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Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 10
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 10

Castel Aldaran

Era appena passata l'alba quando il rumore provocato dagli zoccoli di molti cavalli svegliò di soprassalto Donald. Prima di farsi prendere dal panico, il vecchio scudiero si avvicinò con cautela alla feritoia che fungeva da finestra, scostò il pesante drappo che la bloccava e sbirciò fuori.
Un gruppo di sette cavalieri era fermo fuori dalle stalle, stavano controllando gli animali messi al riparo dalle intemperie, forse progettando di assalirne i proprietari, considerando il loro vantaggio numerico.
Nella cupa luce del mattino, Donald non riusciva a distinguere i simboli ricamati sulle gualdrappe delle cavalcature. Non voleva muoversi, dando la possibilità agli sconosciuti di accorgersi della sua presenza, ma doveva avvertire il suo signore e proteggere la leronis e la sua compagna.
Finalmente, quello che sembrava il capo del gruppo si voltò verso il rifugio, mettendo in mostra l'insegna che recava sullo scudo assicurato alla sella.
«Sono arrivati!» esultò, correndo a svegliare Alaric, quasi calpestando Domenic. «Siamo salvi ormai, ci hanno raggiunto!»
Alaric si svegliò immediatamente, alzandosi senza fretta, lasciando a Donald l'onore di correre a dare il benvenuto agli uomini che Edric aveva inviato loro come scorta. Mentre il giovane svegliava Ellemir e controllava rapidamente le condizioni di Taksya, Donald si premurava di confermare la loro presenza al capo del drappello. Ci fu un rapido scambio di battute, poi Donald svegliò Domenic, che dormiva ancora nonostante il trambusto, e cominciò a trafficare con il pentolame.
«Che succede,» borbottò Domenic, tirandosi a sedere e stiracchiandosi rumorosamente. «Ti sembra questo il modo di svegliare una persona?» ma, per quanto retorica fosse, nessuno rispose alla sua domanda.
Si era appena alzato, quando il gruppo di soldati irruppe nel rifugio, costringendolo a ritirarsi in un angolino per non essere travolto. Dalla familiarità con cui Alaric li accolse, l'Aillard intuì che probabilmente erano stati mandati dal castello per agevolarli nell'ultimo tratto del viaggio di ritorno. Si avvicinò a loro, sedendosi al tavolo vicino ad Alaric e, mentre Donald distribuiva i piatti per una frugale colazione, venne presentato senza tanti convenevoli ai nuovi arrivati.
«Spero che i signori ci perdonino,» disse scherzosamente Donald, «ma non ci aspettavamo ospiti.»
Il capo del drappello ribatté alla battuta con lo stesso tono, ma Domenic si accorse che l'uomo lo stava squadrando con espressione poco amichevole. Alaric si accorse della cosa e riuscì a bloccare l'amico prima che esordisse con commenti poco piacevoli.
Durante gli anni della loro gioventù, Edric e Alaric avevano instaurato un certo cameratismo con i soldati a difesa del castello. Molti di loro erano figli cadetti delle antiche famiglie degli Hellers, alcuni con origini anche più nobili delle loro, quindi non c'era motivo di trattarli con altezzoso distacco.
Loro padre non aveva mai commentato la cosa. Per esperienza sapeva che un soldato combatteva meglio se stimava ed apprezzava il proprio superiore. Si era quindi limitato a controllare a distanza che il legame non diventasse troppo vincolante per una delle due parti.
«Venite anche voi da Nevarsin?» si informò educatamente il capo del drappello. «Seguite anche voi gli stessi studi di Alaric?»
Domenic rispose freddamente alla domanda, cercando di tagliare corto la conversazione.
«La storia del nostro Dominio non sembra interessare molte persone, Cerdic!» ridacchiò Alaric, cercando di salvare la situazione. «Domenic vuole diventare un magistrato, avrà di sicuro più fortuna di me nel trovare un modo per far fruttare i suoi studi!»
Un debole lamento distrasse Alaric, Ellemir si era ritirata nella piccola stanzetta adiacente la stanza principale, in modo da potersi dare una rinfrescata prima dell'ultima parte del viaggio, e Taksya era rimasta sola.
Scusandosi con la compagnia, si avvicinò all'Amazzone per controllarla. Probabilmente, anche se non aveva mai ripreso conoscenza, Taksya percepiva la presenza della Custode accanto a sé e la cosa sembrava tenerla tranquilla. In quel momento doveva aver sentito che Ellemir si era allontanata e le era venuta a mancare una sorta di protezione.
Alaric poteva vedere i canali di energia psi della donna completamente intasati. Dovevano raggiungere il castello al più presto, se non fossero riusciti a liberarli, permettendo all'energia scatenata dal suo contatto di scaricarsi del tutto, Taksya aveva le ore contate.
Cerdic si avvicinò a lui, chinandosi per guardare meglio la donna. «Dov'è l'altra?» chiese, ben sapendo che era abitudine delle Amazzoni viaggiare sempre in coppia.
«Morta durante l'agguato,» rispose Alaric, continuando nel suo controllo. «Lei è stata ferita, ma la Custode è riuscita a chiudere le ferite prima che perdesse troppo sangue.»
«Non mi pare che sia in buone condizioni.»
«Il suo laran non era mai stato risvegliato.»
«I miei complimenti,» concluse Cerdic rialzandosi, battendo amichevolmente una mano sulla spalla dell'Aldaran. Anche lui aveva avuto modo di sperimentare personalmente le doti di catalizzatore di Alaric e poteva comprendere meglio di chiunque altro quello che era accaduto.
Diede rapidamente ordine ai suoi uomini di sistemare i cavalli e prepararsi a partire al più presto. Non aveva conoscenze troppo approfondite sull'argomento, ma poteva riconoscere qualcuno che stava morendo.
«La leronis?» chiese, non appena gli uomini furono usciti.
«Eccola,» rispose Ellemir, comparendo ancora abbigliata nel suo travestimento da Amazzone.
Cerdic si inchinò leggermente, facendo inorridire Domenic. Il soldato guardò interrogativamente Alaric. Per quanto deboli potessero essere i suoi poteri, Cerdic aveva percepito la sferzata di incredulità e di disprezzo provenire dall'Aillard ma, ancora più chiaramente, poteva sentire l'aura di potere che scaturiva dalla donna che aveva davanti. Come poteva quel giovane comyn dubitare della sua identità.
Ellemir, nel frattempo, si era chinata accanto a Taksya e stava accarezzandole dolcemente la fronte. L'Amazzone si era tranquillizzata quasi immediatamente, anche le pulsazioni dolorose che provenivano da un punto nascosto del suo cervello sembravano essersi attenuate.
Donald rientrò nel rifugio, avvisando che gli animali erano in ordine e che loro potevano partire immediatamente. Lui li avrebbe seguiti con calma, con i cervine e il resto del carico.
Domenic fu il primo ad uscire, desideroso di concludere al più presto quell'assurda avventura. Alaric si fermò qualche istante, accordandosi con Cerdic sul da farsi poi, facendo cenno ad Ellemir di seguirlo, uscì parlottando con Donald.
«Dobbiamo andare, vai leronis,» Cerdic si chinò sulle due donne. «Mi occuperò io di lei, voi andate con Alaric.»
Ellemir lo guardò intensamente, prima di decidersi a lasciare l'Amazzone e seguire Alaric all'esterno.
«Coraggio, magistra, è ora di andare.» Cerdic sollevò senza fatica il corpo inerte di Taksya e raggiunse gli uomini che lo attendevano all'esterno.
La Custode era già a cavallo e, nonostante il suo sfinimento trasparisse chiaramente da ogni gesto, il suo era lo stile impeccabile che solo il sangue di stirpe Alton poteva permettere di raggiungere.
Alaric aiutò Cerdic a caricare Taksya sul cavallo del soldato. Sapeva che solo il capo del suo esercito poteva trattare con le dovute maniere la ragazza ferita, neppure lui stesso poteva sperare di fare meglio. Si mise poi in testa al gruppo, seguito da Ellemir e da Domenic, mentre Cerdic seguiva in coda, il cavallo appesantito dal peso morto rappresentato dall'Amazzone. I sei soldati si divisero in due gruppi, disponendosi in testa e in coda alla piccola carovana, pronti al segnale che li avrebbe fatti scattare verso la loro ultima meta.
Dopo un ultimo controllo, fu dato il segnale di partenza. Per il viaggio di andata avevano impiegato un'intera giornata, compresa una breve sosta per la notte ma, se avessero mantenuto una buona andatura e non si fossero fermati, entro sera avrebbero finalmente raggiunto Castel Aldaran.

***

«Buona giornata, Alyssa.»
Edric si era svegliato di buon'ora quella mattina ed aveva raggiunto gli spalti del castello sicuro di poter restare solo. Invece, avvolta in un pesante mantello, aveva trovato la compagna di suo fratello, persa in chissà quali meditazioni ed intenta a fissare le montagne appena illuminate dal sole. Non lo aveva sentito arrivare ed era sobbalzata la suono della sua voce.
«Edric!» esclamò sorpresa. «Non ti aspettavo a quest'ora.»
«Speravo di poter passare qualche ora in tranquillità, aspettando l'arrivo di Alaric,» Edric si appoggiò al muro di protezione, scrutando la strada che portava a Caer Donn. «Non pensavo di trovare qualcun altro già sveglio.»
«Potrei dire la stessa cosa,» commentò Alyssa, senza distogliere lo sguardo dalle montagne.
«Cosa ti preoccupa?» chiese semplicemente Edric.
Alyssa voltò le spalle al panorama, appoggiandosi al muro. Non era sicura di poter spiegare quello che sentiva. Edric la fissò per un breve istante. "Come è diversa da sua sorella," pensò osservando la curva del suo volto. Ricordava ancora il primo giorno che aveva passato con lei, quasi cinque anni prima.
Alyssa era da poco giunta a Tramontana, per il solito anno di addestramento, ed era stata accolta con lo stesso freddo entusiasmo che i tecnici della Torre avevano riservato a lui ed al suo gemello.
Ellemir, impegnata nella preparazione di un complicato lavoro di estrazione mineraria, aveva lasciato a lui il compito di introdurre quella giovane alla vita della Torre.
Edric e Alyssa avevano passato assieme la giornata, parlando delle conoscenze comuni più che dei compiti che avrebbe dovuto svolgere la giovane come ultima arrivata a Tramontana. Poi lui era partito, per tornare al castello paterno ed allo sgradito ruolo di Erede della casata.
Pensava che non avrebbe più rivisto quella ragazza dalla risata squillante invece, dopo cinque lunghi anni, si era presentata alla porta del loro castello, invocando la stessa ospitalità che avevano già offerto a sua sorella, Lyanella MacAran.
Dopo una commovente scena di riunione famigliare, sotto lo sguardo burbero di Dom Kevin, Alyssa aveva spiegato brevemente quello che era accaduto dopo la fuga della sorella maggiore. Il padre, vedendo fuggire la prima figlia, aveva tentato ugualmente di conservare il contratto che aveva stipulato con il mancato sposo, proponendo in cambio la secondogenita, ovvero Alyssa.
Purtroppo il vegliardo sposino era morto poco dopo, lasciando tutto in eredità al figlio, compreso il contratto matrimoniale stipulato con i MacAran. Per i primi due anni, tutto era andato bene. Nessuno si era più fatto vivo e Alyssa aveva cominciato a sperare che tutti si fossero dimenticati dell'impegno preso tra le due famiglie. Nessuno glielo aveva mai detto direttamente, ma la ragazza sapeva benissimo che, il giorno in cui qualcuno avesse deciso di concludere l'affare, sarebbe stata lei a vedersi costretta ad un matrimonio non desiderato.
Ovviamente, nessuno si era dimenticato della cosa. L'erede del vegliardo si era divertito con le barragane del padre poi, deciso ad assicurare una discendenza legittima alla famiglia, aveva ripreso in mano il vecchio contratto matrimoniale e si era presentato a casa MacAran ben deciso ad impugnarlo.
La mossa di Alyssa era stata rapida ed indolore, per lei, e fonte di innumerevoli problemi, per il padre. Emulando le gesta della sorella, era fuggita, raggiungendo il solo posto dove sapeva avrebbe incontrato degli amici.
Giunti a questo punto del racconto, Dom Kevin aveva già cominciato ad alzare gli occhi al cielo, chiedendosi perché fossero capitati proprio a lui due figli del genere. Ma aveva fatto buon viso a cattiva sorte, attendendo il finale del racconto.
Giunta a Caer Donn, Alyssa aveva chiesto ospitalità alle Libere Amazzoni. Non aveva alcuna intenzione di unirsi a loro, ma erano le sole a cui poteva chiedere aiuto mentre procedeva nelle ricerche della sorella. Gwennis n'ha Kheita, Madre della Casa, l'aveva subito indirizzata a Castel Aldaran di Dom Kevin, avendo riconosciuto nella descrizione fatta dalla ragazza di sua sorella la sovrintendente di quella tenuta.
Dom Kevin si era visto arrivare la giovane Alyssa, accompagnata da Madre Gwennis in persona e, commosso dalla gentilezza dell'Amazzone e dalla lacrimevole vicenda, aveva accettato di dare ospitalità alla giovane... ben sapendo che si sarebbe visto costretto a farlo in ogni modo, specie se i suoi figli si fossero presi a cuore la vicenda.
Qualche settimana dopo l'arrivo di Alyssa, Alaric era tornato a casa dopo un lungo periodo di studi a Nevarsin. Aveva raccontato al gemello di aver vissuto una complicata storia con un'Amazzone, ma che credeva di aver risolto brillantemente ogni problema. Era certo che non avrebbe mai perso la testa per una donna.
Dopo pochi mesi, Alaric Aldaran e Alyssa MacAran avevano stipulato un contratto come Liberi Compagni, non potendosi sposare di catenas a causa della situazione famigliare della giovane.
In quel momento, entrambi appoggiati al parapetto della torre principale del castello, sferzati dai freddi venti del mattino, Alyssa non sembrava più la giovane e sprovveduta ragazza che era giunta in cerca della sorella ed aveva finito per far capitolare il suo folle gemello.
«Sai che puoi confidarti,» la esortò nuovamente. «Potrebbe essere importante.»
Alyssa sorrise, qualsiasi premonizione sembrava importante per Edric. «Mi sento solo agitata, è tanto che non vedo Alaric...»
«Non viaggia solo,» disse Edric, tornando a scrutare la strada.
«Mi hai già detto dell'arrivo di Ellemir di Tramontana,» gli ricordò Alyssa. «Tuo padre sarà contento quando la vedrà arrivare con un paio di Libere Amazzoni!»
Edric la guardò sconcertato. «Questo come lo sai?»
«Qualsiasi donna con un po' di spirito, e che debba viaggiare da sola, si rivolgerebbe a loro. Credevo che tu lo sapessi.»
Edric scosse la testa. «Il problema è che sono state attaccate, di sicuro una delle due è morta e l'altra non è in condizioni migliori, grazie anche ad Alaric.»
Alyssa lo guardò interrogativamente e Edric, sfiorandole lievemente il polso, le inviò in rapida successione un breve resoconto degli avvenimenti delle ultime ore.
«Adesso mi spiego tutto,» la voce di Alyssa sembrò essere effettivamente più rilassata. «Avevo creduto di averla solo sognata, ma ora sono certa di averla vista realmente.»
«Chi?»
«Una giovane donna, ero certa che fosse un'Amazzone perché portava i capelli corti. Mi ero appisolata e mi sono ritrovata nel sopramondo, mi era sembrato di sentire Alaric che chiamava Ellemir. Lei si aggirava come se non sapesse dov'era.»
«Probabilmente è stato ieri pomeriggio, poco prima che le trovassero. Alaric ha avuto un breve contatto con l'Amazzone, poi lei deve essere svenuta,» confermò Edric.
«Infatti la donna ha risposto, poi è svanita nel nulla... per questo avevo creduto di averla sognata,» concluse Alyssa.
Edric annuì in silenzio. Non trovava strano che Alaric e Alyssa fossero sempre in qualche modo in contatto tra loro, ma si stupiva del fatto che Alyssa fosse riuscita a visualizzare la Rinunciataria. Lui stesso era nel sopramondo quando Alaric si era messo in contatto con lei, ma non aveva visto nessuno.
«La cosa non mi stupisce,» commentò Alyssa, dopo che Edric le ebbe esposto i suoi dubbi. «Tu eri sintonizzato sulla frequenza di Ellemir, probabilmente l'Amazzone è salita ad un livello molto inferiore a quello in cui ti trovavi. Non saresti riuscita a vederla comunque.»
Edric si strinse nelle spalle. «Non riusciremo a svolgere questa matassa fino a quando non saranno qui,» "e, forse, neppure allora," terminò rivolto a se stesso.
«Allora,» commentò Alyssa ridendo, cominciando a scendere verso il cortile, «abbiamo già vinto! Seguimi, Nobile Edric, è ora di fare colazione.»

***

Da quando erano partiti i cavalli non avevano mai abbandonato il galoppo. La strada principale che portava a Caer Donn era sgombra e più larga dei sentieri su cui avevano viaggiato fino al giorno prima. Stando ai calcoli di Cerdic sarebbero dovuti giungere in prossimità della città in meno di un'ora, da lì al castello era questione di poco.
Domenic aveva sperato che qualcuno proponesse una sosta in città, ma nessuno sembrava intenzionato a fermarsi. Alaric aveva fretta di arrivare a casa e, nonostante la velocità, riusciva di tanto in tanto a scambiare qualche parola con Cerdic, sempre riguardo le condizioni dell'Amazzone che quest'ultimo stava trasportando.
Più le notizie peggioravano più i due spronavano i cavalli nella corsa. I soldati non sembravano farci caso, mentre Ellemir sembrava stare in sella per miracolo. Domenic, da parte sua, non voleva rallentare inutilmente la marcia. Non appena arrivati al castello si sarebbe fatto mostrare le sue stanze, avrebbe approfittato dell'ospitalità per un paio di notti poi, molto prima dell'inizio dei festeggiamenti per il Solstizio, avrebbe salutato l'allegra compagnia e sarebbe sceso a valle, fermandosi solo una volta giunto a Thendara.
I calcoli di Cerdic erano esatti, dopo nemmeno un'ora erano in vista di Caer Donn. Due delle guardie si separarono dal gruppo, deviando verso la città. Alaric le aveva mandate presso la Casa delle Rinunciatarie, con il compito di comunicare alla Madre della Casa che una di loro sarebbe stata ospitata a Castel Aldaran e che avrebbero presto mandato un messaggio più esauriente a riguardo.
Madre Gwennis non avrebbe fatto domande, conosceva sia Alaric che Edric e si fidava di loro. Avrebbe pazientemente atteso notizie per decidere sul da farsi.
Domenic non si faceva più domande riguardo il comportamento fin troppo condiscendente dell'amico nei confronti di quelle donne, ormai si aspettava di tutto. Voleva solo godersi l'arrivo al castello, assaporando le reazioni del Dom.
Aveva ascoltato le descrizioni di Dom Kevin fatte da Alaric con una punta d'invidia. L'amico si era sempre lamentato del padre troppo severo, cosa avrebbe dovuto dire lui, cresciuto in una famiglia comandata solo da donne, dove gli uomini valevano meno del sale marino.
Quando Domenic riemerse dai suoi pensieri erano ormai giunti al castello. Il sole cominciava appena a tramontare, oltre le guglie più alte degli Hellers, tingendo di cupe sfumature violette la cima delle torri.
L'entrata nel cortile fu trionfale, la vedetta aveva comunicato il loro arrivo quando ancora si trovavano ad un miglio di distanza, quindi, una volta giunti davanti a Castel Aldaran, le grandi porte fortificate erano già spalancate ed un gruppo di servitori ed altri soldati erano pronti ad accoglierli.
I cavalieri si fermarono al centro del cortile, sollevando una nuvola di nevischio. Il primo a smontare fu Alaric, subito raggiunto ed abbracciato dal fratello. Alyssa, poco distante, attese che Edric si allontanasse, per sostituirlo nell'abbraccio.
Domenic scese con calma dal suo cavallo, osservando lo scambio di saluti con freddo distacco. Si portò al limite del cortile, vicino alla scalinata che portava al corpo centrale del castello, attendendo che qualcuno si interessasse a lui.
Edric, lasciato Alaric alle attenzioni di Alyssa, si precipitò a raggiungere Ellemir, a sua volta smontata da cavallo. La Custode, che era sembrata a tutti perfettamente salda in sella, cominciò a perdere di stabilità non appena mise piede a terra. Con grande stupore di Domenic sembrava che nessuno si volesse muovere per impedirle di cadere. Poteva capire che era solo un'Amazzone, ancora non riusciva a convincersi che quello che Alaric gli aveva raccontato corrispondesse alla verità, ma che nessuno si facesse avanti per sorreggerla!
Era come se tutti i presenti fossero attenti e preoccupati di quello che stava accadendo alla donna ma che ognuno di loro aspettasse con ansia che fosse un altro a muoversi per primo.
Un attimo prima che Ellemir crollasse definitivamente a terra, Edric la raggiunse e l'accolse tra le sue braccia, trovandosi ben presto a sorreggere un peso morto.
Alaric e Cerdic si scambiarono un'occhiata disperata. Erano convinti che ormai la Custode fosse al sicuro da rischi, invece Ellemir aveva resistito solo grazie ad uno sforzo tremendo ed ora, che si sentiva al riparo, si era lasciata finalmente andare, crollando priva di sensi.
Come una squadra bene organizzata, senza bisogno di scambiarsi ordini, grazie alla profonda conoscenza che avevano l'uno dell'altro, i due gemelli, Alyssa, Cerdic e Lyanella, giunta solo in quel momento, cominciarono le azioni di soccorso.
Cerdic si preoccupò di portare Taksya nella stanza che era stata preparata per lei, seguito da Alyssa e Lyanella, mentre Alaric ed Edric si preoccuparono di sorreggere Ellemir, tornata parzialmente in sé, e la condussero nelle sue stanze.
Nessuno degli altri intervenne ad aiutarli, si occuparono unicamente di sistemare gli animali e di scaricare quei pochi bagagli che Donald, arrivato solo pochi minuti dopo, nonostante la sua decisione di prendersela con calma, aveva consegnato loro.
In pochi minuti il cortile era deserto e Domenic, che aveva seguito l'intera scena con gli occhi sgranati dallo stupore, si ritrovò improvvisamente solo. Nessuno dei servitori che ancora si aggiravano per la zona sembrò interessarsi a lui, solo un vecchio cane lupo gli si avvicinò con aria amichevole, scodinzolando allegramente la coda.
«Allora c'è qualcuno che si occupa degli ospiti,» commentò acido, chinandosi ad accarezzare il vecchio animale. «Non credo che tu sappia condurmi dal tuo padrone, vero?»
«Rusty!» la voce imperiosa tuonò alle sue spalle, «lascia stare il nostro ospite.»
Il vecchio cane obbedì immediatamente, abbandonando le carezze di Domenic per andare a strusciarsi contro le gambe dell'uomo che aveva parlato.
«Vai Dom,» non c'erano dubbi sul fatto che quell'uomo alto e dallo sguardo severo fosse il padre di Alaric, Dom Kevin Aldaran.
«Voi dovete essere Domenic Aillard, suppongo,» la sua non era una domanda, ma Domenic annuì quasi intimorito, senza preoccuparsi di chiedere all'uomo come potesse sapere chi era. «Non fate caso al comportamento dei miei figli. Il solo pensiero di avere qui una Custode,» c'era una sfumatura di disprezzo nella voce, «li ha completamente rimbambiti. Darren!»
Un giovane uomo stava varcando il cancello in quel momento, il vecchio cane gli corse incontro festoso. "Uno di famiglia," pensò Domenic, sperando che anche questo non si fosse rimbambito a causa della Custode... "Allora era vero!" il pensiero fulminò Domenic, che non sentì la presentazione che il vecchio Dom aveva appena fatto. Ma Dom Kevin sembrò non farci troppo caso, allontanandosi brontolando tra sé e sé, seguito a ruota da uno Rusty altrettanto triste e sconsolato.
«Non badate troppo a nostro padre,» esordì il nuovo arrivato. «Non ha mai approvato le manie di quei due.»
«Non vorrei sembrare scortese, ma non ho capito il vostro nome.»
«Sono Darren Darriel, Dom Kevin mi ha allevato come suo figlio adottivo, temo che dovrete accontentarvi della mia compagnia, almeno fino a quando Alaric ed Edric non si saranno stancati della novità.»
«Temo che non si stancheranno tanto presto,» commentò Domenic sottovoce.
Darren non sembrò fare caso alle parole di Domenic, gentilmente lo invitò a seguirlo e lo condusse fino alle stanze degli ospiti, non molto distanti dai quartieri dove erano state portate la Custode e la Libera Amazzone.
"Almeno c'è qualcuno con un po' di testa sulle spalle in questo posto!" pensò Domenic, dopo aver calorosamente ringraziato e salutato Darren.
«Vi ringrazio,» fu in suo commento, in risposta al pensiero del nuovo arrivato, più che alle sue parole. «Ma vi consiglio di coprire un po' più accuratamente i vostri pensieri. In questo posto un telepate non può avere un momento di pace se non si protegge.» Fece un mezzo inchino, poi lo lasciò libero di sistemarsi, invitandolo a raggiungerli una volta pronto nella sala grande al piano terra.
Domenic annuì senza parlare. Guardò Darren Darriel allontanarsi verso le stanze dove avevano sistemato la Custode, poi si barricò dentro il piccolo appartamento che gli avevano riservato. Controllò di essere solo, che non ci fossero servitori o altri ospiti inattesi ad attenderlo nascosti all'interno, poi si lasciò andare sul piccolo divanetto sistemato davanti ad un caminetto scoppiettante.
Scosse la testa, come per liberarsi dei troppi pensieri che l'affollavano. C'era un solo commento adatto a spiegare l'assurda situazione in cui si era cacciato, un commento che ovunque avrebbe spiegato appieno la confusione in cui gli sembrava di trovarsi.
«Aldaran!»







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© Simona Degli Esposti