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Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 16
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 16

I telepati del castello

Il mattino dopo la risoluzione del Malessere la mente di Taksya era di nuovo limpida. Poteva sentire ancora la presenza degli altri telepati come durante le crisi, ma i loro pensieri erano ora come sussurri lontani, ai limiti della percezione.
Provò ad estendere con cautela le sue nuove facoltà, come una persona rimasta a lungo malata che azzardi i primi passi, senza sapere quanto fidarsi delle proprie forze e con una certa angoscia riguardo quello che si scopriva capace o meno di fare. Nella camera accanto alla sua Ellemir dormiva ancora, anche se ad un livello molto vicino alla veglia. Poche stanze più in là un'altra mente percepì il suo sondaggio.
"Buon giorno!" Il messaggio telepatico era così nitido che Taksya ebbe la tentazione di guardarsi intorno, cercando chi aveva parlato. L'equivalente mentale di una risata divertita la fece arrossire per la sua ingenuità. "Nessun problema," la rassicurò la voce. "Sto davvero arrivando."
Dopo pochi istanti la porta si aprì e una giovane donna entrò nella stanza. «È una splendida giornata,» annunciò la sconosciuta, allontanando dalla finestra i pesanti tendaggi e sporgendosi a spalancare le imposte.
L'aria pungente ed asciutta, tipica delle montagne più alte, raggiunse Taksya che la inspirò avidamente. Le sembrava fosse passata una vita dall'ultima volta che aveva messo un piede a terra. Quella non era una giornata da passare in casa, si disse, se non fosse stata per la debolezza che ancora l'attanagliava.
«Ma non ci faremo spaventare da così poco,» convenne l'altra donna, rispondendo ad alta voce ai suoi dubbi, «non c'è alcuna fretta!» Poi, rendendosi conto che l'Amazzone faticava ad accettare il fatto che i suoi pensieri fossero di dominio pubblico, aggiunse, «se vuoi posso schermare la mia mente, ma tu trasmetti in modo così chiaro che mi sembra naturale considerarti come parte del gruppo.»
«Gruppo?» chiese Taksya, senza cercare di nascondere il proprio timore riguardo la risposta che le sarebbe stata fornita. «I telepati del Castello, il gruppo fidato del Nobile Edric. Ci ha insegnato lui ad usare le pietre matrici... lui insieme al fratello, naturalmente,» si affrettò a correggersi.
Taksya era perplessa. «Credevo che fosse necessario compiere l'addestramento in una Torre per imparare a maneggiare una matrice.»
La giovane donna scosse la testa con aria noncurante, seppure colpita dalle conoscenze dell'Amazzone, facendo ondeggiare la sua splendida capigliatura di un caldo castano ramato. «Questo è ciò che dicono i comyn. Comunque,» aggiunse dopo un attimo di riflessione, «è vero che il nostro laran, per quanto sviluppato, non può essere utilizzato al meglio e siamo in due, massimo tre per volta,» ammise con una nota di disappunto. «Ma ora che anche noi abbiamo la nostra Custode, nessuno potrà più fermarci!»
Taksya osservò gli occhi brillanti per l'eccitazione della sua interlocutrice, sembrava una bambina a cui avessero promesso dei regali per la Festa del Solstizio e l'oggetto di tutta quella gioiosa aspettativa era, ovviamente, la sua Ellemir. Al pensiero Taksya sentì come una stretta al cuore.
«Ma non mi sono ancora presentata,» si rimproverò la giovane. «Io sono Alyssa MacAran. Il falconiere di casa Aldaran.»
Taksya la osservò con occhio critico, anche tra le Amazzoni c'erano donne che addestravano i falchi, ma non andavano il giro con eleganti vestiti trapunti di perle e merletti.
Alyssa arrossì impercettibilmente, consapevole dei pensieri dell'altra. «In realtà,» aggiunse, «sono anche la libera compagna di Alaric Aldaran, il secondogenito di Dom Kevin.»
La franchezza di Alyssa piacque all'Amazzone. «Come mai non siete sposati di catenas?» chiese con altrettanta schiettezza.
La donna considerò un istante se fosse il caso di rispondere a una domanda così personale, poi decise che, in fondo, Taksya era forse una delle poche persone che potevano capire al meglio la loro condizione. «La mia famiglia mi aveva promesso a un altro,» ammise con semplicità, «io non ero d'accordo, così sono fuggita e mi sono rifugiata qui. Amo Alaric e voglio dividere con lui tutta la vita, ma il figlio di un comyn non può sposare di catenas una donna contro la volontà del padre di lei.»
«Sei coraggiosa,» ammise Taksya con sincera ammirazione. «Non hai mai pensato di diventare una Libera Amazzone? Ne avresti lo spirito.»
Alyssa sorrise. «Sono amica della Madre della Casa di Caer Donn e di molte Rinunciatarie ma, per ora, non ho ancora avuto bisogno di prestare giuramenti o rispettare regole per essere ciò che voglio. Qui tutti mi apprezzano per ciò che sono, una discreta telepate e una brava addestratrice di falchi. È una posizione che mi sono guadagnata da sola, grazie alla larghezza di vedute del Nobile Edric, che concede un'opportunità a tutti, senza distinzione di classe sociale o di sesso.»
«Sembra troppo bello per essere vero,» commentò Taksya con una punta di ironia, non sapeva perché ma non aveva ricevuto quell'impressione durante i periodi in cui il Nobile Edric era stato accanto a lei durante le crisi.
Alyssa ridacchiò. «Non sto facendo propaganda agli Aldaran, te ne renderai presto conto da sola. Semplicemente, gli abitanti del settimo Dominio non sono poi quei mostri spaventosi che i comyn vogliono far credere.»
Si interruppe qualche istante, assumendo un'espressione concentrata. Taksya non riuscì a distinguere il messaggio, ma percepì chiaramente uno scambio a livello telepatico. Pochi secondi ed Alyssa si riscosse e le sorrise. «Alaric voleva tue notizie. Sai, credo che si senta in colpa per quello che hai passato. In fondo il responsabile di tutto è solo lui!» Il tono della donna era divertito, anche se Taksya non riusciva a vederne il motivo. Probabilmente si trattava di uno scherzo tra i due.
«No,» la rassicurò Alyssa, mentre Taksya decideva definitivamente che era meglio abituarsi in fretta a quella storia della lettura del pensiero. «È di domino pubblico. Alaric non è un gran telepate. In tutte le coppie di gemelli ce n'è sempre uno meno dotato e in questo caso è toccato a lui. Ma, in compenso, possiede un donas molto raro e prezioso. Lui è un catalizzatore, può risvegliare il laran latente di una persona solo toccandola,» la fissò ridendo, «come tu ben sai, temo.»
Taksya rabbrividì al ricordo. «È sempre così...» cercò la parola che riuscisse a rendere l'intensità del concetto, «distruttivo?»
«No,» scosse il capo Alyssa. «Nel tuo caso si è verificato un accumulo di energia. Alaric stava comunicando col fratello, quindi non aveva neppure la più blanda schermatura, quella che ogni telepate impara ad usare per prima, per preservare la sua intimità mentale. La stessa che dovrai imparare tu, se non vuoi che tutti, nel raggio di decine di metri, conoscano ogni tuo più riposto pensiero.»
«Ti assicuro che la cosa è piuttosto imbarazzante,» confermò l'Amazzone. «Anzi, se sei in grado di insegnarmi come fare, prenderei volentieri la prima lezione,» disse, stupendosi subito dopo per le proprie parole.
«Temo di non esserne all'altezza,» si scusò Alyssa. «È meglio che sia la Custode ad occuparsi del tuo addestramento.»
«Purché si faccia al più presto,» sospirò Taksya, che in vita sua non avrebbe mai pensato di poter arrivare ad agognare un addestramento del genere. «Ho l'impressione che i miei pensieri risuonino per il castello come le grida di una venditrice di ciambelle al mercato.»
«Adesso non esagerare!» la rassicurò Alyssa. «Stai solo trasmettendo con un po' troppa energia. Ma qui siamo abituati ai telepati privi di addestramento. Edric sta cercando di radunare il maggior numero possibile di persone dotate di laran. A volte è costretto a istruire più soggetti tutti insieme e, naturalmente, li ospita qui a Castel Aldaran,» assunse un'aria esageratamente inorridita, «quello sì che è un mercato! Tu, al confronto, stai solo sussurrando.»
«Sarà...» commentò Taksya, convinta che l'altra stesse solo cercando di minimizzare la sua goffaggine.
«La prova è che la Custode sta ancora dormendo,» continuò Alyssa.
Taksya sondò cautamente la mente della donna addormentata, sorprendendosi della naturalezza con cui riusciva a compiere quel gesto e rabbrividendo al pensiero. «Probabilmente, vivendo in una Torre, si è abituata ad escludere qualsiasi tipo di conversazione, almeno durante il sonno.»
«Immagino di sì,» commentò Alyssa stupita, erano le esatte parole che lei stessa aveva usato solo pochi giorni prima... oppure si sbagliava. «Inoltre,» riprese, cercando di liberarsi dal dubbio, «era molto stanca. Ti ha vegliata quasi ininterrottamente durante tutta la tua malattia. Io mi sono offerta più volte di darle il cambio, ma non ha mai accettato. Diceva che, alla tua età, il Malessere della Soglia può colpire in maniera imprevedibile e molto più potente che durante l'adolescenza.»
Taksya annuì, capiva circa la metà di quello che Alyssa le stava dicendo e, per tutto il resto, le sembrava di rivivere un incubo della sua infanzia. Molte volte le era capitato di svegliarsi urlando perché stava sognando di essere vittima di quel malessere che sua madre attendeva invece con ansia.
«A dire il vero,» continuò l'altra, «Ellemir non credeva neppure che ti saresti ripresa così rapidamente. Aveva fatto una prognosi di almeno otto, forse dieci giorni... ti sei svegliata molto prima del previsto!»
Taksya sorrise, non era convinta che la cosa fosse un bene ma Alyssa era così entusiasta a riguardo che non se la sentiva di deluderla accampando dubbi. «Quando credete che potrò alzarmi?» le chiese invece.
«Sei debole,» rispose Alyssa, facendo un rapido conto dei giorni che l'Amazzone aveva passato a letto. «Sono quasi sei, no, sette giorni che non mangi praticamente nulla. Credo che almeno fino a dopodomani sia meglio che tu eviti di alzarti.»
Questa volta anche Taksya fu d'accordo, ma le venne in mente un altro problema, apparentemente insignificante ma che ai suoi occhi rivestiva un'importanza basilare. «Cosa pensate che potrò indossare?» disse, sollevando un lembo della preziosa camicia da notte che le avevano fatto indossare fino ad allora. «Almeno fino a quando non riuscirò a raggiungere la Casa di Caer Donn.»
Il volto di Alyssa si illuminò, quasi non avesse atteso altro che quella domanda. «Ecco,» disse entusiasta, estraendo dal piccolo paniere che si era portata appresso un fagotto di abiti. «Forse non sono le cose più adatte ad una Rinunciataria... ma per qualche giorno credo che possano tornare utili.»
La donna aprì l'involto e ne estrasse dei morbidi pantaloni di panno grigioverde. Taksya li esaminò con occhio critico, forse erano un po' troppo eleganti per la vita che un'Amazzone conduceva normalmente ma, essendo al coperto e senza dover fare lavori pesanti, potevano di certo andare. Poi Alyssa, arrossendo impercettibilmente, le allungò la camicia.
Taksya tentò di aprirla davanti a sé, ma la stoffa sembrava volerle scivolare continuamente di mano, allora la distese sul letto, cercando di capirne la forma. Esattamente come i pantaloni sarebbe stata poco pratica per la vita di tutti i giorni, specialmente considerando le ampie maniche, ma era riduttivo descriverle solo come ampie, e le decorazioni che guarnivano il colletto e i polsini.
«Bella,» mormorò Taksya, non sapendo che altro commento fare. «Forse non proprio il modello che una di noi potrebbe scegliere ma, sicuro, veramente bella.»
«Non ti piace, vero?» Alyssa sembrava profondamente dispiaciuta. «Vedi, non c'era nulla che potesse andarti bene tra gli abiti di Alaric o di Edric e non ho neppure preso in considerazione i miei o quelli di Dorilys. Ho dovuto cucirla al momento e, beh... forse mi sono lasciata un po' prendere la mano...»
Taksya cercò di trattenersi dal ridere alla vista dell'espressione afflitta della donna. «Non ti preoccupare, per qualche giorno penso che potrò utilizzarla senza problemi. Credo che nessuno noterà la differenza. A dispetto degli abiti che indosso sono sempre una Libera Amazzone, una senza casta,» continuò sempre in tono serio, tanto che Alyssa la guardò sempre più sconsolata, convinta che stesse parlando con convinzione. «La sola cosa certa è che avrò vestiti che nessuna senza casta ha mai sognato di possedere!» concluse Taksya scoppiando finalmente a ridere, imitata, dopo qualche istante, anche da Alyssa.
La breve chiacchierata sembrava aver stancato il fisico ancora debole di Taksya che, continuando ancora a ridacchiare, tornò a distendersi. Alyssa schermò immediatamente la propria mente, per non sovraccaricare quella dell'Amazzone con pensieri per lei inutili e, silenziosamente, cominciò a frugare nell'armadio, alla ricerca di un po' di spazio per i nuovi indumenti di Taksya.
Ricordava che, il giorno dell'arrivo al castello di Ellemir e di Taksya, avevano provveduto a spostare tutti gli abiti dell'antica proprietaria dell'appartamento dall'armadio della stanza padronale in quello della camera in cui si trovava ora l'Amazzone, ma non le era sembrato che ce ne fossero così tanti.
Non volendo assumersi la responsabilità di eliminare quegli abiti inutilizzati da almeno vent'anni, Alyssa decise di riporre le poche cose che aveva preparato per Taksya nella cassettiera. Si sarebbe poi preoccupata di mandare Alaric da Dom Kevin per informarsi su come sistemare definitivamente l'appartamento. Era ormai ovvio che sarebbe diventato la residenza definitiva delle due ospiti e non le sembrava giusto tenerlo occupato con oggetti che non sarebbero stati loro di nessuna utilità.
Nel frattempo, Taksya si era rimessa a sedere sul letto e stava osservando i suoi movimenti con attenzione. Nonostante la schermatura, che avrebbe dovuto impedirle non solo di trasmettere involontariamente ma anche di ricevere, Alyssa poteva comunque sentire quello che la donna stava pensando in quel momento. Edric non li aveva avvertiti della potenza del laran di Taksya e la cosa la sorprese.
Taksya si stava lentamente rendendo conto di conoscere la stanza in cui si trovava. Non era una semplice sensazione di vertigine tempo-spaziale, causata dal malessere appena risoltosi, ma la certezza di avere già visto quell'appartamento. Si ricordò di aver ricevuto la stessa sensazione di familiarità anche la prima volta che era stata in contatto con Alaric, ma ora lei si sentiva in grado di descrivere le stanze che componevano il piccolo appartamento fin nei minimi dettagli.
Taksya guardò interrogativamente Alyssa, la quale non seppe fare altro che stringersi nelle spalle. «Probabilmente hai memorizzato quello che hai visto quando ti abbiamo condotto qui, anche se sembravi priva di conoscenza non vuol dire che la tua mente non stesse registrando ogni particolare.»
Taksya scosse la testa. «È stata cambiata un po' la disposizione dei mobili, almeno in questa camera,» disse con convinzione.
«Non saprei dirlo,» commentò Alyssa. «Potrei chiedere ad Alaric, ma anche lui non deve mai essere entrato qui dentro. Credo che le abbiano riaperte per voi dopo anni di abbandono,» rimase pensierosa per qualche istante, «forse Renata, la governante dei gemelli, o la vecchia leronis potrebbero essere più utili.»
L'arrivo di una domestica, con un vassoio carico di cibi freschi per la colazione, interruppe il loro discorso. Alla vista del cibo l'Amazzone di accorse di essere affamata e, senza attendere sollecitazioni, si gettò avidamente su quello che era stato preparato per lei. Alyssa la guardò soddisfatta poi, in attesa che terminasse con calma la sua prima vera colazione da giorni, si allontanò alla ricerca di Alaric.
Taksya salutò con un cenno del capo l'uscita di Alyssa e, non senza fatica, convinse anche la domestica ad andarsene. Avere qualcuno che l'osservava mentre mangiava, pronta ad intervenire in ogni momento di necessità, vera o presunta, la metteva a disagio. Quando finalmente rimase sola, riprese a studiare con attenzione la stanza che le avevano assegnato ed era talmente assorta in questo che la voce di Ellemir la colse di sorpresa, facendola sobbalzare.
"Buon appetito!" la frase risuonò nella sua mente ma lei ebbe l'istintiva reazione di rispondere a voce. "Non è necessario che parli," continuò Ellemir, "puoi rispondermi telepaticamente." Taksya arrossì violentemente, le sembrava di essere stata colta in flagrante mentre eseguiva qualche azione poco ortodossa ed Ellemir percepì chiaramente la reazione anche a distanza. "Non volevo metterti a disagio," disse preoccupata. "Solo qualche minuto, finisco di vestirmi e sono da te."
Taksya consumò rapidamente le ultime cose rimaste sul vassoio, poi lo spinse verso la fine del letto, sistemandosi meglio sui cuscini, in modo da fare una buona impressione agli occhi di Ellemir. Si sentiva emozionata come una ragazza alla sua prima Festa del Solstizio, ma non sapeva spiegarsi il perché, infondo non provava soggezione nei confronti dell'altra donna. Era un miscuglio di varie sensazioni, che però non riusciva a decifrare.
Quando Ellemir entrò nella stanza, il cuore di Taksya fece un balzo fino in gola. La donna aveva smesso gli abiti da Rinunciataria ed ora sembrava una semplice comynara. I corti capelli, sarebbero passati mesi prima che tornassero a raggiungere una lunghezza dignitosa per una donna, erano nuovamente rossi come il fuoco.
Taksya le sorrise timidamente. «Sono felice di vedervi, vai Domna,» disse, con tono forzatamente formale.
Ellemir si sedette accanto a lei, prendendole delicatamente le mani. «Tu non devi rivolgerti a me in questo modo. Hai fatto per me più di chiunque altro.»
Taksya rimase in silenzio. Nonostante le forti crisi dei giorni precedenti, ricordava con angosciante precisione tutto quello che era avvenuto dal loro arrivo al castello fino alla sera prima, quando finalmente si era liberata dalle pesanti spire del Malessere della Soglia. In quel momento Ellemir si era completamente aperta a lei e Taksya aveva potuto leggere in fondo alla sua mente, raggiungendo una consapevolezza tale, riguardo le intenzioni della donna, da spaventarla.
Sapeva che Ellemir non era più una Custode, ma il fatto che tutti i membri della cerchia di Edric la considerassero ancora tale metteva a dura prova le sue certezze. Sua madre le aveva insegnato tutto quello che sapeva riguardo le Custodi e le leggi delle Torri e non riusciva ad accettare il fatto che le avesse potuto mentire ma, sia nel corso del loro viaggio che durante la sua malattia, tutto quello che aveva appreso sembrava voler smentire le sue parole.
«Dovrai parlarmi di lei,» disse seria Ellemir.
«Prima devi insegnarmi come chiudere la mia mente,» la interruppe Taksya. «Mi sembra di essere stata messa completamente a nudo. Non posso sopportare ancora a lungo di sapere che chiunque è in grado di leggere nella mia mente come in un libro aperto.»
Ellemir annuì soddisfatta. «È la prima cosa che un telepate deve imparare, per proteggere se stesso e gli altri...»
«Conosco tutte queste cose!» sbottò Taksya. «Me le hanno ripetute fino alla nausea, solo che fino ad oggi non c'è mai stato motivo di prenderle seriamente. Io non ho mai posseduto il laran, non prima che Alaric decidesse di darmi il colpo di grazia.»
«Tu hai sempre avuto il laran,» Ellemir cercò di assumere un tono condiscendente, «solo, non era mai stato risvegliato del tutto.»
Taksya sentiva ribollire dentro di sé una sorta di risentimento. Non aveva chiesto lei che le facessero questo favore, si era sempre sentita in pace con se stessa prima che il suo laran venisse liberato, mentre ora vedeva tutte le sue certezze crollare una dopo l'altra, lasciandola indifesa nei confronti del mondo esterno.
Non fece in tempo a ribattere perché, senza bussare o farsi annunciare da nessuno, Edric entrò nella stanza e salutò calorosamente Ellemir, degnando appena di un'occhiata Taksya.
«Credevo tu stessi ancora riposando,» disse rivolgendosi direttamente alla prima, con un tono talmente mellifluo da far innervosire l'Amazzone. «La nostra leronis ti stava cercando. Credo che voglia mostrarti la sua serra e la raccolta di erbe e infusi. Sono convinto che non veda l'ora di lasciare tutto nelle tue mani, ormai è anziana e non riesce più a stare al nostro passo.»
Ellemir annuì, senza ricambiare l'affettuosità dimostrata nei suoi confronti da Edric. «Non ritengo doveroso farla attendere,» disse semplicemente.
Prima di uscire, inviò un breve messaggio a Taksya, che annuì poco convinta. Non l'attirava l'idea di rimanere sola con l'Erede del Dominio, sapeva che lui non gradiva la sua presenza al castello e ricordava che aveva fatto ben pochi sforzi per tentare di nascondere la cosa mentre la assisteva durante le crisi.
«Vedo con piacere che vi siete ripresa immediatamente, magistra,» le disse non appena Ellemir fu uscita. «Credevamo tutti che avreste impiegato più tempo...»
«Vostra cognata ha fatto lo stesso commento,» lo interruppe bruscamente Taksya, disturbata dalla falsa cordialità nella voce dell'uomo. «So di non starvi simpatica, non datevi la pena di nascondermelo. Le vostre parole sono dolci, ma i vostri pensieri feriscono più delle fruste di Zandru!»
Edric la guardò sconcertato. «Suppongo che siate anche a conoscenza del motivo,» disse ironico.
«Non ne avete fatto mistero.»
Edric abbandonò immediatamente la maschera che si era costruito, sollevato dal fatto di poter immediatamente affrontare l'argomento che tanto gli stava a cuore. «Quando Ellemir mi disse che era costretta ad abbandonare Tramontana ho subito capito che, finalmente, avremmo potuto realizzare il nostro sogno,» il tono prese subito la solita impronta entusiastica che aveva ogni qualvolta parlava della sua Torre. «La possibilità di avere una vera Custode che potesse guidarci e permetterci di tagliare ogni rapporto di dipendenza dal resto dei comyn
Taksya si sentiva poco interessata ai loro progetti. «Una vera Torre, proprio qui a Caer Donn, a pochi passi dalla Torre ufficiale del Dominio,» disse neutra, «stupefacente.»
Edric si sentì avvampare. «Sono felice che troviate la cosa entusiasmante,» sibilò, offeso. «Nessuno vi obbliga a rimanere se ritenete questo nostro progetto ridicolo!»
«Ellemir mi ha salvato la vita!» fu il turno di Taksya di sentirsi oltraggiata. «Per quanto la cosa vi possa sembrare stupida questo equivale per me al vostro virile giuramento tra scudiero e signore. Le resterò accanto fino a quando lei lo riterrà opportuno, anche a costo di dover vivere in una Torre!» l'idea le fece quasi mancare il fiato, un altro dei suoi peggiori incubi che stava per diventare realtà.
«Ellemir è una Custode!» affermò Edric, come se questo potesse bastare a giustificare ogni cosa.
«Non lo è più!» rispose Taksya caparbiamente ma, senza volerlo, la sua mente trasmise chiaramente tutto quello che le era stato insegnato sulle Custodi e sulle Torri. Edric rimase sgomento nello scoprire che la visione di Taksya del mondo delle matrici era fin troppo simile alla sua per essere ignorata.
Scosse la testa, come per liberarsi dalle immagini che Taksya gli aveva inviato. «Ellemir non può decidere di cambiare la sua vita. Sono solo le leggi degli Hastur a volere che abbandonando una loro Torre lei non sia più una Custode. Il suo destino è stato deciso da tempo e non è nel suo diritto cambiare le regole.»
L'espressione di Taksya cambiò immediatamente, le parole appena pronunciate da Edric andavano contro tutto quello che lei, come Rinunciataria, aveva giurato di combattere. Ai suoi occhi questo valeva molto di più che il suo timore di dover utilizzare il laran, ogni sua remora sarebbe sparita davanti alla possibilità di aiutare un'altra donna a combattere contro un destino impostole da altri.
«Vi spiacerebbe essere più chiaro,» disse gelidamente. «Ellemir non avrebbe il diritto di decidere per il proprio futuro?»
Edric parve perplesso. «Nessuno ha mai compiuto un passo del genere, non dopo tanti anni di lavoro e addestramento. Posso capire una giovane che decida, per problemi personali o per volere della famiglia, di interrompere l'addestramento. Ma una Custode, semplicemente, non può farlo.»
«Chi l'ha deciso?» Taksya vedeva definitivamente crollare davanti a sé la falsa immagine che sua madre era riuscita un tempo a creare.
«È così da sempre. Non ci sono motivi per cambiare,» Edric considerava ormai chiusa la discussione. Non si era reso conto di aver dato la spinta finale alla sua rivale, inducendola a prendere una decisione irremovibile.
«Non c'è nulla che non si possa cambiare,» disse la donna, a voce talmente bassa che a stento Edric riuscì a sentirla. «Una persona può cambiare il modo di pensare di un'altra,» continuò a voce più alta, «due persone insieme possono anche cambiare il mondo!»
«Vedremo,» fu il solo commento di Edric.
Taksya si tornò a distendere, facendo chiaramente intendere all'uomo che voleva essere lasciata sola per riposare. Si sentiva la mente in fiamme, ogni ordine era stato sovvertito ed aveva bisogno di tempo per rimettere a posto ogni cosa.
Edric uscì senza farselo ripetere due volte. Riteneva la discussione appena terminata unicamente fine a se stessa, solo tempo ed energie sprecate. Ellemir si sarebbe convinta che lui aveva ragione e, finalmente, avrebbero potuto cominciare a lavorare seriamente sul suo ambizioso progetto.

***

Tranquillamente seduto nella poltrona preferita del fratello, Alaric aveva seguito l'intera discussione tra Edric e Taksya. Come al solito i due gemelli erano rimasti in contatto, anche se non ad un livello comunicativo diretto, e l'accaloramento della conversazione aveva richiamato l'interesse di Alaric che, senza farsi scoprire, aveva praticamente origliato per tutto il tempo.
Dalla prima notte dopo il salvataggio aveva compreso che Ellemir doveva essere stata costretta a rinunciare al proprio ruolo di Custode ma, come il gemello, aveva creduto che una volta che le fosse stata offerta la possibilità di guidare una nuova Torre, lei l'avrebbe accettata con gioia.
Era stato quasi uno shock scoprire che Ellemir aveva invece deciso fermamente di non accettare l'offerta. Pensava anche lui, ma non con la stessa incrollabile tenacia, che fosse assurdo che una Custode potesse decidere di abbandonare tutto, specialmente dopo tanti anni di sacrificio come Ellemir.
Si alzò di scatto, non voleva farsi trovare lì dal fratello. La discussione che sarebbe nata se Edric avesse scoperto che anche lui sapeva sarebbe stata lunga e mortalmente noiosa. Passando per un piccolo passaggio, che solo loro due conoscevano, Alaric raggiunse le cucine e di lì, senza pensarci due volte, si diresse verso la stanza dell'Amazzone ma si fermò pochi metri prima di arrivare alla porta.
Forse, si disse, Taksya non aveva voglia di vedere altra gente, almeno non dopo lo sfortunato incontro a due con Edric. Rimase quindi fermo davanti alla stanza, senza riuscire a decidersi sul da farsi.
"Catalizzatore!" la voce di Taksya gli risuonò distintamente nel cervello, "non restate lì fuori. Potete entrare, se volete."
Alaric aprì con cautela la porta, Taksya si era nuovamente tirata a sedere sul letto e lo stava aspettando. Non gli sembrò particolarmente bellicosa, la cosa lo tranquillizzò e lo indusse, finalmente, a varcare la soglia.
«Credevo che non sareste mai passato,» lo salutò la donna.
«Dopo tutti i guai che ho provocato,» disse subito Alaric, «credo che possiamo anche mettere da parte titoli e convenevoli.»
Taksya annuì, sentendosi molto più rilassata. «Suppongo che la discussione con vostr... tuo fratello sia stata sentita in tutto il castello,» commentò poi, con finta allegria.
«Non credo,» la tranquillizzò Alaric, sedendosi sulla poltrona più vicina. «Io e Edric siamo sempre in contatto, più o meno volontariamente. Ho ascoltato quello che dicevate solo perché mi ha incuriosito la reazione del mio caro fratello.»
«Incuriosito?»
«Non capita spesso che Edric si trovi in difficoltà durante una discussione,» rispose semplicemente Alaric.
Taksya ridacchiò, ironica. «Non mi è sembrato molto in difficoltà.»
«Per metterla in altri termini... non capita spesso che qualcuno riesca a tenergli testa, solitamente finisce che le sue ragioni diventano le ragioni di tutti. Sei la prima che si è rifiutata di accettare il suo parere.» Taksya scosse negativamente la testa. «No?» Alaric sembrava perplesso.
«La prima è stata vostra futura Custode!» il tono della donna era incredibilmente acido.
«In fin dei conti, Edric non ha tutti i torti,» ma il tono di Alaric non era così categorico come era stato quello del fratello. Lui non era così convinto che Ellemir avesse preso una decisione sbagliata, poteva avere dei validissimi motivi per farlo.
«Allora è inutile continuare oltre!» sbottò Taksya, tornando a distendersi. «Non ne posso più...» aggiunse subito dopo, passandosi una mano sulla fronte.
Alaric, istintivamente, allungò una mano per controllare la donna ma, giunto a qualche centimetro dalla pelle, ritrasse di scatto la mano.
Taksya sorrise. Le era chiaramente giunta la sensazione di timore che l'altro sembrava provare dinnanzi all'idea di un contatto fisico con lei. Le sembrava comunque strano che Alaric, un telepate addestrato ed abituato ad affrontare situazioni del genere, fosse talmente intimorito al solo pensiero di doverla toccare per una seconda volta.
«La verità è che...» cominciò a giustificarsi lui, rispondendo al dubbio inespresso di Taksya.
«La mia è una situazione anomala,» lo interruppe lei, «credo di avervelo sentito dire un'infinità di volte nei giorni scorsi. Vorrei tanto che qualcuno mi spiegasse perché, anche se credo di capirlo benissimo da sola... purtroppo!» concluse in tono più basso.
Alaric annuì, senza però capire la motivazione del commento. «Probabilmente,» disse, «vorrà essere Ellemir a spiegarti le cose e addestrarti.»
Taksya cercò di sorridere. «Non credo che la cosa soddisferà tutti.»
«Nessuno, tranne noi tre,» "... quattro," aggiunse mentalmente, era certo che non sarebbe riuscito a non raccontare la cosa ad Alyssa, «Ma nessun altro è a conoscenza delle intenzioni di Ellemir e, ne sono certo, ognuno di noi ha i suoi buoni motivi per tenere la cosa nascosta. Dovremmo godere di un certo vantaggio,» concluse con tono da cospiratore.
L'Amazzone annuì. Lei, di certo, non avrebbe rivelato nulla. Era nei diritti di Ellemir decidere cosa farne della propria vita e, indirettamente, anche della sua. Edric, dal canto suo, avrebbe atteso in fiducioso silenzio che Ellemir tornasse sui suoi passi.
«E io mi godrò in silenzio tutta questa intricata faccenda,» commentò Alaric. «Non voglio intromettermi. Anche se penso che Ellemir stia facendo una follia, ho conosciuto troppe Libere Amazzoni per decidere di obbligarla a seguire una strada che dice di non volere più percorrere.»
Taksya annuì, questa volta sorridendo senza fatica. Non avrebbe saputo spiegare il perché, ma era certa che le cose sarebbero andate meglio con Alaric, rispetto invece alla piega che stavano prendendo con Edric.
«Ma tu sei stanca,» Alaric si alzò, «è ora che cerchi di riposare un poco, prima che torni Ellemir e pretenda di cominciare l'addestramento... so come sono le Custodi riguardo questo tipo di faccende. Non ti lasciano un attimo di respiro!»
Taksya si distese, sospirando malinconicamente. «Ho paura che dovrò farci l'abitudine.»
Alaric non fece neppure in temo ad uscire dalla camera che Taksya, rannicchiata sotto le pesanti coperte, era già caduta in un profondo sonno ristoratore.







StrangeLandsChronicles © 2004
© Simona Degli Esposti