[Home] [Fanfic e Original] [Fanart] [News] [Links] [Glossario] [Mail]
barra spaziatrice
[Stampa] [Scarica] [Capitolo 2] [Scenario 4]


Titolo: Sotto la neve
Autore: Joker
Serie: original
Pairing: original
Rating: PG - yaoi
Parti: 1/--
Status: in lavorazione
Archivio: HSC

barra spaziatrice


: Sotto la neve :

< Joker >



Correvo. Correvo e correvo. Correvo come non avevo mai fatto prima. Sotto la neve che cadeva, sulle strade ghiacciate nel mezzo della notte. Stavo sul serio tornando a casa? Oppure stavo fuggendo senza meta? Mi fermai per guardarmi intorno. I fiocchi di neve s'impigliavano tra i miei capelli neri, si fermavano sulle mie ciglia e si posavano sulla mia bocca. Potevo sentirne il gelo sulle labbra. Lo leccai via con un rapido movimento della lingua mentre cercavo di capire dove ero finito. Dove mi ero portato. Era tardi e intorno a me non si vedeva anima viva. Calli deserte, campi deserti, canali deserti. E la neve continuava a scendere.
Dovevo assolutamente tornare a casa o mi sarei preso una broncopolmonite coi fiocchi. Mi passai le mani infreddolite sui jeans umidi e poi ripresi a correre.
Ecco, ora a destra, poi quella calle fino in fondo, poi a sinistra e poi c'è casa. Ecco... il panificio all'angolo, la cartoleria e... casa.
Il portone di legno mi trasmette una sensazione di salvezza. Di protezione. Sono salvo, penso. Nulla potrà più sconvolgermi quando sarò a casa mia.
Sbuffando nuvole di fumo per il fiatone, cerco le chiavi nel mio giaccone.
«Darren!» una voce dietro di me. No, non può essere... non qui... non a casa.
Ignoro il rumore di passi dietro di me e continuo a cercare la chiave.
«Darren, guardami!» no... no... non voglio guardarti. Tu mi hai rovinato e io non voglio più vederti. Mai più.
Un freddo metallico sulle mani. Le chiavi! Presto, devo fare presto ad aprire il portone, ho ancora qualche secondo.
«Darren...» una mano si posa sulla mia spalla. La sua mano. Tempo scaduto Darren.
Lascio le chiavi penzolare dalla toppa e decido di affrontare la cosa.
In effetti ora mi accorgo che fuggire non ha senso.
Mi giro, lentamente. Sento scivolare via la sua mano dalla mia spalla.
«Ares... cosa vuoi?» chiedo con voce stanca... col mio strano accento da straniero.
«Darren...»
«Lo so come mi chiamo, Ares... dimmi cosa vuoi... cosa vuoi ancora da me?»
Lo guardo negli occhi neri come la pece, animati da uno strano luccichio.
«Perché sei fuggito?» parole sussurrate, roche.
Perché sono fuggito? Già, perché?
«Perché mi fai ribrezzo Ares!»
Un fremito percorre l'uomo davanti a me mentre si passa una mano tra i corti capelli ricci.
Poi sorride. Sornione.
«Ribrezzo eh? Sicuro che sia per quello?»
I suoi occhi penetranti mi fissano così intensamente che non riesco a sostenerne lo sguardo. Abbasso il capo e, fissando per terra rispondo:
«Sì, certo... perchè altro dovrebbe essere?»
C'è rabbia dentro di me... se potessi gli spaccherei la faccia.
«C'è che io ti piaccio Darren...»
Fulminato. Rimango attonito a fissargli le scarpe. Cosa ha detto? COSA ha detto?
Lo guardo di nuovo negli occhi. La neve tra le mie ciglia, tra i suoi capelli.
«Come ti permetti Ares? Come ti permetti di dire una cosa del genere? Dopo quello che hai cercato di fare...»
«Stavo solo cercando di farti capire... ma tu non vuoi farlo...» ora sorrideva triste.
«Ti capisco, Darren... ci sono passato anch'io...»
«NO! Non ci sei passato anche tu! Tu sei un dannatissimo bugiardo! Io ho una ragazza! Io sto comprando la casa! Io non sono come eri tu... io non sono un uomo solo Ares!»
Ora lo fisso con odio. Come si permette di entrare così nella mia vita. Nella mia vita perfetta e normale. Per quale motivo vuole trascinarmi nella sua odiosa anormalità?
Lui continua a guardarmi sorridendo.
«Che cazzo hai da ridere?»
Non risponde, ma si avvicina di più a me. Posso sentirne il fiato sui miei capelli.
«Cosa credi di fare?»
Di nuovo non risponde, ma m'immobilizza alla porta di legno dietro di me. Tento di divincolarmi, ma non posso competere con la sua prestanza fisica.
Rabbia rabbia rabbia per quello che mi sta facendo passare.
Poi d'improvviso la sua voce calda nell'orecchio:
«Stai a vedere, Darren.»
Una scossa elettrica mi percorre la schiena e per un momento sono incapace di reagire.
Ares ne approfitta. Comincia a baciarmi e a mordicchiarmi l'orecchio gelato. Il contatto con la sua bocca ardente mi fa fremere. Deve finirla qui. Non riesco a parlare. Ho la gola arida.
«Smettila...» balbetto deciso, ma la mia voce suona più come un pigolio poco convincente che come un ordine.
«Certo, Darren...» sussurra ora la sua bocca mentre sfiora il mio collo. Le sue labbra morbide carezzano la mia carne palpitante.
«V-voglio che tu la smetta...» purtroppo la mia voce è ancora più flebile di prima e strappa un sorriso al mio torturatore. Lo avverto sulla mia pelle. Lui sorride... e non si ferma.
Dal mio collo passa alla mandibola, seguendone la linea con la lingua.
Poi si avvicina alla mia bocca, cominciando a torturare anche quella... ne ripassa i contorni con la lingua avanti e indietro avanti e indietro con lentezza esasperante.
Muovo le labbra in cerca della sua bocca, voglio fermarlo, ma ogni volta che mi avvicino lui si allontana e si rifugia a torturarmi l'orecchio.
Accidenti a lui! Sta succedendo di nuovo! Che diavolo mi aveva fatto? Mi aveva stregato? Mi aveva drogato? Perché non riesco a resistergli?
Dovrei liberarmi da lui, spingerlo via. Spingerlo e chiudergli la porta in faccia. Si, devo fare così... io devo... ma non riuscirei a muovermi nemmeno se lui non mi tenesse le braccia.
Intanto continua a baciarmi il collo e le orecchie sussurrando parole che non capisco.
Non in questo momento.
Si blocca un attimo, fissandomi negli occhi. Ha le guance arrossate e gli occhi luminosi.
E' bellissimo.
Poi si abbassa di nuovo su di me, baciandomi gli occhi, il naso, le guance.
Ma io voglio la sua bocca... la cerco disperatamente con la mia.
No, no... io non la voglio... non è possibile... voglio solo che se ne vada. Che mi lasci in pace.
Ma nello stesso tempo sento l'immediato bisogno di baciarlo, di fondermi con lui subito senza aspettare ancora...
D'improvviso lui scosta di nuovo il viso, mi fissa e ritira le mani con mio profondo disappunto.
«Ora se mi vuoi devi venire tu da me... ma devi ammettere che mi vuoi Darren...» la sua voce è roca per l'eccitazione. Io respiro a fatica. So che posso averlo se confesso di volerlo.
Ma io non posso volerlo sul serio. Sono giunto a questo punto solamente perché lui conosce, non so come, i miei punti deboli. Sa esattamente cosa mi fa impazzire, e ci riesce maledettamente bene.
Ma io non voglio lui. Voglio Lorena.
Lorena. Un nome lontano.
«Stavo pensando a lei... pensavo a lei mentre giocavo con te!» la mia voce è dura, carica di disprezzo.
Un lampo di rabbia attraversa i suoi occhi. Si rialza del tutto e si scosta da me.
«Non sarebbe lusingata se sapesse che sei stato con un uomo pensando a lei... tanto meno con suo fratello...»
Si gira e se ne va a passi lenti nella neve.
Mi lascia lì, insoddisfatto e addossato contro la porta di legno di casa mia col fiato corto, le guance arrossate e i capelli in disordine.
Le chiavi infilzate nella schiena mi riportano alla realtà.
Mi giro ed entro in casa. Ho ceduto di nuovo. Due volte nella stessa sera... cosa diavolo mi succede? Io amo Lorena e desidero lei, non suo fratello!
Mi tolgo il giubbotto, accolto dal calore del mio salotto, e corro in bagno a sciacquarmi.
Mi lavo il viso, strofino collo e orecchie là dove mi aveva baciato. Mi lavo i denti e sciacquo più volte, per dimenticarmi il gusto della sua pelle. Per cancellare ogni sua traccia.


barra spaziatrice

Non ho dormito. Non ci sono riuscito. Ogni volta che chiudo gli occhi vedo la sua faccia arrossata dal freddo e dall'eccitazione. Il solo pensiero di essere stato io ad eccitarlo eccita anche me.
Ma perché? Perché?
La mia vita prima di Ares era lo stereotipo della vita normale... discreto successo con le ragazze, uscite con gli amici, studio piacevole.
E poi avevo conosciuto Lorena. Una persona speciale che mi sembrava di conoscere da sempre. Interessi simili, intesa praticamente perfetta. Non avevo mai incontrato una come lei. Mi faceva stare in pace con me stesso.
Forse troppo in pace per un ragazzo di venticinque anni... la prima volta che l'avevamo fatto l'aveva voluto lei. Mi aveva praticamente buttato sul letto. Era stato dolce, tranquillo... troppo tranquillo. Tra noi due mancava la passione. Ma non era il caso di farci caso visto la nostra intesa.
Così era ormai un anno che stavamo assieme e quattro che ci conoscevamo. Volevamo sposarci perché "Dove la trovo un'altra anima gemella?" diceva lei.
E lo dice ancora. Ora che mi ha presentato alla sua famiglia.
Ricordo ancora quando venni a trovare i suoi a Venezia. Abitavo in un appartamento per studenti a Padova... era l'ultimo anno di Scienze Politiche e stavo per laurearmi.
Avevo conosciuto Lorena tre anni prima al corso di diritti umani e per la pace. Era dotata di tanta convinzione, passione ed energia che me n'ero innamorato praticamente subito, ma c'era voluto un po' per chiederle di uscire.
E poi quella sera fatidica. La cosa che tutti i fidanzati temono di più: la presentazione ufficiale in famiglia. Sarei piaciuto loro? Lorena mi aveva detto di avere un fratello molto protettivo... sarei piaciuto anche a lui? Ironia della sorte...
Mi ero vestito al meglio possibile e poi avevo preso il treno da Padova per Venezia. Lorena mi aspettava alla stazione. Era raggiante.
I suoi furono squisiti ed entrai subito in simpatia a tutti. Tutto andava perfettamente finché suo fratello non rientrò da lavoro. Ci stringemmo la mano con cortesia, ma notai una grande freddezza e distacco da parte sua. Non me ne preoccupai eccessivamente visto che Lorena mi aveva raccontato che era un tipo piuttosto schivo e burbero.
La notte la passai lì.
I suoi mi avevano preparato una camera vicino a quella di Lorena, così, quando tutti andarono a dormire, lei mi venne trovare per sentire le mie impressioni.
Ridemmo e scherzammo per un po', lei era tutta felice per come era andata la serata.
E poi cominciò a baciarmi come quando lo voleva fare.
Io ero stanco, ma non potevo rifiutarla, non quando era così felice.
Suo fratello entrò esattamente quando io avevo addosso solo i pantaloni e lei era già in mutandine e reggiseno.
La faccia che fece quando ci vide mi fece pensare che si sarebbe messo ad urlare, e invece disse, pacato:
«Ehi Lory... se ti sentono i vecchi rischi di far crollare le loro buone impressioni sul futuro genero...»
Lory e suo fratello si erano guardati sorridendo, poi lei si era rivestita sussurrando un "Hai ragione Ares... come al solito," mi aveva baciato e se n'era andata.
Ares era rimasto a fissarmi con uno sguardo strano. Poi era venuto a sedersi sul letto vicino a me e aveva chiesto:
«Darren... tu la ami veramente?»
Gli avevo risposto di sì, ovviamente, che non doveva assolutamente preoccuparsi eccetera eccetera.
Lui mi fissava intensamente mentre parlavo. Guardava le mie mani, la mia bocca i miei occhi. Forse voleva capire se ero sincero, pensai. Ed in un certo senso era così.
Si congedò con una frase che non capii: «Bene... sarà così allora... o mio o suo. Riposati Darren, buona notte.»
Ebbi modo di capire cosa intendeva solo dopo la laurea.
Avevo deciso di trasferirmi a Venezia e avevo trovato lavoro presso un amico del padre di Lory.
Ero felice. Avevo tutto quello che potevo desiderare. Oltretutto avevo parlato di Lorena ai miei, i quali avevano detto di essere felicissimi e che sarebbero venuti a farsi un mese in Italia per starmi vicino prima del matrimonio.
Ma non riuscivo ancora ad andare d'accordo con Ares. Durante i pranzi di famiglia mi metteva sempre in imbarazzo fissandomi insistentemente, o facendomi strane domande. Poi, una volta che mi offrii di aiutare Lorena a sparecchiare lui fermò la sorella dicendo che era giusto si riposasse ogni tanto e che ci avremmo pensato io e lui a fare tutto.
Ci avevamo riso tutti sopra e io avevo accettato di fare il cameriere.
Stavo sistemando i piatti nella scafa quando lui aveva deciso di aiutarmi e mi si era messo a fianco.
La sua presenza mi faceva sentire strano e a disagio.
E poi, ad un certo punto, mi aveva sfiorato con noncuranza il braccio con la sua mano mentre si sporgeva a prendere un piatto.
Era stato lieve e soffice come una carezza, ma ebbe su di me un effetto devastante.
Fui percorso da un brivido che mi fece cadere il piatto di mano. Solo il crash del piatto che si rompeva, cadendo nel lavabo mi risvegliò.
Da quel momento in poi cercai sempre di evitare di restare da solo con Ares. Ma non era facile. Nessuno sospettava ciò che provavo tranne lui, che faceva di tutto per rimanere solo con me.
Vi furono altri incidenti come quello, ma niente di più fino... a ieri sera.


barra spaziatrice

Forse sarebbe meglio che mi rimetta dormire... mi giro e mi rigiro tra le lenzuola e non riesco a togliermelo di testa. Le scene sono vivide nella mia testa. Il suo odore e il suo sapore sono ancora lì, nonostante abbia cercato di lavarli via.
Quella sera, Lorena era andata a fare la spesa con sua madre e aveva lasciato a casa me con suo padre e suo fratello.
Avevo parlato del più e del meno col signor Giovanni, poi lui si era scusato ed era andato nel suo studio a finire di sistemare alcune carte. Era successo di nuovo quello che non volevo: ero da solo con Ares. Mi ero messo alla finestra sopra il termosifone, a scaldarmi le mani mentre guardavo scendere i primi fiocchi di neve.
Non mi accorsi di nulla finché non sentii una mano poggiarsi sulla mia schiena. Una mano forte e calda.
Sobbalzai e non mi mossi, come paralizzato.
La mano salì e scese lungo tutta la mia spina dorsale provocandomi acute fitte all'inguine. Poi scese più giù a carezzarmi le natiche insinuandosi nello spazio tra le cosce. Io sudavo copiosamente e non ero in grado di muovermi. Infine le mani mi afferrarono per i fianchi e mi fecero voltare come un burattino.
Mi trovai a fissare il volto di Ares illuminato da una strana luce.
Qualcosa scattò in me e cercai di parlare ma il respiro mi si mozzò in gola. Le sue mani ora si erano fatte più esigenti e stavano abbassando la cerniera dei miei pantaloni.
Quando mi aveva slacciato il bottone? Non ero in grado di dirlo. Non ero in grado di pensare.
Scariche e fremiti di eccitazione percorrevano tutto il mio corpo come mai era successo.
Ora le sue mani avevano spinto via i jeans e mi accarezzavano nel fulcro della mia eccitazione.
«Ares... c-che cosa stai facendo?» il mio era perlopiù un roco sussurro, ma riuscì a fermarlo.
Sorrise dolcemente e sussurrò:
«Tu mi piaci Darren... mi piaci dal primo momento che ti ho visto. E ti desidero... e ora so che non mi ero sbagliato...»
Non si era sbagliato? D'improvviso realizzai, il sangue smise di annebbiarmi i sensi e ripresi padronanza di me.
Allontanai le sue mani e esclamai:
«Smettila! Tu... tu sei un uomo... e... e io sono un uomo. E poi sto con tua sorella!»
Ares non sembrava essersela presa e aveva aggiunto:
«E' questo il problema Darren... tu vuoi me e non mia sorella... tu le vuoi bene ma non potrai mai amarla !»
«Cosa stai dicendo! Io amo tua sorella... tu... tu mi hai ingannato! Non so che mi sia preso adesso a lasciarti fare...»
«Darren tu sei gay!»
Le mie mani, intente a riallacciarsi i pantaloni si bloccarono. Gay? Secondo lui io ero GAY? Ma cosa diavolo andava dicendo?
«Tu sei pazzo! Come accidenti ti viene in mente una cosa del genere? Come puoi pensare questo su di m...»
«Perché vedo cosa provi quando faccio così...»
E senza lasciarmi il tempo di reagire mi aveva leccato un orecchio mozzandomi ancora una volta il respiro.
Non era possibile, non poteva essere!
Dovevo andarmene, fuggire da lì, fuggire da lui.
Lo avevo spinto indietro, avevo raggiunto l'ingresso, afferrato il giubbotto appeso accanto alla porta ed ero uscito di corsa.
Mi ero precipitato giù per le scale e mi ero messo a correre.
A correre sotto la neve che cadeva sempre più forte e sempre più fredda.


... continua ...













HotSpringCircle & SDE Creations © 2002 - 2006
© Joker