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Titolo: Sotto la neve
Autore: Joker
Serie: original
Pairing: original
Rating: NC17 - yaoi
Parti: 3/--
Status: in lavorazione
Archivio: HSC

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: Sotto la neve :

< Joker >



Eccola lì la casa che ha sconvolto la mia vita.
Chissà se Lorena è in casa o, come me, sfoga la sua rabbia camminando per Venezia.
C'è solo un modo per scoprirlo: suonare e aspettare.
«Chi è?» la voce di sua madre.
«Salve signora, sono Darren...»
Spero solo che la madre non sappia nulla, altrimenti non mi farà mai entrare.
«Sì, Darren... ti apro.» No, non sa nulla. Bene, almeno risparmierò il terzo grado dei parenti.
Salgo gli scalini due a due.
Alla porta la signora Antonia mi sta aspettando sorridente.
«Buongiorno signora...»
«Oh, ciao Darren... allora come stai? Ti sei ripreso dal malore di ieri? Dai, entra che ho appena fatto il tè.»
«Sto meglio, si grazie e mi scuso tanto per ieri... un tè con questo freddo ci vuole proprio!» prima però devo assolutamente trovare il modo di andare da Lorena. «Senta, ma... Lory è a casa?»
Lei mi guarda con sguardo dolce.
«Sì, Darren... ti prego... so che avete litigato, ma... è normale tra innamorati, no? Mi ha detto di non farti entrare se venivi, però... credo che prima risolvete la faccenda e meglio è per tutti, no?»
Già... meglio è per tutti.
Non riesco a guardarla negli occhi mentre mormoro un:
«Farò del mio meglio, signora...»
«Non ne dubito,» sorride.
«Vai, è in camera sua... ricordati che poi ti aspetta una bella tazza di tè!» dice, mentre tira fuori le tazze dalla credenza.
Esco dalla cucina e vado verso camera sua. Il cuore batte forte e sono agitatissimo.
Ho paura di perderla. Perderla per sempre. Ed è inutile dirmi che dovevo pensarci prima.
Devo concentrarmi. Devo aggiustare tutto ad ogni costo e farle capire quanto lei sia importante per me, anche se non possiamo più stare assieme.
Dunque, se non ricordo male è l'ultima porta del corridoio. O era la penultima?
Accidenti! Sono stato qui un sacco di volte, come faccio a non ricordarmelo più?
No, sono sicuro. E' l'ultima, quella a fianco del bagno.
Dovrò bussare? Sarà chiusa a chiave? C'è solo un modo per scoprirlo.
Abbasso cautamente la maniglia e spingo.
Non è chiusa a chiave, perciò entro.
Mi aspetto di tutto. Urla, pianti, parolacce, silenzio o calma assoluta.
Ma, non appena guardo nella stanza, mi sento mancare.
Un groviglio pulsante di mani, braccia e gambe nell'angolo vicino al letto.
Ansiti che si bloccano nel momento in cui si accorgono della porta aperta.
E di me.
E io mi perdo in quegli occhi freddi che conosco bene.
Neri come l'ebano.
E altri due, sconosciuti. Azzurri come il ghiaccio.
«A... ares...» un rantolo soffocato esce dalla mia bocca.
L'uomo dagli occhi azzurri mi fissa con aria sorpresa. Ha la camicia slacciata, i capelli tutti arruffati e le labbra gonfie.
«La stanza di Lorena è a fianco.»
La voce gelida di Ares mi riporta alla realtà.
Non parlo neanche. Non riesco ad emettere nemmeno un suono di scuse.
Indietreggio e chiudo la porta dietro di me.
E la cosa che non mi spiego è che mi sento completamente annientato.
Non riesco quasi a respirare o muovermi.
Sto solamente qui,accasciato tra la porta di Ares e di Lorena.

Sembra passata un'eternità quando sento un rumore nel corridoio.
La porta del bagno si apre e ne esce Lorena.
Io alzo la testa, ancora intorpidito, e la guardo.
La sua espressione passa dallo stupore, alla rabbia in rapida successione.
Sta per urlarmi qualcosa ma si ferma.
Io continuo a fissarla da lì per terra. Devo avere un'espressione veramente pietosa.
Lei si avvicina, s'inginocchia e mi guarda negli occhi.
«Vieni in camera... io e te dobbiamo proprio parlare...»
E mi prende per un braccio, mi fa alzare come un bambino e mi porta in camera sua.
In silenzio chiude la porta e mi fa sedere sul letto disfatto.
Non riesco ancora a parlare.
«Darren...»
La guardo. I suoi caldi occhi verdi. Così dolci, così diversi da quelli del fratello.
«Oh Lory... Lory, io...» stringo i pugni e continuo
«Io... non so se mi perdonerai mai... però...»
Devo continuare. Devo dirle tutto quello che provo, altrimenti non capirà mai.
«Però... ascoltami prima di decidere di non vedermi più... p-perché non posso accettare di perderti... non per delle stupide parole...»
La guardo per vedere se capisce la gravità della situazione.
Ma come faccio ad avere dubbi su di lei? Eccola lì, pronta ad ascoltarmi, con gli occhi spalancati e l'espressione triste ma attenta.
E le racconto tutto. Le parlo di Ares, della sera in cui abbiamo lavato i piatti assieme, del motivo della mia fuga la sera prima, dei miei rimorsi, dei sentimenti che provo per lei, dei dubbi e persino di Matthew. Non ho mai parlato così con nessuno. Ma prima d' ora non c'è n'era mai stato bisogno.
Adesso è indispensabile farlo. Lo devo a lei.
Lei mi ascolta senza interrompere. Ha gli occhi lucidi e le labbra strette, ma non piange.
E io parlo parlo parlo parlo.
E poi non ho più nulla da dire. Mi sono svuotato, ho detto tutto per la prima volta nella mia vita.
Un interminabile monologo. Sarà servito?
La guardo piangere silenziosamente senza sapere che fare.
Poi d'improvviso alza la testa e mi sorride.
«Sono onorata di essere la prima persona che può dire di conoscerti...»
Io la guardo stupito e imbarazzato accenno ad un sorriso.
«Ora mi sono chiare molte cose... e capisco tutto. Solo, Darren... dammi un po' di tempo... ho bisogno di... assimilare e accettare... devo... ho capito quanto non sia stato facile per te... ma non lo è nemmeno per me e, sul serio.. .ti voglio bene, lo sai, ma devo... devo accettare di non poterti amare. E non ci riuscirò mai se ci vediamo sempre...»
«Sì io... oh Lory... io...»
«Aspetta... non ho finito.»
Si è asciugata le lacrime e ha uno sguardo determinato.
«Tra... te e... Ares... insomma... potreste aspettare a... fr... aspettare a frequentarvi...»
Le ultime parole le ha dette tutte di fila come per togliersi il pensiero.
Distolgo lo sguardo.
«Lory... non devi preoccuparti di questo, perché..»
Mi fermo. Peso le parole, respiro a fondo e...
«Tra me e lui non ci sarà mai nulla. Puoi starne certa!»
Di sicuro non ho nessuna voglia di avere a che fare con quello stronzo.
«Ma come? Ma tu non avevi detto che... insomma a me sembrava di aver capito che tra...»
«Probabilmente era quello che avevo capito anch'io.» La interrompo
«Ma avevo capito male... proprio male... la mente gioca brutti scherzi a volte!»
Ho la gola secca e mi accorgo di fissare insistentemente la trapunta del letto.
L'immagine di poco prima è ancora una ferita fresca.
L'ennesimo tradimento. L'ennesima fregatura.
Non imparerò mai.
«Hai visto Raffaele, suppongo...» commenta lei.
Raffaele?
«Se ha gli occhi azzurri... allora l'ho visto» sospiro.
Sospira anche lei. Poi mormora:
«Che situazione assurda... non credi?»
«Già...»
Ommioddio sono proprio un individuo pessimo. Come diavolo mi è venuto di venirle a dire tutte queste cose... deve stare malissimo.
Alzo di nuovo lo sguardo su di lei. Sta fissando la coperta.
«Comunque Darren... preferisco sapere la verità... anche se è dura da mandar giù... insomma...»
Ecco... come al solito mi legge nei pensieri.
Silenzio. Ognuno è perso nelle sue riflessioni..
«Senti... ti va una tazza di tè?» domanda lei ad un tratto. «So che mamma l'ha appena fatto e... credo ci farebbe bene, sai?»
«Dio mio Lory, ma come fai!?» esclamo.
Lei mi guarda sorpresa.
«Come fai a... a perdonare così? Ad essere così comprensiva con tutti? A non volermi spaccare la faccia e buttarmi fuori di casa? Come puoi... offrirmi una tazza di tè dopo tutto quello che...»
Mi tappa la bocca con la mano.
«Tengo troppo a te per non perdonarti, Darren. E ora... dai, che il tè si fredda!»
Si alza, apre la porta, mi sorride e poi esce dalla camera.
Io rimango seduto ancora un po'.
Chissà che diavolo avrà mai visto in me, lei, che nessun altro ha mai visto.
Si, decisamente un po' di tè caldo non può fare che bene.
Mi alzo e vado in cucina.

I nostri due volti sono ancora piuttosto tirati, ma l'atmosfera è molto più serena di prima. Ed io mi sento leggero come non mai. E' una sensazione piacevolissima. Sono finalmente in pace con me stesso. E non l'ho persa. Lei ci sarà ancora per me nel futuro.
Come amica, come punto di riferimento. E io ci sarò per lei, di questo sono certo.
E Ares... per quanto mi riguarda può andare a farselo mett...
«Arrivederci a tutti!»
Mi giro di scatto. L'uomo dagli occhi azzurri è affacciato alla porta della cucina.
Ci sorride mentre saluta.
«Oh ciao Raffaele... sicuro che non ti va una tazza di tè?»
«No no, grazie signora... devo proprio scappare!» sorride.
«Va bene allora... torna pure a trovarci! Mi fa sempre piacere conoscere gli amici di mio figlio!»
L'uomo, sorride ancora, forse un po' più imbarazzato stavolta, e poi se ne va.
"Gli amici di mio figlio..." povera signora Antonia... se sapesse cosa ci fa Ares con i suoi... amici.
«Tesoro... tu la vuoi una tazza di tè?»
Ares è sulla soglia, poggiato mollemente sullo stipite della porta.
Distolgo lo sguardo e inizio a sorseggiare il tè. Non devo lasciarmi annientare da lui.
Non merita nulla. Niente di nulla!
«Si, ma' grazie... un po' di tè caldo mi ci vuole! Non abbiamo fatto altro che discutere del progetto che dobbiamo preparare per la fine del mese! Sono stanchissimo!»
Mi viene voglia di gettargli il tè bollente in faccia mentre espone a sua madre i problemi di lavoro!
"Discutere del progetto..." ma che razza di faccia di bronzo!
Dirlo davanti a sua sorella, che sa tutto, e davanti a me che li ho visti.
Mi accorgo che mi sta tremando la mano.
Poggio la tazza e deglutisco a fatica il liquido caldo che ho in bocca.
Viscido viscido viscido. Mi sento mancare l'aria. O esco o lo prendo a pugni.
Guardo l'orologio, balzo sulla sedia e , con voce falsamente preoccupata esclamo:
«E' già così tardi? Accidenti! Ho un pranzo a cui non posso mancare! Mi scusi signora...»
«Oh, figurati Darren non c'è problema...»mi sorride lei.
«Beh... Lory... ci sentiamo eh?» e le do un rapido bacio sulla guancia.
Saluto nuovamente ed esco.
Finalmente aria.
Gli spazzini hanno accumulato la neve fresca negli angoli.
Vedo un cumulo bello grosso. Gli tiro un pugno.
Due. Tre. Quattro. Perdo il conto. Comincio a sferrare calci e a urlare.
Le mani si sono congelate ed arrossate. Mi stanno guardando tutti.
Devo decisamente sparire. M'infilo in una calle e lascio alle mie spalle la folla.
E i resti del cumulo di neve ormai sparsi nuovamente sulla strada.

Non ho fame. Nemmeno un briciolo, ma so che devo mangiare. L'ultima volta che l'ho fatto è stato ieri a pranzo perciò se non voglio morire, sarà meglio ingurgitare qualcosa.
Posso andare alla solita rosticceria, quella vicino Rialto. Lì fanno delle mozzarelle in carrozza buonissime!
Ma appena ci metto piede decido che il mio stomaco non riuscirebbe a digerire una mozzarella.
No, meglio un tramezzino.
Tramezzino e spritz, ecco quello che mi ci vuole!
Ordino al banco, poi mi siedo su un sedile alto. Poggio lo spritz sul ripiano di vetro e addento il mio tramezzino.
Avrebbero potuto metterci anche segatura, ma io non me ne sarei accorto.
Mi sembra di masticare plastica insapore.
Bevo un sorso di spritz. Accidenti se l'hanno caricato! E' fortissimo!
Sento il liquido bruciare giù per lo stomaco vuoto. Addento pensoso un altro po' di tramezzino.
«Ehi, salve! Ci si rivede!»
Mi sento battere la spalla e mi volto.
Un volto familiare di un uomo biondo mi sorride. Dove diavolo l'ho già visto?
«Allora, ha risolto i suoi problemi di donne?» mi chiede sorridente.
«Accidenti! Ecco chi è lei! L'uomo di Punta della Dogana!» esclamo battendomi una mano sulla fronte.
«Esattamente... Matteo Favaro, per servirla,» accenna scherzosamente ad un inchino.
Sto al gioco.
«Molto lieto di conoscerla! Darren Jones!» dico chinando il capo.
Poi bevo un altro sorso di spritz, e addento l'ultimo pezzo di tramezzino.
Intanto lui si ordina da mangiare: una mozzarella in carrozza fumante ed uno spritz.
«Beh,Darren, non hai risposto alla domanda... hai risolto?»
Lo guardo pensoso.
«Sì, beh, i problemi di donne li ho risolti... ora diciamo che ho un problema col fratello della donna...»
Ma che diavolo mi è saltato in mente di dirgli? Accidenti, lo spritz a stomaco vuoto deve avermi sciolto la lingua.
«Eh... i fratelli sono sempre super gelosi e iperprotettivi, vero? Ne so qualcosa... ma dimmi, è maggiore o minore di lei?»
Bene... non ha fiutato quali sono i problemi di fratelli che ho. D'altro canto come avrebbe potuto?
E' una situazione talmente improbabile.
«Maggiore, maggiore,» rispondo, «una vera e propria rogna! Mi fa gli interrogatori, mi mette in imbarazzo davanti a tutta la famiglia... sul serio impossibile!»
«Mamma mia... i minori invece piagnucolano sempre e arrivano pure a minacciarti! Te lo giuro non si possono sopportare! Alla fine mi sono messo anche a corteggiarlo per farlo smettere!»
E scoppia in una risata divertita.
"A corteggiarlo? Il fratello?" Anche a lui lo spritz deve aver sciolto la lingua.
«A corteggiarlo?» lo guardo stranito.
Lui smette di ridere e arrossisce.
«Sì beh... così... nel senso che facevo finta che se non la smetteva lo incantonavo da qualche parte e... gliela facevo vedere insomma... ma era solo uno scherzo per spaventare un sedicenne idiota...»
Io sono sempre più stranito.
Mi vedo la faccia terrorizzata del ragazzino, mentre Matteo lo minaccia.
«Sì dai, insomma Darren... non credere che io... che io sia uno di quelli, eh? Guarda che mi piacciono le donne!»
Sembra imbarazzato. Forse si sta pentendo di avermi rivelato quella cosa che per lui era divertente.
E in effetti magari è divertente. Sì che lo è!
Scoppio a ridere. Una risata tra l'isterico e l'ubriaco.
Mentre lo ascoltavo ho finito lo spritz che ora circola a piede libero nel mio sangue.
Matteo mi guarda un momento e poi scoppia a ridere anche lui.
Per fortuna che il chiacchiericcio continuo della rosticceria copre le nostre risate.
Quando ci calmiamo abbiamo entrambi le lacrime agli occhi.
«Sì beh dai, non preoccuparti,» lo rassicuro. «Ho capito la situazione! Io... io invece, pensa, io sono uno di quelli! E non potrei mettermi a minacciare così il fratello di lei perché... ha già minacciato lui me!»
E scoppio di nuovo a ridere.
Lo trovo davvero esilarante. Mi ero cacciato in una cazzo di situazione del cazzo! Ed è veramente tutto da ridere!
Matteo però non ride. Mi fissa quasi preoccupato.
Io sono ubriaco. Davvero ubriaco. E con un solo spritz!
Non mi preoccupo di quello che gli ho detto. Non ho la mente abbastanza lucida per preoccuparmene in questo momento.
Sto ancora ridendo quando mi viene improvvisamente da piangere. E allora mi scendono lacrime dagli occhi. E mi calmo.
Non so se qualcuno mi sta guardando, ma non me ne frega. Non me ne frega più niente!
Magari me ne torno in Australia.
Matteo si alza dalla sedia, paga, mi prende sottobraccio e mi fa uscire.
L'aria fresca mi sferza la faccia e mi raffredda le lacrime.
Mi porge un fazzoletto con cui mi asciugo gli occhi.
Intanto continuiamo a camminare in silenzio.
La mente mi si snebbia sempre di più, e riesco a camminare anche da solo.
Ma lui non molla la presa. Probabilmente non è convinto che mi sia passata.
Non so dove siamo. Venezia a volte sembra tutta uguale e si perde il senso dell'orientamento.
Ora non ci sono più turisti, solo calli strette, cumuli di neve e qualche signora con le borse della spesa.
Ad un certo punto Matteo si ferma e mi poggia sul muro di una calletta.
«Come stai?» chiede preoccupato.«Ti sei un po' ripreso? Normalmente le passeggiate schiariscono le idee..»
«Sì...» mormoro, «ora sto meglio... grazie...»
Mi sta ancora fissando.
«Senti...è vero quello che mi hai detto? O era solo il delirio di un ubriaco?»
Accidenti... cosa gli dico? Lo sanno tutti che in vino veritas. Ma io non ho intenzione di dire un'altra volta quelle cose. Quelle cose che non ho mai ammesso neanche a me stesso. Non so nemmeno come ho fatto a dirgliele! Che diavolo m'è preso!
Resto in silenzio. Vorrei dire "mi dispiace" o "restiamo amici, tanto non ci provo con te" ma non mi esce che una specie di singulto.
«Dimentica,» lui dice.
E poi tutto avviene in un lampo.
La sua bocca sulla mia. Sento i suoi denti graffiarmi il labbro inferiore, le sue mani che mi premono lo guance e mi fanno aprire la bocca.
I nostri denti cozzano, le nostre lingue si incrociano. Le sue mani mi percorrono la cerniera del giubbotto e la slacciano con foga.
Non sono in grado di pensare. Vedo solo Ares e Raffaele.
Sento solo la sua voce fredda. "La stanza di Lorena è a fianco."
Slaccio velocemente i bottoni del suo cappotto e infilo le mani sotto il suo maglione.
La camicia. La tiro fuori dai pantaloni e metto le mie mani gelide sul suo addome caldo.
Lo sento gemere mentre graffio la sua pelle. Mi slaccia i pantaloni con urgenza.
Lo prendo per le spalle e lo sbatto sull'altra parete della calle mentre continuo a baciarlo con violenza.
Sento il sapore del sangue del mio labbro ferito. Le sue labbra calde, la pelle ruvida della sua faccia.
Stringo i suoi capelli con una mano mentre lui mi morde il collo.
E poi scende. Scende verso i miei pantaloni slacciati. Si inginocchia a terra e mi abbassa i boxer.
Io continuo a stringere i suoi capelli, lo incito a continuare.
Mi piace, lo voglio ancora.
Immagino che quella che stringo sia la testa di Ares.
La rabbia mi fa spingere la sua testa ancora più a fondo. Su e giù.
E poi un'esplosione di colori davanti a me. E vengo.
Aggrappato ai suoi capelli e al muro che si sbriciola sotto le mie mani.
Guardo giù. Vedo i suoi occhi brillare. Lo vedo deglutire soddisfatto.
«Era da tanto che lo volevo, Darren...» mormora mentre si alza.
E solo in quel momento mi sale la consapevolezza di quello che lui ha appena fatto.
Ha inghiottito. Mi sale la nausea al solo pensiero.
«P-perché l'hai... perché Matteo...»
Mi scosto un po' da lui mentre mi tiro su i boxer e chiudo i pantaloni.
Lui si alza e si spolvera i pantaloni rimettendosi a posto la camicia.
«Sono pazzo di te dal primo momento che ti ho visto chino sulle carte...» sussurra con voce ancora un po' affannata.
Chino sulle carte?
«Ma... noi ci siamo visti solamente quella volta... alla Salute...»
Lui ridacchia, mentre si riordina i capelli spettinati.
«Tu non ti sei mai accorto di me, ma... io lavoro con te! Sono il ragazzo degli archivi. Ti porto sempre pile di scartoffie sul tavolo. Tu sei sempre talmente concentrato che non mi vedi neppure... ma io...»
Il ragazzo degli archivi?
«E volevo assolutamente conoscerti, ma in ufficio non avrei potuto parlarti liberamente. Così ho cominciato a seguirti... e... io c'ero l'altra sera...»
L'altra sera?
«V-vuoi dire ch-che c'eri... c'eri quando...»
«Sì... quando quel ragazzone ti ha bloccato sulla porta di casa tua. Il fratello maggiore, suppongo...»
Lui mi aveva seguito? Da quanto tempo mi controllava? E io non me n'ero mai accorto?
«Perciò i... i nostri incontri... i nostri incontri non erano... casuali...»
«No... direi di no.» Sorride, poi riprende: «Ora che lo sai io e te potremo essere felici assieme, no? Insomma, ho visto che... mi desideri anche tu...»
Lo guardo con gli occhi sbarrati. In che cavolo di guaio mi sto andando a ficcare?
Devo ragionare in fretta, perlomeno per togliermi da questa situazione.
«Ehm... beh... senti io... ehm... io devo rifletterci sopra...»
Accidenti, questa scusa patetica non la uso dai tempi del liceo!
Il suo viso si oscura un momento, ma poi sorride.
«Sì, beh...è logico tu voglia rifletterci sopra... chiamami quando vuoi, eh?»
E così dicendo m'infila in mano un bigliettino da visita col suo numero di cellulare.
Poi si spolvera un'ennesima volta il cappotto e, sempre sorridente mi dice:
«Bene... ora io vado di là... e tu vai da quell'altra parte... è una scorciatoia se vuoi arrivare a casa tua!»
Ommioddio! Sa anche le scorciatoie per arrivare a casa mia.
«E... pettinati prima di ricomparire in strada!E anche una spolveratina non... beh... vieni qui..»
E così dicendo mi prende, mi gira e comincia a darmi grandi pacche sulla schiena per eliminare il calcinaccio che si era fermato sul giubbotto.
Poi mi bacia sulle labbra e se ne va.
Anch'io me ne vado. Seguo la strada che mi ha indicato lui ed effettivamente arrivo a casa mia.
Non ho mai passato delle vacanze natalizie così assurde.
Ed ora comincio pure ad avere paura. Quella casa, che mi è sempre sembrata un porto sicuro, è come se fosse stata violata. Come se io fossi stato violato.
Mi butto sul letto, esausto.
Prima di obliare tutto nel sonno, penso: Matteo... Matthew... sono perseguitato.
Magari è un segno del destino?
L'ultima cosa che sento prima di addormentarmi è il profumo di Matteo.
Mi avvolge, entra nelle narici e quasi mi soffoca.
Come andrà a finire?
Non lo so.
Non lo so proprio.


... continua ...













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