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Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 13
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 13

La nuova Torre

Lo studio di Edric Aldaran era luminoso e ordinato. "Proprio come il suo proprietario," pensò Ellemir, entrando. Il domestico che l'aveva accompagnata le indicò una comoda poltrona accanto al camino acceso, si scusò per il fatto che il giovane padrone si fosse appena allontanato e che non fosse lì a riceverla ed uscì.
Ellemir si sedette con un leggero sospiro di soddisfazione, nonostante le preoccupazioni per il destino di Taksya era pur sempre sollevata dal semplice fatto di avere finalmente un tetto sopra la testa, il calore di un fuoco e abiti finalmente degni di questo nome.
Non si era mai preoccupata del tipo di vestiti che aveva indossato in passato, il suo ruolo di Custode non le aveva mai concesso le frivolezze tipiche di una comynara. Non aveva mai fatto giungere da Thendara le ultime novità della moda, come invece erano solite fare le altre donne costrette all'isolamento della Torre. Ellemir si rendeva conto che quel periodo era però terminato, d'ora in poi sarebbe stata costretta ad indossare abiti consoni al proprio rango sociale, proprio come quelli che Dorilys si era premurata di farle trovare al suo arrivo.
Improvvisamente si rese conto di desiderare che gli abiti da Amazzone che aveva indossato fino al giorno prima diventassero la sua nuova e definitiva dimensione di vita. Ma questo la riportava al problema che avrebbe dovuto affrontare di li a poco. Si passò una mano tra i corti capelli che avevano da poco ritrovato il loro colore naturale, abbandonando le riflessioni sul proprio abbigliamento e cominciando a pensare a quello che avrebbe dovuto dire al suo vecchio amico.
Non sarebbe stata una cosa semplice.
Edric Aldaran era stato uno dei suoi migliori tecnici. Sorrise al ricordo dello scandalo che aveva provocato decidendo di accogliere un Aldaran nel suo Cerchio. Le altre Torri avevano ostentatamente ignorato quella decisione sconveniente, rifiutandosi di ammettere la semplice esistenza del traditore finché lei non aveva capito che era inutile far compiere a Edric il suo turno ai relè di comunicazione.
A parte questo episodio, che non andava certo a onore delle altre Custodi, il periodo di permanenza di Edric a Tramontana era stato sereno. Il Cerchio di quella Torre non si formalizzava circa la provenienza di un operatore, soprattutto visto che erano ben pochi i comyn di sangue puro che sceglievano per il loro servizio nelle Torri quel luogo così isolato e poco prestigioso.
Edric si era rivelato un ottimo acquisto. Dotato di un potenziale laran elevatissimo, aveva riversato nel Cerchio tutte le sue energie, senza risparmiarsi. Ellemir l'aveva trovato un aiuto prezioso, una riserva quasi inesauribile di forza e, soprattutto, un amico sincero. Isolata dal suo rango e dalle consuetudini, non aveva mai conosciuto una vera amicizia fino a quel momento. Per lei era stato esaltante trovare qualcuno che condividesse la sua curiosità per la scienza del passato, la sua sete di conoscenza, il suo bisogno di esplorare i limiti del potere con cui ogni giorno operava, senza in realtà conoscerlo a fondo.
Si era tirata indietro solo quando aveva capito che per lui quell'amicizia stava diventando qualcosa di più. Ma, anche allora, pur avvertendo la lotta che quotidianamente lui doveva sostenere, era stata egoisticamente felice per la sua semplice presenza e, il giorno che aveva dovuto rimandarlo a casa per permettergli di assumere l'inaspettato e, ne era sicura, indesiderato ruolo di erede, era stato uno dei più tristi della sua vita. E ora si trovava lì, nel cuore del Dominio Rinnegato, a chiedere quell'ospitalità che lei stessa un giorno aveva offerto.
L'ingresso di Edric la riscosse dai suoi pensieri.
«Vai leronis,» si inchinò leggermente appena varcata la soglia.
Ellemir sorrise per quel vuoto formalismo. «Ieri, mi hai salutato diversamente, amico mio.» L'immagine di Edric che si precipitava a sorreggere Ellemir che, esausta, scivolava di sella si formò contemporaneamente nelle loro menti. «Io e la mia guida ti dobbiamo la vita,» ricordò.
L'uomo la raggiunse e, con un gesto che ancora adesso a distanza di anni gli sembrava così familiare, si chinò a sfiorarle i polsi. «Mi sei mancato,» ammise Ellemir, «e ho capito quanto solo adesso che ti ho ritrovato.»
Edric sorrise, in silenzio. Non erano necessarie parole per esprimere quello che provava e sapeva che la sua Custode avrebbe comunque capito. Avvicinò uno sgabello e si sedette davanti a lei.
«So che le circostanze che ti hanno portato qui non sono state felici,» cominciò. «Anche adesso ti sento preoccupata per quello che sta subendo la tua Amazzone, ma sono comunque lieto di questa opportunità,» arrossì impercettibilmente. «Non solo per me, anche se ammetto di provare una grande gioia.»
Ellemir, infastidita dal tono utilizzato dall'amico quando aveva ricordato la presenza di Taksya, lo interruppe trattenendo a stento un'amara risata. «Non mi starai porgendo il benvenuto a nome di tuo padre!»
Edric abbassò gli occhi, sentendosi in qualche modo colpevole per l'evidente ostilità di Dom Kevin. «No. Purtroppo no,» si riprese subito. «Lo sto facendo a nome dell'intero Dominio di Aldaran.»
Ellemir sgranò gli occhi. «L'intero Dominio?»
«Sì, non sto esagerando. La tua venuta potrà segnare un evento fondamentale per la storia del mio Dominio. Il fatto è,» spiegò cercando di frenare l'eccitazione, «che ho pensato di fondare una Torre.»
«Non puoi costruire una Torre così dal nulla!»
Edric sorrise. «Mi sembra di avere già tutto il necessario. Castel Aldaran ha sempre avuto la sua Torre, ma anche noi, anche se mai completamente funzionante, ne abbiamo sempre posseduta una. È solo una questione formale renderla efficiente a tutti gli effetti.»
Ellemir scosse il capo. «Una Torre non è un semplice edificio, non ci si può svegliare una mattina e decidere di costruirne una.»
«Non parlo solo di costruire, parlo di fondare. Aldaran vive secondo un suo sistema e il sapere delle Torri sembra essere da secoli monopolio esclusivo degli Hastur. So che ci accusano di praticare commerci illegali, ma senza l'aiuto dei Cerchi di matrici come altro potremmo sopravvivere? Nessuno trova ed estrae il metallo per noi, nessuno ci rifornisce di polveri per soffocare gli incendi... devo continuare? So che, con un Cerchio alle spalle, potrò trattare con loro da pari a pari, non come un cucciolo affamato. La nostra Torre potrebbe realizzare il mio sogno.»
L'espressione della donna, che si era fatta sempre più attenta man mano che Edric esponeva il suo punto di vista, si fece improvvisamente esitante.
«Cosa intendi quando dici nostra
Edric le sorrise. «Nostra. Tua e mia. Sono un Tecnico addestrato, lo sai bene, e sotto questo tetto ci sono almeno un'altra decina di persone dotate di laran che non aspettano altro che essere propriamente addestrate. Se accetti di guidarci, Ellemir di Caer Donn,» calcò volontariamente la voce sul titolo ufficiale, «non ci sarà un altro Cerchio altrettanto potente in tutti e sette i Domini.»
La donna lo guardò con dolore, l'immagine dipinta dalle parole di Edric era bellissima. Una Torre sua, la possibilità di esplorare tutte le diverse potenzialità del laran, di riscoprire i misteri del passato, di sfruttare al massimo il lavoro con le matrici...
«Non posso,» il suo sospiro era quasi un singhiozzo. Vide l'entusiasmo spegnersi sul volto dell'amico, sostituito dall'incredulità. «Non posso,» ripeté a voce più bassa ma più decisa.
Edric la guardò come se avesse davanti un'estranea. «Perché?» la domanda era secca, non molto diversa da un ordine.
Ellemir distolse gli occhi. «Non sono più una Custode.»
Edric impallidì. Non c'era modo di fraintendere ciò che aveva appena sentito. Il più sacro tabù di Darkover, dopo l'osservanza del Patto, era stato infranto. «Come...?» interruppe a metà la domanda, colpito da un'idea improvvisa. «L'agguato! I banditi che ti hanno assalito al passo dell'Uomo Morto! Sono stati loro...»
Ellemir lo fermò sfiorandogli un braccio. «No.» L'uomo la fissò perplesso. «Ti ho addestrato bene,» sospirò tristemente, «hai imparato tutto sul mondo delle Torri e non prendi neppure in considerazione l'eventualità più ovvia! Tu mi hai offerto ospitalità nella tua casa, è giusto che sappia come stanno le cose.»
Abbassò la mano, fino a raggiungere il polso di lui e Edric rabbrividì a quel contatto, immaginando angosciato chissà quali rivelazioni. Invece, in maniera rapida e dettagliata Ellemir gli inviò un resoconto del suo incontro con Fiona di Neskaya avvenuto ai piedi della Torre Verde.
Edric sospirò sollevato. «Allora non esistono problemi!» esclamò con troppa decisione. «Il settimo Dominio non ha mai aderito al Patto, permettere che una Custode sciolta dal proprio giuramento continui ad esercitare in una Torre non mi sembra al di fuori delle nostre possibilità!»
«Non è tutto qui,» continuò, con voce più sommessa Ellemir, tornando a stringere il polso di Edric tra le sue dita.
Le immagini lo investirono in rapida successione. Braccia che lo stringevano, il calore di un corpo stretto al suo, il fugace contatto di labbra morbide in quello che non era proprio un bacio, ma scaldava il cuore come un fuoco scoppiettante... si ritrasse scandalizzato. Per lui Ellemir rimaneva una Custode e la semplice idea che una senza casta avesse osato sfiorarla lo faceva inorridire.
Lei lo guardò con apprensione, sapendo già che non avrebbe capito, eppure assurdamente legata alla speranza. «Non accusare lei. La decisione dipende solo da me.»
Edric scosse la testa, cercando di calmarsi. Riflettendoci, la situazione non era poi così grave come gli era sembrata all'inizio. Ellemir era stata lontana dalle emozioni per troppo tempo e aveva semplicemente frainteso un gesto del tutto innocente e spontaneo. La difficile situazione da cui le due donne erano scampate aveva risvegliato la loro sete di vita. Pur non essendo un soldato nel suo animo, Edric aveva combattuto qualche volta e ricordava la frenesia che viene dopo la battaglia, quando ogni cosa sembra più preziosa, ogni donna più bella, ogni sorso di vino più dolce.
"Sì," cercò di rassicurarsi, "è sicuramente così," e cercò di spiegare il suo punto di vista all'amica.
«So di deluderti,» Ellemir lo interruppe dopo poche parole. «Non è stata la paura o il pericolo. Il mio è un sentimento vero.»
«Non lo metto in dubbio,» cercò di calmarla Edric. «Ma non il sentimento che pensi tu.»
«So quello che ho provato!» insisté caparbiamente Ellemir.
«Controlla tu stessa!» Edric era esasperato dal fatto che lei non sembrasse neanche ascoltare le sue ragioni. «Sai come si fa. È stata una delle prime cose che mi hai insegnato alla Torre. Controlla i tuoi canali.»
Con estrema riluttanza la donna si passò una mano a pochi centimetri dal corpo. Le linee luminose che rappresentavano i canali di trasmissione dell'energia psi brillarono nitide e rassicuranti.
«Lo vedi anche tu,» cercò di consolarla Edric. «Ti sei sbagliata. In un momento di grave crisi fisica e mentale hai provato una sensazione nuova che non sei riuscita a classificare. È normale che provi una così intensa gratitudine per l'Amazzone.»
«Io la amo,» il tono di Ellemir era sconsolato. «L'amore puro e semplice non può intasare i canali... come faccio a fartelo capire? Però hai ragione su una cosa, nessuno mi era mai stato tanto vicino, prima. Non voglio che se ne vada. Non riuscirei a sopportarlo.»
La voce della donna era quasi un sussurro e, nonostante la sua irritazione, Edric non riuscì a frenare un moto di pietà per lei. «Nessuno ha mai parlato di allontanarla. Mi è parso di capire che tu le abbia salvato la vita. Stando alle loro regole, e da quello che mi ha spiegato mio fratello, da quel momento lei è divenuta il tuo scudiero giurato. È piuttosto atipico, tra donne, ma questo posso capirlo. Lei ti resterà accanto e ti proteggerà per sempre, non puoi accontentarti di questa lealtà? Che bisogno c'è di parlare di amore?»
Gli occhi di Ellemir fiammeggiarono. «Ascoltami bene, Edric Aldaran. Io amo Taksya n'ha Roslyn, che tu riesca o meno ad accettarlo. Nessuna gratitudine potrebbe avere tanta intensità, e nessuna devozione placare questa sete!»
«Tu non hai bisogno di amore!» il grido di Edric suonò come un'accusa. «Hai sempre avuto l'amore di tutti i telepati che hai addestrato e, che gli Dei mi perdonino, hai avuto anche il mio. Sai bene quanto ti ho amato e, nonostante ciò, in quel momento prevalse il buon senso. Perché questa volta ti dovresti comportare diversamente?»
Ellemir alzò una mano, come per accarezzargli il viso, ma si fermò prima di toccarlo.
«Lo vedi,» osservò lui con dolcezza, «il tuo addestramento ti impedisce anche solo di sfiorarmi. Non credere che mi faccia piacere parlarti così. Capisco la tua infelicità. La posso percepire. Ma non posso permetterti di sprecare la tua vita in questo modo.» Senza saperlo Edric aveva appena posato la prima pietra della propria sconfitta.
«E se finora l'avessi già sprecata?» Il tono era così basso Edric dovette sforzarsi per sentire ciò che lei stava dicendo. «Le altre donne, alla mia età, giocano con i nipotini. Perché a me non è concesso un pò di puro e semplice calore umano? Perché il mondo mi vuole schiava di una matrice?»
A queste argomentazioni Edric non poté rispondere. Sapeva con assoluta certezza che l'amica stava facendo una scelta sbagliata, ma con quale coraggio poteva imporle la solitudine proprio lui che le era stato tanto vicino e che, solo tra tutti, aveva capito quanto pesasse in realtà l'abito cremisi da Custode. Stava quasi per arrendersi quando ricordò il suo progetto. Non poteva permettere all'affetto che provava per Ellemir di privare l'intero Dominio del potere di una Torre.
«Ti faccio una proposta. Forse possiamo trovare un compromesso.»
«Cosa hai in mente?»
«È semplice. Rimanda ogni decisione, almeno per qualche tempo. Se quello che provi è un sentimento autentico, allora dovrò arrendermi all'evidenza. Se, invece, ti accorgerai che avevo ragione... beh, avrai perlomeno fatto un tentativo. Inoltre, non puoi essere ancora completamente sicura, potresti aver male considerato le reazioni di Taksya di fronte a quella che per te è una certezza.»
«Dov'è il trucco?» chiese sospettosa Ellemir. «Cosa speri di ottenere, Edric?»
«Il bene del mio popolo. La Torre di Aldaran.» La interruppe con un gesto, prevenendo le sue obiezioni. «Sei una Custode. Non mi importa cosa il resto di Darkover possa pensare a riguardo, anni di addestramento non si possono annullare in pochi minuti e con qualche bel discorso. I tuoi canali sono liberi e i tuoi centri del potere pienamente funzionanti.» Cercò di addolcire il tono. «In fondo non ti chiedo che un anno o due, il tempo di costruire la Torre e, eventualmente, iniziare l'addestramento di una nuova Custode. Io sarò al tuo fianco. Sempre. Ti aiuterò ad addestrare un Cerchio. Ti sosterrò con la mia forza. Non abbandonarmi, ti prego!»
Ellemir lo fissò incredula. Aveva previsto lo scoppio d'ira, il tentativo di farla tornare sulla sua decisione ma, dopo tutto, aveva sperato che Edric comprendesse le sue scelte e che accettasse la sua rinuncia a ricoprire il ruolo più importante che la loro società riconosceva ad una donna, solo per concederle la felicità di vivere una vita scelta da lei e non da altri.
«Me lo stai chiedendo, Edric?» chiese tristemente. «Oppure il tuo è un ordine a cui devo sottostare, per non perdere la tua protezione?»
Edric si alzò, cominciando a camminare silenziosamente per il suo studio. «Rinunceresti al potere di una Torre per l'amore di una donna che, con ogni probabilità, ti potrà dare meno affetto e comprensione dell'ultimo dei tecnici che potresti addestrare?»
Ellemir lo fissò tristemente. «Allora non c'è altro da dire. Avevo sperato di trovare un aiuto, un sostegno per le prove che mi attendono,» sospirò, appoggiandosi all'alto schienale e chiudendo gli occhi. «Aspetterò che Taksya si riprenda poi, anche se a malincuore, lasceremo il Dominio. Cercherò rifugio altrove, dove non si pretendano da me cose che non mi sento più in grado di offrire.»
Per al prima volta in vita sua, Edric vide Ellemir per come era in realtà, una donna stanca, la cui vita era trascorsa senza concederle un solo attimo di felicità personale. Persino l'amicizia tra di loro era nata e proseguita negli anni avendo come unico sostegno il reciproco amore per le matrici, amicizia che ora lui stava sacrificando per un sogno forse irrealizzabile.
"Posso davvero negarle un po' di felicità," pensò, tornando a sedersi di fronte a lei. "Se crede di poter vivere meglio come una donna normale, chi sono io per impedirglielo. Forse, quando sentirà la mancanza del mondo in cui è sempre vissuta, allora tornerà da me."
«Dalle matrici, forse, dal mondo protetto e sicuro delle Torri. Non da te, Edric!» la voce sommessa di Ellemir lo fece sobbalzare. «Non mi hai ancora chiesto il perché della mia richiesta di aiuto,» lo interruppe con un cenno prima che potesse parlare.
«Mi parlasti di problemi relativi alla tua sicurezza personale. Di attentati compiuti persino contro la Torre di Tramontana.»
«Non è così semplice...» Ellemir fece una breve pausa, cercando di rendere chiara una vicenda ancora così ingarbugliata anche ai suoi stessi occhi. «Qualcuno ha deciso di liberarsi di me, non so chi o perché. Potrebbe essere per motivi di successione, ma finché restavo in una Torre non avrei ostacolato il diritto alla primogenitura di nessuno. Hanno messo una trappola a matrice, sintonizzata sulla frequenza della mia pietra, appostata in modo da imprigionarmi non appena farò l'errore di voler salire nel sopramondo.» Ellemir riaprì gli occhi, fissando Edric con intensità. «Come potrei esserti utile, se non posso neppure salire nel sopramondo?»
«Posso dirti che qui sarai al sicuro. Troveremo il modo di aiutarti,» Edric cercò di rassicurarla.
La donna ricadde pesantemente sulla poltrona, coprendosi il volto con le mani. Come poteva sentirsi al sicuro, ora che non riusciva neppure a dormire, terrorizzata dall'idea di salire nel sopramondo durante un sogno. Un pensiero improvviso la fece sorridere amaramente, anche in questo caso solo Taksya era riuscita a trarla d'impaccio più di una volta, permettendole con la propria vicinanza di non restare imprigionata nella trappola che avevano preparato per lei.
«Posso sapere cosa è successo esattamente.»
Ellemir annuì, posando delicatamente le sue mani tra quelle di Edric. Le immagini della sua lotta contro il misterioso assalitore sfilarono in rapida successione nella mente di entrambi, nessun particolare poteva rivelare l'identità dell'uomo, tranne la certezza che doveva essere qualcuno che aveva lavorato a stretto contatto con lei. Tanto stretto da poter conoscere le sue onde mentali, tanto da poter essere solo uno dei telepati con cui Ellemir aveva lavorato durante i suoi lunghi anni di servizio nelle Torri.
«La cosa non mi rende molto felice,» commentò lei. «Il pensiero che qualcuno che ho conosciuto così intimamente abbia deciso di partecipare alla mia eliminazione...»
«Ne parleremo con gli altri, tra tutti troveremo il modo di aiutarti.»
«Sarebbe inutile,» Ellemir si sforzò di sorridere. «Hanno trovato il modo di imprigionare una Custode. Voi non rappresentereste neppure un ostacolo per loro.»
«Allora lo faremo noi due da soli,» concluse Edric, senza possibilità di replica.
Ellemir annuì. «Allora sono io a proporti un patto.»
«Qualunque cosa,» si sbilanciò Edric, pentendosene subito dopo.
«Se riusciremo a liberare la strada per il sopramondo, solo allora accetterò di aiutarti a costruire la tua Torre,» fece una pausa, facendo cenno all'amico di tacere. «Addestrerò il tuo Cerchio ed una Custode che possa guidarlo. Non mi dovrai chiedere di più. Io vivrò la mia vita come ho deciso e tu non farai nulla per impedirmelo... né tu né nessun altro.»
Per un attimo Ellemir prese in considerazione la possibilità di raccontargli anche della premonizione che aveva avuto e che la rendeva così sicura e decisa sulla via da seguire, ma avrebbe anche dovuto dirgli che non aveva visto Torri di alcuna sorta nel proprio futuro, pur essendo certa che tutte le possibilità che erano sfilate davanti ai suoi occhi comprendevano la presenza di Castel Aldaran. La cosa, di certo, non lo avrebbe rallegrato.
Edric rimase pensieroso per qualche istante. Doveva ammettere che era una buona proposta, considerando che l'altra alternativa comprendeva l'eventualità che entrambi morissero nel tentativo di eliminare il pericolo che minacciava così da vicino Ellemir.
«Per me va bene,» disse alla fine. «Quando potrai tornare nel mondo delle matrici, ti dimenticherai presto anche della tua Amazzone,» la sua non voleva essere una provocazione, Ellemir lo aveva capito, ma si trovò pronta a ribattere.
«Potresti sbagliarti Edric,» disse alzandosi e dirigendosi verso la porta. «Non hai mai fatto l'errore di sottovalutare le persone, non cominciare proprio adesso.»
Edric si chiese in silenzio se sarebbe mai riuscito a riavere la sua vera Ellemir, non quella donna sconosciuta che si era rivelata essere dopo questo sfortunato viaggio. Si affrettò a seguirla fuori dallo studio, era ora di controllare i progressi fatti da Dorilys e dagli altri.
Sapeva che non era un pensiero corretto, specialmente per un uomo dal temperamento mite come il suo ma, nel profondo, Edric sperava sinceramente che la donna che ormai considerava come una sua rivale non fosse riuscita a sopravvivere alla dolorosa operazione.

***

Renata arrivò trafelata nel piccolo giardino-serra costruito alla sommità di quella che era stata la Torre di Castel Aldaran. Stava cercando la vecchia leronis e nessuno sembrava averla vista da nessuna parte. Aveva incrociato Edric e la sua ospite, diretti alla stanza dell'Amazzone, ma neanche loro avevano visto la vecchia donna. Quello era l'ultimo posto in cui sperava di poterla trovare.
«Finalmente!» esclamò vedendola spuntare da dietro un piccolo cespuglio. «Come posso venire a riferirti le ultime novità se ti nascondi e poi non riesco a trovarti!»
La vecchia attese con pazienza che Renata terminasse la propria ramanzina, conducendola nel frattempo verso una panca in pietra situata nell'angolo più riparato della costruzione.
«Allora?» chiese impaziente. «Hanno finito con quella povera ragazza? Si è ripresa?»
Renata sospirò rumorosamente. «Domna Dorilys dice che tutto è andato bene. Tu forse puoi capire, dice che i canali sono liberi e che ora bisogna solo aspettare per vedere se riuscirà a riorganizzare il proprio organismo in modo da permettere il corretto defluire delle nuove energie.»
La leronis annuì alle parole di Renata, facendo capire alla vecchia amica che per lei avevano un certo senso logico, spiegandole poi quello che Dorilys aveva inteso dire.
«Allora non è ancora fuori pericolo?» chiese Renata.
«Esattamente. Non fino a quando si troverà a dover scegliere tra la novità dell'energia prodotta dal suo laran e tra quella, per lei più familiare, dei propri istinti sessuali.»
Le due donne rimasero in silenzio. Sapevano entrambe che l'Amazzone era in buone mani, nonostante il carattere che la rendeva insopportabile, Dorilys era quanto di meglio si potesse trovare per eseguire la difficile operazione a cui era stata sottoposta. Ora tutto dipendeva dalle sue stesse forze, più che da un intervento esterno.
Ma c'era un'altra cosa, indipendente dal dramma che si stava svolgendo nel palazzo sotto di loro, che le aveva tenute entrambe sveglie per quasi tutta la notte.
«C'è una cosa che ancora non riesco a spiegarmi,» si decise alla fine la leronis. «Ho avuto come la sensazione di riconoscere il suo laran quando l'ho sentito per la prima volta. Quando l'ho guardata ho visto che non era lei, ma una certa somiglianza devo ammettere...»
«Io credo che starebbe benissimo con uno dei vestiti di Domna Roslyn,» la interruppe Renata, senza dar segno di aver ascoltato quello che aveva detto l'altra. «Specialmente quello splendido abito che aveva appena terminato di cucire poco prima del...» non riuscì a terminare la frase, ripensare agli avvenimenti del passato le metteva sempre voglia di piangere.
«Scusami,» disse dopo pochi minuti, una volta ripresasi dalla piccola crisi. «Sono troppo vecchia e stupida. Pensare ancora oggi che possa fare ritorno.»
«Forse non più,» sussurrò la leronis. «Forse non proprio lei.»
Renata la guardò interrogativamente ma non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni perché, inaspettatamente, vennero raggiunte da Dorilys e da Darren.
«Renata,» la voce della donna tradiva la stanchezza dovuta al duro lavoro. «Alyssa ha chiesto se potete raggiungerla in camera dell'Amazzone,» disse, cercando di usare il tono più gentile che aveva. «Vuole sistemarla un po', dopo tutto ne ha bisogno. Credo che da sola non riesca a fare molto... io ho bisogno di riposare.»
«Certamente,» rispose Renata, stupita da tanta gentilezza. «Tu cosa fai?» chiese poi, rivolta alla leronis.
«Credo di poter venire,» fu la laconica risposta.
Le tre donne scesero lentamente dalla sommità della Torre, due a causa dell'età, la terza sostenuta dal marito perché stentava a reggersi in piedi. Giunti in fondo alla lunga scalinata, Darren dovette quasi prendere in braccio la moglie per riuscire a condurla nei loro appartamenti.
La leronis e Renata li guardarono allontanarsi. Nessuno al castello provava una grande simpatia per Dorilys. La sua educazione, così diversa da quella impartita tra le montagne, aveva fin dal principio creato molto attrito tra di loro. Questa volta dovevano però ammettere che la donna non si era risparmiata, pur considerando che il lavoro era stato compiuto per aiutare qualcuno che Dorilys avrebbe di sicuro preferito vedere morto.
Discutendo sulla cosa, le due anziane donne fecero il loro ingresso nella piccola stanza dell'Amazzone. Ancora una volta la leronis fu colpita dalla familiarità del suo laran e si chiese nuovamente se i suoi sospetti fossero fondati o se, come avrebbe detto Renata, era solo colpa dell'età.
"Forse dovrei parlarne con Dom Kevin," pensò fugacemente, cercando nel viso di Taksya qualcosa che potesse avvalorare la sua ipotesi. "Ma, forse, è meglio che se ne accorga lui di persona... quando si degnerà di farsi vedere!"
Alyssa e Renata stavano per spogliare Taksya, per farle indossare abiti più freschi e puliti, quando si resero conto che Alaric era ancora nella camera e non accennava ad andarsene.
«Ho capito!» si difese lui, battendo rapidamente in ritirata. «Però, non venitemi poi a raccontare che non sono mai disponibile quando vi serve un aiuto!» Alyssa fece il gesto di tirargli dietro una spazzola e lui corse immediatamente fuori della camera.
Pochi istanti dopo ricomparve da dietro la porta. «Leronis, posso parlarvi un attimo?»
La vecchia donna annuì in silenzio, controllando che non avessero effettivamente bisogno di lei, ed uscì a sua volta. «Tanto non vi sarei stata di nessuna utilità,» disse all'indirizzo di Renata, che scosse la testa sconsolata.
Alaric la stava aspettando nel piccolo salottino che fungeva da anticamera all'appartamento. Anche lui, come Dorilys, sembrava molto provato. L'operazione doveva essere stata davvero difficoltosa.
«Per un attimo abbiamo pensato che non avrebbe sopportato la cosa fino in fondo,» le disse, prevenendo qualsiasi domanda. «Ma sembra ostinatamente decisa a sopravvivere. Vi avevo detto che avevo trovato già una sorta di schermatura attorno ai suoi centri del laran? Bene, sono riuscito a fare forza su di essa perché riuscisse a proteggere anche quella parte della sua mente che ne restava fuori. Da quel momento non ci sono stati più problemi... È stato come se si fosse completamente scollegata dal proprio corpo, non so spiegarmi esattamente.»
«Penso di aver capito,» lo rassicurò la donna. «Mi è già capitato di vedere qualche cosa di simile. Nessuno era nel sopramondo per controllare? È probabile che si sia rifugiata lì. Isolandosi completamente dalle sensazioni del suo corpo poteva anche correre il rischio di non riuscire a tornare indietro.»
«Alyssa ci ha pensato, ma ha detto di non averla vista. Nessuno di noi riesce a capire. Quella donna è tutta un mistero.»
La leronis annuì all'affermazione di Alaric, pensando al dubbio che la tormentava.
«Stavo ripensando a quello che mi avete chiesto questa mattina,» la riportò al presente Alaric. «Se avevo sentito niente di strano quando siamo entrati in contatto la prima volta...»
«Allora?» chiese impaziente.
«È stata questione di un attimo, ma mi è sembrato di riconoscere il suo laran. So che non è possibile, perché era la prima volta che la vedevo, ma per un attimo ho avuto la sensazione di conoscerla. Non è strano?»
«Non più di quanto tu creda,» rispose enigmatica la leronis. «Ora devo andare. Devo controllare una cosa...» concluse, lasciando Alaric da solo, ad aspettare fuori dalla stanza che Alyssa o Renata gli dessero il permesso di rientrare.







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© Simona Degli Esposti