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Titolo: Gli Dei di Darkover, capitolo 20
Autore: Simona Degli Esposti
Serie: Marion Zimmer Bradely's Darkover
Status: in lavorazione
Archivio: SLC
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Gli Dei di Darkover

Simona Degli Esposti



capitolo 20

In trappola

Il mattino arrivò più tardi del previsto. Una pesante coltre di nubi era scesa dalle montagne, raggiungendo le torri del castello e oscurando il cielo invernale. Nel giro di due, forse tre ore al massimo, avrebbe cominciato a nevicare e tutti, sapendo che quella sarebbe stata la prima, seria nevicata della stagione, si stavano preoccupando di mettere al riparo animali e attrezzi.
Lyanella aveva mandato a chiamare la sorella e dei soldati, alcuni cavalli si erano innervositi a causa dell'elettricità presente nell'aria e avevano buttato a terra la porta della stalla. Ci sarebbe voluta tutta la mattinata per risistemare tutto e convincerli a rientrare.
La vecchia leronis continuava a correre da un angolo all'altro della serra. Sentiva che quel giorno non avrebbe nevicato ma che, con ogni probabilità, avrebbero assistito ad uno spettacolare temporale. Questo spiegava il nervosismo degli animali e, anche se nessuno voleva ammetterlo, anche la strana tensione che serpeggiava tra i vari abitanti del castello.
La donna aveva controllato che su tutte le vetrate fosse stata posta la copertura in legno che, in caso che la temperatura delle nuvole fosse stata tanto bassa da permettere all'acqua di tramutarsi in ghiaccio, avrebbe impedito alla grandine di sfondare i vetri.
Chi si trovava nelle condizioni peggiori era però Edric. Non solo doveva fare fronte alla propria agitazione in vista del prossimo viaggio nel sopramondo, ma avrebbe dovuto anche isolarsi dalla tensione che stava accumulando nell'aria. Tutti i telepati avevano provveduto a schermarsi per impedire che la loro agitazione potesse influenzare i vicini, ma tutti gli atelepati trasmettevano la loro visione drammatica delle prossime ore con tutta l'intensità possibile.
Edric era ormai giunto agli appartamenti di Ellemir quando incrociò Dorilys. La donna sembrava frastornata. Per quanto potesse schermarsi restava sempre in balia delle emozioni altrui, la sua empatia le impediva di isolarsi completamente dal mondo che la circondava.
«Mi chiedo perché tutti debbano essere così agitati,» borbottò quando Edric le chiese come andava.
«Molti sono convinti che questa sarà la prima nevicata invernale,» le rispose lui. «Probabilmente si tratterà solo di un forte temporale, forse con grandine. È l'elettricità di cui è carica l'aria che disturba tutti.»
«Spero che finisca presto. Non credo che riuscirei a reggere per molto.»
«Se siamo fortunati, il grosso della tempesta si scaricherà sui terrani. Il loro spazioporto è pieno di attrezzature metalliche, attireranno i fulmini meglio della nostra Torre.»
Dorilys lo fissò con costernazione. «Non vorrete utilizzarla oggi!» esclamò rabbrividendo.
«Ellemir deve essere aiutata, non possiamo attendere oltre,» le rispose semplicemente Edric.
«Con il temporale non avrete un attimo di pace,» Dorilys non aveva tutti i torti.
«Con la tensione che c'è nell'aria spero che anche qualche d'un altro sia disturbato.»
Dorilys fece cenno d'aver capito e, scusandosi, si allontanò in direzione della cucina. Aveva bisogno di mangiare qualcosa, l'energia che stava spendendo nell'isolarsi dall'esterno stava consumando rapidamente tutte le sue riserve.
Edric la guardò allontanarsi. "Fortuna che ho chiesto ad Alaric di farmi da monitore," pensò riprendendo il cammino. Se si fosse rivolto a Dorilys si sarebbero presto trovati in un grosso pasticcio. La donna non sarebbe stata in grado di controllarli se riusciva a stento a controllare se stessa.
Si fermò davanti alla porta della stanza di Ellemir, restando in ascolto per qualche istante. Sentiva le voci attutite delle due donne, stavano ridendo di qualcosa e improvvisamente Edric si sentì stringere lo stomaco da un improvviso attacco di gelosia.
Si allontanò dalla stanza, cercando di calmarsi un poco prima di presentarsi al cospetto di Ellemir. Se avesse mantenuto quell'atteggiamento avrebbe di sicuro rovinato tutto. La sola speranza era convincere Ellemir a lasciare Taksya confinata nella sua stanza. La sua presenza avrebbe creato solo dei problemi, ma non avrebbe dovuto spiegare quali, la donna non lo avrebbe mai perdonato se avesse scoperto i veri motivi della sua richiesta.
Quando si sentì abbastanza padrone di se tornò alla porta e bussò con delicatezza. Fu Taksya ad aprire, probabilmente non aspettava lui perché il sorriso gli morì sulle labbra, lo fece comunque entrare e cercò di essere il più cordiale possibile.
Ellemir era chiusa in bagno e, dopo pochi istanti, chiese a gran voce che Taksya la raggiungesse. Solo facendo forza a se stesso, Edric riuscì a trattenersi dallo spiare la conversazione tra le due donne.
«Lui non vuole che io venga!» esclamò Taksya appena varcata la soglia della stanza da bagno.
«Andiamo,» la sbeffeggiò Ellemir, «come fai a dirlo?»
«Lo so! Riesco a sentire certe cose, anche se voi siete schermati io non sempre riesco a non ascoltarvi.»
«Non è poss...» Ellemir si interruppe prima di concludere la frase. Come continuava a ripetere Alaric, nulla sembrava impossibile con Taksya. «Resta qui, solo un attimo.» Ellemir uscì, raggiungendo Edric davanti alla finestra dove lui si era fermato.
La pioggia aveva cominciato a cadere, confermando le previsioni fatte dalla vecchia leronis. Molto di frequente i lampi rischiaravano il cielo, cadendo sul vicino spazioporto. Per la prima volta da secoli la vecchia Torre sembrava magicamente protetta contro la furia degli elementi.
«Perché non vuoi che Taksya venga con noi?» gli domandò Ellemir senza troppi preamboli.
Edric, colto alla sprovvista, arrossì violentemente. «Potrebbe essere un ostacolo,» disse imbarazzato. Temeva che la donna potesse facilmente leggere nella sua mente il vero motivo.
«Ti potrà sembrare stupido,» riprese Ellemir, scostando il suo sguardo dagli occhi di Edric, «ma sapendola vicina io mi sento più tranquilla. So benissimo che non potrebbe fare nulla per aiutarmi,» lo bloccò prima che lui potesse ribattere, «ma questo non toglie nulla a quello che provo.»
«Non è ancora sotto controllo, potrebbe interferire...»
«C'è qualcuno che ci sta aspettando, disposto a tutto pur di uccidermi. Non credo che la presenza di Taksya al mio fianco possa creare problemi!»
Edric non disse altro, non sarebbe riuscito a far cambiare idea ad Ellemir. «Allora è meglio che andiamo, Alaric ci starà già aspettando.»
La donna annuì, chiamò Taksya e, assieme a lei, si diressero in silenzio verso la vecchia Torre.
Non incontrarono nessuno, tutti i corridoi sembravano deserti ed abbandonati da anni. Edric spiegò alle donne che l'intera popolazione del castello era stata chiamata a raccolta da Lyanella per aiutarla a sistemare gli animali e le varie attrezzature in previsione della prossima nevicata. Il fatto che fosse invece scoppiato un temporale non toglieva urgenza alla cosa, se oggi era pioggia domani, quasi sicuramente, sarebbe stata neve in abbondanza.
A dispetto della previsioni di Ellemir, Taksya non sembrò visibilmente impressionata dall'antica costruzione come invece lo era stata lei. L'Amazzone salì le scale dietro a loro, degnando solo di uno sguardo gli arazzi ormai illeggibili e si stupì solo quando Edric si fermò all'altezza della prima camera della Torre vera e propria.
«Non saliamo fino in cima?» chiese perplessa.
Edric la squadrò come se avesse detto un'eresia. «È qui che noi ci riuniamo per i nostri esperimenti,» rispose in tono seccato.
Taksya si strinse nelle spalle, non toccava a lei decidere dove era meglio fermarsi. Piombò però in un silenzio irritato e rispose a monosillabi anche al saluto di Alaric.
L'uomo fissò prima lei, poi il fratello. «Qual è il problema?» chiese incuriosito.
«Credevo che saremmo saliti fino alla stanza azzurra che c'è in cima,» rispose semplicemente Taksya.
Alaric guardò perplesso Edric. Il loro pensiero fu simultaneo: "Come fa lei a sapere che esiste una stanza azzurra in questa Torre?" ma nessuno dei due espresse ad alta voce l'interrogativo.
Edric scosse la testa ed invitò Ellemir ad accomodarsi su una delle poltrone sistemate a circolo. Erano dieci e, istintivamente, Ellemir si sedette su quella posizionata a capo dell'ideale circolo. Edric sorrise soddisfatto e si sedette su quella subito accanto alla sua.
Taksya si era messa a gironzolare per la piccola stanza, osservando con curiosità i pannelli di legno che fungevano da isolante per il freddo esterno. La cosa sembrò irritare Edric che, trattenendosi a stento, si limitò a scoccare un'occhiataccia al fratello.
«Taksya,» Alaric eseguì subito l'ordine del fratello. «Perché non ti siedi, sarà una cosa lunga ed è meglio che cominciamo subito.»
L'Amazzone annuì e si sedette sulla poltrona posta di fronte a quella di Ellemir. Edric tirò un sospiro di sollievo, per un attimo aveva temuto che si sarebbe seduta accanto alla donna. Non sarebbe riuscito a sopportare anche quello.
Ellemir sorrise a Taksya e le inviò un breve messaggio di saluto poi, dopo aver estratto la sua matrice dal sacchetto di seta dove era solita conservarla quando si recava fuori dalla protezione offerta da una Torre, chiuse gli occhi e sembrò cadere in un sonno profondo.
Taksya guardò allarmata Alaric ma, vedendo che l'uomo era tranquillo ed attento ad ogni mossa degli altri due, si rilassò a sua volta. Solo dopo che anche Edric sprofondò nello stesso strano sonno in cui si trovava già Ellemir, il catalizzatore cominciò a spiegare a Taksya quello che stava accadendo.
La donna ascoltò tutto in religioso silenzio. Le cose che Alaric le stava dicendo erano in pratica le stesse che sua madre le aveva ripetuto per anni ma, spiegate come le stava spiegando lui, assumevano un significato completamente diverso.
Il lavoro di controllo sulle condizioni fisiche dei due addormentati non sembrava tanto difficoltoso agli occhi di Taksya. Quando chiese ad Alaric se anche lei sarebbe stata in grado di farlo, lui si mise a ridacchiare.
«È la prima cosa che ti fanno fare, subito dopo l'addestramento. Così si impara come lavora un cerchio di telepati e si prende confidenza con le propria capacità.»
Taksya sbuffò tristemente. «Tutto si fa solo e sempre se uno è addestrato,» disse quando Alaric le chiese il motivo di tanta disperazione. «Non credo che potrò mai fare qualcosa. Non ho le vostre capacità!»
«Non è vero,» le disse Alaric. «Le tue capacità sono di molto superiori a quasi tutti i componenti del nostro gruppo, eccetto Ellemir e, ma non è detto, Edric.»
Taksya avrebbe voluto dirgli di non prenderla in giro, ma si accorse con sorpresa che Alaric stava parlando seriamente. Stava per aggiungere un'altra protesta ma Alaric si era immerso in un ennesimo controllo e non sentì le sue parole. L'espressione del volto dell'uomo si fece più preoccupata. Eseguì nuovamente il controllo ma quello che vedeva contrastava nettamente con quello che stava ricevendo attraverso il suo contatto con Edric.
«Qualcosa non funziona?» chiese Taksya a sua volta allarmata.
«Non capisco,» Alaric scosse la testa, come per liberarla da fastidiose interferenze. «I loro corpi non hanno problemi, ma sento che Edric sta rapidamente perdendo la sua energia. Il contatto che ho con lui sembra affievolirsi.»
Taksya passò lo sguardo dalla figura di Ellemir al volto sempre più preoccupato di Alaric. «Come posso fare per raggiungerla?» chiese alla fine.
«Non puoi, non sei mai salita nel sopramondo,» ribatté distrattamente Alaric.
«Sei stato tu a dire che avrei di sicuro trovato un modo. Dimmi come posso fare!» il tono di Taksya si era fatto imperioso.
Alaric si grattò la testa, pensando alla cosa più semplice che la donna avrebbe potuto provare. «Se tu riuscissi a sintonizzarti sulla matrice di Ellemir,» disse poco convinto. Tutto quello che gli veniva in mente concerneva la capacità di muoversi liberamente nel sopramondo, cosa ancora preclusa all'Amazzone.
«Questo posso farlo,» rispose Taksya.
«Come hai fatto ad illuminare la griglia di matrici?» chiese Alaric, sentendosi quasi stupido, come poteva preoccuparsi di Taksya quando suo fratello ed Ellemir erano sicuramente in guai grossi. Improvvisamente il contatto con Edric si interruppe, facendolo cadere nel panico più completo.
«Ho desiderato che si fondessero... ed è quello che è successo,» rispose Taksya, percependo chiaramente il disagio dell'uomo.
«Allora fallo anche adesso!» Alaric era disperato e, dal principio, non fece caso all'improvviso silenzio che proveniva dalla poltrona alle sue spalle. Solo dopo qualche istante provò l'irresistibile sensazione che forse era meglio voltarsi a guardare e, una volta giratosi, ebbe la strana ed assurda impressione che il corpo dell'Amazzone si fosse fatto meno consistente. Fu questione di un attimo, appena un battito di ciglia, poi si ritrovò a fissare il corpo inanime della donna.
Alaric si precipitò verso di lei ma, dopo un rapido controllo, poté constatare che Taksya aveva solo trovato il modo di accorrere in aiuto della sua protetta, salendo chissà come nel sopramondo.

***

Esattamente come si era aspettata, non appena varcata la soglia del sopramondo, Ellemir si era trovata invischiata nella rete della trappola a matrice. Questa volta era stata una cosa immediata. La rete l'aveva afferrata quasi istantaneamente, il suo persecutore doveva essere stato continuamente in attesa della sua apparizione.
Pochi istanti dopo anche Edric raggiunse il livello in cui lei si trovava e, dall'espressione che comparve sul suo viso, Ellemir capì che quello in cui lei era invischiata era ben diverso da quello che lui si aspettava.
La trappola era molto più potente di come lei se la ricordava. Cercò di restare immobile, senza tentare inutilmente di opporsi alla rete che sentiva quasi fisicamente stringersi attorno al suo corpo. Ben presto si trovò costretta a cadere in una sorta di catalessi per impedire alla trappola di assorbire tutta la sua energia.
Edric, dopo aver studiato la cosa che teneva imprigionata Ellemir, si era buttato all'attacco. Ma, contrariamente alle sue previsioni, nessuna delle mosse che aveva studiato sembrò sortire alcun effetto. Quando vide Ellemir accasciarsi a terra si fece prendere dal panico e si avvicinò troppo alla rete che l'avvolgeva.
Fu questione di un attimo e anche lui si ritrovò invischiato nella trappola. Quelli che volevano morta Ellemir dovevano aver studiato una nuova trappola, che non reagiva all'energia propria dell'individuo ma quella legata alle matrici che entrambi indossavano, utilizzando le onde di Ellemir solo come bersaglio principale. Da quello che riusciva a capire, qualsiasi telepate che si fosse trovato in quella sezione del sopramondo e che si fosse avvicinato troppo a lei sarebbe rimasto invischiato nella trappola.
Edric stava per crollare privo di sensi quando accadde l'incredibile. Pochi metri davanti a loro comparve Taksya, vestita nel tipico abito da Rinunciataria e, questo gli fece quasi perdere del tutto i sensi, armata della spada che nessuna Libera Amazzone avrebbe mai accettato di abbandonare.
Incoerentemente, Edric constatò che adesso avrebbero faticato parecchio nel tentare di convincerla che era inutile portare armi nel sopramondo ma, prima che potesse dire qualsiasi cosa per metterla in guardia contro il potere della trappola, la donna aveva già cominciato la sua controffensiva.
Il primo istinto di Taksya era stato quello di correre in aiuto di Ellemir ma, dopo qualche istante, si era accorta che la donna era completamente avvolta da una specie di bozzolo traslucido. Una fitta rete quasi trasparente che aveva cominciato anche ad avvolgere Edric, caduto a terra pochi metri più distante.
Stringendo gli occhi, Taksya cercò di visualizzare meglio la struttura della rete che imprigionava gli altri due. Il bozzolo che avvolgeva Edric si era chiuso quasi del tutto e, nel punto dove si collegava a quello di Ellemir, Taksya riuscì a localizzare il filo che li collegava alla trappola.
Senza pensarci due volte, Taksya si gettò su quell'esile filo, prima che lo perdesse di vista nuovamente. Lo afferrò con la mano destra e, con un rapido movimento, estrasse la spada e lo tagliò nel punto in cui si biforcava per dare origine alle due reti che avvolgevano Ellemir e Edric. Pochi istanti dopo che il contatto fu interrotto i due bozzoli cominciarono a svanire.
Vedendo che il suo tentativo aveva avuto successo, Taksya si concentrò su quello che teneva ancora stretto tra le mani. Da qualche parte, all'altra estremità di quel filo, doveva esserci la persona che aveva tante volte attentato alla vita di Ellemir. Con decisione diede un forte strattone e, colto alla sprovvista da quel colpo violento, un uomo sparuto precipitò poco distante da lei. Taksya lasciò andare il filo e, con fare minaccioso, cominciò ad avvicinarsi allo straniero.
Negli occhi dell'uomo si leggeva il panico più nero. Non solo la sua trappola era stata distrutta con la stessa facilità con cui lui avrebbe potuto distruggere il gioco di un bambino, ma ora si trovava ad affrontare un'agguerrita Rinunciataria armata di una spada che sembrava molto più solida di qualsiasi altra cosa che lui avesse mai visto nel sopramondo. Se Ellemir avesse potuto vedere ora il suo mancato assassino forse sarebbe stata in grado di riconoscerlo. L'uomo aveva perso l'aspetto terribile che aveva assunto durante il loro primo incontro. Ora sembrava un cucciolo smarrito e minacciato da un branco di banshee affamati.
Taksya era a pochi centimetri da lui quando, all'improvviso, una scarica di energia laran allo stato puro fulminò l'uomo. La potenza del colpo investì anche lei e venne immediatamente scaraventata indietro nel suo corpo.
Alaric stava passando da un corpo all'altro, controllando freneticamente i segnali vitali che provenivano da ognuno di loro. Pochi istanti dopo che anche Taksya era partita per il sopramondo si era ripristinato il contatto tra lui e Edric, come se l'energia fosse tornata improvvisamente a livelli normali. Il fratello non si era risvegliato subito, ma Alaric poté constatare che era tornato completamente nel suo corpo, ma troppo provato per reagire immediatamente. Le condizioni di Taksya erano assolutamente normali mentre Ellemir, e la cosa lo angosciava, sembrava non riuscire a tornare in sé.
Improvvisamente come era partita, Taksya si risvegliò. Era tornata perfettamente lucida, come non avesse neppure sprecato un goccio di energia durante il breve passaggio nel sopramondo. Senza dare il tempo ad Alaric di dare una rapida controllata alle sue condizioni, la donna si precipitò su Ellemir.
«Perché non si è ripresa?» chiese angosciata. «Adesso è libera dalla trappola, dovrebbe svegliarsi.»
Alaric si era precipitato ai piedi del fratello, che stava cominciando lentamente a riprendersi. Edric stava borbottando qualcosa di incomprensibile, che Alaric non riuscì a comprendere. Dovettero passare alcuni lunghi minuti prima che riuscisse a riaprire gli occhi e fare qualcosa di sensato.
«Ellemir!» fu la sola cosa che pronunciò, trattenuto a forza dal fratello, che stava facendo di tutto per non farlo alzare e cadere immediatamente lungo disteso sul pavimento a causa della debolezza.
Taksya era inginocchiata ai piedi della donna, chiamandola per nome mentre le teneva fermamente le mani, ma la donna non sembrava dare segno di volersi riprendere. Fu Edric, con un filo di voce, che ordinò a Taksya di compiere la manovra che, pur essendo dolorosa, avrebbe di sicuro provocato una qualche reazione alla donna.
«La matrice,» disse con un sussurro. «Tocca la sua pietra.»
Taksya non se lo fece ripetere. Ellemir le aveva spiegato cosa avrebbe provocato in un telepate il contatto della propria matrice con mani estranee ma, con fredda determinazione, afferrò la pietra e la tenne ben salda tra le sue dita. Immediatamente il corpo di Ellemir rabbrividì e, trattenendo a stento un grido, la donna aprì gli occhi e Taksya lasciò andare di colpo la sua matrice, come se scottasse.
«Breda,» disse semplicemente Ellemir, le cui mani corsero a quelle di Taksya, stringendole dolcemente. Taksya rispose alla stretta di Ellemir che, lentamente, scivolò in un profondo sonno ristoratore.
Vedendo che la donna era tornata completamente nel suo corpo, anche Edric decise che poteva lasciarsi andare e, a sua volta, tornò a perdere conoscenza. Alaric, di nuovo in preda alla disperazione, si alzò di scatto, afferrò Taksya, costringendola a sedersi, e si precipitò fuori dalla porta.
«Anche se ti senti in forma,» le intimò, «non provare a muoverti di lì. Io vado alle cucine e costringo qualcuno a portare quassù più cibo possibile. Devono, dovete mangiare per riprendere le forze.»
Taksya stava per protestare che poteva andare lei a prendere da mangiare, ma Alaric fu irremovibile. «Anche tu sei stata nel sopramondo e hai consumato energie. Potresti decidere di svenire a metà della scalinata. Resta qui, torno subito.»
Taksya annuì, senza ribattere. Aveva paura a restare da sola con i due amici svenuti. Se fosse capitato qualcosa non avrebbe saputo cosa fare, solo Alaric era in grado di aiutarli in caso di bisogno. Ma quando, passato l'effetto della scarica adrenalinica che l'aveva sorretta durante tutta l'avventura, la testa cominciò a ronzarle decise che forse l'uomo aveva avuto ragione a proposito.
Si sedette più comodamente sulla poltrona, cercando di impedire che il corpo decidesse improvvisamente che era meglio fermarsi un attimo a riposare. Allungò una mano e la poggiò sul braccio di Ellemir, il contatto fece borbottare qualcosa alla donna addormentata, ma non la destò dal sonno in cui era caduta. Taksya sospirò e, socchiudendo gli occhi, attese con ansia che Alaric facesse ritorno alla Torre.

***

Durante la sua corsa verso le cucine, Alaric era quasi riuscito a travolgere un paio di domestici carichi di attrezzi da lavoro. Con altrettanta maestria evitò di scontrarsi con Alyssa sulla porta del salone principale e, afferrandola saldamente per un polso, se la tirò dietro nonostante le proteste.
Il contatto gli permise di fare alla compagna un rapido resoconto di quello che era accaduto e, grazie a lei, riuscì anche a convincere un paio dei soldati che avevano partecipato alla riparazione delle scuderie a riempirsi le braccia di cibo, invece di mangiarselo come era loro intenzione, e a seguirli fino alla Torre. Raggiunsero la sala dove sia Ellemir che Edric erano ancora privi di conoscenza e, ringraziando i due robusti uomini per il loro aiuto, si precipitarono verso di loro e li riportarono bruscamente alla realtà.
Alyssa si occupò rapidamente di Taksya, che era rimasta seduta in silenzio nella sua poltrona ad osservare preoccupata gli altri due senza comunque perdere conoscenza. Le posò davanti una grande quantità di frutta caramellata e la costrinse a mangiarne il più possibile. Sapendo che era inutile rifiutarsi, l'Amazzone obbedì all'ordine, senza però distogliere lo sguardo da Ellemir e dai due gemelli.
Edric si era ripreso per primo e, quasi meccanicamente, si era messo a mangiare tutto quello che il fratello gli metteva davanti. Ellemir sembrava invece riprendersi molto più lentamente, la quantità della sua energia che era stata assorbita dalla trappola era stata di gran lunga superiore a quella persa da Edric e, di conseguenza, il suo organismo era costretto a reagire con più lentezza.
Nonostante tutto, dopo poco più di una trentina di minuti e una quantità esorbitante di cibo, sia Ellemir che Edric sembravano essersi perfettamente ripresi, se si poteva trascurare un lieve senso di stanchezza che non li avrebbe abbandonati prima di una lunga e riposante dormita. Ma nessuno dei tre, contando anche Taksya, che continuava a starsene silenziosamente in disparte, sembrava essere intenzionato a parlare, per descrivere agli ultimi due del gruppetto quello che doveva essere accaduto nel sopramondo.
«Insomma,» si spazientì Alyssa. «Ho già capito poco da quello che Alaric ha tentato di spiegarmi. Qualcuno di voi si vuole decidere a raccontare cosa è accaduto mentre eravate lassù!»
Edric scambiò un'occhiata interrogativa con Ellemir. «Ti lasciò l'onore,» disse la donna. «Io ricordo solo di aver perso conoscenza non appena vi sono arrivata. Non so cosa sia accaduto in seguito.»
L'uomo annuì, guardando Taksya di sottecchi. L'Amazzone si era alzata ed aveva cominciato a gironzolare nervosamente per la stanza, fermandosi solo quando Ellemir riuscì ad afferrarle una mano, costringendola a sedersi sul bracciolo della poltrona da lei occupata. Edric sospirò, chiuse per un attimo gli occhi, per poi riaprirli e fissarli sul fratello, cercando di non guardare dalla loro parte.
«Hai ragione. La trappola ti ha immediatamente avvolta ed hai subito perso i sensi,» disse rivolgendosi direttamente alla donna, senza però distogliere lo sguardo da Alaric. «All'inizio ho creduto che stesse solo cercando di risparmiare energia ma, pur tenendomi ad una certa distanza, sentivo che anch'io cominciavo ad indebolirmi. Poi mi sono avvicinato troppo e sono rimasto immediatamente invischiato.»
«Infatti,» commentò Alaric, confermando le sue parole, «ho cominciato subito a perdere il contatto. Non riuscivo a capire cosa stesse accadendo.»
«Ho la certezza che abbiano modificato la trappola,» disse Ellemir. «La prima volta che ci sono caduta, la sera prima di lasciare Tramontana, mi è sembrata una normale trappola a matrice. Più mi agitavo, più risucchiava la mia energia... anche quella volta era controllata da qualcuno e non sarei riuscita a liberarmene se non fossi riuscita a spaventarlo.»
«Spaventarlo?» chiese Taksya incuriosita.
Ellemir annuì, sorridendo tristemente al ricordo. «Ho cominciato a pensare se la mia vita valeva tanto da sacrificare quella di chi la stava controllando e, quando ho cominciato a calcolare quello che poteva accadere se avessi utilizzato il mio donas per liberarmi, la trappola si è immediatamente dissolta.»
«Pensi che quell'uomo abbia avuto paura che tu lo uccidessi per tentare di liberarti?» Edric alzò gli occhi al cielo alla domanda dell'Amazzone, come poteva essere così ingenua.
«Credo di sì,» rispose Ellemir. «Ma non saprei dirti se fosse un uomo.»
«Quello di oggi era un uomo,» affermò con sicurezza l'Amazzone.
Edric cambiò immediatamente il filo del discorso, riportandolo sui fatti appena accaduti. «La trappola che ci ha imprigionato era diversa, era sintonizzata su di te, ma solo per localizzarti. Mi è sembrato che si nutrisse indistintamente sia dell'energia della tua matrice che della mia. Probabilmente non avrebbe ucciso soltanto te, Ellemir, ma anche chiunque si fosse trovato nelle vicinanze e avesse cercato di soccorrerti.»
«Un meccanismo che imprigiona indistintamente tutti coloro che indossano una matrice,» commentò a mezza voce Alaric. «Sembra la descrizione di uno dei marchingegni inventato durante le Ere del Caos.» Ellemir annuì, senza parlare. Solo pensare ad un'idea simile le metteva i brividi.
«Però Taksya non è stata imprigionata come voi,» si intromise Alyssa.
«Ancora non so come sia riuscita a raggiungerci,» fu la risposta di Ellemir. «Ha giurato e spergiurato di non essere mai salita nel sopramondo,» disse, stringendole forte una mano, per farle capire che il suo non voleva essere un rimprovero.
«In sogno sicuramente,» ribatté Alyssa. «Sono certa di averla incontrata almeno un paio di volte, nel periodo in cui eravate in cammino verso di noi.» Taksya la guardò allibita, indicandosi il petto senza parlare. Alyssa annuì, ridacchiando. «Non eri proprio nel sopramondo come oggi, ma in un livello più basso. Comunque eri tu, potrei giurarlo.»
«Qualsiasi telepate sale abitualmente ai più svariati livelli del sopramondo durante il sonno,» la rassicurò Ellemir, «non devi preoccuparti. Anche se non ti ricordi di nulla, così come non sempre puoi ricordare un sogno.»
Edric fissò quasi con astio le tre donne, non capiva come potevano scherzare su un argomento del genere. «Questo non spiega come abbia fatto a raggiungerci,» commentò irritato, senza aspettarsi una risposta e cercando di riportare il discorso sull'argomento originario.
«Come con la vostra griglia,» gli rispose invece l'Amazzone che, vedendo il suo sguardo perplesso, si affrettò a spiegare. «È stato Alaric. Era preoccupato perché voi due stavate male e, quando gli ho chiesto come potevo fare per aiutarvi, prima mi ha detto che non potevo, visto che non potevo usare una matrice mia. Poi mi ha detto di fare come con la griglia... e io l'ho fatto.»
Edric continuava a fissarla come se non comprendesse le sue parole. Tutto quello che era accaduto dall'arrivo dell'Amazzone andava contro ogni regola e la sua mente non riusciva ad abbandonare i binari che anni di addestramento avevano creato. Non riusciva a capire neppure come Ellemir riuscisse a raccapezzarsi in un tale guazzabuglio di avvenimenti.
Vedendo lo stato di crisi in cui sembrava essere caduto il gemello, Alaric decise di prendere momentaneamente in mano la situazione. «In pratica,» cominciò, «hai desiderato di essere nel sopramondo e ti sei trovata lì. Giusto?»
Taksya annuì in silenzio, guardando Ellemir come in attesa di un rimprovero, ma la donna le strinse nuovamente la mano. «Sapevo che ci saresti riuscita,» le disse semplicemente.
«Bene,» riprese Alaric. «È facilmente spiegabile anche il fatto che tu non sia stata catturata dalla trappola. Proprio perché non hai una tua pietra matrice,» aggiunse immediatamente, prima che qualcuno potesse ribattere, «quindi non aveva indosso nulla che potesse interessare la fame di energia della nostra trappola.»
«Sembra tutto semplice,» commentò ironico Edric. «Ma c'è un grosso problema,» tutti gli occhi si puntarono su di lui, ma l'uomo si rivolse unicamente ad Ellemir. «Quando è comparsa accanto a noi era in perfetta uniforme da Libera Amazzone... compresa la sua spada...»
«È solo un coltello molto lungo,» lo corresse Taksya, non trovando nulla di strano in quello che l'altro stava dicendo. Come altro poteva andarsene in giro una Rinunciataria per essere riconosciuta come tale?
Ellemir sorrise, comprendendo quello che aveva turbato l'amico. «Vale sempre il discorso del mancato addestramento,» disse semplicemente, «Taksya non sa che è inutile portare armi nel sopramondo.»
«Perché?» chiese quest'ultima, non riuscendo a comprendere lo scambio di battute. «Quando ho tagliato la rete che vi teneva prigionieri ha funzionato benissimo... e anche l'uomo che la stava controllando è sembrato piuttosto spaventato quando l'ha visto!»
Questa volta furono le parole di Taksya a calamitare l'attenzione degli altri quattro. «Quale uomo?» chiese Ellemir per tutti.
Taksya sospirò. «Quando ho visto che quello che vi stava imprigionando era una specie di rete, ho afferrato il capo da cui sembrava partire e l'ho tagliato. Poi ho tirato e quello che lo stava tenendo dall'altra parte mi è quasi cascato addosso.»
I due gemelli si scambiarono un'occhiata allibita mentre ad Ellemir scappava semplicemente da ridere. Era tutto così lineare nella mente di Taksya. Lei vedeva il sopramondo come un'estensione del mondo reale, era quindi normale che le cose si dovessero svolgere allo stesso modo in entrambi i posti. Ed era stato questo, per quanto potesse sembrare sconvolgente agli occhi di qualsiasi telepate addestrato, che aveva permesso a Taksya di salvarli da morte certa.
«Già che c'eri,» commentò ironico Edric, «potevi anche tirartelo dietro per farcelo conoscere!»
Ellemir gli lanciò un'occhiata di fuoco. Non doveva prendere in giro Taksya in quel modo così sfacciato ed infantile. Avrebbe dovuto ringraziare l'assoluta innocente sconsideratezza con cui la donna affrontava problemi che, ad un qualsiasi telepate, sarebbero sembrati insormontabili.
Taksya guardò Edric con commiserazione, sapeva che aveva ancora molto da imparare, ma lei non si era mai divertita degli errori che credeva che altri compissero perché ne sapevano meno di lei. Spesso si era accorta che, alla fine, era lei stessa a sbagliare, non gli altri.
«Ci avevo pensato,» gli rispose sullo stesso tono. «Purtroppo qualcuno è arrivato prima di me.»
Ellemir, che aveva continuato a tenere le mani di Taksya tra le sue, venne investita dall'ormai familiare ondata di immagini che l'Amazzone trasmetteva quando non era in grado di spiegarsi a parole. «Che Avarra ci protegga...» fu il suo unico commento. Gli occhi degli altri tre si puntarono su di lei, interrogativi.
«È stato letteralmente fulminato,» disse alla fine Taksya, ritrovando per prima la parola.
«Non lo conoscevo,» Ellemir era sconvolta dal pensiero. «Credevo che fosse qualcuno con cui avevo lavorato. Una amico che aveva deciso di tradire la mia fiducia... invece non l'avevo mai visto prima.»
«Non è possibile,» commentò Edric, altrettanto allibito all'idea. «Come poteva conoscere i tuoi schemi mentali, per sintonizzare la trappola, se non ti aveva mai visto prima.»
Taksya scosse la testa, stupendosi del fatto che tutti sembravano più preoccupati dall'idea che Ellemir non conoscesse l'esecutore materiale del suo assassinio, che non considerare l'ipotesi più semplice che quegli ultimi fatti sembravano invece indicare.
«Non esiste un'altra possibilità?» chiese, rivolgendosi a nessuno in particolare. Edric fece per rispondere, ma venne bloccato dal fratello, che invitò poi Taksya a proseguire. «L'uomo che ho visto non faceva altro che controllare la trappola,» disse semplicemente. «Non è possibile che la persona che lo ha ucciso sia quella che Ellemir dovrebbe conoscere?»
Alaric, Ellemir e Edric si guardarono l'un l'altro, sentendosi estremamente stupidi. La verità era stata davanti ai loro occhi fin dall'inizio, ma loro erano troppo impegnati a guardare solo i particolari più visibili per vedere tutta la scena. Se non ci fosse stata l'Amazzone, sarebbero rimasti a discutere senza risultati per giorni.
«Vi sbagliate,» li redarguì Alyssa, intuendo quello a cui i tre stavano pensando. «Se non fosse stato per lei, tu,» puntò l'indice contro Alaric, «saresti caduto in una crisi così profonda da non riuscire più a venirne fuori. Mentre voi due,» indicò Ellemir e Edric, «sareste, semplicemente, morti.» Si voltò e prese Taksya per un braccio, trascinandosela dietro verso l'uscita. «Vieni Taksya, andiamo a fare qualcosa di più costruttivo, che non restare qui a sentire questi tre che si piangono addosso.»
L'Amazzone annuì, alzandosi per seguire la donna. In effetti si era stancata di sentire parlare solo di matrici, di trappole e di quanto lei non potesse capire certe cose perché non era stata addestrata.
Avevano appena varcata la soglia della stanza che Ellemir le raggiunse. «Puoi andare avanti,» disse Taksya ad Alyssa, che si era fermata ad attenderla. «Ti raggiungo in cortile.»
Ellemir rimase in silenzio fino a quando, dopo un breve cenno di assenso, la donna non scomparve oltre la prima curva delle scale. Poi, senza dire una parole, abbracciò Taksya, stringendola forte contro di sé.
L'Amazzone, colta impreparata dal gesto dell'altra, sentì il proprio viso andare a fuoco. «Ellemir...» balbettò imbarazzata.
La donna posò un dito sulle sue labbra, impedendole di dire altro. «Sai cosa penso,» le sussurrò dolcemente. «Non so se questo sia il modo migliore per ringraziare qualcuno che ti ha appena salvato la vita. Ma nessuna delle due può, per il momento, pretendere di più, da se stessa o dall'altra.»
Taksya non riuscì a trattenere un sorriso. In fin dei conti ciò che Ellemir desiderava per il proprio futuro cominciava a non dispiacerle affatto. Allontanò delicatamente la mano che l'altra aveva ancora posata sul suo viso e, timidamente, avvicinò le labbra alla sua fronte. «Grazie,» disse semplicemente, dopo averla baciata.
Poi corse giù per le scale, raggiungendo Alyssa nel cortile interno del castello, lasciando Ellemir sulla soglia della stanza, appoggiata alla porta ancora chiusa e con un indecifrabile sorriso sulle labbra.







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