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Titolo: L'arrivo dell'inverno
Autore: Sadako
Serie: Darkover di Marion Zimmer Bradley e il gioco "The Elvas Project" ad esso ispirato
Pairing: Dana x Illa x Dana
Spoiler: primo incontro tra Dana e Illa dopo la fondazione di Elvas. Conclusione dell'omonimo racconto di Illa
Rating: NC-17 - Yuri
Parti: 1
Status: concluso
Disclaimer: tutti i diritti su Darkover sono di Marion Zimmer Bradley e di chi la rappresenta. I personaggi di Elvas appartengono agli autori delle storie che li coinvolgono
Archivio: HSC

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: L'arrivo dell'inverno :

< Sadako >



Dana fece una rapida sosta nelle cucine della Torre, prelevando qualche barra di frutta secca e miele e un paio di porzioni di frutta essiccata e di stufato, che trasportò nella sua stanza dentro una delle gavette che nei primi tempi utilizzavano per tenere al caldo il cibo durante le interminabili ore di ristrutturazione dei palazzi sopravvissuti all'antica catastrofe.
Ripercorse per l'ennesima volta la serra, diretta verso la Casa della Gilda, fermandosi anche nella loro cucina per prepararsi un po' di jaco da portarsi dietro. Non aveva voglia di passare il resto della serata con le sue sorelle e voleva mangiare nella pace della sua camera, in silenzio e davanti al camino. L'aver trascorso l'intero pomeriggio con Loreena e Kasentlaya, nel tentativo di insegnare un po' di disciplina alle due giovani, l'aveva sfinita e ora desiderava solo silenzio e solitudine.
Lungo il corridoio che portava alle scale incrociò Madre Gwennis, anche quella sera pronta ad uscire per raggiungere Shann, il suo libero compagno, e il loro figlioletto.
Si salutarono con un cenno e Dana, salendo verso la sua stanza, provò una fitta di invidia.
Un paio di sorelle, dalla sala comune al pian terreno, le chiesero a gran voce perché non si univa a loro, ma Dana declinò con tatto l'invito. Non aveva nessuna voglia di ascoltare le chiacchiere sui nuovi arrivati o le ultime novità riguardanti questa o quel membro della comunità.
Quando, finalmente, raggiunse la sua camera, ringraziò Avarra per aver scelto di non dividere con nessuno la sua stanza.
Ricordò che, al momento del loro arrivo nella valle, erano stati molto contenti di aver trovato intatta qualche costruzione e, quella che sembrava essere stata una piccola caserma o una casa nobiliare fortificata, era diventata la sede della sorellanza dalla prima notte trascorsa nella valle.
Il lavoro di ristrutturazione era stato breve e dopo poco tutti gli ambienti dello stabile erano stati resi abitabili.
Quando Dana aveva optato per una delle stanze al primo piano, che conservava ancora la parvenza di un terrazzo, Shonnach era restata a dir poco sconvolta.
Mai e poi mai avrebbe dormito in una stanza dove sarebbe stato facilissimo entrare scalando le pareti esterne, utilizzando quel moncone di terrazzo come un formidabile punto di appoggio.
Quando Dana le aveva fatto notare che non aveva mai menzionato il fatto che avrebbero diviso la stessa camera, Shonnach aveva assunto un'espressione ferita e non le aveva rivolto la parola per giorni... la settimana più tranquilla della sua vita, ripeteva ancora adesso Dana, quando ripensava a quei momenti.
La cosa che aveva convinto Dana a decidere per quella camera era proprio quel moncone di muratura che sporgeva dal muro esterno e che era da tempo ricoperto da rampicanti... rampicanti che non aveva mai rimosso e che rendevano un'eventuale scalata estremamente difficoltosa a chiunque non avesse l'agilità di un gatto.
Peccato che, fino a quel momento, quell'appiglio non fosse stato di alcuna utilità.
Dana aprì con difficoltà la porta, con le braccia cariche di cibo e della brocca colma di jaco, e, una volta dentro, imprecò mentalmente contro le sue sorelle.
Chiunque fosse entrata nella camera, forse volendole fare una gentilezza accendendo il camino, aveva comunque lasciato la finestra aperta. Con la neve che aveva cominciato a cadere sempre più fitta, il pavimento si sarebbe presto coperto di bianco come le colline circostanti.
Dana posò il cibo sul basso tavolino davanti al fuoco, mentre sistemò il contenitore con il jaco su una pietra sistemata allo scopo poco fuori il focolare, in modo che il liquido brunito restasse caldo il più a lungo possibile.
Senza neppure togliersi gli stivali da esterno, si diresse alla finestra per chiudere le imposte di legno e sistemare i tendaggi, che avrebbero impedito al caldo del camino di disperdersi all'esterno.
Solo raggiunta la finestra Dana percepì il laran della persona che da giorni tentava di localizzare.
«Da quando ti sei fatta crescere i capelli?» chiese a mo' di saluto la figura rannicchiata sulla sporgenza del muro.
«Dall'ultima volta che ci siamo viste,» Dana sentiva il cuore batterle all'impazzata, anche se dalla sua voce non traspariva alcuna emozione. «Hai intenzione di entrare, o ti trovo domani mattina congelata là fuori?»
Rispondendo con un monosillabo, la figura ammantata saltò agilmente sul davanzale della finestra e poi dentro la stanza.
«Puoi anche chiudere,» sollecitò mentre si toglieva il mantello fradicio di neve. «Qui si gela.»
«Se avevi tanto freddo potevi anche restare dentro, invece che bagnarti fino al midollo!» commentò ironica Dana, sporgendosi per chiudere le pesanti imposte.
"Adesso può anche nevicare quanto vuole," pensò mentre tirava le tende. "Tanto non fa più nessuna differenza."
Si voltò lentamente, cercando di calmare i battiti del proprio cuore. Non aveva nessuna intenzione di farsi vedere agitata come una fanciulla alla sua prima Festa del Solstizio da quella testa dura della sua libera compagna.
Nel frattempo Illa si era liberata del mantello e se ne stava tutta intirizzita, negli abiti altrettanto umidi, rannicchiata davanti al fuoco.
«Illa, breda,» sospirò Dana, facendo voltare la donna, «Ti spiacerebbe toglierti anche quei vestiti, prima di prenderti un accidente?» le consigliò, lanciandole il copriletto di pelliccia che stazionava ai piedi del letto.
Illa le lanciò un'occhiataccia mentre si toglieva, con una lentezza esasperante, gli abiti bagnati.
«Puoi anche evitare di fissarmi a quel modo!» esclamò, lanciando a Dana uno dei suoi stivali.
«Ottima idea,» approvò l'amazzone, ricordandosi solo in quel momento di avere ancora indosso le pesanti calzature da esterno.
Approfittando dell'attimo di distrazione della compagna, Illa finì rapidamente di spogliarsi e si avvolse nella pelliccia.
Non voleva che Dana si accorgesse che non stava tremando solo per il freddo.
"Per i nove inferni di Zandru! Non ero così agitata neppure la prima volta che ho ucciso un uomo!" si rimproverò mentalmente Illa.
«Ottimo!» esclamò Dana, prendendo i vestiti della mercenaria e mettendoli ad asciugare accanto al camino.
«Come facevi a sapere che era la mia stanza?» chiese poi con noncuranza, rimescolando lo stufato sul fuoco, per riscaldarlo un po'.
«Nh!» rispose Illa, fallendo nell'impossibile tentativo di afferrare una delle barre al miele senza scoprirsi dalla pelliccia. «Chi altri poteva andare a prendere l'unica stanza facilmente raggiungibile dall'esterno?!»
Dana sorrise, riempiendo una ciotola con lo stufato caldo. «Naturalmente tu saresti riuscita ad entrare senza difficoltà anche in una di quelle all'ultimo piano,» la punzecchiò avvicinandosi. «Hai fame?»
Lo sguardo di Illa avrebbe incenerito chiunque, ma Dana si sedette ridendo davanti alla compagna, con la ciotola in una mano e un cucchiaio nell'altra.
«Allora?» allungò invitante un cucchiaio colmo di stufato.
Illa fece per tirare fuori una mano, ma la pelliccia scivolò fino a scoprirle completamente un fianco. Un brivido di freddo le corse lungo la schiena, mentre uno di eccitazione la penetrò molto più profondamente mentre Dana faceva scivolare il suo sguardo lungo la pelle nuda restata scoperta.
«Khi'sama!» sibilò ricoprendosi in fretta e accettando con manifesta riluttanza il cibo dalle mani della compagna.
«Bastarda?» ribatté Dana, quella era una delle parole preferite di Illa in un dialetto semisconosciuto delle Terre Aride. «Sì,» aggiunse,«anch'io ti amo.»
Restarono in silenzio, mentre Illa finiva la ciotola di stufato.
«Devi mangiare anche tu,» disse, dopo l'ultimo boccone. «Hai passato tutto il pomeriggio con quella mocciosa.»
«Come...» Dana era sempre più sorpresa dal fatto che continuava a sorprendersi delle uscite della compagna. «Dove eri nascosta?»
Illa si strinse nelle spalle, guardandola mentre finiva rapidamente la sua parte di stufato e, altrettanto voracemente, una manciata delle barre al miele.
«Qui nei dintorni,» rispose. «Non volevo correre il rischio di incrociare la pazza.»
Dana alzò gli occhi al cielo. «Shonnach non è pazza,» non sarebbe stato normale un loro incontro senza che Illa non spendesse qualche parolina dolce per la sua affezionata Sorella.
«Ma se vogliamo parlare di lei...»
«Non si può avere una tazza di jaco?» cambiò rapidamente discorso Illa.
Dana versò il liquido caldo ed aromatico in una tazza, da cui bevve un rapido sorso per controllare che non fosse troppo caldo, poi la avvicinò alle labbra della compagna.
«Starai scherzando!» sbottò Illa.
«Lo vuoi o no?» Dana fece per riporre la tazza.
«Me la pagherai...» mormorò Illa, preparandosi a subire anche quell'atroce tortura.
Nonostante la mano di Dana fosse ferma, un po' di jaco scivolò lungo il mento di Illa, che cercava di finire la bevanda il più rapidamente possibile.
«Guarda che disastro,» la rimproverò Dana, appoggiando la tazza vuota e avvicinandosi alla compagna.
Illa era pronta a ritrarsi, temendo che l'altra volesse anche asciugarle il mento come ad una bambina.
Afferrando i bordi della pelliccia, in modo che Illa non potesse ritrarsi, Dana cominciò a baciarle il viso, leccando via con lentezza metodica il jaco che era colato.
Illa non riuscì a reprimere il brivido che i baci di Dana avevano scatenato.
«Hai ancora freddo?» chiese Dana, interrompendosi.
«Bah'ka!» sibilò Illa, afferrando Dana per la camicia e tirandola di nuovo verso di sé.
"Stupida?" si chiese mentalmente Dana, chiudendo gli occhi mentre le sue labbra si aprivano sotto l'urgenza di Illa, permettendo ai suoi baci di diventare sempre più profondi e coinvolgenti.
Il desiderio accumulatosi in loro in un anno di lontananza esplose con violenza.
Liberandosi della pelliccia che le frenava i movimenti, Illa cominciò a spogliare Dana.
«Ma non siete capaci di vestirvi come persone normali!» ansimò frustrata, non riuscendo a togliere nemmeno uno degli strati degli abiti dell'altra.
Staccandosi dalla compagna, Dana si sfilò la larga camicia e il coltello che portava nascosto sotto di essa, mentre Illa quasi le strappava via a morsi la cintura.
«Sta buona...» disse, spingendola via, sfilandosi i pantaloni e il corpetto che indossava a contatto con la pelle.
Completamente nuda, con indosso solo il sacchetto di velluto che conteneva la sua matrice, Dana tornò a voltarsi verso Illa.
La donna la fissava con una fame animalesca che le traspariva dallo sguardo, le iridi rosse del riflesso delle fiamme.
Dana sedette sulla pelliccia, tirando verso di sé la compagna e facendola sedere sulle sue gambe, in modo che quelle di Illa potessero chiudersi dietro la sua schiena, bloccandole in quella posizione.
Le due donne ripresero a baciarsi, più profondamente. Dana lasciava che la lingua di Illa esplorasse ogni centimetro della sua bocca. Offrendo di tanto in tanto un po' di resistenza, per assaporare ogni spinta che l'altra doveva fare per forzare il blocco, mettendoci molta più energia di quanto fosse necessario.
Ben presto i baci di Dana entrarono in sintonia con i movimenti del bacino di Illa che, nel frattempo, esplorava con le mani ogni centimetro di corpo della compagna che le fosse possibile raggiungere.
Il contatto diretto dei loro corpi aveva completamente annullato le barriere che potevano esserci tra le loro menti e, nonostante Illa continuasse a ripetere di non avere laran, in quel momento entrambe potevano sentire quello che l'altra stava provando.
Illa afferrò Dana per la corta coda, tirandole la testa all'indietro e baciandole, mordicchiando, il collo e le spalle, spingendosi verso l'alto e sfregando il suo corpo contro quello della compagna.
"Illa, no..." riuscì a pensare Dana, pochi secondi prima che l'orgasmo, incontrollabile e non previsto, scuotesse entrambe, lasciandole senza fiato.
«Non credevo,» ansimò Illa, poggiando la fronte sul petto della compagna, «un anno è stato lungo... » sorridendo, Dana le passò una mano tra i capelli, giocando con il nodo della fascia che Illa portava sempre sulla fronte. «Ma non credevo sarebbe stato così... rapido.»
La nota dispiaciuta nella voce di Illa risvegliò immediatamente Dana che, con uno scintillio negli occhi, afferrò con forza i capelli corti e neri dell'altra, tirandole indietro la testa.
Il volto arrossato di Illa e i suoi tentativi di divincolarsi fecero aumentare il desiderio dell'Amazzone e, senza rispondere ai soliti insulti della compagna, Dana le afferrò le mani, bloccandogliele dietro la schiena.
Cominciò a mordicchiarle il collo, risalendo verso l'alto per tormentarle prima i lobi delle orecchie, poi le labbra, stuzzicandola senza concederle quello che sentiva stava desiderando.
Continuando a tenerle immobilizzate le braccia, la costrinse a stendersi sulla pelliccia e, sdraiandosi sopra di lei per impedirle di scalciare, cominciò a baciarla mentre, con la mano ancora libera, le accarezzava, solleticandola, un seno.
Il corpo di Illa sembrava quello di un'adolescente. Magra e nervosa, un seno grande appena per riempire la mano che la stava accarezzando con sempre più spinta.
Dana sollevò il viso da quello della compagna, assaporando ogni tratto dei suoi lineamenti, sempre più arrossati, gli occhi socchiusi, come le labbra che Illa stava tormentando mordendosi il labbro inferiore per impedirsi di gemere.
Dana le tolse la benda dalla fronte, scoprendo la cicatrice che la attraversava. Sapeva che la pelle era molto più sensibile in quel punto e era questo il motivo che aveva costretto la mercenaria ad indossare sempre una benda protettiva.
Cominciò a percorrere la pelle che ricopriva la cicatrice con la punta della lingua, consapevole del fatto che non era lì che la compagna la stava sentendo. Solo quando dalle labbra di Illa sfuggì un gemito, Dana cominciò a scendere, baciando, mordicchiando, succhiando, passando dal volto, al collo fino a raggiungere il piccolo seno della compagna.
I capezzoli erano già turgidi ed eretti e il gemito che uscì dalle labbra di Illa fece scendere un lungo brivido di piacere anche lungo la schiena di Dana.
Mentre con la mano libera accarezzava e premeva uno dei seni, con la bocca leccava e succhiava il capezzolo dell'altro, mordicchiandolo di tanto in tanto, per strappare a Illa qualche altro lamento.
Illa cominciò ad inarcare la schiena, offrendosi ai baci e alle carezze di Dana che, stimolata dalla reazione della compagna, diventava più brutale e insistente sul piccolo seno.
Ormai Illa non cercava più di divincolarsi e Dana pensò fosse arrivato il momento di andare oltre.
Lasciando le mani di Illa, portò anche l'altra mano sul seno e, con pressione sempre maggiore, continuò ad accarezzarlo.
Lentamente cominciò a scivolare verso il basso, strusciando il proprio corpo contro quello madido di sudore dell'altra.
Le mani di Illa si afferrarono alla pelliccia, il corpo inarcato al massimo mentre la lingua di Dana scivolava dal solco tra i seni giù, verso il ventre, risalendo poi baciando e mordendo la pelle bianca e sudata.
Sentiva che Illa desiderava di più, ma non voleva ancora appagare il suo desiderio. Quindi continuò a scivolare verso il basso, allargandole le gambe e accarezzando ora l'interno delle cosce, ora il seno, ora i glutei di Illa, senza darle modo di capire dove si sarebbero posate nuovamente le sue labbra o si sarebbero stretti i suoi denti.
Quando i gemiti di Illa cominciarono a farsi più frequenti, Dana afferrò le sue gambe e se le fece passare sopra le spalle, tenendole sollevato il sedere con le mani.
In quella posizione Illa non poteva praticamente muoversi e afferrò con rinnovato vigore la pelliccia sotto di lei, mordendosi le labbra per reprimere l'ennesimo singulto.
Dana osservò soddisfatta lo stato a cui aveva portato Illa, ma non era ancora abbastanza.
Cominciò baciandole e leccando con solo la punta della lingua l'interno delle cosce, avvicinandosi sempre di più all'obiettivo, ma senza neppure sfiorarlo se non con il suo respiro rovente.
Sentiva i muscoli di Illa tendersi sotto le sue mani e il respiro alternare momenti di apnea ad altri in cui gemeva dalla frustrazione.
Quando brividi di piacere cominciarono a percorrerla tutte le volte che Illa tratteneva il fiato, Dana decise che non c'era motivo di trattenersi oltre.
Con la punta della lingua si incuneò tra le grandi labbra e si spinse, premendo leggermente, verso l'alto, provocando un'improvvisa esplosione di piacere che quasi le tolse il respiro.
Si riprese rapidamente, mentre Illa continuava a gemere ed inarcarsi, facendo faticare Dana che, con difficoltà crescente, cercava di seguire i movimenti del bacino della compagna.
Quando non fu più possibile, la bloccò a terra e le fermò le gambe con le mani, allargando così il campo delle operazioni.
La sua lingua, nel frattempo, non aveva mai perso il contatto con il corpo di Illa, continuando a frugare tra le grandi labbra, premendo e spingendo, quando la sentiva trattenere il respiro, e titillando il clitoride quando sentiva che la tensione scemava leggermente, per scatenare un nuovo picco di piacere.
Continuò così fino a quando una mano di Illa le afferrò i capelli, tirandole con forza una ciocca. Ormai Illa non poteva più aspettare, per quanto Dana si stesse divertendo a tormentarla. Era giunto il momento di portare a termine il lavoro.
Spostandosi in una posizione più comoda, che le permetteva di portare una mano all'altezza dell'inguine di Illa, si concentrò con la bocca solo sul clitoride, non solo tormentandolo con la punta della lingua ma mordendolo e succhiando, a seconda delle risposte che otteneva da Illa.
Quando sentì che la compagna aveva ormai raggiunto il limite, lasciò che due delle dita della mano destra penetrassero a fondo, scivolando poi dentro e fuori, aumentando la spinta con l'inarcarsi della schiena di Illa.
Quando temette di non riuscire più ad andare oltre, l'orgasmo di Illa esplose, coinvolgendo anche lei, lasciandole per la seconda volta senza respiro.
Mentre Illa riprendeva lentamente fiato, Dana restò ferma con il volto tra le gambe della compagna, rallentando progressivamente i movimenti della mano e della lingua, fino a fermarsi del tutto.
A quel punto si risollevò, sedendosi con le spalle appoggiate ad uno sgabello imbottito, osservando con aria soddisfatta il risultato finale del suo lavoretto.
Illa si sollevò a fatica sui gomiti, ancora rossa in viso e ansimante.
«Togliti quell'espressione dalla faccia!» le intimò. «Appena riprendo fiato, ti giuro che me la paghi!»
Tornò ad abbattersi al suolo, braccia e gambe allargate, per offrire all'aria fresca della stanza più pelle accaldata possibile.
«Dannati telepati!» sbottò, tra un sospiro e l'altro.
Dana ridacchiò sommessamente, non si sentiva mai così soddisfatta come quando portava Illa al limite estremo di sopportazione, per poi farla esplodere completamente.
Si stiracchio con voluttà. Di certo non era rimasta indifferente e, per poco, non era venuta anche lei.
«Ho sete,» la voce di Illa sembrava quella di una moribonda.
«Abbiamo solo jaco,» le ricordò lei, accorgendosi solo in quel momento che il fuoco nel camino stava lentamente esaurendosi.
«Fa lo stesso, non credo sia caldo più di me,» sbottò Illa, tentando faticosamente di mettersi a sedere.
Dana ridacchiò nuovamente, mettendosi in ginocchio e girando le spalle alla compagna per raggiungere la brocca di jaco posata sul tavolo lì accanto.
Una mano ferma e risoluta la bloccò contro lo sgabello imbottito, mentre l'altra le tirava indietro la testa, tenendola per la coda.
«Non si girano mai le spalle al nemico,» sibilò Illa a pochi centimetri dal suo orecchio. «Dovresti saperlo.»
Dana cercò di divincolarsi, ma Illa la bloccava con il suo corpo contro lo sgabello, mentre la mano che prima l'aveva immobilizzata era corsa sul suo seno.
Continuando a tenerle la testa reclinata all'indietro, Illa le mordicchiò un orecchio, scendendo poi sul collo e fermandosi sulla spalla, mentre la mano premeva e artigliava il seno, strappando gemiti dalle labbra di Dana.
«Sembra che dovrò fare meno fatica,» le sussurrò all'orecchio, lasciandole i capelli e portando entrambe le mani sul seno più generoso della compagna.
"Chissà cosa ci trova in me?" si chiese Illa, deliziata dalla sensazione di pienezza che il seno di Dana trasmetteva alle sua mani.
«Bak'ha...» sospirò Dana, in risposta, inarcandosi lievemente quando con due dita Illa tirò, strizzando leggermente, un capezzolo.
Spostandosi leggermente di lato, Illa afferrò le braccia di Dana, portandole dietro la schiena e immobilizzandole, continuando a tenere fermo il resto del corpo contro lo sgabello.
Da quella posizione Illa riusciva a raggiungere il seno dell'altra anche con il viso e cominciò a baciare, succhiando e mordendo con più violenza di quanto aveva fatto Dana con lei.
Illa doveva ammettere che forse, in certi casi particolari, anche lei possedeva un certo gradiente di laran.
Con i loro corpi premuti uno contro l'altro, e dopo quello che aveva appena fatto, Illa poteva sentire con estrema sicurezza quello che Dana stava provando e si comportava di conseguenza... o quasi.
Avvicinò il volto a quello di lei, afferrandole un labbro con i denti e mordicchiandolo senza pietà.
«Ti piacerebbe vero?» le chiese, sapendo che Dana avrebbe voluto sentire le sue mani non sul seno ma più in basso. «Ma dovrai soffrire ancora un po'!»
Le tirò via la fascia che teneva legati i capelli, registrando con una parte della sua mente che era lo stesso tessuto della sua benda.
Con rapidi movimenti legò le mani di Dana dietro la schiena, la rigirò e la fece sedere sullo sgabello. Le baciò il viso, premendo la sua lingua tra le labbra e spingendola in profondità, lasciandola più volte senza fiato.
Le sue mani intanto ne percorrevano il corpo, premendo e artigliando, creando spasimi e lunghi brividi che costringevano Dana ad inarcarsi e strusciare contro il ventre di Illa, saldamente incuneata tra le sue gambe.
Continuò così per un po' poi, non più soddisfatta, Illa si sedette a cavalcioni sulle gambe della compagna, osservandole il viso, accaldato e rosso come doveva essere stato il suo poco prima.
«Va meglio?» le chiese divertita. Dana scosse la testa, negativamente. «Ottimo!» esclamò Illa, passando le mani dietro il corpo di Dana e liberandola dal laccio. «Perché sono solo all'inizio!»
Dana non fece in tempo a ribattere che Illa l'aveva di nuovo costretta a girarsi, in ginocchio davanti allo sgabello.
La donna si afferrò saldamente al pesante tessuto del rivestimento, mentre le mani di Illa si erano nuovamente posate sul suo seno e con la lingua stava percorrendo la spina dorsale, provocandole brividi di piacere.
Dana raggiunse presto il limite, eccitata anche da ciò che aveva fatto in precedenza a Illa, quindi a questa non restò che procedere.
Raddrizzandosi leggermente, spinse Dana fino a quando non si trovò completamente distesa sullo sgabello, poi le allargò le gambe, accarezzandole i glutei e l'interno delle cosce, avvicinandosi lentamente all'obiettivo, come prima aveva fatto con lei.
Chinandosi leggermente, fece scivolare una mano sotto il corpo della compagna, afferrando un seno, mentre con l'altra si faceva strada da dietro verso il clitoride.
Dana inarcò la schiena, gemendo, quando le dita di Illa cominciarono a premere, girando lentamente sopra il clitoride. Per tutta risposta Illa premette il suo corpo ancora più strettamente contro quello di Dana, per impedirle il più possibile i movimenti.
Con la mano sul seno ripeteva i movimenti che l'altra stava eseguendo più in basso e quando, di tanto in tanto, la mano si allontanava per andare a stimolare altre zone, quella sul seno lo afferrava e stringeva, strappando lamenti e sospiri di piacere a Dana.
Quando Illa si sentì abbastanza soddisfatta, tolse la mano dal seno, portandola a dare soccorso all'altra che, sempre premendo, restò fissa sul clitoride.
Quando le sue dita la penetrarono, Illa temette che Dana raggiungesse immediatamente il culmine. Rallentò allora i movimenti, per far calare di poco la tensione e, non appena il pericolo fu scongiurato, riprese da dove era stata interrotta.
Dana si afferrò con più forza allo sgabello, mentre le mani di Illa la conducevano con implacabile lentezza all'orgasmo ma, tutte le volte che sembrava essere sul punto di esplodere, Illa rallentava i movimenti, le dita dentro il suo corpo smettevano di spingere e i muscoli di Dana tornavano a rilassarsi... fino a quando tutto ricominciava da capo.
"E sei tu che ti lamenti dei telepati?" sbottò mentalmente Dana. La risata divertita di Illa le confermò che la compagna aveva percepito perfettamente il suo pensiero.
Per tutta risposta Illa inserì un altro dito e le spinte si fecero più metodiche, profonde e costanti. Questa volta non si interruppe quando Dana fu sul punto di raggiungere l'orgasmo e, come era capitato con lei, vennero entrambe, contemporaneamente.
Illa si lasciò andare sulla schiena della compagna, ansimando quasi quanto lei.
«Illa?»
«Nn...»
«Togliti di dosso, per favore...»
Illa si risollevò, lasciandosi andare lunga distesa sulla pelliccia, seguita rapidamente da Dana.
Fianco a fianco, entrambe senza energia, restarono per qualche istante senza parlare. Poi Illa, sospirando, si girò su un fianco, sollevandosi ed appoggiando la testa su una mano. Sentendo il suo sguardo su di sé, Dana aprì gli occhi e si voltò a guardarla a sua volta.
Non avevano mai avuto bisogno di tante parole, fin da quando la loro relazione era cominciata. Erano tre anni, ma le volte che erano state assieme superavano di poco le dita di due mani.
«Hai deciso di fermarti stabilmente qui?» chiese alla fine Illa, allungando una mano per spostare una ciocca di capelli dalla fronte sudata della compagna.
«Sì,» sospirò Dana, girandosi sul fianco ma restando distesa.
Illa le fece scivolare una mano lungo il volto, chinandosi a baciarla dolcemente. «Ci divertiremo molto meno,» ribatté.
Dana ricascò sulla schiena, ridendo. «Non mi era sembrato!» esclamò.
Illa continuò ad accarezzare il corpo di Dana, questa volta solo per il gusto di sentire la pelle della compagna sotto le dita.
«Niente più risse, scontri. Solo sesso, quelle volte che mi trascinerò fin qui!» insistette Illa.
Dana non rispose, assaporando in silenzio le carezze dell'altra, ma la sua espressione faceva capire a Illa che non stava dando molto peso alle sue parole.
La mercenaria sospirò, sdraiandosi accanto a lei, il capo posato nell'incavo della sua spalla, riscaldandosi quando il braccio dell'Amazzone le cinse le spalle, fermandosi ad accarezzarle i capelli.
«Troverai il modo di scatenare qualche rissa anche qui... e non è detto che, di tanto in tanto, non ci sia bisogno di andare da qualche parte.»
Illa non rispose, continuando con le sue carezze.
«Non ho intenzione di fermarmi...» "per sempre," concluse mentalmente.
"Non te lo sto chiedendo," rispose Dana. «Sei qui adesso,» aggiunse poi a voce alta.
Si girò leggermente, per poter guardare Illa in volto.
Restarono a fissarsi, occhi negli occhi, per un tempo incalcolabile, continuando ad accarezzarsi a vicenda fino a quando il desiderio non tornò a svegliarsi.
Non ebbero bisogno di parlare, avvicinarono le labbra e si baciarono, un bacio lungo ma calmo, da gustare a fondo.
Le mani scesero lentamente fino ai fianchi, raggiungendo ognuna il sesso dell'altra e, con lentezza, senza il bisogno di arrivare per forza fino in fondo, continuarono con le carezze, rispondendo prontamente alle richieste come prima si erano ben guardate dal fare.
Si portarono verso il culmine, adeguando il loro ritmo in modo da essere perfettamente sincronizzate. Poi, una volta raggiuntolo, continuarono ancora, assaporando ogni sensazione fino all'appagamento totale, senza più riuscire a capire chi fosse l'una e chi l'altra.
Vennero così, assieme e silenziosamente.


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Illa si svegliò di soprassalto con l'ultimo guizzo della fiamma. Col caminetto spento sarebbero presto congelate. Dana si era avvolta con un lato della pelliccia, ma la schiena era scoperta adesso che lei si era scostata.
«Dana, andiamo a letto,» disse, scuotendola delicatamente.
La donna mugugnò qualcosa, ma non diede cenno di volersi muovere.
Illa si inginocchiò nuovamente accanto alla compagna, solleticandole il fianco e il fondoschiena.
«Smettila, voglio dormire,» borbottò Dana, allontanandole la mano.
«Appunto,» sottolineò Illa. «Dormire, in un letto, al caldo.»
«Nn... siamo già qui, perché muoverci...» ribatté Dana, coprendosi il più possibile con la pelliccia.
Illa si spazientì, decidendo di passare alle maniere forti, mordendo, non troppo forte al principio, quella parte del sedere di Dana che era rimasta scoperta.
«Illa!» esclamò Dana. «Piantala!» ma ancora non era decisa a muoversi.
Il secondo morso, più profondo e doloroso, la convinse che forse era il caso di assecondare Illa e, trascinandosi dietro la pelliccia, si diresse brontolando tra i denti, verso il letto.
Illa sospirò scuotendo la testa.
Prima di raggiungerla sotto le coltri fece una rapida sosta in bagno. "Non sarò io a dovermi alzare tra un paio d'ore al freddo," commentò tra sé, infilandosi sotto le coperte accanto alla compagna.
Non appena si fu distesa al suo fianco, Dana le cinse le spalle con un braccio, stringendola protettivamente contro di sé.
Sorridendo, Illa si lasciò andare, scivolando in un sonno profondo e senza sogni, come non le capitava da più di un anno.














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