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Titolo: Ho sparato a Lord Voldemort
Capitolo 8/11: Sfortunate coincidenze
Autore: sssilvia
Serie: J.K. Rowling's Harry Potter
Status: concluso
Archivio: SLC, Fanfiction.net
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Ho sparato a Lord Voldemort

sssilvia



capitolo 8

Sfortunate coincidenze

«Non ti sembrano stranamente immobili?» osservò Lene, dopo qualche secondo dal suo arrivo.
Voldemort deglutì. «Ma-ma no! Che dici?»
Lene inclinò la testa da un lato. «Non ho mai visto Jenny-Sbuffa fermarsi a metà quando sta masticando un oggetto.»
Voldemort si accorse con orrore che dall'angolo della bocca del cavallo più grande sbucava un ciuffetto del suo tappeto persiano.
«Hem…» disse, cercando disperatamente di frapporsi tra Lene e i cavalli, «… probabilmente stanno riposando.»
Poi, tenendo la bacchetta dietro alla schiena, cercò di sciogliere di nascosto l'incantesimo.
«Ah,» fece Lene, che fortunatamente non era molto attenta. «Peccato. Avevo appena finito di costruire il loro recinto.»
Voldemort si costrinse a non sospirare di sollievo. Uno dei cavalli, adesso di nuovo in grado di muoversi, brucò dolcemente l'orlo della sua veste.
Lene notò il movimento e sorrise. Sporgendosi verso i cavalli emise un breve nitrito seguito da uno sbuffo.
Il cavallo più grande sollevò la testa e le scoccò quello che a Voldemort parve distintamente uno sguardo di sufficienza.
Lene nitrì in modo più autoritario. Il cavallo piegò le orecchie e, seguito dal puledro, iniziò a seguirla.
«Sai, gli piaceva il tuo bagno per via della vasca,» disse Lene, in tono conversazionale, mentre guidava i cavalli lungo il (tetro) corridoio.
«Ah sì?» fece Voldemort, sarcastico. »Beh, piace anche a me. O meglio, mi piaceva, prima che ci sbavassero dentro loro.»
«Oh, mi dispiace. Appena le ho messe nel recinto vengo a pulire. E' che Jenny-Sbuffa ha questo problemino di masticazione…»
Aprì una porta e fece entrare i cavalli con uno sbuffo e una scrollata di testa.
Un'equofona… pensò Voldemort, si è mai visto un dono più inutile?
Lene aveva trasformato una considerevole parte della sua sala delle riunioni in una specie di pascolo recintato, con tanto di erbetta e… hem… mucchi di sterco? Voldemort strinse gli occhi e cercò di rimuovere la scena. Se non l'avesse guardata, in fondo, sarebbe stato un po' come se non fosse esistita, giusto?
«Ecco qua, ragazze,» disse Lene dando una pacca sul fianco di Jenny-Sbuffa. »Casa dolce casa. Divertitevi.»
Voldemort riaprì gli occhi solo quando sentì la porta chiudersi. "Ecco fatto," pensò, "ha funzionato. Quel luogo non esiste."
"Non esiste," si ripeté, anche se le sue narici continuavano a percepire distintamente un vago afrore equino.
Non ci sono cavalli, qui.
Molto rassicurato dalla sua stessa forza di autopersuasione seguì di buon grado Lene verso il suo bagno. Sarebbe stato divertente vederla fare qualcosa di utile, tanto per cambiare.
Certo, il suo primo colpo di bacchetta provocò una mezza inondazione e, certo, a Voldemort non piaceva particolarmente essere zuppo fino al midollo e ricoperto di bava di cavallo… però… Beh, in fondo Lene si stava dimostrando servizievole, no?
Era più che giusto e naturale, ovviamente, ma Voldemort non poteva fare a meno di guardare alla cosa con una certa incredulità. Dov'era il trucco?
«Ah…» fece, sollevando le braccia e svuotandosi le maniche dall'acqua, «… energico, ma efficace…»
L'acqua, in effetti, sembrava continuare ad uscire dalla vasca ad un ritmo inquietante.
«Immagino che tu sia perfettamente in grado di controllare l'incantesimo che hai lanciato, giusto?»
Lene sembrò offesa.
«Ma certo! Adesso ti asciugo, solo un piccolo imprevisto, ecco tutto…»
Voldemort alzò di scatto una mano a coprirsi la faccia. «Non è necessario,» disse velocemente, ma Lene aveva già sventolato la bacchetta.
I suoi vestiti, in effetti, si asciugarono. Certo, sembrò anche di essere finiti sotto al getto del motore di propulsione di uno shuttle e, beh, i vestiti parvero restringersi di circa otto taglie… ma erano indubitabilmente asciutti. Dalla vasca, intanto l'acqua continuava a tracimare.
Voldemort respirò profondamente.
«Che bello… hai pensato di fornirmi un costume da bagno? Beh, credo che potrebbe essere utile, tutto sommato, visto che a quanto pare dovremmo uscire di qua a nuoto.»
Detto questo (per niente impressionato dalla faccia offesa di Lene) fece un passo avanti sollevando la bacchetta. Il passo avanti non fu una buona mossa, perché appoggiò il piede su una saponetta. Scivolosa.
L'effetto fu simile all'atterraggio di un saltatore in lungo, solo senza la sabbia morbida sotto ad attutire il colpo. Prese un'orrenda schienata per terra, travolgendo Lene che gli rovinò addosso piantandogli i gomiti nel costato.
L'acqua continuava a fuoriuscire dalla vasca e a riversarglisi sulla faccia in una cascatella.
Voldemort imprecò. Voldemort sputacchiò. Voldemort mosse scompostamente gambe e braccia. Voldemort riiniziò mentalmente il discorsetto "ma-che-cosa-ho-fatto-di-male", ma ancora una volta non lo portò a termine.
Lene era stesa sopra di lui e rideva a crepapelle, giocando con l'acqua che usciva dalla vasca.
Voldemort, senza un preciso motivo, iniziò a ridere anche lui.
Per un po' rimasero distesi sul pavimento del bagno, a mollo in dieci centimetri d'acqua, ridendo come scemi.
Poi Voldemort allungò una mano e decise di passare ad una forma di intrattenimento meno infantile.

***

Bellatrix Lestrange non era il tipo di persona prudente che avrebbe potuto tenere una campagna per la sicurezza stradale.
Bellatrix, in realtà, quando non uggiolava, era il tipo di persona sconsiderata che gli incidenti stradali li provocava. E non sempre per sbaglio, se c'era un babbano alla guida.
Così, una volta finita la piccola riunione clandestina a casa di Lucius, aveva deciso di affrontare la faccenda di petto.
Aveva lottato per anni, per raggiungere la posizione che aveva tra i Mangiamorte.
Era stata in prigione, aveva sempre vestito diligentemente di nero, aveva strisciato e obbedito… diavolo, si era anche comprata uno stupido aggeggio babbano per tonificare i glutei!
Quest'ultimo, purtroppo, non aveva funzionato, ma tutto il resto le era sembrato di sì.
Il Signore Oscuro la chiamava Bella.
Ora, uno non ti chiama Bella senza un motivo, no? Gli abbreviativi sono segno di familiarità, di stima, di reciproca comprensione…
Evitando di pensare che anche lei chiamava la sua tarantola Tara, bussò con più convinzione all'alto portale lugubre del covo di Voldemort.
Nemmeno faceva caso alle tonnellate di neve che le si stavano riversando sulle spalle, presa com'era dai suoi progetti.
Avrebbe chiarito quell'assurdità all'istante.
Che Voldemort uccidesse subito quella sciacquetta, o iniziasse a chiamarla Magdalene, almeno.
Potter, l'elfo domestico, aprì uno spiraglio del lugubre portale.
«Annunciami al tuo padrone,» ordinò Bellatrix, netta.
L'elfo domestico la guardò con grandi occhi acquosi.
«Il padrone in questo momento non è disponibile, signora…» rispose, con voce stridula ed ossequiosa.
«Non è in casa?»
«Niente ospiti, ha detto…»
Bellatrix spalancò il portale con un gesto fulmineo ed entrò.
«Oh, sciocchezze! E'ovvio che io non sono un'ospite qualsiasi!»
L'elfo domestico cercò di saltellarle tra le gambe mentre lei si dirigeva a grandi falcate verso le stanze dell'Oscuro Signore.
«Non si può!» strillava Potter, terrorizzato. «Non si può!»
«Idiozie!»
Bellatrix camminò a passo di marcia lungo un oscuro corridoio e bussò con decisione alla porta del capo.
«Chi è?» chiese, da dentro, l'inconfondibile voce gelida dell'Oscuro Signore.
«Sono Bella, padrone…» uggiolò Bellatrix, i cui propositi avevano iniziato a vacillare non appena aveva sentito il tono tediato dell'altro. Di solito non era divertente scoprire come si distraeva Voldemort quando era tediato.
«Sto facendo il bagno, Bella,» rispose la voce, dall'interno.
Bellatrix arrossì. Il bagno? Beh, certo, era naturale che anche lui si lavasse, ma non aveva mai pensato realmente alla questione. Proprio mentre stava per ritirarsi in buon ordine sentì una risatina.
L'Oscuro Signore rideva? Oh… la faccenda doveva essere grave… molto grave. Voldemort non rideva, lo sapevano tutti.
«E' della massima urgenza, padrone,» disse Bellatrix (con voce lamentosa) ed aprì la porta. Era suo preciso dovere sincerarsi che tutto fosse a posto. Era più che probabile che qualcuno gli avesse lanciato una fattura, o peggio… Quindi non era proprio immischiarsi, giusto?
Fece un paio di timorosi passetti ed aprì anche la porta del bagno.
La testa di Voldemort spuntava dalla vasca, contornata da una spessa coltre di schiuma bianca, soffice e saponosa.
«Ah, Bella…» fece lui, trafiggendola con gli occhi serpentini (il batuffolo di schiuma che aveva sul naso non sminuiva in alcun modo la sua freddezza). «Chissà perché non ricordo di averti detto di entrare.»
«P-padrone, io…»
«A te sembra che le abbia detto di entrare?» chiese Voldemort alla schiuma.
Bellatrix pensò per un attimo di veder emergere la grossa testa squamosa di Nagini, ma questo non avvenne.
Emerse, invece, un ciuffo di capelli neri, seguito da una faccia abbronzata.
«Non so… stavo facendo immersione,» disse la faccia, con aria vaga.
Bellatrix aprì la bocca di scatto e cadde svenuta.

***

«Bella?»
Bellatrix si sentì tornare lentamente alla coscienza. Sbatté un paio di volte gli occhi, piano piano, e cercò di mettere a fuoco la situazione in cui si trovava. Apparentemente era ancora stesa sul pavimento del bagno. L'unica differenza era che sentiva un bernoccolo che iniziava a formarsi sulla sua nuca.
Voldemort era in piedi a un paio di metri da lei, avvolto in un accappatoio di spugna nera.
«Sai, trovo che il tuo corpo disteso là per terra non giovi particolarmente all'estetica del mio bagno,» disse l'Oscuro Signore, con aria vagamente canzonatoria.
«Pa-pa-padrone?»
Lui le lanciò un sorrisetto all'azoto liquido. «Risposta esatta. Padrone. Che magnifica parola.»
La scavalcò con un lungo passo. «E, dimmi… visto che ti ricordi così bene che io sono il tuo padrone… avresti la bontà di obbedirmi, quando ti chiedo di alzarti dal mio pavimento?»
Bellatrix si guardò confusamente intorno e poi si mise a sedere. Non c'era più traccia della sporca usurpatrice. Forse se l'era addirittura immaginata. Ma… no. Ricordava benissimo di averla vista.
Dentro la vasca. Insieme al suo padrone. Probabilmente… no, Bellatrix non riusciva a pensarci. Era semplicemente troppo… troppo…
«Un primo passo è fatto. Adesso solleva anche il didietro e sarai a posto.»
Bellatrix, meccanicamente, obbedì.
«Ottimo,» fece Voldemort con un'aria incoraggiante che faceva venire i brividi. «E adesso dimmi. Che cosa c'era di così urgente da disturbarmi in uno dei miei rari momenti di relax?»
«R-relax?» tartagliò Bellatrix. Ah, adesso si chiamava relax!
Voldemort si tirò indietro i capelli umidi, e sopirò. Uscì dal bagno, facendole un distratto segno di seguirlo.
«Mia cara Bella… lo sai quanto è stressante la vita di un signore oscuro? Naturalmente ogni tanto devo rilassarmi anch'io. Sono un essere umano, in fondo. Beh, una specie.»
Bellatrix guardò fissamente il pavimento. Era possibile che qualcuno avesse mangiucchiato il tappeto? Se si trattava di tarme dovevano essere di dimensioni eccezionali.
«Insomma, che cosa volevi?» tagliò corto Voldemort, asciugandosi i capelli con un colpo di bacchetta.
«Ah… io… ecco…» gemette Bellatrix.
«Hai detto che era della massima urgenza, se non sbaglio,» aggiunse lui, implacabile.
«Non proprio della massima urgenza, padrone, ma…»
«Lasciami indovinare… si tratta dell'Ordine della Fenice? Hanno catturato qualcun altro degli incompetenti che vanno sotto il nome di Mangiamorte?»
Bellatrix sussultò, tremante. «N-no, padrone…»
«Allora una notizia fresca sui movimenti di Potter.»
«Hem… Potter è in salotto, credo a spolverare.»
Voldemort la fissò in silenzio per un paio di secondi.
«Harry Potter,» sibilò, alla fine.
«Ah. Allora no, padrone.»
L'altro inarcò un sopracciglio. «Che cosa, quindi?»
Bellatrix avrebbe voluto ardentemente scomparire.
«Riguardo alla… babbana, padrone,» riuscì a sussurrare, alla fine, dopo numerose deglutizioni.
Voldemort si infilò dietro ad un paravento nero (cosparso di… stelline?) e gettò via l'accappatoio.
«Sì?» la invitò a continuare.
«Ah, no, ecco… ci chiedevamo…« Bellatrix tornò disperatamente a guardare il suolo. Era fregata, era fottuta, avrebbe subito maledizioni Crociatus fino alla fine dei suoi giorni, che in ogni caso doveva essere vicina…
«Beh, che cosa ci faccia qua, in pratica…» disse velocemente, presagendo lo scoppio di dolore che presto l'avrebbe attraversata. Oh, ma perché non se ne era rimasta a casa? Doveva trovare un modo per tirarsi fuori da quella situazione. E doveva trovarlo subito. Si spremette le meningi così forte che non sarebbe rimasta stupita se avessero cominciato a sprizzare scintille.
«Ecco, volevamo chiedere un suggerimento su che regalo farle,» provò, disperata. «Per… augurarle il benvenuto, ecco.»
Sbirciò verso l'alto per vedere quale sarebbe stata la reazione. Voldemort la stava fissando con aria perplessa.
«Ah, che pensiero gentile,» disse.
Bellatrix sospirò di sollievo.
«Peccato che non ci creda.»
Il respiro le si mozzò in gola.
«Ma, certo, probabilmente sono troppo sospettoso.»
Il respiro le tornò.
«D'altronde è sospettando di tutto e di tutti che sono arrivato dove sono.»
Bellatrix stava per mettersi a piangere. Voldemort emerse da dietro il paravento con indosso gli abituali vestiti neri e le passò accanto.
Aprì la porta.
«Bella,» disse, in tono severo, facendole segno di uscire. «Non osare mai più disturbarmi in questo modo. In questo momento sono di buon umore, ma posso assicurati che non durerà a lungo. Per cui… limitati a sparire dalla mia vista, va bene?»
Bellatrix si affrettò ad uscire mormorando un: «Sì, padrone.»
Era già un bel pazzo avanti nel corridoio quando la voce gelida del Signore Oscuro tornò a manifestarsi.
«E… Bella?» lei si bloccò, terrorizzata. «Se dovesse capitare un incidente a Lene… l'effetto sarà contagioso. Non so se mi spiego.»
Bellatrix, il cui cervello dopotutto non era completamente partito, annuì convulsamente.
«Sono lieto che tu abbia afferrato così in fretta.»

***

Voldemort, in realtà era di umore eccellente. Nemmeno l'uggiolare di Bellatrix aveva potuto scalfire il suo senso di esultanza. Beh, forse appena un pochino.
Un regalo di benvenuto… ma pensavano veramente che fosse così scemo? Poteva essere anche pazzo, megalomane e psicopatico, ma sapeva perfettamente con chi aveva a che fare. Ed erano tutti dei gran taccagni. Oltre che stupidi. Ma Voldemort li trovava utili per questo.
In ogni caso, in quel momento, si sentiva troppo dannatamente esultante per pensarci.
Aveva un piano.
Un grande piano. Un piano brillante.
Entrò nella stanza di Lene e si guardò intorno (le stelline ormai invadevano ogni centimetro libero). Lei era seduta sul letto con un libro di magia nera in mano. Bene, magari uno di questi giorni sarebbe anche riuscita a fare un incantesimo senza incidenti.
«Ho un compito per te,» disse, troneggiando a braccia conserte. Troneggiare gli piaceva parecchio e gli veniva anche piuttosto bene.
Lene sollevò lo sguardo su di lui.
«Ti ho già detto che non lo so fare. Non è colpa mia. Non ho le gambe abbastanza lunghe.»
Voldemort, preso in contropiede, smise per un istante di troneggiare. Vagamente imbarazzato, tossicchiò. Beh, non c'era nulla di male in fondo… era solo… allontanò il pensiero dalla sua mente.
«Devi andare da Harry Potter.»
Lene inarcò le sopracciglia. «E questo non ha niente a che vedere con la lunghezza delle mie gambe, vero?»
Voldemort sospirò. Le si sedette accanto e le passò un braccio intorno alle spalle.
«Le tue gambe sono ragionevolmente lunghe, credimi. Era solo… così. Mi è venuto in mente e l'ho buttata là. Questa è una cosa seria.»
«Anche se ho le gambe corte è una cosa seria.»
Voldemort provò l'impulso di strangolarla, ma si trattenne. Ma perché non se ne era stato zitto? Leggeva troppi libri di magia orientale, ecco la verità. Gli orientali erano in grado di fare cose che gli altri non riuscivano nemmeno a immaginare. Erano iper-snodati.
«Beh, ti assicuro che non è così. Tornando ad Harry Potter…»
«Non dovresti minare la mia autostima. L'ho letto su una rivista.»
Voldemort sospirò. «A parte che siccome sono cattivo si suppone che io faccia cose cattive come minare la tua autostima,» spiegò. «Ma ti assicuro che in questo caso non era mia intenzione. Come ti stavo dicendo, dovresti andare da Harry Potter e…»
«Su Vogue sono molto chiari in proposito. Ognuno è meraviglioso e unico a modo suo, e deve trovare gli accostamenti di colore che donano di più al proprio carattere.»
Voldemort rimase momentaneamente senza parole.«"Scusa, che cosa c'entrano gli accostamenti di colore, adesso?»
«Il nero mi sbatte.»
Lui sbuffò. «Okay, vestiti di un altro colore, chi se ne frega.»
Lene lo guardò con aria completamente scandalizzata. «Hai appena detto chi se ne frega!» lo accusò, la faccia offesissima.
«Okay… non intendevo…»
«Chi se ne frega a me? Ah, mia mamma mi diceva sempre che gli uomini…»
«A dire il vero sono mezzo serpente e…»
«Quello che è! Mia mamma mi aveva avvertito! Sei un insensibile come tutti gli altri!»
Voldemort restò nuovamente senza parole. «E'ovvio che sono insensibile, Lene. Ti è sfuggito che sono un mago cattivo? Credi che ci fabbrichino dotati di sensibilità, rispetto e buone intenzioni?»
Lei ci pensò per qualche secondo. «Ok, è vero,» ammise, »ma questo non è un buon motivo per parlare male delle mie gambe. Che comunque sono molto lunghe. Lunghissime.»
Voldemort roteò gli occhi.
«Potremmo parlare di Harry Potter?»
Lene grugnì. «Tu sei fissato.»
«Come vuoi. Assecondami, va bene?»
Lene mise il broncio. «Dovrai essere più carino.»
«Sarò più carino,» ringhiò Voldemort. "O forse ti strozzerò," aggiunse mentalmente.
Lei sorrise. «Davvero?»
Voldemort espirò. Ma che cosa ho fatto di… LO SO!
«Davvero.»
«Come ad esempio portarmi al cinema, o al ristorante, o comprarmi una collana?»
Lui sventolò una mano. «Certo cimena, ristorante, collana… adesso ascoltami.»
Lene sorrise radiosamente.
«Ok,» disse. «Ma niente film dell'orrore.»

***

Harry Potter si sentiva infelice e abbacchiato. Tutto il mondo ce l'aveva con lui. Hermione e Ron pomiciavano, Remus e Tonks pomiciavano, Bill e Fleur pomiciavano, il signore e la signora Weasley pomiciavano… persino Voldemort pomiciava…
E lui no.
Era davvero deprimente.
E tutto questo perché era un essere segnato, il-ragazzo-che-è-sopravvissuto, il prescelto… secondo Harry anche il fatto di portare gli occhiali non aiutava. Alle ragazze non piacciono un granché quelli con gli occhiali, lui lo sapeva.
Ginny era arrabbiata con lui perché l'aveva scaricata. Non capiva che l'aveva fatto solo per il suo bene? Oh, certo, all'inizio si era dimostrata molto comprensiva, ma poi aveva iniziato ad essere acida di brutto.
Harry Potter, in preda alla più nera depressione, stava vagando lungo gli argini del Tamigi, guardando le scure acque limacciose (e inquinate) e lagnandosi tra sé e sé.
«Hey. Tu sei Harry Potter?» disse una voce a pochi passi da lui.
Harry si voltò mestamente. C'era una ragazza vestita di azzurro, a qualche metro da lui. Doveva essere sulla trentina, era abbronzata e aveva una faccia simpatica.
«Disgraziatamente sì.» Rispose lui.
«Oh. Che fortuna, sei proprio tu. Ti stavo cercando. Ma perché hai detto disgraziatamente?»
Harry rise in modo amaro. «Come, non lo sai? Sono il Prescelto.»
Lei sembrò confusa.
«Il prescelto per cosa, scusa?»
«Per uccidere Lord Voldemort,» rispose Harry, con voce abbattuta.
«Oh, ma è orribile!»
«Già. E' davvero orribile.»
«Non lo sapevo. Non mi aveva detto che… è spaventoso. Lo vuoi veramente uccidere?»
Harry aggrottò la fronte. «Devo,» disse, semplicemente.
La ragazza sembrava piuttosto scossa.
«Ma sei così giovane…» un pensiero sembrò attraversarle la mente. «E' mica per via di una profezia?»
Harry sospirò, guardando il fiume. Finalmente qualcuno che sembrava prendere sul serio il suo dramma esistenziale. Non come sapeva-lui-chi.
«Sì. C'è, in effetti, una profezia. Dice che nessuno dei due potrà vivere finché l'altro non sarà morto.»
La ragazza si appoggiò al parapetto affianco a lui.
«Oh,» fece. Sembrava piuttosto colpita.
«Sì, per la precisione dice: Ecco giungere il solo col potere di sconfiggere l'Oscuro Signore… nato da chi lo ha tre volte sfidato (questi sarebbero i miei genitori), nato sull'estinguersi del settimo mese (io sono nato a Luglio)… l'Oscuro Signore lo designerà come suo eguale (e lui l'ha fatto, cercando di uccidermi), ma avrà un potere a lui sconosciuto (che secondo Silente è l'amore)… e l'uno dovrà morire per mano dell'altro, perché nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive… E così sono fregato.»
«Sembra molto definitiva, vero? Ma non potresti, come dire… lasciar perdere? Sarebbe un gesto carino.»
Harry sbatté le palpebre.
«Carino?»
«Sì, beh… non è bello andare in giro a uccidere le persone. Voglio dire, non se fai apposta.»
Harry si voltò verso di lei, con aria corrucciata. «E' di Lord Voldemort che stiamo parlando.» Stranamente la ragazza non sobbalzò nel sentire quel nome. Neanche prima aveva sobbalzato.
«Scusa, ma tu chi sei?»
Lei sorrise. «Io? Lene Rice.»
Harry strabuzzò gli occhi. «La babbana!» gridò. «La babbana che ha sparato a Voldemort!»
«A parte che non sono più una babbana. Adesso so fare le magie. E poi non ho fatto apposta,» rispose lei, in tono difensivo.
«Ma…ma… pensavamo che ti avesse rapita! Che ti avesse uccisa…»
«Magari un paio di volte la tentazione gli è venuta. Quella volta dei cavalli si è proprio arrabbiato…»
Harry Potter la guardò con aria perplessa.
«Scusa, stai dicendo che lui ti ha rapita, ma che tu sei riuscita a fuggire?» provò a chiarirsi le idee.
«A dire il vero no. Cioè, non ho cercato di fuggire. Non ci ho pensato.»
Harry Potter la fissò come paralizzato. Lentamente… lentamente… una strana consapevolezza iniziava a diffondersi nel suo cervello. Lui le aveva rivelato la profezia… l'intera profezia… ma perché?
«Ti ha mandata lui!» esclamò, inorridito.
«Ho provato a dirtelo…» si difese lei. «Ma tu eri così giù di corda…»
«E che cosa dovevi fare!» non era così che si era aspettato lo scontro. Quella sembrava più suonata di Luna Lovegood.
«Mi ha detto che dovevo chiederti gentilmente se mi raccontavi la profezia. Sono rimasta davvero stupita quando sei stato tu per primo ad accennare alla cosa. Immagino che vada bene lo stesso, vero?»
Harry tirò fuori disperatamente la bacchetta e le scagliò contro uno Schiantesimo.
Lene mosse una mano e davanti a lei si formò uno scudo protettivo dall'aspetto granitico.
«Hay! Io non ti ho fatto niente!» strillò.
Harry sollevò di nuovo la bacchetta. Non c'erano soluzioni: doveva eliminarla. Non poteva lasciarla andare via.
All'improvviso, con un sinistro crok, una figura alta e orribilmente bianca apparve alle spalle della ragazza.
«Perdi il tuo tempo, Potter! Ho già sentito tutto!»
«Davvero?» fece la ragazza, stupita.
«Sì. La collana è magica. Porta i suoni fino a colui che ha l'altra metà.»
La tizia si guardò il ciondolo con aria perplessa. Harry Potter era basito.
«Beh, non è stato tanto corretto, sai?»
«Beh, non è stato tanto corretto nemmeno far materializzare due cavalli nel mio salotto, vero?»
Harry li guardò senza parole. Quei due battibeccavano come il signore e la signora Weasley..
«Là vendono del gelato.»
«Cosa?» fece Voldemort, seguendo il dito che la ragazza puntava.
«Cosa?» fece Harry, vedendo che, in effetti, c'era un chiosco del gelato, un paio di centinaia di metri più in là, lungo il fiume.
«Voglio un gelato. Sono secoli che non mangio un gelato.»
Harry guardò vacuamente Voldemort. Lui stava sospirando teatralmente, la bacchetta molla lungo il fianco.
«Lene? Forse ti è sfuggito che sto parlando con il mio arci-nemico Harry Potter?»
«Beh, potete anche continuare mentre mangiamo il gelato…»
Harry, cercando di approfittare della distrazione dell'altro, scagliò una maledizione. Voldemort la parò quasi distrattamente, mentre obiettava: «A me non va il gelato.»
«Non essere sciocco. A tutti va il gelato.»
«Non capisci, adesso dovrebbe esserci uno scontro all'ultimo sangue.»
«A me va il gelato,» disse Harry, che iniziava a sentirsi un po' confuso. In fondo la ragazza aveva ragione. Potevano sempre scannarsi dopo.
«TUTTO QUELLO CHE AVRAI SARA' UNA MORTE IMPIETOSA!» strillò Voldemort che stava perdendo l'aplomb.
Lene gli diede uno schiaffo su un braccio. «Non essere scortese,» sussurrò.
Harry Potter vide Voldemort come afflosciarsi.
«E va bene…» sussurrò, »… compratevi il maledetto gelato… io… non vi sopporto più! Tutti e due!»
Dettò questo si smaterializzò bruscamente, lasciando Lene e Harry a guardarsi con aria stupita.
«Hey,» commentò Harry, riponendo la bacchetta. «Bella mossa.»
Lene si strinse nelle spalle.
«Gliene porterò un cono. Non poteva dire sul serio.»







StrangeLandsChronicles © 2005
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