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Titolo: Ho sparato a Lord Voldemort
Capitolo 3/11: Non ho fatto apposta
Autore: sssilvia
Serie: J.K. Rowling's Harry Potter
Status: concluso
Archivio: SLC, Fanfiction.net
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Ho sparato a Lord Voldemort

sssilvia



capitolo 3

Non ho fatto apposta

Thomas Riddle, nascosto nell'ombra di un portone e intabarrato dentro un mantello nero con cappuccio coprente, inclinò la testa da una parte. Anche se assomigliava a un sacco della nettezza urbana si sentiva particolarmente ottimista (Harry Potter, a duecento chilometri di distanza, iniziò a canticchiare sotto la doccia).
Le esplosioni erano finite, a quanto sembrava.
A un certo punto il negozio era sembrato accendersi come una lanterna, i vetri polverosi che non riuscivano a fermare la luce verde intensissima proveniente dall'interno.
Un sorriso maligno gli si disegnò sulle labbra.
La babbana (continuava a pensare a lei in questi termini) e il licantropo stavano per uscire. Riddle aveva chiaramente presente chi fosse Remus Lupin. Gli dispiaceva quasi di non avere tempo per ucciderlo, purtroppo, però, la velocità era di primaria importanza.
Le campanelline sopra la porta del negozio di Olivander tintinnarono e la testa grigia di Lupin spuntò fuori per controllare a destra e a sinistra. Riddle, nell'ombra, sollevò lentamente la bacchetta e iniziò a tenerlo sottotiro.
Quando il licantropo ebbe guardato ben bene attorno uscì completamente dal negozio e fece cenno alla babbana di seguirlo.
Era la prima volta che Riddle aveva modo di osservarla un po' più attentamente, anche se in modo frettoloso.
Era di statura media, corporatura atletica, forse un po' troppo fibrosa. Aveva capelli corti e scuri e la carnagione abbronzata, con una striscia sulla fronte come se fosse abituata a portare il cappello. Gli occhi erano di un vivissimo blu e sul naso aveva qualche lentiggine.
Riddle uscì di corsa dal suo nascondiglio nell'ombra, coprendo a lunghe falcate lo spazio che li divideva.
Le falcate furono forse un po' troppo lunghe, specialmente tendo in considerazione che era avvolto in una specie di sudario extra-large, perché al secondo passo inciampò nel suo orlo e perse l'equilibrio.
Lupin si voltò verso di lui con la bacchetta sguainata, mentre Thomas cadeva faccia terra.
«Merd!» imprecò, incastrato nel cappuccio.
«Oh, poverino!» gli giunse la voce di Lene.
«Non avvicin-»
Riddle aveva già sentito la mano premurosa della babbana appoggiargli sulla spalla. In un attimo le aveva ghermito il polso e si era smaterializzato.

***

Lene sbatté le palpebre un paio di volte. Un attimo prima era china su un povero signore che era franato in mezzo alla strada e ora era culo a terra in una specie di stanza maledettamente lugubre.
Una risata gelida le rimbombava nelle orecchie (Harry Potter, trecento chilometri più a nord ora, sentì improvvisamente che la brezza notturna era molto divertente).
«Ah-ah-ah... stupida babbana! Ti sei fregata con le tue mani!»
Lene sollevò lo sguardo verso la figura che incombeva su di lei.
Quello che in un primo momento le era sembrato il peggior caso di congiuntivite che avesse mai visto era in realtà un paio di occhi rossi e serpentini. Lui era alto e scheletrico, dalla pelle color osso e dalle mani simili a ragni candidi. Era intabarrato in quello che sembrava un sacchetto della spazzatura di notevoli proporzioni.
«Volevo solo essere di aiuto!» rintuzzò Lene, che non era certo arrivata a possedere un'attività propria lasciandosi dare della stupida.
L'uomo sembrò preda di un accesso di risa tale da togliergli il fiato.
«Molto divertente. Intanto non ero io quella che leccava il selciato!»
Estrasse la pistola dalla fondina e fece per sparargli per la seconda volta in pochi giorni.
L'Accio pistola fu così veloce che Lene neppure si rese conto di essere rimasta senza. Solo quando si piantò l'unghia dell'indice nel palmo della mano iniziò a comprendere di essere leggermente nella cacca. Però aveva ancora la sua bacchetta all'incarto di Lion (inutile dire che non sarebbe andata a sbandierarlo in giro, se fosse sopravvissuta). La impugnò con decisione come aveva visto fare a Lupin e gliela puntò contro.
Colui-che-non-deve-essere-nominato si asciugò le lacrime con il dorso di una mano e la fissò con espressione ilare.
«E che cosa vorresti fare, con quella?»
Lene la agitò in aria. Dalla punta sgorgarono centinaia di piccole scintille dorate.
«Oh, molto carino... sai fare altro?»
Lene, spazientita, mosse il braccio dall'alto in basso in modo brusco, le sopracciglia aggrottate.
Dalla sua bacchetta partì una bordata di luce rossa che quasi colpì l'avversario. Voldemort, in effetti, si era abbassato di scatto giusto un attimo prima.
A quel punto si voltò per osservare il punto in cui la magia era arrivata. Sulla parete dietro di lui si era creato un buco di circa venti centimetri, che stava ancora fumando. Tornò a guardare Lene. Aveva in faccia un sorrisetto soddisfatto.
«Visto?»
Voldemort increspò appena le labbra. «Complimenti,» disse, asciutto. Poi, con un gesto noncurante della bacchetta, attirò Lene come se lui fosse una gigantesca calamita e lei un pezzo di ferraglia e la disarmò.
«Ridammela!» strillò lei, allungandogli un calcio negli stinchi.
«Cazzo!» imprecò sottovoce Voldemort e le affondò le dita in una spalla.
Lene gli pestò con forza un piede. Lui la prese per i capelli. Lei provò a calciargli i gioielli di famiglia, ma si trovò improvvisamente sbalzata a terra, a quattro metri buoni di distanza.
Poi, senza preavviso, iniziò il dolore.
Era semplicemente la cosa più terribile che avesse mai provato. Ogni sua parte le inviava fitte di dolore. Era come una sindrome premestruale all'ennesima potenza e lei non aveva nemmeno un Aulin dietro. Le facevano male... beh, le facevano male anche i capelli.
Improvvisamente come era iniziato il dolore se ne andò.
Lene rimase a terra, ansimante, le braccia strette intorno al corpo.
«Spero che adesso avrai capito che opporti a me non è saggio,» disse la voce fredda di Lord Voldemort.
Lene sputò per terra e si rialzò in piedi.
Lo fissò con aria arrogante.
«Deve ancora nascere un serpente che non si possa schiacciare.»
L'altro sollevò la mano e la bacchetta. «Ancora?» chiese, flautato.
«D'altronde anche la cooperazione pacifica è un'ottima cosa.»

***

Lupin aveva fissato con aria attonita il punto in cui un secondo prima c'era Lene per buoni cinque secondi, prima di rendersi conto di che cos'era successo.
Che diavolo di mago! Aveva finto di cadere prevedendo che lei si sarebbe chinata a soccorrerlo!
Non c'erano dubbi, infatti, che si trattasse di Lord Voldemort in persona.
Era anche probabile che nei cinque secondi in cui lui era rimasto a fissare il selciato Lene fosse morta. Lupin aggrottò la fronte, riflettendo intensamente.
Essendo un uomo (o meglio, un licantropo) non privo di intelligenza arrivò quasi subito a capire che si era trattato di un rapimento. Se l'Oscuro Signore avesse voluto ucciderla, infatti, l'avrebbe fatto seduta stante.
In quel caso allora forse lei era ancora viva, probabilmente sottoposta a torture (Lene, a duecento chilometri di distanza, in quel momento stava calciando Lord Voldemort sugli stinchi).
Lupin si smaterializzò istantaneamente dal vicolo, diretto al quartier generale.

***

Thomas Riddle si lasciò cadere in una poltrona con una smorfia di sofferenza. Da quando aveva visto per la prima volta quella babbana era stato sparato, calciato, insultato, aveva preso una frontata sul lastricato e era stato quasi-arrostito da uno scoppio di magia improvviso.
Lene, d'altro canto, si era praticamente stravaccata nella poltrona affianco, l'aria insolente, e si stava accendendo una sigaretta.
«Qua dentro non si fuma,» disse Voldemort, inacidito. Non era mai stato necessario dire niente del genere a nessuno dei suoi Mangiamorte. Chiunque sarebbe arrivato a capire che in una stanza con le finestre chiuse non si fumava, no?
Lene diede due rapide boccate alla sigaretta, creando un centimetro e mezzo di cenere in punta, che poi scrollò sul tappeto.
«Hem... dove la butto?» chiese, tenendo l'oggetto tra pollice e indice. Voldemort non capiva se fosse scema o la facesse, ma più passava il tempo più propendeva per la seconda ipotesi. Anzi, iniziava persino a sospettare che lo si stesse prendendo in giro. Visto che non era qualcosa che succedesse molto spesso, però, non poteva esserne sicuro.
«Mangiala,» rispose, di cattivo umore. La sua migliore voce gelida sembrava non avere alcun effetto su di lei.
L'altra diede ancora un paio di boccate, scrollò un altro centimetro e mezzo di cenere sul tappeto e poi spense la cicca contro la suola del suo stivale. Si mise il mozzicone in tasca.
Lord Voldemort si voltò a guardarla, la testa appoggiata sul pugno chiuso, l'espressione da Sfinge. Questo solitamente innervosiva moltissimo chiunque si trovasse al centro del suo esame.
Riusciva a replicare in modo perfetto lo sguardo dell'infermiera che scopre che uno dei suoi pazienti non l'ha fatta nella padella, come gli era stato ordinato, ma si è strascinato fino al bagno e l'ha anche lasciato sporco. Era un concentrato di possibili datori di lavoro che dicono "le faremo sapere noi", di genitori che tornano a casa nel bel mezzo di una festa organizzata di nascosto, e di giovani donne attraenti che ti danno il due di picche di fronte a tutti i colleghi e al capo del personale.
Lene gli sventolò un mano davanti agli occhi. «Sveglia, ti sei incantato?» disse.
«No!» strillò Voldemort, ormai imbestialito.
Inspirò ed espirò, lentamente e contando fino a dieci, poi tornò a guardarla.
«Ti avverto: sono stato molto paziente con te. Adesso taci e stammi ad ascoltare.»
«Certo. Ma visto che non stavi dicendo nient-»
«Silencio
Voldemort si gustò l'espressione stupita della donna, mentre si portava entrambe le mani alla gola. Dalla sua bocca, che pure continuava a muoversi, non usciva più alcun suono.
«Stavo dicendo...» riprese Voldemort, con calma, «... sono stato molto paziente con te. Mi hai sparato...»
Le labbra di Lene stavano formando chiaramente le parole "Non l'ho fatto...".
«... Apposta, l'hai già detto,» disse Voldemort alzando un lungo dito sottile. «Ad ogni modo l'hai fatto. Confesso che il mio primo impulso sarebbe stato di ucciderti, ma poi ho riconsiderato la questione. L'Ordine della Fenice si è interessato a te. Scrimgeour si è interessato a te. Lupin ti stava facendo da istruttore... ho iniziato a credere che ci doveva essere qualcosa di molto particolare in una piccola rompiscatole come te.»
Un sorriso maligno gli affiorò sul volto. «Non mi sbagliavo.»
Lene aprì e chiuse la bocca un gran numero di volte, perorando la sua causa, ma, ovviamente, senza risultato.
«Così ho deciso di offrirti una possibilità di scelta. E ricorda che è davvero molto generoso da parte mia.»
Lene aggrottò le sopracciglia.
«E' molto semplice. A) muori, B) ti unisci ai miei Mangiamorte.»
Lena sollevò due dita, la faccia tirata.
«Devi andare in bagno?»
Lei scrollò energicamente la testa.
«Hem... vittoria?»
Altra scrollata di testa.
«Aperte virgolette?»
Lene alzò gli occhi al cielo e abbassò la mano. Si alzò e si andò a sedere sulle ginocchia di Voldemort, il quale la guardò attonito.
Lei si strusciò meglio sulle sue ginocchia, muovendo la testa a destra e a sinistra.
«Ah,» fece Voldemort, alla fine. «Sono tutta tua







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