preparativi ed essere partiti, la cosa sembrava essere stata dimenticata.
Dopo due giorni di viaggio, trascorsi senza preoccupazioni e mantenendo una buona andatura, Alaric aveva improvvisamente frenato il proprio cavallo e Domenic, preoccupato del cambiamento improvviso sovvenuto nell'amico, aveva fatto per avvicinarsi, cercando di rendersi utile, ma Donald lo aveva bloccato.
«Non è bene disturbarlo in questi momenti,» disse al giovane, come se Domenic sapesse di cosa lo scudiero stava parlando. «Non quando stanno parlando. Anche la minima interferenza da parte di un estraneo potrebbe interrompere bruscamente il contatto. I danni sarebbero notevoli per entrambi.»
Domenic stava per ribattere, comunicando all'uomo che era meglio prestare assistenza al suo padrone che, se per caso non l'avesse notato, non sembrava più in ottima forma.
«Tra qualche istante il Nobile Edric avrà finito di comunicare le ultime novità e il vostro amico sarà di nuovo a vostra disposizione,» borbottò lo scudiero, impedendo al loro ospite di portare a termine le proprie intenzioni e facendo ben attenzione che non disturbasse il suo padrone.
Domenic evitò di ribattere, era inutile discutere con un servo. Attese con impazienza che Alaric si risvegliasse dallo stato di apparente stupore in cui era caduto, avvicinandosi a lui quel tanto che bastava per non far preoccupare Donald. Al momento opportuno avrebbe parlato ad Alaric del comportamento ben poco rispettoso del suo domestico.
Stava cominciando a rimpiangere di aver accettato l'invito per la Festa del Solstizio, quando Alaric tornò in sé e, senza dire una parola, fece cenno che potevano proseguire. Attese qualche istante, sicuro che l'amico avrebbe detto qualcosa riguardo lo strano fatto che era appena capitato, ma l'altro riprese la marcia senza neppure voltarsi verso di lui, neppure per assicurarsi che il resto della compagnia lo stesse ancora seguendo.
Spronando il cavallo, Domenic si portò al fianco dell'amico. «Cosa ti era accaduto?» chiese con voluta indifferenza. «Spero che tu non stia per sentirti male, questo non è uno dei posti migliori per lasciarsi andare ad amenità del genere!» ridacchiò forzatamente.
«Niente di preoccupante, stavo solo parlando con mio fratello,» rispose Alaric, come se questo potesse spiegare ogni cosa.
«Come, scusa?» Domenic cominciava veramente a preoccuparsi e il sospetto di essersi affidato ad un pazzo, come la tradizione avrebbe voluto, cominciò a fare capolino nella sua mente.
Alaric si voltò a guardare l'amico, rendendosi conto solo in quell'istante del fatto che Domenic non sapeva praticamente nulla della sua famiglia e, soprattutto, del particolare legame che lo univa al suo gemello.
«Non è il momento più adatto per spiegarti tutto,» riprese Alaric, «sarebbe troppo complicato, penso...»
Domenic lo guardò perplesso. "Forse sono davvero pazzi," pensò, aggiungendo poi ad alta voce, «spiegami almeno dove stiamo andando. Sono stato tra gli Hellers quel tanto che basta per capire che questa non è la strada più rapida da seguire per raggiungere Caer Donn!»
Alaric ridacchiò. «Hai ragione, questa non è la via più diretta e no, non siamo tutti pazzi. Forse qualche accenno di stravaganza ma pazzi... no, non direi!» concluse, scoppiando a ridere.
Domenic, dopo essere diventato talmente rosso da rischiare di prendere fuoco, cominciò a darsi dello stupido. "Solo perché nessuno li considera, non è detto che nessuno di loro possieda abilità telepati," continuò mentalmente, senza rendersi conto di stare trasmettendo fin troppo chiaramente ogni pensiero al compagno di viaggio.
«Non dimenticare che anche gli Aldaran sono di sangue comyn, anche se tutti preferiscono dimenticarlo,» rispose Alaric, non potendosi trattenere dal leggere i pensieri del giovane Aillard. «In quale Torre sei stato addestrato?» chiese poi quasi distrattamente, tornando col pensiero al problema che lo attendeva al di là delle alture davanti a loro.
«Intendi dire che il mio addestramento non è stato abbastanza efficace?» chiese offeso Domenic.
«Come?» Alaric si riscosse dai suoi calcoli, se avessero mantenuto quell'andatura avrebbero raggiunto il luogo dove la Custode si era accampata in un paio d'ore, probabilmente troppe per prestare qualsiasi tipo di soccorso.
«Ho ricevuto il mio addestramento in una delle Torri più antiche dell'intero Darkover!» rispose con sussiego l'Aillard.
«La vecchia Torre di Dalereuth?» commentò Alaric, per niente intimorito dalla notizia. «Ellemir di Tramontana, la mia Custode, è una cara amica della Custode di quella Torre, ed anche di quella di Neskaya. Sempre che delle Custodi possano realmente crearsi delle vere amicizie.»
Domenic si trattenne dal ribattere all'irriverente commento di Alaric. Il tono compassionevole che era comparso nella sua voce faceva capire chiaramente che il suo non voleva essere un commento malevolo.
«Solo perché non hai conosciuto di persona i tecnici che vi lavorano, sono molto esperti nel loro lavoro e molto disponibili...»
«Se è per quello, non ho mai avuto neppure la possibilità di parlare con i comyn in servizio in altre Torri,» lo interruppe Alaric, il ricordare i mesi trascorsi a Tramontana rendeva più urgente la necessità di raggiungere Ellemir.
«Impossibile,» fu il semplice commento di Domenic. «A tutti tocca almeno un turno ai relè, è impossibile non parlare con altri comyn quando si è di turno.»
«Più facile di quanto credi,» fu il commento sarcastico di Alaric. «Il Consiglio ha stabilito da tempo che gli Aldaran non esistono, chiunque può decidere che sia inutile mettersi a parlare con qualcuno che non esiste!»
Domenic si sentì in colpa, sicuro in cuor suo di poter essere annoverato nella lista dei comyn che avevano evitato di comunicare con Alaric. Rallentò l'andatura del suo cavallo, mettendosi in coda alla piccola carovana. Improvvisamente si era sentito di troppo, completamente tagliato fuori non solo dalla missione che l'amico di studi sembrava stare compiendo, ma anche dalla realtà in cui Alaric Aldaran era vissuto fino ad allora.
Pur ammettendolo a malincuore, Alaric si sentì sollevato dalla ritirata strategica dell'amico. Aveva da tempo imparato che il vivere in compagnia di altri comyn era molto più faticoso che sopravvivere ad un inverno negli Hellers. Spesso evitava di rivelare il nome della sua famiglia ma non riusciva a trattenersi dal far pesare sulle coscienze dei suoi inconsapevoli amici tutte le cattiverie che la tradizione imponeva fossero eredità del sangue Aldaran. Solitamente, il solo risultato che otteneva, dopo che gli altri venivano a scoprire la sua casata di origine, era una recrudescenza della cattiva reputazione che li circondava.
Alaric liberò la propria mente, dirigendo il suo pensiero verso il luogo in cui avrebbero dovuto trovare la Custode e, indirettamente, verso il fratello in attesa al castello. Non ricevette nessuna risposta dalla donna, mentre Edric gli confermò l'impressione ricevuta prima dell'ultimo colloquio. La luce emessa dalla matrice di Ellemir si era talmente indebolita da essere ormai impercettibile.
«Non sento quasi più nulla...» commentò angosciato Edric. «Sono sicuro che sia viva, ma ancora per poco...»
Alaric interruppe il contatto con il gemello. Se solo si lasciava prendere dalla sua disperazione non sarebbe più stato in grado di agire come la situazione richiedeva. Si rimise in ascolto, cercando di percepire una qualsiasi richiesta di aiuto, certo che Ellemir stesse tentando di lanciare una sorta di segnale guida. Non poteva avere la sicurezza di essere trovata, ma di sicuro la Custode non avrebbe rinunciato a fornire ai suoi soccorritori una qualche indicazione.
«Riuscirei a percepirla!» il commento astioso di Edric, irritato dal fatto che il gemello lo ritenesse d'impiccio, rimbombò nella mente di Alaric.
«Edric piantala!» ribatté con forza. «Abbi fiducia, per una volta.» Cercando di scacciare il pensiero che il fratello potesse avere ragione e che non ci fosse nessun tentativo da parte della Custode di mettersi in contatto con loro, Alaric riprese la ricerca.
Mancavano ormai poche miglia al luogo dove Ellemir di Tramontana aveva trovato rifugio, ma erano le più difficili da percorrere. L'ultimo tratto di sentiero, prima di raggiungere la parte più rada della foresta, si snodava attraverso un intricato insieme di alberi schiantati dal peso della neve. Se il disastro fosse stato completo, si sarebbero visti costretti a lasciare i cavalli e procedere a piedi per l'ultimo centinaio di metri.

***

Taksya si destò all'improvviso. Le era sembrato di sentire una voce, una richiesta di risposta rivolta direttamente ad Ellemir. Si voltò per vedere cosa stesse facendo, la donna si era accoccolata accanto a lei cingendole la vita con un braccio. Sembrava morta, ma un lieve accenno di respiro imbiancava ancora l'aria davanti al suo volto.
La Libera Amazzone non sapeva cosa fare. Temeva di essere in preda ad allucinazioni da freddo o da fame o, semplicemente, il suo cervello aveva alla fine ceduto davanti alla pulsazione che sembrava essersi impossessata della sua testa e, in realtà, era lei ad essere morta senza essersene accorta.
"Forse sono solo impazzita," pensò tornandosi a sdraiare, "in realtà sono ancora da Madre Nives e mi tengono sotto sedativi perché sono diventata pazza e pericolosa."
L'idea la fece sorridere, specialmente perché le sembrò improvvisamente di riconoscere la voce che stava chiamando Ellemir, il nome dell'uomo sembrava essere a soli pochi centimetri fuori della sua portata. Decise allora, grazie a questo improvviso senso di familiarità, di rispondere lei stessa al richiamo.
"Infondo che male c'è," si disse, "tanto se sono impazzita nessuno ci farà caso!"

***

La risposta colse Alaric di sorpresa, un po' perché ormai credeva che non ne avrebbe ricevute, ma soprattutto perché non era la Custode ad inviargli il messaggio. Ci fu l'equivalente mentale dello scambio di un'occhiata perplessa tra lui e Edric, poi Alaric decise di seguire le indicazioni che questa donna sconosciuta gli stava trasmettendo.
Aveva come la sensazione di non avere a che fare con una telepate addestrata, era come se la donna stesse inviandogli i suoi pensieri imitando la tecnica di una terza persona. Ma la cosa più strana ancora era che gli sembrava una presenza famigliare, un laran con cui in passato era stato spesso a contatto.
«Piantala di fantasticare!» lo ammonì severamente Edric. «Deve essere una delle due Libere Amazzoni che Ellemir ha assunto come scorta, anche se non mi aveva detto che una di loro possedesse il laran
Alaric non condivideva il tono di disprezzo riservato da Edric per le Rinunciatarie. Dopo anni di studio trascorsi a Nevarsin, dove la sola altra compagnia era costituita dai monaci perennemente in preghiera, o pronti a criticare e condannare qualsiasi tuo comportamento, o dalle Libere Amazzoni, che frequentavano il Monastero di San Valentino delle Nevi solo per riuscire a ricopiare i testi di quei libri utili alla Sorellanza, aveva imparato ad ammirare quelle donne libere e indipendenti.
Cercò di instaurare un dialogo con l'Amazzone, ma la donna non sembrava in grado di reggere una conversazione. Alaric poteva sentire il dolore che la pervadeva e si stupì del fatto che non riuscisse solo a lanciare un messaggio inarticolato.
«Chiunque tu sia, fa in fretta,» fu l'ultima frase inviata dalla donna, ormai allo stremo delle forze, «la leronis qui... sembra decisa a voler... sperimentare di persona la misericordia di Avarra...» Alaric tentò invano di riprendere la comunicazione, ma il contatto era ormai perso.
Complice il sentiero, incredibilmente sgombro da alberi o altri detriti, Alaric spronò il suo cavallo in una corsa sfrenata, correndo il rischio di azzoppare il povero animale cadendo in una buca nascosta dalla neve.
Domenic, istintivamente, fece per lanciare la galoppo anche il suo cavallo, ma Donald frenò il suo ardore. «È inutile rischiare di perdere due cavalli. Ci serviranno tutte le cavalcature che abbiamo a disposizione per tornare interi a Castel Aldaran.»
Per una volta, Domenic non ebbe da ribattere al commento del vecchio servo. Non aveva ancora capito cosa diavolo stesse cercando Alaric, ma se si fosse ferito in quell'assurda corsa loro due avrebbero dovuto comunque assicurargli un tranquillo ritorno a casa.
Giunsero alla radura pochi minuti dopo Alaric e, nonostante la visibile angoscia che traspariva dal volto del giovane, Domenic non riuscì a trattenere un commento sarcastico. «È per questo che hai cercato di ammazzarti? Per soccorrere due Amazzoni?»
Alaric ignorò volutamente l'offesa celata dietro il disprezzo con cui Domenic aveva pronunciato quella frase. Si rivolse invece a Donald, incitandolo a scaricare dai cervine una delle sacche con le provviste. Senza fare domande, l'uomo portò al suo signore la più piccola delle borse, allungandogli un vasetto contenente miele puro.
Nel frattempo Alaric eseguì un rapido controllo delle funzioni vitali di Ellemir, constatando rapidamente che le sue condizioni erano in fin dei conti migliori di quanto non sembrasse. Senza troppi complimenti, cercò di risvegliarla quel tanto che le permettesse di ingoiare un cucchiaio colmo di miele dopo l'altro.
Domenic guardò con distacco e senza molta attenzione le azioni concitate degli altri due, trovando in cuor suo inutile affannarsi tanto per salvare quelle due Amazzoni. Sarebbe stato meglio liberare gli Hellers dalla loro presenza.
Nel frattempo, il potere calorico del miele sembrava aver già compiuto buona parte del suo effetto, e la donna sembrava essere tornata quasi completamente in sé. Alaric circondò le sue spalle con un mantello di calda pelliccia, ma quello che scaldò ancora di più Ellemir fu la sincera contentezza di averla trovata in tempo che traspariva dagli occhi del giovane Aldaran.
«Donald, occupati di lei,» ordinò Alaric, senza preoccuparsi di presentare la nuova venuta a Domenic. Aveva ben altro da fare che preoccuparsi di smontare l'aria di superiorità e di compassione che aleggiavano sul volto dell'Aillard.
Neppure Ellemir sembrò curarsi del terzo membro della carovana, impegnata com'era a reintegrare le proprie forze con il cibo offertole dal vecchio Donald, che non aveva perso tempo e, per distrarla un po', aveva cominciato a raccontarle di come l'incognita che incombeva sul suo destino aveva quasi fatto crollare il Nobile Edric.
Alaric sorrise compiaciuto, sapeva che il suo vecchio domestico aveva sempre avuto un debole per la Custode, la prima che avesse accettato di infrangere il tabù creato dal Consiglio dei Comyn che vietava l'accesso degli Aldaran nella vita sociale degli altri Domini, comprendendo in essa anche il rituale periodo di addestramento alle Torri a cui tutti i giovani comyn venivano sottoposti. Senza di lei Edric sarebbe sicuramente morto durante il suo periodo di Malessere della Soglia.
Lasciò Ellemir alle cure premurose del domestico e tornò a preoccuparsi della sua missione di soccorso. La giovane Amazzone giaceva ancora a terra semisvenuta ed aveva immediato bisogno di calore, per riattivare la circolazione, e di cibo, per riprendersi dallo sforzo subito durante la trasmissione del messaggio che li aveva fatti giungere fin lì.
Alaric scoprì gentilmente la donna, scostando la coperta di pelliccia che la riparava dal freddo esterno. Aveva fretta e sembrava aver abbandonando anche la consueta cautela con cui solitamente si concedeva al contatto fisico con persone sconosciute. Doveva prestare soccorso alla donna rapidamente, inoltre era sicuro di non correre rischi, avendole parlato telepaticamente. Quindi non si preoccupò di toccare la pelle nuda di un braccio, per poter controllare lo stato di raffreddamento che il corpo della donna aveva raggiunto.
Ellemir si accorse delle sue intenzioni un istante prima che Alaric posasse la mano sul polso di Taksya. «Alaric, non farlo...» ma il suo grido si perse in un'improvvisa e dirompente esplosione di potere laran allo stato puro.
Edric, che aveva assistito alla scena del ritrovamento delle due donne attraverso gli occhi del gemello, non ebbe neppure il tempo di rallegrarsi per la felice conclusione della missione di salvataggio, non riuscì neppure ad instaurare un breve contatto con la Custode. Nonostante il Nobile Aldaran si trovasse lontano, al riparo nella sua stanza a Castel Aldaran, venne stordito dalla potente onda mentale provocata dal contatto della mano di Alaric col corpo dell'Amazzone e si trovò costretto ad interrompere precipitosamente il contatto.
Nella radura le cose non andarono meglio. Alaric fu letteralmente scagliato a terra dall'onda d'urto scatenata dall'improvviso risveglio dei poteri laran di Taksya, mentre Ellemir era riuscita in parte a proteggersi, alzando una barriera di protezione attorno alla propria mente. Domenic, colto ancora più impreparato degli altri, finì tramortito ai piedi di Donald, il quale, unico atelepate del gruppo, si guardò bene dal prestargli soccorso, correndo invece in aiuto del suo nobile padrone.
Come Ellemir aveva intuito, Taksya possedeva delle notevoli doti, rimaste chissà come inerti per anni. Nel momento in cui Alaric le aveva sfiorato il polso, tutti i suoi poteri a lungo trattenuti erano come esplosi, scatenando un uragano che si era propagato a macchia d'olio attraverso tutti i canali di trasmissione telepatica in quel momento aperti.
Alaric, ancora intontito dall'esperienza, controllò rapidamente gli impulsi vitali di Taksya, utilizzando con cautela il laran, temendo che il traumatico risveglio delle sue capacità mentali avesse compromesso il precario stato del suo organismo.
«Sembra a posto,» disse, tirando un sospiro di sollievo. «Credevo che fosse solo una telepate con uno scarso addestramento... potevi almeno avvertirmi, vai leronis, ho rischiato di ucciderla!»
Ellemir sapeva che la sua non voleva essere un'accusa, anche se un semplice avvertimento avrebbe evitato l'inconveniente, ma la tensione accumulatasi in quei giorni trovò finalmente una via verso l'esterno e si ritrovò a piangere come una bambina, singhiozzando tra le braccia di un Alaric alquanto preoccupato ed allibito.
Donald, vedendo l'impaccio in cui si trovava il suo padrone, si avvicinò alla donna e la allontanò dolcemente da lui. «Dobbiamo andare,» le disse dolcemente, comprendendo più del suo signore i motivi di quell'improvviso crollo di nervi. «Presto saremo a Castel Aldaran, allora potrete sfogarvi come vorrete.»
Ellemir si lasciò condurre verso il cavallo e, con l'aiuto del vecchio domestico vi montò in sella. Quando Donald fece per allontanarsi, per scaricare uno dei cervine da carico e poterlo così utilizzare come cavalcatura, Ellemir gli regalò uno sguardo di profonda riconoscenza.
Il vecchio domestico arrossì fino alla punta delle orecchie, come non aveva più fatto da quando era un ragazzino inesperto e timoroso persino della sua ombra. Per non dare a vedere il suo imbarazzo, si impegnò ancora più a fondo nel suo lavoro, sorridendo sornione al pensiero di quello che avrebbe potuto raccontare di quella giornata una volta tornato al castello.
Domenic si riebbe dal suo svenimento mentre Alaric stava finendo di sistemare il corpo inerte di Taksya sulla sella del suo cavallo, assicurandosi di non provocare ulteriori danni alla povera ragazza.
«Sei pazzo!» gli urlò dietro. «Non vorrai provocare un altro disastro come prima!»
Alaric guardò il suo compagno di studi, chiedendosi seriamente per la prima volta se avesse fatto bene ad invitarlo. Poteva sorvolare sul comportamento incivile che aveva nei confronti della Libera Amazzone, del resto suo fratello e suo padre non si comportavano diversamente, anche se non in maniera così sfacciata. Inoltre Domenic sapeva che lui era un catalizzatore, avevano spesso scherzato al pensiero di andarsene in giro per i Sette Domini risvegliando il laran in tutti coloro che avessero incontrato. Come poteva essere così... disinformato.
«Il danno è stato fatto,» sospirò Alaric in risposta, salendo in sella dietro a Taksya. «Non credo di poterle causare più problemi di quanto ho già fatto fino ad ora.» Rimase un attimo in attesa poi, visto che Domenic sembrava deciso a rimanere lì nella radura, fece cenno a Donald di riprendere la marcia. «Noi procediamo verso casa, se vuoi seguirci è meglio che ti muova.»
Dopo pochi minuti la carovana al completo aveva ripreso la sua marcia verso Castel Aldaran.







StrangeLandsChronicles © 2004
© Simona Degli Esposti