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Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 18
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 18

Addestramento

I giorni successivi passarono nell'apatia più completa. Edric e il suo gruppo di telepati trascorrevano i loro momenti liberi riuniti nel suo studio mentre Ellemir, aiutata dalla vecchia leronis, stava predisponendo l'addestramento di Taksya, che passava le sue giornate annoiandosi a morte nella camera dove le sembrava di essere stata confinata a vita.
Con l'avvicinarsi della Festa del Solstizio, Edric si trovava spesso costretto ad affiancare il padre durante gli incontri ufficiali con i rappresentanti delle vicine casate, nel tentativo di non creare fonti di dissidio che avrebbero potuto infettare vecchie ferite rimarginatesi con fatica durante gli ultimi anni.
Darren e Dorilys si occupavano invece di mantenere i contatti con gli ospiti darkovani meno problematici, tentando a più riprese di eliminare dalla lista quelli che ritenevano poco opportuni e che, nella maggior parte dei casi, non erano stati loro a scegliere. Ovviamente la cosa veniva ostacolata da Alyssa e da Alaric, che stavano bene attenti che tutti gli inviti venissero regolarmente inviati.
Dopo quasi quattro giorni, rispettando le caute previsioni di Ellemir, le condizioni di Taksya sembrarono stabilizzarsi definitivamente. La donna sembrava aver finalmente trovato un certo equilibrio e la sua mente riusciva a controllare molto più facilmente sia i pensieri in uscita che quelli in entrata. Ellemir decise quindi che era tempo di cominciare l'addestramento.
Condusse Taksya nella propria camera, dove era improbabile che qualcuno entrasse senza prima annunciarsi a dovere, chiuse quasi completamente le imposte, lasciando che solo la luce del camino le illuminasse, ed estrasse una serie di matrici di varie grandezze da utilizzare per saggiare le sue capacità.
Edric aveva mostrato ad Ellemir un cofanetto di legno, riccamente intagliato e imbottito con seta grezza, colmo fino all'orlo di matrici di ogni dimensione, pronte per essere utilizzate. Vedendo la sorpresa della donna, le aveva spiegato che suo padre sembrava poter ricorrere a fonti apparentemente inesauribili di pietre delle stelle.
Le voci che circolavano a riguardo parlavano di un'antica miniera nascosta poco lontano dal castello ma, in realtà, nessuno sapeva da dove provenissero. La sola cosa certa era che, quando i gemelli facevano richiesta di pietre per la loro attività, il padre spariva per qualche tempo, ricomparendo poi con una discreta quantità di matrici non sintonizzate.
Ellemir aveva scelto tre pietre, di diversa grandezza, con le quali avrebbe saggiato le capacità dell'Amazzone. Solo alla fine, quando fosse riuscita ad individuare con una certa sicurezza la portata del suo laran, avrebbe deciso su quale matrice sintonizzarla.
Nessuno si offrì di assisterla nell'operazione. Il solo che fece qualche commento a riguardo, mostrandosi completamente pessimista, almeno riguardo l'esito della prima giornata, fu Alaric.
«Sono sicuro che non riuscirai ad ottenere nulla,» disse ad Ellemir, mentre la riaccompagnava alle sue stanze dopo la scelta delle pietre.
«Credevo che il solo pessimista del gruppo, almeno nei confronti di Taksya, fosse tuo fratello,» commentò Ellemir.
Alaric scosse la testa. «Tutto in lei è fuori dall'ordinario,» tentò di spiegare. «Fino ad ora non ha fatto nulla di quello che ci eravamo aspettati, credi che inizierà proprio adesso?»
Ellemir si strinse nelle spalle. «Ci sono regole ben precise e, anche se in modo anomalo, Taksya non è andata fuori dal campo del possibile. Basta non essere troppo rigidi e convenzionali. Anche il fatto che sia arrivata alla sua età senza che i poteri si risvegliassero sembrerebbe andare contro ogni regola conosciuta. Ma anche per questo, ne sono certa, troveremo una spiegazione.»
«Insomma,» concluse Alaric, «dobbiamo solo essere pronti a tutto?»
Ellemir si limitò ad annuire. Erano giunti davanti all'appartamento che divideva con l'Amazzone e Alaric fece per tornare verso lo studio del gemello.
«Che qualcuno di voi rimanga comunque in contatto,» gli disse mentre si allontanava. «Potrei avere bisogno di aiuto.»
Alaric le fece cenno d'aver capito e sparì rapidamente oltre il primo angolo. Ellemir sospirò ed entrò nella camera di Taksya. La trovò ferma davanti allo specchio inserito in un'anta del suo armadio. Si stava osservando con attenzione, aveva indossato gli abiti che Alyssa le aveva portato qualche giorno prima e quello che vedeva riflesso nella lastra di vetro non sembrava piacerle molto.
Quello che Taksya vedeva nel riflesso era un giovane comyn, forse con abiti un tantino troppo elaborati e fuori moda, con i capelli lunghi ormai fino alle spalle che, nonostante i pesanti trattamenti degli anni passati, complici i mesi trascorsi in inattività nella Casa di Darriel e il prodotto poco efficace utilizzato per l'ultima decolorazione, stavano rapidamente perdendo il colorito biondo spento e l'aspetto stopposo. Ancora poche settimane ed avrebbero riacquistato il loro aspetto naturale, una massa di fuoco ramato. Il tipico colore che contraddistingueva il sangue Alton.
Ciò che aveva sempre rifiutato di accettare, ma che sua madre le aveva sempre ripetuto in continuazione, era chiaramente affermato dalla persona che vedeva riflessa davanti a lei e nella quale stentava e, soprattutto, rifiutava di riconoscersi.
«Sono una comynara,» disse, con una punta di disgusto nella voce, quando si accorse che Ellemir era ferma alle sue spalle. «Anche se, conciata così, sembro più un comyn che una comynara,» tentò di scherzare, con scarso risultato.
Ellemir si avvicinò a lei e le cinse le spalle con un braccio. «Non farla così tragica,» cercò di scherzare a sua volta. «Io sono una comynara da più di trent'anni e sono ancora viva e in buona salute!»
Taksya guardò tristemente le immagini riflesse e la grande differenza tra loro la colpì. «Mia madre mi raccontava spesso delle caratteristiche principali di ogni famiglia,» disse dopo una accurata osservazione. «Tu sei una Alton ma...»
Ellemir ridacchiò sommessamente. «Non dirlo,» la interruppe, presagendo quello che voleva dire. «Sembrò più di sangue Hastur, vero?»
Taksya annuì. Le mani con sei dita e gli occhi di un grigio acciaio erano comuni a molte famiglie, mentre i capelli erano di un rosso carico e vivace, tipico della casata più importante tra i comyn.
«Un giorno ti racconterò l'intera storia,» le disse Ellemir, «per ora ti basti sapere che il mio quarto di sangue Hastur mi dice che è venuto il momento di cominciare il tuo addestramento.»
Taksya abbassò lo sguardo, incapace di sostenere l'intensità di quello di Ellemir, nonostante fosse solo riflesso nello specchio. «Se è necessario,» disse sospirando con rassegnazione, non riuscendo però a celare la propria impazienza. Era stanca di dover fare ricorso ad uno smorzatore telepatico, tra l'altro molto fastidioso, per riuscire a proteggersi dai pensieri altrui e impedire nel contempo che l'intero castello venisse a conoscenza dei suoi.
Ellemir le indicò la porta che divideva le due stanze, dicendole di sedersi su una delle due poltrone accanto al fuoco. Sarebbe stato un lavoro lungo, tanto valeva starsene comode fin dall'inizio.
Attese qualche istante, Taksya sembrava agitata ed era meglio aspettare che si calmasse prima di cominciare. Ellemir le prese dolcemente le mani, cercando di infonderle coraggio, non sarebbe stata una cosa dolorosa e, soprattutto, non avrebbe dovuto entrare in contatto telepatico forzato con lei. La descrizione di come si sarebbe svolta la cosa sembrò calmare l'Amazzone ed Ellemir fu in grado di iniziare le operazioni.
Per prima cosa estrasse la sua matrice, doveva spiegare a Taksya come fare per entrarci in sintonia e la cosa migliore era farlo cercando di metterla in contatto con la propria. Forte degli anni passati ad addestrare novelli telepati, Ellemir era convinta che Taksya sarebbe stata colta da un senso di vertigine e di nausea, invece il guardare nelle profondità della sua pietra non sembrò disturbarla affatto.
Ellemir tentò di sincronizzare il proprio ritmo con quello dell'Amazzone, per facilitarla nell'impresa e, per un istante, temette in un primo fallimento ma, dopo il primo attimo di smarrimento, Taksya cercò di seguire con lo sguardo il movimento che le sembrava di scorgere nelle profondità della pietra.
Neanche una decina di minuti dopo, senza lamentare alcun fastidio, Taksya era riuscita a sintonizzarsi con la matrice di Ellemir al punto che, se glielo avesse permesso, sarebbe riuscita persino a prenderla tra le proprie mani causandole solo un lievissimo fastidio.
Interrompendo dolcemente il contatto, Ellemir si congratulò con lei. «Possiamo passare a cose più difficili,» le disse poi. «Ora dovrai fare la stessa cosa con una matrice non sintonizzata, in modo da entrare in sintonia con essa per farla diventare la tua pietra matrice.»
Taksya annuì senza parlare. Sapeva benissimo cosa intendeva Ellemir, sua madre le aveva spiegato fino alla nausea cosa avrebbe dovuto fare quando i suoi poteri si sarebbero resi manifesti.
Rimasero per qualche istante immobili, rischiarate solo dalla luce del fuoco, poi Ellemir estrasse una delle tre pietre che aveva preso dello scrigno di Edric. Dopo un attimo di esitazione decise per quella media, le doti di Taksya erano notevoli ed era inutile perdere tempo provando con quella più piccola.
L'Amazzone fissò lo sguardo nelle profondità della pietra, cercando quelle figure in movimento che aveva scorto nella matrice di Ellemir, riuscì a sintonizzarsi e ad illuminarla ma, quando si rilassò, la gemma azzurra tornò ad essere fredda e spenta. Ellemir la esortò a tentare di nuovo ma, anche la seconda volta, Taksya non riuscì a sintonizzarsi completamente con la pietra.
«Assurdo,» commentò Ellemir, rigirando il sasso azzurro tra le dita.
«Ho capito come si fa, ma non riesco ad entrare in contatto con la pietra,» cercò di giustificarsi Taksya. «La tua sembra viva, questa resta fredda... non è tanto diversa da qualsiasi pietra preziosa.»
Ellemir annuì. «Forse ho sbagliato io,» disse, estraendo una seconda matrice. «Proviamo con questa.»
Taksya fissò la pietra, le cui dimensioni erano circa la metà della precedente, poi guardò Ellemir direttamente negli occhi, ridacchiando sarcasticamente. «Eravamo ottimisti?»
«Sei riuscita a sintonizzarti al primo colpo sulla mia,» le spiegò Ellemir, «non è una cosa facile, anche per il telepate meglio addestrato, riuscire ad entrare subito in sintonia con la matrice di un altro.»
Taksya alzò le spalle, con aria poco convinta. «Se vuoi riprovare,» disse.
Questa volta Ellemir si sintonizzò per prima sulla matrice, accendendone all'interno la piccola luce. Taksya la fissò, come aveva fatto le volte precedenti, e riuscì a sintonizzarsi a sua volta. Quando Ellemir si ritirò riuscì a mantenerla illuminata ma non ad entrare definitivamente in sintonia con essa.
«Eppure,» fu il nuovo commento di Ellemir che, senza perdersi d'animo, si alzò ed uscì dalla stanza.
Si diresse rapidamente allo studio di Edric e, senza degnare d'una parola Alaric, come sempre comodamente sdraiato sulla poltrona del gemello ed intento a leggere un vecchio trattato, si appropriò di una griglia di matrici. L'uomo seguì Ellemir con lo sguardo, dalla sua espressione non era difficile capire cosa stava accadendo. Notando il sorriso che cominciava a farsi strada sul suo volto, Ellemir pensò bene di zittirlo immediatamente, prevenendo qualsiasi tipo di commento.
Taksya attese con pazienza il ritorno di Ellemir, giocherellando con le pietre che la donna aveva lasciato. In ognuna di esse era in grado di accendere una luce, debole o forte a seconda dell'impegno che ci metteva, ma non riusciva assolutamente a restare in qualche modo legata ad una di esse.
Ellemir rientrò pochi minuti dopo esserne andata, portandosi appresso una strana struttura di vetro fuso, con incastonate una quindicina di matrici dalla grandezza identica.
«Questa griglia serve a misurare la potenza del laran,» le spiegò, posando l'attrezzo sul tavolino accanto a Taksya. «Adesso devi cercare di illuminare le matrici.»
«Tutte?» chiese perplessa.
«Se ci riesci.»
«Tutte insieme?» insistette Taksya.
«Naturalmente,» fu la laconica risposta.
Taksya si strinse nelle spalle e cominciò a studiare la griglia, non sapendo cosa fare esattamente. Spazientita desiderò che tutte quelle dannate matrici si accendessero e si fondessero all'istante in una massa inutilizzabile e, come obbedendo ad un suo ordine, la griglia si illuminò e brillò per qualche istante, raggiungendo un'intensità fenomenale, poi collassò su se stessa, ormai inutilizzabile.
Taksya fissò inorridita quello che aveva fatto. «Che Avarra mi protegga,» mormorò con un filo di voce. «Giuro che non volevo farlo!»
«Io scommetto di sì!» fu il commento, quasi divertito di Ellemir. "Alaric," chiamò poi telepaticamente, "vieni qui, immediatamente!" «Perché?» chiese perplessa Taksya.
«Abbiamo bisogno di un testimone e,» Ellemir arrossì leggermente, «credo di avere bisogno del parere di un esperto

***

Alaric sobbalzò spaventato sulla poltrona, colto alla sprovvista dal messaggio di Ellemir. Era diverso dal ricevere messaggi dal fratello, loro due erano in un certo senso sempre collegati, Ellemir aveva invece inviato un messaggio direttamente a lui, facendo in modo che gli arrivasse chiaro, forte e che non lasciasse spazio ad errate interpretazioni.
Balzò immediatamente in piedi, lasciando cadere a terra il rotolo in pergamena che stava leggendo. Non si preoccupò neppure di raccoglierlo, si precipitò verso la porta e la spalancò di colpo, travolgendo Darren e Domenic che stavano per entrare.
Il fratellastro lo afferrò per un braccio. «Dove stai correndo?» gli chiese con poca gentilezza.
«Mi ha chiamato Ellemir,» rispose Alaric, cercando di svincolarsi dalla stretta. «Credo che abbia bisogno di aiuto.»
«Allora è il caso che veniamo con te,» decise Darren.
«Non credo proprio,» ribatté, irritato, Alaric. «Non ha chiesto la vostra presenza.»
«Solo perché non sa che siamo nelle vicinanze,» la voce di Dorilys gli fece perdere ogni speranza, non sarebbe riuscito a scrollarseli di dosso.
«Forza,» lo sollecitò Darren, «andiamo.»
Con passo veloce, seguiti da un Domenic molto poco interessato, i tre arrivarono fuori dall'appartamento di Ellemir in pochi istanti. Darren bussò formalmente alla porta ma non attese il permesso di entrare, spalancò la porta e fece strada all'entrata trionfale della moglie.
Ellemir sollevò lo sguardo dalla massa informe che era stata la griglia e osservò il corteo che aveva appena fatto irruzione nella stanza. Con occhio irritato cercò lo sguardo di Alaric ma, dalla sua espressione, capì immediatamente cosa doveva essere accaduto.
«Ora,» disse freddamente, restituendo a Taksya il suo capolavoro ed alzandosi con studiata lentezza, «tutti coloro che non sono stati invitati in questa camera ne usciranno immediatamente
Dorilys arrossì visibilmente. «Alaric ha detto che avevate bisogno di aiuto,» disse con altrettanta freddezza. «Abbiamo solo temuto che fosse accaduto qualcosa di grave. Se non eravamo desiderati bastava che ci fosse stato detto!»
Alaric alzò gli occhi al cielo. "Adesso è colpa mia!" pensò tristemente.
«Sono certa che è stato fatto,» fu la replica di Ellemir. «Se è l'ordine che tanto desiderate, Domna Dorilys,» usò il titolo ufficiale con spregio, «allora dovrete essere la prima a rispettarlo.»
Dorilys divenne ancora più rossa in volto. «Come potevo sapere che non avevate...» ancora un po' ed Ellemir ebbe la sicurezza che la donna si sarebbe messa a piagnucolare.
«Adesso basta!» la interruppe. «Avete lavorato in una Torre, tutti e due,» disse rivolta anche a Darren, «sapete benissimo che una Custode è in grado di mettersi in contatto con chi vuole, in caso di bisogno. E, se avrò mai bisogno di voi, lo verrete a sapere immediatamente,» concluse, voltando loro le spalle.
Lanciando un'occhiata di fuoco ad Alaric, Dorilys uscì dalla stanza, seguita dal marito e da Domenic. Avrebbero avuto modo di discutere, loro tre e Edric, della piega che la situazione avrebbe dovuto prendere. Le cose non erano come Dorilys si era aspettata che andassero e così, di certo, non poteva continuare.
All'interno della camera, Alaric ed Ellemir rimasero per qualche istante in silenzio. «Non dire nulla,» intimò la donna a Taksya, che si strinse per l'ennesima volta nelle spalle e continuò a giocherellare con le tre matrici.
«Mi dispiace,» disse alla fine Alaric.
Ellemir scosse la testa. «Non è colpa tua,» gli disse. «Ho paura che, abusando della disponibilità tua e di tuo fratello, Dorilys abbia fatto, fino ad oggi, il bello e il cattivo tempo. Credo che non sarà facile cambiare le cose ma, se vuole una Torre, allora dovrà comportarsi di conseguenza.»
«Penso che abbia scordato come si vive in una Torre,» commentò pessimisticamente Alaric.
«Forse,» si intromise Taksya, stanca di essere lasciata in disparte, «vuole solo ricordare quello che le fa più comodo.»
Ellemir e Alaric si guardarono. «Credo che tu abbia ragione,» rispose Ellemir per entrambi.
«Vedete,» continuò l'Amazzone, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa all'alto schienale della poltrona. «È la stessa cosa che ho fatto io con il mio passato, prima di diventare una Rinunciataria. Anche adesso... ho sempre ricordato le cose che mi servivano e nel modo che le rendeva utili ai miei scopi,» tornò ad aprire gli occhi, guardando Ellemir. «Ho sempre rifiutato le cose che mia madre raccontava, non perché avessi paura che fossero vere ma perché, a lei, non sono mai servite. Adesso, dopo tutto quello che ho visto, ho capito che anche lei voleva ricordare solo quello che le avrebbe permesso di sopravvivere nelle Terre Aride, come schiava, ed era quello che credeva sarebbe servito anche a me.»
Ellemir si sedette, invitando Alaric a fare altrettanto. «Il trauma subito da Dorilys è stato grande, ma ha sempre trovato persone pronte a fare di tutto per curarla, impedendole di provare altri dispiaceri.»
«Già,» commentò sarcasticamente Alaric. «Così, adesso è convinta che tutto debba andare come desidera! Se fosse stato per lei, Alyssa sarebbe già stata rimandata a casa ed io sarei stato costretto a sposare la figlia di chissà quale nobile vicino.»
«Sarebbe drammatico!» commentò Taksya, poggiando le matrici. «Chi si preoccuperebbe di confezionarmi altri abiti. Sarei costretta a ricorre alla sartoria della Casa di Caer Donn... sarebbe un peccato.»
Alaric la guardò seriamente poi, osservando l'ultima creazione della sua compagna indosso alla donna, cominciò a ridacchiare. «Inoltre, Dorilys non saprebbe più con chi prendersela. Quando qualcosa non funziona, durante una qualsiasi occasione ufficiale, la colpa è sempre di Alyssa.»
Taksya scosse la testa. «Dovrà sopportare la mia presenza per tutta la durata della permanenza di Ellemir. Non credo che sentirebbe la mancanza di Alyssa, anzi credo che la rimpiangerebbe.» Si rivolse poi ad Ellemir, rimasta in silenzio ad ascoltare lo scambio di battute. «Se per essere accettata da Dorilys devo diventare una comynara e se esserlo significa diventare come lei, allora preferisco essere il suo peggior incubo e diventare un'Amazzone!»
«Tu sei un'Amazzone,» le fece notare Ellemir.
«Già!» fu la semplice risposta di Taksya, accompagnata da un impercettibile brillare degli occhi.
Alaric, pur essendo rimasto entusiasta di questo scambio di pettegolezzi, era curioso di scoprire perché Ellemir l'avesse chiamato con tanta urgenza. Per tutta risposta, la donna gli consegnò quella che un tempo era stata una griglia di matrici.
«È la stessa che hai preso nello studio di Edric?» chiese, rigirandosi tra le mani la massa di vetro fuso e di pietre annerite. Ellemir annuì, senza parlare. «Ed è stata lei a fare questo?»
Ellemir annuì nuovamente. «Però non riesce a sintonizzarsi su nessuna delle pietre che le ho mostrato,» disse, indicando le tre matrici con cui Taksya aveva giocherellato fino a qualche istante prima.
«Non è possibile!» fu il commento dell'uomo.
Taksya guardò con attenzione le espressioni di Ellemir e di Alaric. «È una cosa così grave?» chiese alla fine.
Ellemir scosse la testa. «Non è grave. Semplicemente, è assurda. Non mi è mai capitato prima. La sola spiegazione logica sarebbe che ci siamo sbagliati e che tu non possegga il laran
«Non potrebbe essere così?»
«Sicuro!» esclamò Alaric. «Spero di non incontrare altri atelepati che abbiano la tua stessa potenza,» aggiunse, sventolando davanti al volto di Taksya la griglia distrutta.
«A dire il vero,» Ellemir si fece pensierosa, «ci sarebbe una seconda possibilità. Ma è troppo assurda per prenderla in considerazione,» l'occhiata ironica che le rivolse Alaric le fece capire che, come lui aveva predetto, nulla era impossibile con Taksya. «Penso comunque che dovremo parlarne con Edric,» concluse la donna, ma lo sguardo implorante di Alaric la indusse comunque a svelare quale questa seconda ipotesi potesse essere.
«Se Taksya fosse già sintonizzata su una matrice,» cominciò a spiegare.
«Io credo che lo saprebbe,» la interruppe subito Alaric. «Non sapeva di essere una telepate e, prima del mio lavoretto, nessuno dei suoi poteri era mai stato risvegliato. Come potrebbe essere sintonizzata su una pietra matrice?»
«Questo non lo so, la mia è solo un'ipotesi.»
Alaric annuì. «Se tua madre era una comynara, di sicuro avrà avuto con sé pietre matrici,» disse poi, rivolto a Taksya.
«Tra la gente delle Terre Aride il solo avere i capelli rossi significa essere una strega,» gli rispose la donna. «Quando mia madre fu rapita non aveva con sé la sua matrice, penso che sia stata una delle cose che l'ha portata più vicina alla pazzia. Ma, in un certo senso, fu anche la sua fortuna. Anche se trovarono la cosa strana, il fatto che lei non avesse pietre azzurre addosso significava solo che lei non aveva poteri, quindi che, capelli o non capelli, non era troppo pericolosa. Nessuno le vietava di usare oggetti con matrici, anche di dimensioni simili,» disse sollevando la matrice più grande.
«Avrebbe potuto utilizzarle con te?» le chiese Alaric.
«Non è così facile,» Taksya si indicò i capelli, «doveva fare attenzione a non tradirsi. Cominciò a tingermi i capelli non appena si accorse che erano del suo stesso colore. Se avessero pensato che anch'io potevo essere una leronis, una strega, si sarebbero subito liberati di me.»
«Non potrebbe averla sintonizzata su una matrice incastonata in qualche oggetto di sua proprietà?» chiese, rivolto più che altro ad Ellemir.
«Mia madre non mi ha lasciato nulla,» rispose l'Amazzone, intuendo il perché della domanda. «Oggi è stata la prima volta che qualcuno ha tentato un'operazione del genere. Lei mi disse che avrebbe atteso fino a quando non fosse stata sicura, non poteva rischiare di venire scoperta mentre fissava troppo intensamente una matrice.»
Alaric si strinse nelle spalle. «Se volevi un parere posso dirti solo che non so più a cosa pensare,» disse rivolto ad Ellemir. «Anche se questa ipotesi mi pare più attendibile di quella precedente. Di sicuro lei ha laran in abbondanza... e non solo grazie al mio aiuto!»
Ellemir annuì, ma non lo stava ascoltando. Involontariamente si era ritrovata a pensare alle parole della vecchia leronis di Castel Aldaran. Domna Roslyn aveva sangue Alton, ma la donna non le aveva saputo dire se il suo donas fosse quello della casata, non c'era bisogno di poteri particolari per plagiare un cervello in via di sviluppo, come era stato fatto con Edric.
Molte teorie volevano che già in fase embrionale un individuo possedesse una figura astrale risedente nel sopramondo, già in grado di comprendere quello che accadeva al corpo reale. Sarebbe bastato che Roslyn parlasse di continuo al feto per imprimere nel suo cervello quello che lei voleva, bastava vedere quello che la madre di Taksya le aveva fatto e questo solo durante la sua infanzia.
La somiglianza del trattamento subito dalla donna e da Edric risuonò come un campanello d'allarme nella sua mente, ma non volle darvi ascolto. Chissà quante altre volte fatti del genere erano capitati, in secoli di vita del pianeta, senza che nessuno li scoprisse. Era stata solo una coincidenza il fatto che fosse capitato a due persone che lei conosceva.
"Così come lo è la parentela con la casata degli Alton?" chiese ironicamente a se stessa.
«Se Edric non fosse impegnato con nostro padre,» si lamentò Alaric, interrompendo il corso dei suoi pensieri «potremmo chiamarlo e sentire il suo parere.» Ellemir lo guardò interrogativamente. «Per la Festa, sono invitati anche i nostri antichi nemici e nostro padre teme sempre che possano sorgere nuove incomprensioni. Prima di ogni evento mondano, anche con mesi di anticipo, passa intere giornate discutendo su cosa fare e come comportarsi.»
Taksya si alzò dalla sua poltrona e andò ad aprire le imposte. Era pensierosa e quello su cui stava meditando sembrava non piacerle affatto. Rimase immobile davanti alla finestra, scrutando le cime innevate che si stagliavano poco lontano dal castello poi, sospirando, decise di esporre quello che la tormentava.
«Mia madre,» cominciò, sedendosi nuovamente, «mi parlava sempre del sopramondo e, anche voi, non fate altro che pensare ad esso. Credo che questo sarà un altro problema per le vostre teorie ma, fino ad ora, io non ci sono mai stata.»
«Lo sappiamo,» la risposta di Ellemir la stupì. «Per tutto il periodo delle crisi Alaric ed Alyssa hanno pattugliato il sopramondo ma, a dispetto di quello che immaginavo, non c'era traccia della tua presenza.»
«Ah!» Taksya crollò sulla poltrona, incapace di dire altro.
«Credo che il problema sia legato a quello della matrice. È grazie ad essa che riusciamo a salire con facilità nel sopramondo, non avendola non hai la possibilità di utilizzarla come tramite.»
«Io pensavo che avremmo potuto cercare di localizzare la sua pietra proprio nel sopramondo,» anche Alaric sembrava abbattuto dalla teoria di Ellemir. «Se è vero quello che dici, non abbiamo modo per rintracciarla.»
Ellemir sorrise tristemente. «Probabilmente io ci riuscirei, ma non posso ancora andarci...»
Alaric annuì, sapeva grazie al contatto con il gemello della trappola che era stata predisposta nel sopramondo, pronta a imbrigliare Ellemir nelle sue maglie e tenervela fino al sopraggiungere della morte. Un altro problema che avrebbero dovuto risolvere al più presto.
Taksya passò lo sguardo da Alaric ad Ellemir. «Cos'è questa storia?»
Ellemir le prese dolcemente le mani e, senza omettere nulla, le spiegò quale era stata l'ultima trovata dei suoi nemici. «Sanno che, se non imprigionata nella trappola, morirò di sicuro perché non riuscirò a reggere ancora per molto senza salire nel sopramondo.»
«E nessuno sta facendo nulla?» chiese con un filo di voce.
«Mio fratello sembra avere un piano,» disse Alaric. «Ma non vuole dire niente a nessuno. Ha paura che lo vengano a sapere anche loro.»
«Come hanno imparato la strada che avremmo percorso,» annuì Taksya.
Il silenzio cadde sui tre, solo lo schioppettio del fuoco tentava invano di rallegrare l'ambiente. Erano giunti ad un punto morto, da quel momento in poi era assolutamente necessario che Ellemir si liberasse di ogni intralcio. Non poteva fare nulla, anche le cose più semplici, se non aveva libero accesso al sopramondo.
«Domani,» sospirò la donna. «Non appena Edric sarà disponibile ci chiuderemo da qualche parte e tenteremo il tutto per tutto. Dovrai aiutarci anche tu, Alaric. Non sarà una cosa facile ed avremo bisogno di un monitore.» Alaric annuì, con un'espressione solenne sul volto.
«Ed io?» chiese Taksya. «Ho il dovere di proteggerti. Come farò se sarete in quel sopramondo che non posso raggiungere?»
Alaric trovò impossibile trattenersi dal ridacchiare. «Non preoccuparti, Taksya!» esclamò fin troppo divertito, vista la situazione. «Sono certo che lo troverai, il modo!»







StrangeLandsChronicles © 2004
© Simona Degli Esposti