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Titolo: Destini
Autore: Amy & SDE Creations
Serie: Darkover di Marion Zimmer Bradley e il gioco "The Elvas Project" ad esso ispirato
Pairing: Brydar x Reidel x Tristam
Spoiler: In occasione della morte del primo figlio di Brydar, lui e Tristam rievocano l'anno trascorso assieme nei Cadetti
Rating: NC17 - X - threesome - Yaoi
Parti: 1
Status: concluso
Disclaimer: tutti i diritti su Darkover sono di Marion Zimmer Bradley e di chi la rappresenta. I personaggi di Elvas appartengono agli autori delle storie che li coinvolgono
Archivio: HSC

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: Destini :

< Amy & SDE Creations >



La separazione

Erano passati poco più di dieci giorni dall'arrivo di Tristam e dei suoi amici a Castel Comyn.
Grazie all'aiuto di Kylar le condizioni di Miralys stavano migliorando rapidamente e, anche se il fisico era ancora debole, per lo meno il suo animo aveva ritrovato la voglia di vivere.
Brydar era andato fino alla locanda dove il cugino aveva trascorso quelle lunghe giornate e stava attendendo che Tristam e Aleki facessero la loro comparsa. Kylar, il solo restato a Castel Comyn, stava facendo i suoi bagagli e li avrebbe raggiunti di lì a poco.
Il locale era saturo dei profumi della mattina: i biscotti, il latte riscaldato e il forte odore di jaco appena fatto e della carne che sfrigolava sui mattoni.
La mente di Tristam sfiorò la sua, sicura e forte come una stretta di mano e un sorriso. "Buongiorno Brydar."
Suo cugino stava scendendo di gran carriera le scale mentre, a pochi gradini di distanza, lo seguiva Aleki, avvolto in un mantello semplice con un piccolo ricamo ad impreziosirlo, un vezzo che contrastava coi vestiti estremamente semplici che indossava.
"Buongiorno a voi," Brydar lanciò un cenno di salito ai due amici. "Volevo ordinare qualcosa, ma non sapevo cosa avreste gradito."
Tristam e Aleki si sedettero al tavolo, indecisi sul da farsi.
"Per ora porteranno solo del jaco," continuò Brydar, "poi vedrete. Io non ho molto appetito oggi."
"Preferisco tenermi leggero per il viaggio," rispose Tristam facendo scrocchiare le articolazioni delle dita.
«Potreste rendermi partecipe dei vostri pensieri, comh'ii?» chiese con gentilezza Aleki, facendo così notare ai due cugini la loro mancanza di tatto nell'usare la telepatia davanti ad un atelepate come lui.
I due comyn si scambiarono uno sguardo colpevole. Come spesso accadeva quando dei telepati si incontravano, la conversazione proseguiva su canali non udibili da chi non era dotato di laran.
«Scusateci, Aleki,» borbottò Brydar. «L'abitudine.»
Il cristoforos rispose con un cenno del capo e un sorriso sincero.
«Suppongo steste discutendo di cibo e viaggio. Meglio rimanere leggeri, tanto più che mangeremo qualcosa in sella durante il cammino. Spero che i cavalli si siano riposati abbastanza. Il tempo come promette, dom Brydar? Di sicuro conoscerete meglio di noi il clima di Thendara di questi tempi.»
Brydar ripensò rapidamente ai commenti colti dai vari commerciati sulla strada per la locanda. «I mercanti del posto dicono che avremo nuovamente pioggia sul finire del giorno,» rispose, richiamando la cameriera con un cenno del capo. «Ma sembra che il clima comincerà a peggiorare tra un paio di giorni.»
«Speriamo non peggiori troppo o dovremo allungare ulteriormente il viaggio! Credo che la Custode potrebbe irritarsi tremendamente se venisse privata ulteriormente del suo migliore monitore e del suo primo tecnico,» commentò Tristam, osservando la cameriera che si allontanava con le loro ordinazioni, ondeggiando leggermente sotto la lunga gonna color sabbia.
Brydar sospirò. «Tra due giorni mi aspettano nuovamente in servizio,» sospirò, quasi rilanciando la situazione critica descritta dal cugino. «Il fatto positivo e che non dovrò più vedere mio nonno per un po'.»
«Avrete nuovamente modo di far parlare di voi. Oppure, privo dell'appoggio di Tristam, riuscite a stressare molto meno il povero Hastur?» chiese Aleki ironicamente.
Brydar lanciò un'occhiata a Tristam, ancora impegnato a sbirciare le forme abbondanti della cameriera.
«Non saprei che rispondere,» disse con tono neutro. «Certo, un Elhalyn da solo può fare poco... anche se ad Hastur non serve molto, in realtà, per dare in escandescenze.»
«A quell'Hastur in particolare...» corresse Tristam tornando a puntare la propria attenzione sui compagni. «Fortunatamente non siamo tutti fatti in serie, nonostante quello che pensa il popolo o la piccola nobiltà.»
Prima che si accorgesse dell'errore commesso un soffio rabbioso giunse alla mente dell'Elhalyn Alton. Indubbiamente proveniva da Aleki, il quale ora fissava il tavolo con una intensità quasi ammirevole. «Non intendevo offenderti, bredhu,» con quella frase Tristam sperò che tutto si rimettesse a posto.
L'arrivo della cameriera con la loro colazione ridusse un poco la tensione, ma i tre consumarono comunque il pasto in silenzio, scambiandosi qualche occhiata furtiva, Brydar e Tristam senza azzardarsi neppure a scambiarsi il benché innocente pensiero. L'ingresso di un paio di rappresentanti della Guardia, che riconobbero Brydar e scambiarono con lui un rapido saluto, sembrò concludere definitivamente il momento di tensione.
«Ma dimmi, cugino, come sta Reidel? Dovrebbe ancora essere nel tuo corso no?» la domanda di Tristam era piena di malizia e ora osservava, al di là dei vapori speziati del jaco, le reazioni di Brydar, fissandolo con lo stesso interesse del gatto che fissa il passerotto poco distante.
Brydar non cedette alla trappola insita nella domanda del cugino. «Reidel sta bene,» rispose con indifferenza, «ma non è più nella mia camerata. Barton MacHugh ha richiesto la sua presenza come attendente personale. Da allora frequenta poco i suoi vecchi compagni di corso.»
Tristam inarcò incredulo un sopracciglio. «Che Aldones ci protegga! Abbiamo creato un mostro?!» esclamò, ingoiando un grande sorso di jaco che gli ustionò il palato, lasciando con parte della lingua penzolante nel vano tentativo di raffreddarla. «Pel... il... non... o infeln... d... zand...» biascicò.
Brydar e Aleki si scambiarono un'occhiata, prima di scoppiare entrambi a ridere.
«Non mi coinvolgere,» commentò Brydar, quando il riso si fu calmato, «buona parte dei danni li hai fatti tu... e lo sai benissimo.»
Discutere di quella faccenda era come riaprire una ferita non del tutto rimarginata. Un danno cha avrebbe potuto distruggere quella strana forma di amicizia che si era instaurata tra di loro ai tempi dell'Accademia.
«Beh è quasssi... ola di parti...» con uno sforzo di volontà Tristam si ricompose, cercando di tornare alle sue normali doti linguistiche. «È quasi ora di partire, dove è finito Kylar? Conoscendolo sarà a ciarlare col corvaccio.»
Come se fosse stato invocato, Kylar fece il suo ingresso nella locanda. Sulle spalle la sacca con i suoi pochi averi e un'espressione quasi soddisfatta sul volto. Salutando i presenti con un cenno, si sedette al tavolo e ordinò alla cameriera una porzione di tutto quello che c'era sul tavolo.
«Uhm... direi che hai ancora lavorato con le matrici nonostante il mio consiglio! Spero sarai abbastanza in forze da stare sul cavallo,» commentò acidamente Tristam, celando meravigliosamente la propria preoccupazione.
Kylar gli lanciò un sorriso radioso, rivolgendosi poi a Brydar. «Ho lasciato al vostro coridom alcune disposizioni circa Domna Miralys, spero si atterrà ad esse. Si tratta solo di alcune scelte alimentari e di alcune erbe che la aiuteranno a rimettersi in forze il più possibile.»
Brydar annuì. «Vi ringrazio, Kylar,» aggiunse, aprendo la sua mente per rendere ancora più evidente la sua gratitudine. «Senza di voi, Miralys non sarebbe sopravvissuta a lungo.»
«Lo dovete soprattutto a voi stesso. La vostra costante presenza l'ha resa più forte di quanto non pensassi,» corresse Kylar, mangiando ai quattro palmenti senza badare troppo alla classe o alla postura.
Brydar non avrebbe mai pensato che la sua presenza sarebbe mai potuta essere di conforto per qualcuno. Aveva da tempo promesso a se stesso di non lasciarsi più andare con altri, per quanto vicini essi fossero, ma, contro tutte le previsioni, anche questa volta l'impegno preso era stato infranto.
«Spero che la situazione non peggiori nuovamente,» borbottò tra sé, «soprattutto quando le richieste del clan si faranno nuovamente pressanti.»
Una specie di gelo si insinuò tra il gruppetto, raffreddando l'atmosfera.
«Dovrò essere schietto. Una nuova gravidanza è molto pericolosa,» sussurrò Kylar, posando il cucchiaio di legno accanto al piatto.
«Questo lo sappiamo benissimo,» ribatté Brydar, con tono basso e freddo, «lo sappiamo noi, lo sa anche Miralys, anche se il fatto di non essere in grado di sostenere una gravidanza la fa sentire come minorata. Ma sapete benissimo che contrastare il volere del clan e della famiglia non sempre è fattibile, non è mai una situazione facile da portare avanti.»
«E prendere una barragana?» azzardò Tristam, subito zittito da una velenosa occhiata di Aleki.
«Ti devo ricordare che...» iniziò il cristoforos, ma fu il comyn a terminare con voce atona l'affermazione, «il sacro legame del matrimonio non si può infangare in questo modo barbaro...»
«Brydar, avete mai pensato di prendere uno dei tanti neonati orfani e fingere una gravidanza?» tentò Kylar, dall'altro capo del tavolo.
Tristam ridacchiò esclamando: «Chi? Brydar incinto? Non sarebbe credibile!» e quella battuta sciolse di nuovo un po' il gelo che ogni tanto si creava.
Brydar cercò di mantenere un'espressione contrita, ma l'immagine di se stesso gravido e con l'atteggiamento petulante di certe comynare in attesa, gli strappò comunque un sorriso.
«Dovrei riempire la casa di mio nonno di piccoli nedestro? Sarebbe un'idea... ma il problema maggiore è e resterà Miralys.»
«Rimane sempre l'idea di farti mettere incinto... Brydarina...» ripropose Tristam, alzandosi per saldare il conto di pernottamento e colazione.
Brydar restò in silenzio, quasi ponderando l'opzione caldeggiata dall'altro. «Scommetto che ti offriresti volontario, vero cugino?» chiese, non appena Tristam tornò al tavolo.
«Oh, sì! I nostri bambini sarebbero stupendi! Coi tuoi occhi e i miei capelli,» fu la risposta di Tristam, che giunse con la vocina sognante da donnicciola innamorata.
Kylar e Aleki si scambiarono uno sguardo che andava dal disperato al disgustato. La sola idea che i due comyn potessero procreare era in grado di dare gli incubi ad entrambi.
«Credo sia meglio metterci in cammino,» commentò Kylar, alzandosi.
«La strada per Tramontana è lunga,» rincarò la dose Aleki, seguendolo.
Uscirono dalla locanda con passo veloce. Una leggera pioggerella aveva iniziato a scendere e aveva reso le pietre delle strade già scivolose.
Tristam osservò il cielo incolore sopra i rami frondosi di alcuni alberi. Il sole era nascosto dietro le nuvole e la sua luce risultava stemperata e debole.
«Temo che il tempo peggiorerà prima di quanto pensassimo,» mormorò pensosamente, mentre cercava di tenere la mente lontano da quell'addio che sentiva troppo vicino per non gravare sul suo cuore come un macigno.
Un ragazzo dai capelli color rame arrivò tirando dietro le redini delle loro cavalcature. "Probabilmente un nedestro," pensò Tristam. allungando una mancia al ragazzino che però la rifiutò, aggiungendo che era un onore per lui aver servito dei comyn.
Kylar sorrise e prendendo di mano i soldi a Tristam convinse il ragazzo ad accettarli.
"A giudicare dai suoi abiti e dal suo stato fisico ne ha bisogno," si scusò telepaticamente con gli astanti.
«Una buona azione,» commentò Aleki, dando voce ai pensieri degli altri, forse più sensibili alla cosa di altre volte.
Proseguirono sulla strada fino ai confini della città, dove le loro vie si dividevano: da un lato la strada che avrebbe riportato Brydar a Castel Comyn, dall'altro quella che avrebbe condotto i tre amici sulla via del nord, verso la Torre di Tramontana.
«Quasi mi spiace che ve ne andiate,» borbottò Brydar, cercando di dare alle parole un tono meno cupo possibile. «Un po' di distrazione a volte serve, anche tra le mura di Castel Comyn...»
«Beh... cugino, pare che le nostra strade tornino a dividersi nuovamente,» commentò Tristam, voltandosi verso Brydar, «abbracciamoci come si conviene a dei parenti,» allargò le braccia per poi stringerle intorno al cugino, stringendolo forse più del dovuto. Lo baciò sulle guance. «Mi mancherai, parente,» gli mormorò prima di staccarsi da lui. «Bene, ora direi che possiamo partire,» disse poi e, senza neppure aspettare la risposta dei compagni di viaggio, montò in sella.
«Brydar, venite a trovarci quando gli impegni di corte ve lo permetteranno,» aggiunse Aleki stringendosi nel mantello.
Brydar sorrise ad Aleki, pur essendo ancora frastornato dalla cacofonia di emozioni che l'abbraccio di Tristam gli aveva trasmesso. «Temo che la mia permanenza nei Cadetti mi lascerà pochi momenti liberi,» rispose. «Ma se vincerò qualche licenza, potrei anche prestare visita ai miei parenti al nord.»
Credeva poco anche lui alle sue stesse parole, ma ormai erano passati ai discorsi che da sempre accompagnavano quel tipo di addii.
«Quando tu avrai qualche licenzia premio, che Aldones abbia pietà di noi, sarà il giorno in cui Sharra tornerà ad ardere,» la voce di Tristam era dipinta di una finta allegria.
I due cugini si guardarono, mentre Kylar e Aleki, montati sulle cavalcature, avevano cominciato ad allontanarsi.
«Vattene, prima che compiamo qualcosa di insensato,» Brydar diede un leggero colpo al cavallo di Tristam, in modo da convincerlo a mettersi in marcia.
Con un colpo di tallone Tristam lanciò al galoppo la cavalcatura, mentre un sentimento cupo di tristezza piombava sul suo cuore.
Incamminandosi sulla strada di casa, Brydar si ritrovò a pensare come i pochi mesi passati assieme al cugino fossero stati in grado di creare un legame che si era rivelato così profondo.
Non era stata una frequentazione così tranquilla, la loro. A ben ripensarci erano stati più i momenti di tensione che quelli di allegria ma, forse, proprio per questo il legame si era rinsaldato.
Il ricordo della prima vera lite tra di loro si insinuò nella mente del comyn, scavando in profondità come una goccia sulla roccia.
Sembravano passati anni, invece il tutto era accaduto solo una decina di mesi prima.


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Fine di un'amicizia

Da quando Tristam era stato messo in punizione per essere arrivato tardi all'appello e aver vomitato sui piedi del sottoufficiale Hastur, dopo la loro prima notte brava, Brydar e Reidel non lo avevano più visto in giro, salvo quando puliva le latrine o era di corvèe.
Il suo periodo di pulizia delle latrine era terminato prima del solito quel giorno, solo perché l'ufficiale Syrtis aveva deciso di sostituirlo con un doppio turno di guardia, punizione molto più adatta al suo ceto sociale.
"Accidenti che sonno," stava pensando Tristam camminando lungo il corridoio mentre si avviava all'appello del proprio turno, superato dal cadetto a cui lo avevano accoppiato.
Attraversando soprapensiero il cortile, Tristam non si accorse subito del gruppo di cadetti che stava rientrando dalle esercitazioni e Brydar dovette quasi strattonarlo per attirare la sua attenzione, senza comunque ottenere un gran risultato.
Da quando lo avevano messo in punizione non avevano più avuto modo di parlarsi, o di condividere le ore di libertà. Non che fosse preoccupato ma, dopo il divertimento iniziale, Brydar si era convinto che il sottoufficiale Hastur avesse esagerato nella punizione inflitta al cugino.
«Tristam?» lo chiamò a voce.
«Oh, Brydar... !» esclamò il cugino, riaggiustandosi un ciuffo di capelli fuggito al legaccio di cuoio con cui aveva fissato in una coda i capelli, tagliati al di sopra della spalla come voleva il regolamento. «Ciao, Reidel...» aggiunse rivolto al ragazzo che rimaneva in disparte, quattro passi indietro.
L'interpellato salutò con un lieve cenno del capo, sentendosi lievemente in imbarazzo. Si sentiva ancora responsabile della punizione subita dal comyn e, anche se Brydar aveva cercato di fargli capire che l'Hastur avrebbe sfruttato qualsiasi occasione per accanirsi su di loro, tutte le volte che incrociava Tristam chinava sempre lo sguardo.
«Credi di essere libero stasera?» chiese Brydar, indifferente alla reazione del compagno. «Oppure ti aspetta una nuova raffica di compiti?»
«Appena finito il turno sono libero... almeno finché non avranno trovato qualcosa di meglio a cui pensare. Ora sono giurisdizione di Syrtis... volevate andare da qualche parte?» chiese di rimando osservando sia Brydar che Reidel.
Brydar lanciò un'occhiata oltre la sua spalla. "Reidel non saprei," rispose mentalmente, "ma mi andrebbe una bevuta in tranquillità." «In qualche taverna tranquilla, a sentirti lamentare del tuo periodo di punizione,» aggiunse a voce.
«Tu che ne dici Reidel? Sei dei nostri?» chiese Tristam al ragazzo.
L'interpellato abbassò lo sguardo, indeciso. «Non... saprei...» Tristam sentì una scossa di sottile tensione tendersi nell'aria. Immediatamente pensò arrivasse da Reidel, cosa più ovvia visto i loro trascorsi a tre, ma rimase esterrefatto quando si accorse che essa proveniva non dal giovane cadetto ma bensì da suo cugino!
Osservò stralunato Brydar, chiedendogli mentalmente: "Sei teso?" quasi non riuscisse a capacitarsi di ciò.
"Avrei preferito che lui non venisse," rispose, senza sbilanciarsi in spiegazioni. "Le cose non vanno poi così splendidamente."
"Ormai l'invito è stato fatto..." commentò Tristam, cercando di non far intuire a Reidel il loro dialogo mentale.
Il giovane, nel frattempo, si era avvicinato, lanciando uno sguardo quasi speranzoso a Brydar.
L'Elhalyn si strinse nelle spalle. «Ha chiesto a te, Reidel,» disse, con tono freddo. «Non posso decidere io.»
Reidel arrossì leggermente. «Allora vengo,» rispose, evidente ripicca sul comportamento scostante del comyn.
«Elhalynaltonnnnnnn,» il cadetto di guardia con Tristam lo richiamò ai suoi doveri.
«A dopo allora, ci vediamo in camerata!» concluse il comyn, scattando via come se un cervine gli avesse scalciato il sedere.
Brydar lo guardò allontanarsi, attendendo che sparisse dalla loro vista. Poi, senza aspettare oltre, si girò verso il dormitorio.
Reidel gli corse dietro, affiancandosi a lui. «Se non mi volevi, bastava dirlo,» disse, precedendolo all'interno della loro camerata, deserta.
«Non ho mai detto questo,» ribatté Brydar.
Reidel si distese sulla propria branda, fissando l'Elhalyn che, con lentezza, si liberava degli abiti infangati.
La presenza costante del giovane atelepate stava diventando ogni giorno più insopportabile per il comyn. Fin dal primo giorno, dopo la notte brava trascorsa con Tristam, Brydar aveva chiarito la loro posizione. Lui non cercava un compagno ma solo un amante, la compagnia per una notte (o più ovviamente). Non c'era nulla di sentimentale e non ci sarebbe stato in futuro.
Come era prevedibile, Reidel aveva fatto di tutto per fargli cambiare idea. Ma, dopo l'assalto continuo di quei pochi giorni, l'interesse di Brydar per il giovane andava via via scemando, trovando sempre meno appaganti anche i brevi momenti di sesso che riuscivano a ritagliare tra gli addestramenti e i turni di guardia. Anche in quel momento, mentre si spogliava lentamente per indossare una tunica pulita, sentiva lo sguardo di Reidel seguire ogni suo movimento quasi con adorazione e non poteva fare a meno di sentirsi irritato dalla cosa.
Brydar non mosse un muscolo quando le mani di Reidel scivolarono sotto la stoffa pulita, soprattutto perché i suoi pensieri erano arrivati molto prima dell'azione. La vera sorpresa furono le labbra del giovane cadetto, che carezzarono la sensibile pelle sotto la nuca, solleticandolo fra i capelli.
Cercò di scostarsi, ma le mani di Reidel si afferrarono più saldamente alla sua carne, affondando leggermente le unghie. Le labbra scesero lungo il collo, passando ad accarezzare leggermente le spalle, mentre le mani salivano verso l'alto, a solleticare il collo.
«Reidel,» il tono del comyn sembrava spazientito. Non avevano tempo per fare nulla, presto sarebbero venuti a convocarli per l'adunata serale.
Afferrò le mani del giovane, allontanandole da sé e girandosi a fronteggiare quello sguardo che, sapeva, sarebbe stato di desiderio e richiesta di appagamento.
Reidel allungò il collo, sussurrando in casta "accandir", con una voce che sembrava lasciare ben poco all'immaginazione circa i desideri che ora impegnavano i suoi sensi.
Le labbra, accostate all'orecchio di Brydar, scesero verso il collo, riprendendo a baciare la pelle del comyn.
Il desiderio proveniente dalla mente del giovane cominciava a filtrare anche tra le barriere che Brydar aveva alzato e, forse senza rendersene conto, lasciò libere le sue mani.
«... ti prego,» parte della domanda arrivò al suo cervello e la risposta fu immediata e violenta, talmente secca da lasciare a bocca aperta Reidel. «Non c'è tempo!»
Reidel fece per staccarsi da lui quando, improvvisamente, cambiò idea.
«Non c'è mai tempo, quando non ne hai voglia,» ribatté, con tono calmo.
Brydar lo fissò sorpreso. Sarebbe stata la prima volta che prendeva lui l'iniziativa. Ma lentamente l'eccitazione si stava facendo strada anche dentro di lui e, non proprio a malincuore, non mosse più un muscolo per respingerlo.
"Che bella pelle che ha," commentò mentalmente il cadetto, assaggiando con piccoli morsi la pelle del torace di Brydar, "voglio essere sotto di lui..."
Il comyn chiuse gli occhi, lasciando che l'altro si prendesse tutto il tempo che voleva prima di riprendere il comando della situazione.
Reidel lo spinse contro la parete, allargando la camicia e scendendo verso il ventre, passando le mani sull'erezione di Brydar che cominciava a tirare la stoffa dei pantaloni.
Nel momento stesso in cui la liberò, una mano del comyn iniziò a premere sulla sua testa. Con una spinta verso il basso piuttosto forte, lo obbligò ad inginocchiarsi di fronte a lui. Quando l'erezione di Brydar balzò di fronte al naso di Reidel la volontà del comyn si manifestò in tutta la sua fredda urgenza.
Il giovane alzò per un attimo lo sguardo sul viso dell'altro. L'espressione di Brydar non ammetteva repliche. Lo aveva eccitato e, adesso, doveva provvedere.
La sola cosa che Reidel poteva sperare era che, una volta appagato, Brydar gli concedesse un po' di attenzione e non si defilasse immediatamente come un cliente soddisfatto.
Infondo, tutto era iniziato così, era giusto ora che fin... no , non voleva neppure pensare a quella possibilità!
Si chinò sfiorando con la punta della lingua la sua preda, saggiandone la consistenza dalla punta alla base, strappando un singulto a Brydar, mentre il comyn si inarcava, avvicinandosi di più alle labbra di Reidel, che si dischiusero prontamente accogliendo in parte il suo sospirato ospite.
Era sempre una sensazione strana e tremendamente umiliante dover consumare tutto in fretta, col terrore che qualcuno entrasse e li scoprisse, a volte unendosi a loro per puro gioco. Squallido e intrigante.
Di colpo l'ingoiò, quasi lo volesse fagocitare, sentendo la punta rimbalzare contro il palato e provocargli uno spasmo allo stomaco che tentò di comandare. Brydar, dall'alto lo osservava con uno sguardo che gli parve feroce e cattivo, come quello di un Dio che schiacci sotto il proprio piede una misera formica-scorpione.
Brydar chiuse la sua mente alle immagini che provenivano da quella di Reidel. Lasciò che fossero i suoi sensi a prendere il sopravento, arginando la tristezza e il senso di umiliazione che Reidel stava a sua volta cercando di reprimere.
Questo accelerò le reazioni del suo corpo, più di quando avesse desiderato, e rapidamente si trovò vicinissimo al culmine.
Nel momento esatto in cui il suo seme riempì la bocca di Reidel, il pensiero di uno dei loro superiori si avvicinò alla loro camerata, con la chiara intenzione di convocare i cadetti presenti ad una esercitazione a sorpresa.
Senza troppi complimenti, Brydar si allontanò da Reidel, rivestendosi rapidamente.
La porta che si aprì senza preavviso colse di sorpresa il giovane che, contro tutti i suoi istinti, ingoiò quello che aveva in bocca, balzando in piedi per rispondere al superiore che chiedeva chi fossero i presenti.
Quando furono di nuovo soli l'atmosfera si era ormai completamente congelata.
Una nuova consapevolezza si impossessò della mente di Reidel. Brydar era scattato prima, come se fosse stato cosciente dell'avvicinarsi del loro superiore!
«Tu... tu sapevi!» ringhiò, fissandolo con occhi ardenti, mentre la rabbia montava in lui avvelenando i suoi pensieri e stringendogli lo stomaco in una morsa di nausea e schifo per quello che aveva dovuto fare, per essersi prostituito come un volgare grezu della peggiore locanda di Thendara e aver dovuto ingoiare quel seme che ora disprezzava con tutta la sua rabbia adolescenziale.
Brydar lo fissò, gelido. Il compagno era giunto ad una consapevolezza che le sue parole non gli avevano dato per settimane, nonostante gli fossero ripetute con costante frequenza.
Si sistemò l'uniforme, assicurando la spada alla cintura. «Suppongo che non ti dovrò aspettare, questa sera,» fu il solo commento, buttato gelidamente contro Reidel, mentre varcava la soglia della camerata.
Il giovane non rispose, la testa china sopra la latrina, nel tentativo di espellere ciò che poco prima aveva ingoiato con tanto immediato fervore.
"Ti odio, Brydar Elhalyn," pensò con tale violenza che Brydar non poté fare a meno di percepire il pensiero ma, probabilmente, delle parole gettate al vento avrebbero sortito un effetto maggiore.


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L'atmosfera fumosa della taverna non preannunciava una grande serata.
Il camino, caricato di legna umida, aveva cominciato a produrre fumo acre e scuro e gli avventori si erano ritirati verso gli angoli più lontani del locale.
Brydar, seduto in un angolo vicino alla finestra, non sembrava risentire della cosa, ma non appena il cugino fosse arrivato avrebbero cercato un altro posto.
Quando la porta si aprì sollevò lo sguardo dal boccale di sidro, ma era solo un ennesimo, anonimo avventore.
Il laran di Tristam sfiorò carezzevolmente il suo e, ancor prima che la porta cigolando sui cardini si aprisse, Brydar sapeva già che il prossimo cliente che avrebbe varcato quella soglia non sarebbe stato un qualunque cittadino, ma la persona che stava aspettando.
"Buonasera cugino!" esclamò la voce squillante di Tristam nel suo cervello, mentre il comyn entrava e si dirigeva verso di lui, togliendosi il mantello dalle spalle.
"Benarrivato, Tristam," salutò Brydar di rimando. "Non toglierti il mantello, usciamo subito."
Si alzò, afferrando il proprio mantello ed indossandolo, avviandosi poi verso la porta, seguito da Tristam, annoiato ma non troppo stupito dalla decisione: il fumo aveva già cominciato a fargli lacrimare gli occhi e non sarebbe risuscito a resistere un minuto di più.
«Mio dio, ma come mai avevano messo sul fuoco quella legna bagnata!?» esclamò, sbattendo un paio di volte le ciglia. «Hai idea di dove trovare un'altra locanda per parlare in santa pace?»
Brydar non rispose, dirigendosi verso una stradina secondaria. Tristam lo seguì, fischiettando, aspettando di vedere in quale postribolo l'avrebbe portato. Invece il cugino lo condusse in una piccola taverna, riservata e apparentemente frequentata solo da uomini distinti.
"Uhm, un posto molto adatto a comyn ma poco adatto a noi," gli mormorò mentalmente, prendendolo sottobraccio. "Cugino... ti ha mangiato la lingua un chieri?"
Brydar si divincolò dalla sua stretta. "No, per nulla," rispose, "e questo, comunque, sembra essere il posto migliore."
Tristam si guardò intorno con maggior attenzione. Nella piccola sala, dall'atmosfera soffusa, sembravano esserci solo uomini, di ceto più o meno alto, ma nessuna donna, neppure tra la servitù.
"L'ho scoperto solo poche settimane fa," continuò Brydar, sedendosi ad uno dei tavoli, "sembra che sia accettato solo perché l'erede di una famiglia importante ci passa molto del suo tempo."
"Capisco..." commentò Tristam, senza più fiatare.
Ordinarono da bere e, mentre aspettavano che le ordinazioni arrivassero, Tristam notò la mancanza di qualcuno, ma decise di rimandare a dopo la spiegazione in merito.
"Allora, a quell'erede di una famiglia importante! Che Aldones gli assicuri una lunga e prospera vita," annunciò Tristam, alzando leggermente il bicchiere in segno di brindisi.
Brydar accettò il brindisi, cominciando a rilassarsi, la prima volta da quel pomeriggio. Sperò tanto che nulla potesse turbare quel momento di calma.
«Ho notato che Reidel non c'è... Ho sentito che è stato male. È forse per quello che non si è unito a noi?»
L'espressione di Brydar si fece sorpresa. «Non sapevo fosse stato male,» commentò, «ma, no, non è per quello.» Non intendeva continuare oltre sull'argomento.
«Sì, era alle...» "latrine che stava rimettendo tutto il cibo del giorno," l'Elhalyn Alton continuò il discorso mentalmente, "non era un bello spettacolo." Non aggiunse altro, ma la sua espressione lasciava ad intendere che non si sarebbe arreso facilmente. Aveva capito che c'era un problema e non lo avrebbe lasciato in pace.
«Questo pomeriggio c'è stato una sorta di dissidio tra di noi,» iniziò piano Brydar, con il tono della voce molto basso. «Reidel aveva dei progetti ben particolari, ma non sono andati come aveva sperato.»
«Non mi pareva il tipo da prendersela per un... qualcosa di mancato. E tu mi sembri molto teso,» lanciò il sasso e ritirò la mano, attendendo una reazione mentre sorseggiava il forte liquore nascondendo un sorriso furbo oltre l'orlo del bicchiere.
Brydar sospirò. «Hai sentito della novità di Hastur?» chiese all'improvviso, cambiando completamente discorso.
«No, cosa?!»
Brydar si immerse con lo sguardo nella superficie limpida del liquore. «Turni doppi di guardia, per tutti i cadetti che non arrivano puntuali all'adunata... non all'ultimo segnale, ma al primo.»
«Che Zandru lo trascini nel più lontano dei suoi inferni con la sua orda di scorpioni!» esclamò con veemenza Tristam, finendo il bicchiere e iniziando a giocherellare con una ciocca fuggiasca di capelli. «Meno male che c'è gente come Syrtis che rivaluta la categoria.»
Brydar si strinse nelle spalle. «Sembra che non abbia protestato quando gli è stata fatta la proposta,» commentò, «vedremo di svegliarci prima della sveglia.»
Tristam sospirò. «Spero che a quello là venga un colpo e, a giudicare dal colorito che assume ogni volta che si arrabbia, direi che ci è molto vicino. Anche l'espressione non è delle migliori,» sforzandosi all'inverosimile riuscì a raggiungere quella espressione misto di rabbia, superiorità e arroganza che si dipingeva sempre sul volto del sottoufficiale.
Brydar non riuscì a trattenere una risata. Finalmente il pericolo era scongiurato. Pensare ad Hastur cancellava dalla mente di Tristam qualunque altro argomento.
"Pensa più a bassa voce e se ho lasciato tu cambiassi argomento è perché voglio vederti felice ogni tanto," il pensiero del cugino lo colpì rovesciandogli addosso una doccia fredda.
Brydar si agitò nervosamente sulla sedia. «Sta diventando assillante,» si arrese, «non dico di no ad una sana pausa ogni tanto, ma non intendo dare più di quello che ho messo in gioco fin da subito,» concluse seccamente.
«Non ti ho chiesto spiegazioni in merito,» puntualizzò di rimando il suo compagno di bevute, «questa sera non pensarci... beviamo e parliamo, no?»
Brydar seguì lo sguardo di Tristam che fugacemente pareva stare passando in rassegna gli avventori. Erano pochi gli frequentatori che erano seduti da soli. La maggior parte era attivata già in compagnia o l'aveva trovata ad attenderli ad un tavolo del locale.
«Non credo che troverai qualcuno disponibile,» disse distrattamente. «Dovrai accontentarti di me..»
«Mi piacerebbe poter fraintendere. Alla nostra solitaria virilità allora,» sollevò nuovamente il bicchiere votandolo in un unico sorso.
Sentiva la gola pizzicare. "Forse ho esagerato a fare lo sbruffone... o ho un mal di gola che si avvicina..." ma, a giudicare dalla secchezza delle fauci, la seconda possibilità pareva più prossima.
Brydar lo guardò di sottecchi. "Conosco un modo ottimo per far passare il mal di gola..." Con un cenno fece avvicinare uno dei servitori e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. Poco dopo l'uomo tornò con una bottiglia di liquore denso e scuro e due piccoli bicchieri.
«È un prodotto della mia famiglia,» disse Brydar, versando una piccola dose di liquore. «Una invenzione di una delle mie sorelle... fa miracoli.»
Tristam guardò il bicchiere sospettosamente e con lo stesso animo ne bevve il contenuto. Come se fosse una vera panacea il mal di gola in un attimo sparì, con una velocità spaventosa!
«Per il nono inferno di Zandru!» esclamò sinceramente stupito. «Chi ne è l'autore?»
«La ricetta originale è di una delle mie sorelle,» Brydar si voltò verso il proprietario del locale, che alzò un boccale di birra in saluto. «Casualmente avevo con me un piccolo assaggio,» continuò il comyn, «e le note scritte da lei quando aveva trovato la composizione giusta... diciamo che ora ho una buona rendita aggiuntiva.»
«Insomma gliel'hai quasi rubata!» ridacchiò Tristam. «Però devo ammettere che ti devo un favore enorme... come posso ripagarti?» il tono malizioso lasciava poco alla fantasia circa le sue intenzioni.
La sua mano lasciò il piccolo bicchiere e corse sul tavolo, fino ad incontrare le dita di Brydar. Era una strana sensazione, poter toccare così liberamente un altro uomo senza che tutti si chiedessero cosa poteva esserci di morboso tra loro.
Brydar non ritrasse la mano, il contatto gli trasmetteva il calore della vicinanza del cugino e la lieve ebbrezza data dal liquore, medicamentoso ma altamente alcolico, che aveva appena bevuto. Una rapida immagine di un giovane uomo, già vista in precedenza, attraversò per un attimo la sua mente, accompagnata da un senso di solitudine e di tristezza.
Tristam aveva qualcuno a cui afferrarsi nei momenti difficili, l'immagine di qualcuno a cui sarebbe potuto tornare. lui, invece... la solitudine era più fredda e meno affamata di sentimenti, solo di emozioni forti.
Le sue dita ricambiarono quella carezza fugace, accettando quasi inconsapevolmente la proposta che era contenuta in essa. Quelle di Tristam risposero immediatamente, stringendosi alle sue, intrecciandosi strettamente ad esse.
«Vuoi sapere chi è lui?» chiese con voce sommessa da confessione.
Brydar guardò le loro dita come se fossero quelle di estranei. «Credo un tuo caro amico,» disse piano, indeciso se allontanarsi da quel contatto che andava facendosi sempre più stretto e di difficile risoluzione.
«È l'unica persona che riesca a schiudere la mia mente con un solo tocco,» Brydar colse un sorriso fugace, gentile, sulle labbra gonfie per la stanchezza di Tristam e quel sorriso lo afferrò come una morsa ma le sensazioni del cugino lo abbracciavano col loro calore pacifico. «Prima o poi troverai anche tu una persona così.»
Brydar si alzò improvvisamente, le dita scivolarono dalla stretta e il contatto tra le loro menti si recise quasi in maniera dolorosa.
Tristam si appoggiò alla sedia, sospirando, ben consapevole che avrebbe dovuto cercare compagnia altrove e che il corpo flessuoso del cugino sarebbe stato solo uno spettacolo per le ore di allenamento all'accademia.
Invece.
«Al piano di sopra ci sono delle stanze,» disse piano Brydar, stringendo la spalla del cugino. «Non credo che a quest'ora siano molte quelle occupate.»
Si allontanò, diretto verso l'angolo da cui il padrone controllava con occhio critico la sua clientela facoltosa. Si scambiarono qualche frase poi l'uomo consegno a Brydar in piccolo involto.
Tristam si alzò ad un cenno del cugino e lo seguì, ancora incredulo, lungo le scale che portavano al piano superiore.


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I due comyn erano seduti in terra, su un tappeto di paglia intrecciata posto accanto al letto. Ambedue fissavano il vuoto e le loro guance imporporate facevano presagire una imminente sbronza. «Uhm... e che mi dici del cadetto Killon, quello del terzo anno coi capelli biondi dei banditi delle terre aride?» chiese Tristam giocando nervosamente con una ciocca dei capelli di Brydar senza neppure accorgersene. «Pare voglia fare carriera... e che sia un gran bastardo con voi più piccoli!»
Il cugino ridacchiò sommessamente. «Non credo che riuscirà a fare molta strada,» allontanò la mano di Tristam con un gesto stanco della mano ma, quando l'altro riprese tra le dita i suoi capelli, non tornò a scacciarlo.
«Tu ci sei andato a letto? Con Killon, intendo...»
«Non credo di essere il suo tipo,» rispose Brydar, «poi preferisce le donne... ma, dopo quello che ha fatto durante l'ultimo Solstizio, non credo avrà più molte possibilità. Non dopo che ha cercato di sedurre la figlia di Syrtis...»
Tristam lo guardò sconvolto. «Oh! Questa me la sono persa! Beh, sarebbe meglio chiederti quale figlia di Syrtis... quell'uomo ha una fertilità incredibile! E come ha fatto sopravvivere? So che è molto paterno, Syrtis,» l'Elhalyn Alton socchiuse gli occhi, maledicendosi di non essere stato abbastanza attento durante il Solstizio... ma poi dove era durante quella festa? Scoppiò a ridere: non se lo ricordava.
"Eri tornato a Tramontana," gli ricordò Brydar, "eri stato invitato dal tuo bredu."
«Ah, questo non è valido! Tu ti ricordi e io no...» protestò con veemenza il compagno dando un piccolo colpo alla spalla di Brydar.
Il giovane ricadde contro il letto, sospirando. «Speravo che restasse qualcuno a farmi da spalla,» borbottò con tono piccato. «Non è facile resistere all'assalto di tutta quella gioventù assatanata... anche se sei sposato. Almeno tu hai più fascino e avrebbero assediato te.»
Tristam tornò ad accucciarsi, bevendo una sorsata del liquore direttamente dalla bottiglia con l'unico risultato che nell'impeto alcuni rivoletti ambrati di firi gli scivolarono dalle labbra, scendendo lungo il collo. Posò con espressione crucciata la bottiglia e reclinò il capo godendosi la sensazione di quelle gocce che percorrevano la pelle bollente.
«Non ho fascino io,» mormorò, quasi a se stesso.
Brydar lo fissò con aria indecifrabile, osservandolo mentre la traccia di firi svaniva assorbita dalla camicia.
«Come no,» disse poi, «e i cornigli sono animali dalla difficile riproduzione,» la frase risultò meno intelligibile di quanto aveva pensato, ma il concetto arrivò chiaro alla mente del cugino, che lo guardò sorridendo.
«Tu sei molto più bello...» commentò, con quel sorriso vacuo, retaggio dell'alcool.
Brydar, che si stava assopendo sotto i fumi dell'alcol, riaprì gli occhi di scatto, fissandolo allibito. «Non scherzare,» il tono voleva essere duro, ma non ottenne il risultato voluto. Allungò una mano, afferrando la camicia di Tristam, sollevando vaghi effluvi di liquore. «Non è un argomento divertente.»
«Sto dicendo la verità!» lo rimbrottò il cugino, poggiando una mano sulla sua, «se vuoi leggimi nel pensiero, testone!» ma i suoi occhi parlavano per lui: era sincero.
Brydar sollevò una mano, quasi volesse sfiorargli il volto, ma il braccio ricadde lungo il corpo. Non era da lui mostrare emozioni, doveva essere veramente sbronzo, pensò confusamente.
«Non volevo farti arrabbiare, cugino,» la mano di Tristam afferrò la sua stringendola, «non volevo... Bry...»
L'interpellato sollevò il viso, trovandosi a fissare le limpide iridi del cugino. Stava per ribattere, ma non trovò parole per farlo. Restò così, immobile, ad annegare nei suoi occhi.
Fu un attimo, un vero fulmine a ciel sereno, rarissimo e immediato.
Brydar si ritrovò premuto contro il bordo del letto, le labbra di Tristam che si premevano contro le sue, mentre in quella morbidezza alcolica la lingua forzava quel bacio trasformandolo in un umido stupore a fior di labbra.
Le mani di Brydar si afferrarono alle spalle del cugino, senza lasciare ad intendere se quello fosse un tentativo di allontanarlo o di trattenerlo vicino a sé.
Dopo la prima resistenza, le sue labbra si erano aperte, lasciando alla sua lingua la possibilità di penetrare più in profondità, alla ricerca di un maggior coinvolgimento. Lo aveva lasciato fare, senza prendere parte attiva, ma non si era neppure tirato indietro... era un'opportunità a cui non aveva pensato, a cui pensava non sarebbero più giunti dopo quella prima volta...
Tristam si allontanò, lasciando orfano dei suoi baci.
«Brydar Elhalyn Ridenow, ti voglio bene, parente,» biascicò Tristam, arrossendo per quella confessione inusuale fra uomini di quel ceto sociale.
L'espressione di Brydar fu molto vicina a quella di un uomo appena attaccato da un banshee. Non voleva accettare quelle parole, erano troppo impegnative, anche se si trattava solo di un sentimento più fraterno che di amore.
«Tristam... io...»
Le dita di Tristam cercarono di nuovo la sua mano, trovandola inerme, e si intrecciarono alle sue.
«Spero saremo sempre amici, anche se la vita e la distanza ci divideranno sicuramente, anche se in realtà ci conosciamo pochissimo,» le parole gli giunsero alle orecchie ovattate, in un sussurro carico dell'accento delle montagne.
Brydar deglutì a fatica. Sentiva tutto il calore presente nelle parole del cugino ma, ancora, non era in grado di contraccambiare tanto affetto. Forse un giorno sarebbe riuscito ad aprirsi, a raccontare ad altri quello che aveva turbato gli anni della sua giovinezza.
Le sue dita si strinsero su quelle di Tristam, allungando il volto a ricercare quel contatto interrotto poco prima. Le labbra di Tristam si posarono sulle sue per un brevissimo contatto insapore.
«Sei bello, perché non mi credi?» Tristam lo baciò nuovamente, velocemente.
Brydar ricadde all'indietro, sospirando. «Sapevo che sarebbe stato impossibile,» borbottò, allungando la mano verso la bottiglia. «Era meglio se ci portavamo altra compagnia...» terminò, bevendo alcuni rapidi sorsi di liquore.
«Che cosa?» rispose Tristam rimpossessandosi della bottiglia.
Brydar si risollevò, guardandolo mentre vuotava il poco liquido rimasto all'interno. «Hai capito benissimo,» ribatté, mettendosi a sedere davanti a lui, attendendo che il cugino posasse la bottiglia. Lo spinse contro il bordo del letto, sedendosi sulle sue gambe, passando una mano tra i capelli scuri del cugino. «Noi due da soli non riusciremmo mai a fare nulla,» c'era provocazione nella voce, quasi una sfida a chi dei due avrebbe ceduto per primo.
«Questo lo dici tu, Brydar Elhalyn Ridenow, questo lo dici tu,» mormorò il più vecchio dei due, ben consapevole di aver accettato la sfida che li era stata lanciata da suo cugino.
Le sue dita scesero ai lacci che tenevano chiusa la camicia di Brydar, slacciandola con abili dita veloci come se per anni quello fosse stato il suo passatempo preferito.
«Sono fatti per innervosire...» commentò posando le punta delle dita sul petto glabro del cugino, fissando quelle iridi verdi, così dissimili ma anche identiche alle sue.
«Non mi pare ti abbiano fatto faticare molto,» disse piano, la voce più sommessa indice del disinteresse che provava in quel momento.
Mentre le mani di Tristam continuavano a tormentare lui e la sua camicia, Brydar posò le sue sulla calda maglia del cugino. Non aveva mai sentito nulla intessuto così morbidamente, così atipico rispetto alla moda in voga in quel periodo a Thendara. Una tunica di lana, calda e morbida, che iniziò a sollevare lentamente, per riuscire a portare le sue mani a contatto della pelle accaldata dell'amico.
«Viene dalle montagne... è calda e avvolgente e supplisce al senso di solitudine...» le dita di Tristam solleticarono il collo di Brydar, facendolo lievemente inarcare. «A volte vorrei essere una bestia per sbranare i miei amanti...» con un gesto repentino chiuse i denti su quel collo candido e delicato, ma senza l'intenzione di fare del male.
Le mani di Brydar trovarono finalmente la strada e, senza rischiare di rovinare quel tessuto, sollevò la tunica fino a scoprirgli il torso. Non incontrò nessun altro ostacolo, la pelle era calda per l'alcol bevuto e l'eccitazione del momento e, dopo un breve ringhio di protesta, riuscì a scostarlo quel tanto che bastava per sfilargli completamente l'indumento. Si chinò in avanti, solleticando Tristam con la carezza dei suoi capelli, assaporando il sapore del firi che aveva rovesciato poco prima e che ancora ne profumava la pelle.
Sentiva i nervi tendersi e i muscoli tremare al suo passaggio e assaporava la sensazione delle dita del suo compagno che scivolavano tra i capelli, solleticando la base del collo con abile maestria. Cominciò a baciare la pelle di Tristam, seguendo le lievi tracce lasciate dal liquore, mentre le mani dell'altro scendevano lungo le sue spalle, sfilandogli senza interromperlo, il corto gilè di velluto che indossava sopra la camicia.
Alla fine si ritrovarono uno sopra l'altro, le parti superiori dei loro abiti gettate lontane e le parti inferiori private del supporto delle cinture avevano lasciato i fianchi scoperti. Consumati di baci ed effusioni si fissarono intensamente.
«Brydar, perché mi chiudi sempre la tua mente?» gli sussurrò Tristam all'orecchio, mordicchiandone il lobo e provocando a quest'ultimo un lungo, intenso brivido di piacere.
Il cugino lasciò prima svanire la piacevole sensazione, poi guardò con irritazione Tristam. «Perché non c'è nulla, nella mia mente, che potrebbe essere piacevole per te,» rispose, bloccando Tristam con le spalle a terra, baciandolo prima sulle labbra, scendendo poi piano lungo il collo, il torace, fino ad arrivare ai fianchi, dove si fermò, tornando a risalire. "Concentrati su quello che stiamo facendo, non su altre cose inutili."
Si dipinse un delizioso broncio sulle labbra di Tristam che si agitò sotto di lui. "Per me è importante conoscerti," rispose mentalmente, invertendo le posizioni, godendosi il calore dello stomaco di Brydar tra le sue cosce.
Brydar cercò di divincolarsi, ma la presa di Tristam non gli lasciava via di scampo.
"Ma non è necessario per me," il tono di Brydar non ammetteva repliche. "Non intendo condividere nulla di me, nulla che non sia fisico."
Fu come se a Tristam fosse arrivata una secchiata di gelida neve o lo avessero rotolato nel più freddo dei fiumi oppure lasciato un mese intero a dormire nudo sulle panche di roccia di San Valentino delle Nevi.
Scivolò di lato, lasciando Brydar libero. Piegò il capo in modo che i capelli gli scivolassero sul volto e riuscì ad esclamare solo un: «Capisco!» privo di intonazione.
Brydar rimase disteso, avvertendo come una pugnalata i sentimenti feriti del cugino. La sua empatia si risvegliava sempre e solo quando poteva fare danni. Sospirò, rialzandosi a sedere, voltandosi a guardare Tristam, disteso ad occhi chiusi.
Aprì la bocca per parlare, ma non sapeva assolutamente cosa dire. Solitamente non era molto interessato dall'effetto che la sua freddezza e indisposizione facevano sugli altri.
«Tristam...» fu la sola cosa che riuscì ad articolare, lasciando ricadere la mano sul proprio grembo, un istante prima di toccarlo.
Il cugino rimaneva con lo sguardo basso, il cuore che batteva forte in petto con un sordo dolore che si irradiava in tutto il corpo. Forse sarebbe dovuto andarsene, forse sarebbe dovuto rimanere lì, ma non sapeva decidersi né in un senso né nell'altro. La sua mente carezzò istintivamente quella di Brydar, cercando il conforto del telepate, ma ciò che invece gli giunsero furono solo vaghi spezzoni e un senso di angoscia che attanagliava lo stomaco e lo attorcigliava come se fosse un panno da strizzare.
Gli bastò poco per capire cosa temeva il cugino, cosa lo rendeva così freddo e scostante: la paura che i propri sentimenti venissero traditi.
Istintivamente cercò una sua mano e la strinse piano, tirandolo verso di sé, cercando di trasmettergli pensieri rasserenanti.
La cosa colse di sorpresa Brydar, già pronto ad alzarsi ed andarsene. Istintivamente si ritrasse, mente e corpo, ma non c'era pressione nel contatto di Tristam, solo una sorta di cauta comprensione, non sapendo cosa avrebbe potuto irritarlo di nuovo. Si ridistese accanto al cugino, la testa leggermente sollevata a fissarlo dubbioso. Lasciò che una sua mano percorresse il braccio di Tristam, fino al petto, assaporando la sensazione che le dita gli trasmettevano.
«Se vuoi me ne vado,» disse poi, sdraiandosi completamente al suo fianco.
«No, Brydar... senti... vorrei conoscerti di più, ma se a te non va capisco... solo, dimmi come devo comportarmi. Se devo considerarti solo un corpo...» l'amarezza in cui sfumò l'ultima affermazione di Tristam arrivò chiara a Brydar che restò immobile, qualsiasi frammento della passione che potevano aver provato fino a pochi istanti prima completamente svanita nel nulla.
Quasi sollevato dalla reazione del cugino, Tristam si allungò fino a prendere una delle coperte dal letto e la distese su di loro. Come assenza di risposta, quella di Brydar sembrava promettere molto più di qualsiasi cosa poteva dire a parole. Per quella notte sarebbe bastato non farlo morire di freddo.


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Erano trascorsi solo pochi giorni e già il caldo della sera era quasi soffocante, soprattutto per Tristam, abituato a vivere tra Nevarsin e Tramontana.
Infatti, nonostante gli altri cadetti lo guardasse rabbrividendo, era uno dei pochi che all'interno dell'accademia si era privato del calore del mantello.
Nervosamente oltrepassò i vari corridoi delle camerate, dirigendosi verso quella di suo cugino Brydar. Da lontano l'ufficiale Syrtis sospirava, prevedendo guai per quella notte, se i due cugini fossero usciti insieme.
L'Elhalyn Alton stava per entrare nella camerata che ospitava Brydar quando, con aria di superiorità strafottente, Amory Dellerey Hastur uscì dalla porta, con Reidel che gli trotterellava dietro con aria quasi adorante.
Tristam e Amory si scambiarono un'occhiata di ghiaccio. Appartenevano allo stesso corso e, per alcuni mesi, avevano diviso lo stesso dormitorio, prima che delle incomprensioni con il capo camerata costringessero Amory a cambiare camerata.
L'Elhalyn si era fermato ad osservarli mentre si allontanavano, senza accorgersi del cugino, fermo poco dietro di lui.
«Una bella coppia, non trovi?» il tono freddo e insensibile della voce di Brydar lo fece sussultare più che la sua comparsa improvvisa.
«Non conosci Amory?» chiese stupito Tristam. Possibile che non gli fossero giunte alle orecchie le voci che circolavano su quel maledetto Hastur? Lo osservò sottecchi senza capire.
Brydar si strinse nelle spalle. «Si sente spesso parlare di lui,» rispose, non particolarmente colpito. «È famoso, come altri suoi amici del resto.»
Brydar afferrò il mantello, coprendosi per bene prima di affrontare il freddo esterno. «Sinceramente, Reidel è libero di scegliersi le compagnie che preferisce,» salutò con un cenno l'ufficiale Sirtys, considerando chiusa la questione.
Il superiore ricambiò il saluto, passandosi una mano sulla fronte... se avevano deciso di uscire, forse l'Accademia era salva per quella notte...
Tristam trotterellò dietro al cugino, senza prendere il mantello. «Se avete litigato potete parlare. Lui è appena uscito... sei ancora in tempo!»
Brydar si voltò di scatto, fissandolo come se non capisse. «Non abbiamo litigato e non ho nessuna intenzione di corrergli dietro come una fanciulla abbandonata,» il tono era freddo e tagliente, più dell'aria notturna che Tristam sembrava non sentire.
«Perché?» chiese Tristam, sentendo un brivido attraversagli la schiena come un lampo che ti passi a pochi metri.
Il cugino non rispose, attendendo di essere fuori dai confini dell'Accademia. Poi, voltandosi lentamente, lo fissò con aria gelida.
«Sai benissimo cosa sto per dirti,» disse piano, «non sono interessato a niente altro che a rapporti fisici... se ha trovato di meglio, buon per lui!»
Tristam guardò il cugino come se avesse potuto fulminarlo da un attimo all'altro.
"Grez' sui," fu il suo unico messaggio rivolto a Brydar prima di voltarsi e rientrare nell'Accademia a passo di carica.
Brydar restò a guardarlo per qualche breve istante, apparentemente intoccato dall'offesa indirizzatagli da Tristam. Attese ancora per qualche secondo, come per accertarsi che il cugino non cambiasse idea e decidesse di uscire nuovamente, poi si diresse verso il dedalo di viuzze che portava nel centro della città.


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Tristam era convinto che tutte le vie di Thendara di notte si assomigliassero. Aveva girato un paio di locande e in ognuna di esse aveva ritrovato le stesse espressioni vacue incastonate in visi resi rubicondi dal vino. Le stesse bluse e tuniche impregnate del profumo resinoso del fuoco del caminetto. Solo le mani cambiavano: alcune erano lisce e curate come quelle di una ragazza, altre erano state erose e mutate dalla pala e dalla vanga e altre ancora erano sporche di argilla.
Si chiuse alle spalle l'ennesimo uscio dell'ennesima locanda e iniziò a vagare senza meta, sperando di non perdersi, ma non curandosene troppo. Quasi sbatté contro l'uomo che gi passò davanti a passo affrettato, dopo essere uscito da una locanda senza insegne a contraddistinguerla. Distrattamente osservò con discrezione la scena che la porta, che faticava a chiudersi, forse anche a causa dell'eccessiva umidità che ne aveva fatto gonfiare il legno, lasciava intravedere.
L'interno era scarsamente illuminato ma, anche da quel poco che si intravedeva, era fin troppo chiaro di che genere di locale si trattasse.
La prima cosa che saltò agli occhi di Tristam furono un paio di procaci fanciulle, con indosso poco più che sdrucite sottovesti, che si lasciavano toccare da uomini dall'aspetto ripugnante. Però, poco lontano, nascosto in un angolo della sala, c'era una sorta di settore riservato, dove non erano le giovani donne ad essere al centro dell'attenzione, ma giovani uomini - forse era troppo considerarli tali, visto che sembravano essere poco più che bambini - che subivano lo stesso tipo di attenzioni da parte di individui più o meno avvinazzati. Mentre la porta stava per chiudersi individuò un volto nel gruppo seduto ad uno dei tavoli del settore maschile e, non poteva quasi credere ai suoi occhi, apparteneva a Reidel.
Rimase impietrito per un tempo indefinibile davanti alla porta, ormai richiusasi, mentre un mare di possibilità si affacciava alla sua mente in un flusso disordinato e continuo. Avrebbe potuto correre dentro e trascinarlo fuori o aspettarlo lì e morire congelato nel frattempo.
L'uscio che gli sbatté sul viso con delicatezza, sospinto da una delicata mano femminile, lo distolse dai suoi pensieri costringendolo a fare una scelta veloce, che non implicava nessuna delle possibilità prima pensate.
Si infilò nel locale con discrezione dirigendosi verso il settore maschile con passo sicuro.
Quello che sembrava un gruppo ben amalgamato, si rivelò essere in realtà solo una accozzaglia di qualche coppia e alcuni gruppi di tre avventori. Ognuno sembrava interessato solo al proprio compagno e, quasi distrattamente, lanciava rari sguardi a quello che avveniva a pochi passi da lui.
Reidel era in compagnia del solito Amory e di un altro nobilastro del suo gruppo e, a quel che sembrava a prima vista, era destinato a diventare il giocattolo di entrambi. Il giovane era quasi completamente sbronzo e con indosso poco più dei pantaloni. La camicia era mollemente appoggiata sulla sedia e Reidel era letteralmente preso d'assalto dall'amico di Amory che, con poca gentilezza, stava cercando di slacciargli la cintura.
Per una frazione di secondo Reidel aprì gli occhi, l'espressione vacua di chi ha bevuto oltre il proprio limite, e sembrò non accorgersi di Tristam... non per i primi secondi.. poi la consapevolezza della sua presenza, lì accanto a lui, sembrò risvegliarlo di colpo.
Il comyn lo fissò con gelida indifferenza, poi gli si avvicinò con un sorriso strano, un po' triste, stampato sul volto. Gli porse il proprio mantello con ambedue le mani e gli mormorò: «Dai, andiamo via, chiyu,» con un tono talmente dolce da essere inimmaginabile da parte sua, attendendo in silenzio la reazione del ragazzino, senza degnare della benché minima attenzione gli altri due.
Reidel si guardò intorno, come per decidere cosa fare. Era andato lì volontariamente, anche se Amory non gli aveva detto che tipo di locale fosse... non poteva andarsene, sarebbe stato come mancare di rispetto a lui e al suo amico. Poi lo sguardo cadde sul mantello che Tristam gli aveva posato sulle spalle e sembrò notare solo allora le proprie condizioni. Forse non valeva la pena rimanere, quando era stato con Tristam e Brydar, lo stomaco ebbe una fitta dolorosa al pensiero del secondo, non era stato costretto a fare nulla... a subire nulla che non avesse voluto...
«Andiamo...» disse piano, stringendosi al petto il mantello.
L'aria fresca della notte scivolò sui loro corpi sinuosamente, avvolgendoli in una frescura piacevole e rilassante. Tristam camminava accanto a Reidel in silenzio, il volto rilassato e la falcata decisa che lo contraddistinguevano nascondevano perfettamente l'intima agitazione cui era preda.
«Ti porto in un posto tranquillo, conosco bene la proprietaria... ti direi che hanno del vino ottimo, ma credo che tu ne abbia abbastanza,» sorrise bonariamente, rallentando il passo per far sì che Reidel, rimasto un paio di passi indietro, lo raggiungesse.
Il giovane accelerò l'andatura, mettendosi al suo fianco, ma senza alzare il volto dall'acciottolato.
Si sentiva in imbarazzo, per la situazione in cui era stato sorpreso e per le compagnie che aveva preso a frequentare. In cuor suo aveva sperato fino all'ultimo che Brydar gli impedisse di frequentare la gentaglia del gruppo di Amory ma, invece, lui non aveva detto nulla, distogliendo anche lo sguardo quando gli capitava di incontrarlo.
Seguì Tristam all'interno della piccola locanda, salendo dietro di lui le scale poco illuminate e, una volta dentro la camera, si sedette in un angolo, lo sguardo adesso fisso sulle travi del pavimento.
Con un sospiro Tristam cominciò a parlare ma, contrariamente a quanto pensava Reidel che si aspettava una scarica di domande a cui non avrebbe saputo rispondere, il comyn si limitò ad accertarsi sulla sua salute.
«Come ti senti, Reidel? Hanno degli ottimi rimedi officinali, vuoi che ti faccia portare qualcosa per la sbornia?» domandò osservandolo.
Il volto di Reidel si imporporò. Forse avrebbe preferito un rimprovero, forse sarebbe riuscito a liberarsi del peso che sentiva dentro...
«Ti ringrazio,» rispose, senza alzare il capo, «ma non credo di averne bisogno, l'aria fredda mi ha schiarito abbastanza le idee.»
«Sicuro? Vuoi qualcosa di caldo, qualunque cosa...» Tristam si calcò meglio nella poltrona, passandosi le mani nei capelli con calma. «Reidel, non c'è nulla di che vergognarsi,» cercò di rassicurarlo.
Per la prima volta da quando Tristam lo aveva trascinato fuori dal locale, Reidel alzò lo sguardo.
«No?» chiese con tono pericolosamente neutro. «Non c'è nulla di male nel farsi trattare come un grezu pur di ottenere qualche attenzione?» Si abbandonò contro lo schienale della poltrona, sospirando. «Allora, il fatto che mi senta insudiciato dentro non è un problema...»
Il cuore ferito di Reidel era dunque insanabile? Tristam si grattò la puntuta e cortissima barba, pensieroso.
«Cosa è successo?» chiese poi, uscendosene dopo tante elucubrazioni con la più semplice delle domande.
Reidel tirò un grosso sospiro, come se fosse sul punto di esplodere, poi si tornò a sgonfiare, abbandonandosi ancora di più e chiudendo gli occhi.
«Speravo che Brydar mi fermasse,» rispose, altrettanto semplicemente. «Che capisse che lo facevo solo per rabbia nei suoi confronti e che mi impedisse di continuare...»
«Ma non lo ha fatto...» continuò Tristam, con aria corrucciata. «Beh, mio cugino è un tipo piuttosto strano! Non credo dovresti dar peso a questo fatto...» aggiunse nel tentativo di rasserenare un po' il ragazzo che ora, stretto in quel mantello più largo di lui, pareva ancora più giovane di quanto non fosse.
«Già,» il tono era diventato amaro, «e quando ha visto che io continuavo per questa strada, non mi ha più neppure guardato. Quasi come se fossi un capitolo chiuso!» C'era rabbia repressa, dolore, un senso di abbandono che era difficile spiegare a parole. Reidel si sentiva come tradito, nella fiducia più che nei sentimenti. «Non ho mai chiesto altro che un po' di comprensione,» continuò, «solo che si mostrasse interessato a me... non solo a quello che potevo offrirgli... anche lui mi ha sempre trattato come ora sta facendo Amory...»
«Tu lo... ami?» la voce del comyn era uscita stentata, come se la parola amore non fosse abituale nel suo dizionario.
Reidel lo osservò in silenzio. Raccolse le gambe, stringendosi al petto le ginocchia, seguendolo con lo sguardo mentre Tristam si alzava e gli si avvicinava.
«Non lo so... forse all'inizio e speravo che anche lui sentisse qualcosa per me... ma ora... non lo so più... forse era solo il mio desiderio...» Piano, sommessamente, le lacrime cominciarono a scendere lungo le guance di Reidel che, imbarazzato, nascose il volto sulle ginocchia.
Le dita di Tristam gli sfiorarono i capelli, in una timida carezza. Reidel sollevò per un istante lo sguardo, il volto rigato dalle lacrime. Senza dire nulla afferrò la camicia del comyn e si strinse a lui, costringendo Tristam in ginocchio davanti alla bassa poltrona.
L'Elhalyn chiuse le sue barriere mentali d'istinto, nonostante fosse cosciente della quasi totale atelepatia dell'amico. Lasciò che il ragazzino si sfogasse, carezzandogli ogni tanto in modo quasi casuale i capelli setosi. Rimasero in quella posizione a lungo, mentre la crisi di pianto, se non il dolore, di Reidel andava piano piano scemando. Solo quando le spalle del giovane smisero di sussultare, Tristam si allontanò di poco, alzando il volto del giovane.
«Senti, io non so cosa sia successo tra voi ma posso prometterti che cercherò di parlare con quella testa di asino di mio cugino,» gli sussurrò, mentre i suoi occhi grigi si rabbuiarono prendendo la stessa sfumatura del cielo prima delle tempeste quando neppure il vento osa soffiare in quell'aria statica.
Per un breve istante l'espressione di Reidel si fece preoccupata. «Non dovete, non importa...» disse, balzando in piedi e facendo rotolare a terra Tristam. «Se lui non vuole... non importa, è colpa mia...»
«Perché dovrebbe esserlo?» lo rimbrottò l'altro rialzandosi, passandosi le mani sui pantaloni pulendo la polvere che si era attaccata alla stoffa dopo la caduta.
Reidel borbottò qualcosa, ma Tristam non riuscì a comprendere le parole.
«Torniamo all'Accademia,» disse a voce più alta il ragazzo, «non voglio restare fuori...» ricevendo un cenno di assenso da parte del comyn.
Uscirono dalla stanza, scendendo velocemente le scale come se Zandru in persona li stesse inseguendo.
«Quanta fretta, miei signori!» commentò la rubiconda donna Arosie, rinchiusa nel suo bustino che mal tratteneva le generose forme, e accompagnò la sua affermazione con una sonora risata. «Vi attendono all'Accademia?» chiese il padrone, occupato a travasare in un piccolo otre del sidro profumato. Nessuno dei due rispose, Tristam pagò l'irrisoria somma concordata con il gestore e, in silenzio, uscirono all'esterno.
Senza parlare raggiunsero il muro di cinta dell'Accademia e, solo davanti al portone, si fermarono come indecisi sul da farsi.
«Non vieni?» chiese Reidel, varcando la soglia dopo aver controllato che non ci fosse nessuno in giro.
Tristam spostò il peso da un piede all'altro, indeciso. «Sì,» mormorò, entrando. "BRYDAR!" pensò, cercando mentalmente di captare la posizione del cugino.
Al principio non percepì nulla... vista l'ora Brydar era probabilmente a letto. Ripeté comunque il richiamo, nell'eventualità che non stesse dormendo. Quello che rispose fu un pensiero annebbiato, quasi inconsistente.
"Per tutti..." la voce di Brydar gli echeggiò nella mente, simile ad uno sbadiglio. "Che diavolo vuoi a quest'ora?"
"Voglio parlarti, figlio di un chervine storpio!" rispose acidamente l'Elhalyn Alton.
"Domani," fu la secca risposta, "domani dopo il pranzo, dietro le latrine..."
Tristam non fece in tempo a replicare, il cugino aveva bloccato qualsiasi ricezione, riaddormentandosi all'istante.
Dopo poco anche lui era sotto le coperte, sbadigliando silenziosamente mentre aggiustava il guanciale sotto la testa, ponendovi sotto un braccio come faceva d'abitudine.
"Se domani non viene, giuro che lo rotolo nelle latrine..." pensò tra sé e sé, chiudendo gli occhi e concentrandosi sul respiro regolare dei suoi compagni e cercando di sintonizzarsi con esso finché il sonno non giunse.


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Dopo la sveglia che gli aveva dato Tristam a metà notte, Brydar non era più riuscito a riprendere sonno. Aveva continuato a rigirarsi nel letto, disturbato anche dal rientro di Reidel che, pur nel tentativo di fare il meno rumore possibile, non era passato inosservato. La simultaneità delle cose, il ritorno del compagno di camerata e il messaggio dai toni irosi di Tristam, lo avevano convinto che ci fosse un collegamento tra loro.
Il comyn aveva trascorso l'intera mattina in attesa dell'appuntamento e, all'ora prefissata, era in piedi dietro le latrine, sperando che nessuno dei loro superiori si facesse vivo proprio in quel momento. Tristam arrivò dopo poco, guardandosi intorno per fugare ogni timore sulla presenza di possibili estranei alla loro discussione.
«Bene, cugino,» disse, con una espressione che non faceva presagire nulla di buono e un tono ancora più minaccioso. «Credo saprai di cosa voglio parlarti.»
Brydar lo guardò con aria di sfida. «Sinceramente no,» rispose, «anche se sono certo che non mi risparmierai i dettagli.»
«Ieri sera ho incontrato Reidel,» l'Elhalyn gli si avvicinò, in modo da poterlo fissarlo con ostentata irritazione e superiorità.
Brydar non cercò neppure di trattenere il sorriso ironico che era comparso sulle sue labbra. «Immaginavo che foste insieme,» commentò, sostenendo lo sguardo dell'altro senza problemi. «Siete rientrati quasi nello stesso momento.»
Si ritrovò incollato al muro, le mani di Tristam artigliate sulla stoffa della divisa con una tale forza che le nocche erano sbiancate e il volto che quasi sfiorava il suo.
«IO non sono come te, Brydar Elhalyn Ridenow!»
Brydar staccò le mani di Tristam dalla sua uniforme, allontanandolo con una spinta. «E dovresti ringraziare gli Dei per questo, Tristam Rafael Elhalyn Alton!» Non c'era divertimento o rancore nella voce. Il tono era freddo e implacabile, quello di un uomo abitato a ripetersi quanto fossero fortunati gli altri a non essere come lui.
«Perché lo hai lasciato andare con quel pervertito?!» gli ringhiò in faccia il cugino, come se avesse volontariamente ignorato le sue ultime frasi.
«È sempre stato libero di fare quello che preferiva,» gli ricordò Brydar, «non sono certo io che devo decidere chi può frequentare!»
«Lo ha fatto per colpa tua e tu ne sei consapevole, Brydar! Te lo leggo negli occhi...»
Brydar si allungò in tutta la sua altezza, quasi sovrastando Tristam, pur essendo più basso. «Ci sono alcune cose che metto bene in chiaro, Tristam, e ormai dovresti saperlo,» sibilò, nessuna emissione trapelava dalle sue barriere, la distanza tra i due si era fatta ormai abissale. «Reidel sapeva benissimo che non mi sarei preoccupato di lui neppure se si fosse concesso ad un cralmac. Non voglio essere costretto a preoccuparmi, non è quello che cerco ora e che, forse, non cercherò mai!»
«Ma lui ti amava!» lo rimbrottò con foga Tristam.
Il sorriso di Brydar fu la cosa più irritante che Tristam ricordava di aver mai visto.
«Beh,» commentò il primo, voltandosi per allontanarsi, «almeno, adesso che ha il cuore spezzato, lo puoi consolare adeguatamente.»
Gli sfuggì il momento in cui il cugino, per tutta risposta alla sua affermazione gli si scaraventò addosso gettandolo in terra ringhiando degli insulti capaci di far arrossire una grezalis di Thendara. La neve fresca attutì la caduta e la sorpresa dovuta all'attacco fu di breve durata. Sfruttando i trucchi più meschini, imparati durante la sua infanzia, Brydar prese presto il sopravvento ma, colpa la costituzione fisica più robusta del cugino, le posizioni si invertirono nuovamente dopo poco... e di nuovo e ancora finché qualcuno non li divise di peso e si ritrovarono a fissare il volto di Syrtis che li guardava con una severa delusione dipinta sul volto pallido.
L'uomo diede ordine ai due cadetti che li avevano bloccati di lasciare liberi i due cugini e ordinò alla piccola folla che si era riunita intorno a godersi lo spettacolo di tornare alle loro occupazioni.
I due Elhalyn si fissarono con odio, mentre l'ufficiale passava lo sguardo prima su uno poi sull'altro. Le uniformi erano ridotte ad un mucchio di stracci e, dopo essersi rotolati nel nevischio e nel fango, il loro aspetto era simile a tutto tranne che a due nobili comyn.
«Cosa dovrei fare di voi?» chiese, più rivolto a se stesso, che ai due che aveva di fronte. «Seguitemi,» mormorò, voltando loro le spalle, mentre Tristam, il cui laran era decisamente più forte di quello del cugino, avvertì il pensiero che seguì quella affermazione: "... e spero di non dovervi trascinare io di forza, come due bambini recalcitranti..."
Punto sull'onore, Tristam raddrizzò le spalle e, ignorando completamente Brydar, seguì con un passo quasi marziale il suo ufficiale fino alla piccola stanza adibita ad ufficio. Un cadetto di guardia chiuse la porta dopo il loro passaggio, mentre Brydar si affiancava al cugino, fissando un punto immaginario davanti a sé.
Non gli importava molto quello che avrebbero dovuto subire come punizione. Stranamente, ed era la prima volta che poteva dire di provare qualcosa di simile, quello che lo disturbava era la distanza che quel fatto avrebbe potuto creare tra lui e Tristam. Mantenne comunque il silenzio e la posizione rigida, cercando di far sì che nulla sfuggisse alle sue barriere.
«Ragazzi...» incominciò l'ufficiale, passandosi stancamente una mano tra i capelli di un biondo scialbo, fissandoli con incertezza e nervosismo, «io non so davvero cosa fare con voi. Se vi foste limitati ad uno scontro verbale sarei stato lieto di potervi venire incontro... ma avete dato scandalo azzuffandovi come bambini davanti a buona parte dei cadetti,» fece una pausa, congiungendo le mani sul tavolo in un finto atteggiamento pacato. «Voi capirete che ne va di mezzo l'onore dell'Accademia e soprattutto voi che siete del terzo anno, cadetto Elhalyn Alton, avreste dovuto dare il buon esempio!»
Tristam non riuscì ad impedirsi di arrossire lievemente: le parole del suo superiore lo avevano messo in imbarazzo ma non poteva negare a se stesso che l'uomo aveva tutte le ragioni per trattarlo così duramente.
«Non l'avrebbe fatto se non l'avessi provocato pesantemente.» Le parole di Brydar stupirono tutti i presenti nella stanza, lui per primo.
Tristam stava per rispondere quando l'ufficiale Syrtis con un gesto della mano bloccò ogni velleità di protesta. «Ciò che avete detto vi fa onore, Brydar, ma mi vedo costretto alla luce dei fatti ad assegnarvi una prova piuttosto dura. Credetemi, vorrei poterlo non fare,» le parole e l'espressione affranta dell'uomo rispecchiavano la sua totale sincerità. "Sempre meglio che sia toccato a me, invece che ad Hastur," concluse mentalmente l'ufficiale, senza preoccuparsi di essere intercettato dai due giovani.
I cadetti restarono in attesa del verdetto e il fatto che non fosse Hastur il loro giudice non migliorava di tanto la loro posizione.
Infine, la sentenza giunse: «Dieci giorni di corvèe alle latrine e la revoca di tutte le libere uscite fino alla fine del servizio.»


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Erano già trascorsi sette dei dieci giorni di punizione, ma già dal secondo nessun altro dei cadetti presenti nell'accademia (e tanto meno servitù e superiori) si avvicinava ai due cugini Elhalyn, se non per comunicazioni di importanza vitale.
I giorni assegnatigli erano sembrati pochi, all'inizio, ma solo perché non sapevano che il vero scopo del lavoro sarebbe stato quello di ripulire gli scarichi dei pozzi neri che confluivano dalle latrine fino al deposito di liquami posto fuori dalla caserma. Alcuni dei condotti si erano intasati da tempo, anche loro si erano lamentati a proposito, ed ora avevano il sommo piacere di rimuovere quegli ostacoli.
«Sarete degli eroi per tutti,» aveva ridacchiato il sottoufficiale Hastur, godendosi lo spettacolo da una distanza di sicurezza. «Quando avranno ritrovato il coraggio di venirvi vicino...» e si era allontanato ridendo di gusto.
I due cugini si erano guardati ma, nessuno dei due aveva detto nulla, dopotutto era trascorso solo un giorno ed erano ancora convinti che tra loro non potesse esserci più nessun tipo di comunicazione. Ma in quel momento, a soli tre giorni dalla fine della punizione, la distanza tra loro non sembrava più così insormontabile.
«Credo che non riuscirò mai più ad andare serenamente nelle latrine,» esclamò Tristam, lasciandosi andare con un sospiro a sedere in terra, spostandosi col dorso della mano un ciuffo di capelli che gli era ricaduto in mezzo alla visuale dell'occhio destro.
Era la prima parola che si rivolgevano da sette giorni.
Brydar si risollevò dalla scomoda posizione che aveva mantenuto fino a quel momento, stirandosi i muscoli della schiena.
«Forse ha ragione Hastur, forse la cosa ci porterà il riconoscimento da parte degli altri...»
Si guardarono negli occhi per un istante, prima di scoppiare a ridere entrambi.
Un mantello da cadetto ondeggiò coprendo i raggi pallidi del sole rosso darkovano. Amory Dellerey Hastur stava in piedi davanti a loro, i gomiti ben piantati sui fianchi e una espressione tagliente e ironica che ambedue avrebbero volentieri cancellato a suon di schiaffi.
«Ben bene... una volta si diceva che gli Elhalyn avessero la puzza sotto il naso... ora si dirà che avete il naso che puzza!» disse loro in tono sprezzante, facendo seguire alla battuta una risata roca e baritonale.
Non particolarmente scossi dal commento, Brydar e Tristam ne approfittarono per prendersi un attimo di pausa. Mancavano solo due giorni, erano in condizioni pietose e ormai non sentivano più il fetore che proveniva da loro e da quello che li circondava.
Nonostante ciò Tristam si mise ad annusare l'aria, con espressione pensosa. Brydar trattenne un sorriso, asciugandosi la fronte e scostandosi i capelli dal viso.
«Che c'è, Elhalyn Alton, improvvisamente ti rendi conto del tuo odore?» chiese Amory, ridacchiando assieme ai suoi amici.
«No,» il tono di Tristam sembrava perplesso, «pensavo che avessimo ormai liberato i condotti del grosso degli ostacoli, ma...»
Brydar si guardò intorno. «Sì, cugino, l'ho notato anch'io... la puzza è come aumentata... mi chiedo dove sia il problema!»
In principio nessuno dei comyn che avevano seguito Amory capirono il significato delle parole dei due ma, dopo poco, i due Elhalyn, iniziarono a fissare Amory con evidente disgusto.
«Per l'amor del cielo, Amory...» il tono di Tristam si fece quasi imbarazzato, «capisco che sapevi di voler venire qui ma, almeno, potevi passare alle terme prima... così peggiori solo la nostra situazione!»
Il volto di Amory cominciò a cambiare colore. Una vampata di rosso salì dal collo fino a raggiungere la fronte. Se non lo avessero portato via di lì il calore emesso dal suo volto avrebbe di sicuro fuso la neve circostante.
«Voi...» balbettò, incapace di parlare per la rabbia, "me la pagherete entrambi!" concluse mentalmente.
"Peggio di così?" chiese ironico Brydar, allargando le braccia mostrando il liquame in cui sguazzavano da otto giorni. "Dovrai impegnarti a con costanza."
"Ma con quel che mangi..."
Gli amici di Amory dovettero trattenerlo con la forza quando, inspiegabilmente, il comyn cercò di lanciarsi a tuffo dentro il pozzo nero.
Brydar e Tristam ripresero a lavorare, ridacchiando.
Solo altri due giorni...


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Immersi in una vasca comune (da cui stranamente, i pochi bagnanti erano fuggiti al loro arrivo) piena di essenze profumate si rilassavano. Tristam immerso fino al naso nell'acqua tiepida, con i capelli sparsi sulla superficie dell'acqua a formare una corolla dalle sfumature mogano, Brydar appoggiato con la schiena e le braccia piegate sul bordo con una espressione rilassata sul volto.
«Non pensavo che avrei gradito così tanto queste terme,» sospirò Brydar dopo un po'.
Tristam lo guardò con aria divertita, uscendo dall'acqua e prendendo un panno per sfregarsi via il sudiciume da dosso. Brydar lo seguì con lo sguardo, preferendo restare ancora un po' in ammollo prima di cominciare a strofinarsi, perdendo così qualche centimetro di pelle.
«Senti,» cominciò Tristam con tono casuale, sotto cui si celava un lieve imbarazzo, «mi chiedevo... si insomma, Reidel no... ?»
Brydar sospirò, immergendosi completamente per poi decidersi finalmente a cominciare la difficoltosa operazione di ripulitura.
«Reidel cosa?» chiese, cercando di mantenere il tono neutrale.
«Perché ti sei comportato così con lui, con Reidel? Mi sembri sempre così fuggevole...» Tristam gli si avvicinò acquattandosi accanto a lui.
Brydar si impegnò ancor più alacremente nelle operazioni di pulitura.
«Perché non riesci a convincerti che non è un rapporto sentimentale quello che voglio?»
Tristam sospirò sedendosi sul bordo della vasca, immergendovi i piedi e fissandone l'immagine deformata. «Bry, io so che sono quasi un estraneo e che non siamo in buoni rapporti ma... ho avuto l'impressione che tu ti asserragli dentro te e non permetta mai a nessuno di sfiorarti davvero,» mormorò in tono pensieroso creando col movimento delle gambe piccole frastagliature sulla superficie quasi immota.
«E non ti sei mai soffermato a pensare che sia quello che voglio?» Brydar si allontanò verso il lato opposto della vasca, fronteggiando il cugino. «Prendi il tuo caro Reidel,» continuò, il tono distratto, quasi stesse parlando del tempo. «Pronto ad azioni disperate pur di interessarmi, e ora? L'hai visto anche tu, no?»
«Sì, non ci ha praticamente guardato,» concluse con un tono di amarezza Tristam, richiamando alla memoria l'immagine di Reidel col suo nuovo compagno. «Qualcosa di serio stavolta,» gli aveva detto quasi con tono casuale una volta in cui si erano detti più di cinque parole in fila.
«Hai chiuso anche me fuori dalla tua mente...» aggiunse, fermando le gambe e osservando il movimento delle onde che si dipanavano.
«Non c'è posto per nessun altro nella mia mente,» ribattè Brydar. «Non ho bisogno di altro, non ora!»
«Scusa...» mormorò Tristam, colpito dalla violenza di quest'ultima affermazione del cugino e tornò in silenzio a fissare un punto indefinito.
«Ci sono troppe cose che non sai,» continuò Brydar, avvicinandosi al cugino e mettendosi alle sue spalle. «E non sono intenzionato a parlartene... non ora,» lo fermò prima che potesse dire qualcosa.
In silenzio iniziò a sfregare le spalle di Tristam, per pulire quei punti dove non poteva arrivare da solo. C'erano troppe cose nascoste nel suo passato e Brydar era convinto che nessuno sarebbe mai riuscito a farlo parlare su nessuna di esse. La sola persona con cui si sarebbe potuto confidare, sulla quale avrebbe potuto riversare tutti i suoi dolori, se ne era andata ormai e nessun'altra avrebbe potuto prenderne il posto.
Tristam si irrigidì sotto le sue dita poi si rilassò scoppiando in una risata strana.
«Cugino, ho appena avuto una delle mie stupide premonizioni senza né capo né coda...» gli annunciò.
Brydar si fermò, sporgendosi in avanti, per guardarlo in faccia. «E allora?» chiese, non certo di volerne sapere di più.
«Beh, tu stavi con un ragazzo e... beh, sembravi una felice sposina...» Tristam socchiuse gli occhi, attendendo di essere prevedibilmente buttato in acqua dopo questa rivelazione.
Invece Brydar non si mosse. Rimase fermo nella stessa posizione, come assimilando lentamente le parole appena proferite dal cugino.
«Sei la seconda persona a dirmelo,» commentò dopo un po', riprendendo a sfregare vigorosamente la schiena di Tristam, con l'intento preciso di fargli male.
«Brydar non sono così masochista!» commentò afferrando la mano del cugino che stava torturando il suo tricipite. «Che hai?» Tristam lo tirò avanti, costringendolo quasi ad abbracciarlo da dietro.
«Nessuno di voi Elhalyn ha mai fatto premonizioni che poi si siano realizzate,» c'era tristezza nella voce e alla mente di Tristam arrivò l'immagine di Nyal Elhalyn, lo zio di Brydar, scomparso e probabilmente morto pazzo in qualche luogo sconosciuto.
«Non vale la pena rimuginarci troppo sopra,» Brydar cercò di divincolarsi, allontanandosi dal corpo del cugino.
«Ti manca molto?» gli chiese a bruciapelo Tristam, senza curiosità, mentre si immergeva nuovamente nell'acqua quasi cercasse scampo in essa.
Brydar gli lanciò la spugna. «Se vuoi puoi anche vendicarti,» gli comunicò con tono accattivante.
Tristam colse l'offerta al volo e, con lentezza e diligenza, mettendoci lo stesso impegno, cominciò a sfregare la schiena del cugino.
«Credi veramente che le nostre previsioni siano sempre sbagliate?» chiese con tono indifferente, mentre il volto di Brydar cercava di non mostrare nessun tipo di reazione al suo massaggio.
«Certo,» rispose ironico, «questa volta si avvererà... e tu sari lì con me, circondato da giovani disponibili che non degnerai neppure di uno sguardo!»
«Il destino ha in serbo molte cose, Brydar... non si può mai dire...»
E forse sarebbe stato davvero così...


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Ritorno a casa

L'immensa ombra della Torre di Tramontana era calata su di loro già da alcuni minuti, ma dovettero arrivare nel cortile delle stalle prima che Tristam si accorgesse di essere arrivato a destinazione.
Il comyn aveva trascorso le ultime ore del viaggio, durato più del previsto a causa del peggioramento del tempo, immerso nei suoi pensieri e nessuno dei due compagni aveva fatto nulla per distrarlo e coinvolgerlo in qualche discorso. Kylar aveva sbirciato un po' nella mente dell'amico, per assicurarsi che tutto andasse bene, ma si era ritirato immediatamente quando aveva visto che i pensieri dell'Elhalyn erano concentrati su alcuni ricordi del suo passato legati al cugino.
Era strano il legame che sembrava unire quei due, aveva pensato all'inizio, e, dopo il tempo trascorso a Castel Comyn, Kylar aveva rinunciato a cercare di comprenderlo. Anche in quel momento, mentre Tristam ripensava all'anno trascorso nei cadetti con Brydar, non riusciva a realizzare come due caratteri così diversi potessero aver trovato un punto in comune.
Tristam aveva ripensato al primo litigio avvenuto tra di loro e, con amarezza, si era reso conto di non essere ancora riuscito a comprenderlo, soprattutto dopo averlo visto a stretto contatto con i parenti e la moglie. C'era qualcosa che continuava a sfuggirgli, ma era solo perché Brydar lo teneva fuori dalla sua portata.
Il comyn alzò gli occhi verso la cima della Torre, avvolta nella stessa nebbia biancastra che aveva rallentato i loro ultimi chilometri di viaggio, quasi stupendosi di essere veramente tornato a casa.
La premonizione di allora si era ripresentata ancora, poche ore prima di lasciare Thendara, diversa in alcuni aspetti, ma terribilmente simile alla prima avuta al termine della punizione che li aveva riavvicinati.
Questa volta la certezza riguardo il futuro del cugino era stata quasi dolorosa, tangibile come le redini che stringeva nelle mani, ma come sottofondo aveva percepito una nota di amarezza. Una sorta di disillusione strettamente legata alla sua condizione in quel momento, una situazione che però era nascosta appena oltre la sua percezione.
"Finalmente siete tornati," la voce della Custode di Tramontana risuonò nelle menti dei due telepati che, colti di sorpresa, sobbalzarono sulla sella.
Aleki, notando la strana reazione dei due, non riuscì a trattenere una risatina. «Già chiamati a rapporto?» chiese sarcastico. «Allora ci salutiamo qui.»
Tristam si voltò verso l'amico. «Solo un caldo benvenuto da parte della Custode,» disse, avvicinandosi a lui. «Ci rivedremo per il Solstizio?» chiese, guardando Kylar che, dopo aver salutato formalmente Aleki, si stava già dirigendo alle stalle.
«Se troverai il tempo di venire,» sottolineò l'atelepate. «Sei stato via a lungo, potrebbero decidere che è tuo dovere restare alla Torre.»
Tristam ridacchiò, stringendosi nelle spalle. «Troverò il modo di venire,» disse, «altrimenti ti costringerò a venire qui!» concluse ridendo.
Aleki non si fece coinvolgere dall'ilarità che sembrava aver colpito Tristam. Sembrava avere un che di forzato, ma forse era solo una sensazione dovuta alla stanchezza.
Si salutarono con calore e Tristam attese che la figura dell'amico svanisse oltre la prima curva della strada che portava al villaggio, dove si sarebbe fermato per la notte prima di ripartire per raggiungere la tenuta della sua famiglia.
"Tutto bene, Tristam?" la voce della Custode echeggiò nuovamente nella sua mente. "Abbiamo sentito la tua mancanza."
Il comyn percepì la sincerità nelle parole della donna, pronunciate con il solito tono freddo pur essendo un benvenuto da parte sua. Era tornato a casa, pensò, ricambiando il saluto, ma non si sentiva sollevato dalla cosa.
L'ultima visione del proprio futuro, oltre che di quello di Brydar, lo aveva lasciato con l'amaro in bocca e, mentre varcava le solide mura della Torre, Tristam sentiva come se un'ombra scura stesse gravando su di lui e sui giorni che lo separavano dall'avverarsi di quella premonizione.














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