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Titolo: Ho sparato a Lord Voldemort
Capitolo 7/11: Complotto equino
Autore: sssilvia
Serie: J.K. Rowling's Harry Potter
Status: concluso
Archivio: SLC, Fanfiction.net
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Ho sparato a Lord Voldemort

sssilvia



capitolo 7

Complotto equino

Harry Potter iniziava a sospettare che tutta la faccenda degli Horcrux fosse una monumentale perdita di tempo. Cioè, ovviamente era convinto della loro esistenza e del fatto che distruggerli fosse di primaria utilità, ma ne aveva anche le scatole piene di grufolare nella melma e di dondolarsi su ponti sospesi.
Essendo un giovanotto dotato di una certa agilità mentale stava elaborando una serie di piani alternativi.
Il primo piano era molto semplice e dannatamente elegante. Lui avrebbe catturato Voldemort e l'avrebbe costretto a confessare dove fossero i maledetti oggetti. Harry Potter, però, intuiva che i piani semplici ed eleganti come quello raramente erano anche funzionanti.
Per essere del tutto onesti, e anche se ammetterlo gli scocciava parecchio, Voldemort era un mago parecchio più cazzuto di lui. Magari non conosceva l'amore, ma tutta una serie di altre cose tipo sparare incantesimi potentissimi gli riuscivano piuttosto bene.
E poi come avrebbe fatto a farlo confessare? Gli avrebbe raccontato barzellette demenziali fino ad intontirlo? No, perché aveva le prove che leggere nella sua mente era completamente al di fuori delle sue possibilità (A parte quando Voldemort pomiciava, a quanto pareva. Ma non poteva sperare che durante quel tipo di attività pensasse casualmente a dove aveva nascosto pezzi della sua anima. Anzi, Harry era quasi sicuro che pensasse ad aspetti molto più corporei della sua persona.)
Il secondo piano alternativo era un po' meno elegante, messo insieme alla bell'e meglio, ma poteva funzionare. Doveva semplicemente cercare di farlo fuori e poi cercare gli Horcrux.
Se Voldemort fosse stato semi-morto, e se tutti avessero pensato che era morto-morto, avrebbe avuto molta più collaborazione dai suoi ex-scherani, un po' come era successo sedici anni prima.
La gente tende a diventare molto meno devota quando il suo dio non è in vista.
Naturalmente anche questo secondo piano aveva degli inconvenienti. Avrebbe dovuto scoprire dove Voldemort si nascondeva. Avrebbe dovuto arrivarci. E, infine, avrebbe dovuto ucciderlo.
Harry Potter era quasi sicuro che lui non avrebbe cooperato.

***

In effetti Lord Voldemort non credeva molto nella cooperazione. Credeva piuttosto, e ci credeva fermamente, nel dare ordini che venissero istantaneamente eseguiti.
Questa sua convinzione, però, al momento si stava scontrando col fatto che le due bestie maleodoranti che adesso risiedevano in casa sua non sembravano in grado di capire i suoi ordini.
Voldemort era abbastanza sicuro che se solo la natura avesse infuso nei loro cervelli equini una scintilla di comprensione i due cavalli sarebbero stati lieti di obbedirgli. In fondo non era così per tutti?
Nella sua esperienza chiunque si trovasse a fissare per un sufficiente lasso di tempo i suoi freddi occhi serpentini diventava immediatamente ansioso di mettersi al suo servizio.
Certo, con Lene, ad esempio, doveva ancora raggiungere il quantitativo di tempo sufficiente, ma lei era una sorta di eccezione. Inoltre, se sottoposta ad un opportuno Imperius anche lei avrebbe ceduto.
Ma quelle due bestie immonde...
Il cavallo più grande (che, a quel che aveva capito era in realtà una cavalla, di nome Jenny-Sbuffa) lo guardava con aria vacua, cercava di masticargli i gomiti e aveva già brucato una parte considerevole dei tappeti di casa.
Il cavallo più piccolo (Mary-Hi-Ho), invece, tendeva a sventolargli la coda in faccia.
Voldemort fece due passi indietro e contemplo la stalla che era diventato il suo bagno personale. Anche il fatto che le due bestie si fossero dirette con sicurezza da quella parte come se sapessero che lì si sarebbero trovate bene lo lasciava un po' perplesso.
«Non provare ad entrare nella vasca, sudicio equino!» strillò Voldemort, agitando impotente un pugno a mezz'aria.
La verità era che avrebbe dovuto uccidere le due creature già da qualche ora.
Erano orrendamente puzzolenti, brutte e incontrollabili.
O, almeno, lui non riusciva a controllarle. Lei sì. A Voldemort quasi fumavano le orecchie per la frustrazione. Perché a lei, che era una lercia ex-babbana, i cavalli davano retta e a lui, che era il mago più potente della terra e il prossimo dominatore del cosmo, no?
Oh, Lene si era candidamente offerta di farli sloggiare dal suo bagno... ma come poteva Lord Voldemort accettare il suo aiuto? Non era forse in grado di piegare chiunque al suo volere? Non era forse la quintessenza della malvagità e del terrore? E, infine, non si supponeva che per lui cose come quella fossero bazzecole?
Riddle scosse esasperato la testa e soppresse diligentemente la vocina che gli stava squittendo nelle orecchie: "No, no e poi no."
Non poteva uccidere i cavalli. Che figura ci avrebbe fatto?
Provò per la terza volta a farli levitare fuori dal bagno. Ovviamente funzionò. Aveva funzionato anche prima. I cavalli galleggiavano nell'aria cercando di brucare le pareti, per niente scossi dalla sensazione del volo, e, una volta a terra, ritornavano quietamente nel suo bagno. La più grande sembrava perfettamente in grado di aprire qualunque maniglia con la bocca e nessuna porta stregata per restare chiusa si aspettava di trovarsi la maniglia nella bocca di un cavallo. Si aprivano per lo shock, semplicemente.
Voldemort guardò con sguardo mesto i due animali che si preparavano a tornare alla loro postazione.
«Petrificus totalis!» starnazzò, isterico, per guadagnare un po' di tempo.
I cavalli si immobilizzarono nel corridoio come statue di sale.
E poi... incombente... spaventoso... Voldemort iniziò ad udire il suono dei passi cadenzati di qualcuno che si avvicinava con ai piedi un paio di stivali muniti di speroni.

***

Piton scivolò in un angolo della sala, silenzioso come... beh, silenzioso come un traditore. D'altro canto lui era un traditore, e la gente si aspettava che fosse silenzioso e furtivo. Infatti tutti si voltarono immediatamente a guardarlo.
«Hem... Salve, ragazzi,» salutò lui, alzando una mano.
Lucius Malfoy gli restituì un saluto prudente. Erano vecchi amici, lui e Piton, e Malfoy sapeva di dovergli riconoscenza per una certa cosuccia che aveva fatto per suo figlio (quella riconoscenza, pensò privatamente, si sarebbe presto esplicitata in una quarantina di centimetri di acciaio nel costato, nella migliore tradizione delle lunghe amicizie virili, ma per il momento gli sorrise).
Bellatrix, invece, lo fissò con aperto astio.
Le scocciava ancora parecchio che quello squallido parvenu le avesse soffiato il titolo di "più fedele schiava del Signore Oscuro", titolo che si era faticosamente guadagnata con anni di strisciante adorazione e uggiolii servili. Ma al momento aveva altro a cui pensare.
«Senza parlare della stelline!» stava gracchiando Nott, angosciato.
«Ed ha la pelle abbronzata!» intervenne Bellatrix che considerava la sua carnagione bianco-verdastra estremamente chic.
«Non mostra il minimo rispetto,» precisò sua sorella Narcissa, sempre supportiva.
«M-mi ha d-detto di t-togliermi dai piedi!» tartagliò Peter Minus, ansioso di fornire il suo contributo.
Il resto dei presenti lo guardò vacuamente. Tutti, prima o poi, gli avevano detto di togliersi di mezzo. Era assolutamente naturale.
«Ah, certo...» disse Malfoy in tono accondiscendente.
«E... e... l'Oscuro Signore sembra considerarla interessante!» spezzò il momento di imbarazzo Bellatrix. La cosa era così sconvolgente che non riusciva nemmeno a immaginarsela.
Piton fece un passo avanti.
«Possiede una dote molto rara,» disse, enigmatico come suo solito.
«E quale?» chiese Tiger, che non era molto bravo a distinguere una frase sibillina, quando la sentiva.
Piton si limitò a fissarlo in silenzio per qualche secondo. La manovra avrebbe dovuto ottenere il risultato di rendere consapevole Tiger del fatto che aveva fatto una domanda fuori luogo, ma naturalmente Tiger non era molto bravo nemmeno a distinguere quel tipo di silenzio, e quindi sbadigliò.
«Non credo...» aggiunse allora Piton, lentamente, »... che dovrei ripetere quello che l'Oscuro Signore ha rivelato a me e solo a me...»
"A me e solo a me..." mimò Bellatrix con le labbra, facendo una smorfia.
«... Tuttavia...« era ovvio che ci fosse un tuttavia. Piton non lo faceva nemmeno apposta. Il tradimento non era una seconda natura per lui, bensì decisamente la prima. Se fosse stato l'ultimo uomo sulla terra avrebbe cercato di tradire se stesso.
«... credo che potrebbe dimostrarsi un'arma potente contro Potter, se opportunamente indirizzata.»
I Mangiamorte si fecero attenti. A molti di loro non era piaciuto particolarmente di farsi mettere nel sacco da un ragazzino sedicenne. A nessuno di loro, per la verità. Nemmeno a Bellatrix, che di solito aveva una certa preferenza per l'autoflagellazione.
Piton sorrise freddamente.
«Dopo, ovviamente, non servirebbe più.»







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