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Titolo: Bellatrix - Prologo
Autore: Genkai
Serie: Saint Seiya (dal manga/anime di Masami Kurumada)
Pairing: nessuno
Spoiler: nessuno in particolare, il racconto si posiziona tra la battaglia al Grande Tempio e quella ad Asgard
Rating: PG 13
Parti: 6
Status: in lavorazione
Archivio: HSC

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: Bellatrix :

< Genkai >



Prologo

Ayolos... devi proprio andare?» nel buio della stanza la sua voce risuonò come senza corpo.
«Si Rea, amore. Sento Athena che mi chiama, devo andare al Tempio da quella bambina.» Si voltò a guardarla, ancora a letto, aveva cercato di fare più piano possibile, ma quasi nulla sfuggiva ai poteri dei Rea, specie se riguardava i suoi cari.
Rea, mettendosi a sedere con le gambe fuori dal letto, pose con fare protettivo una mano sul ventre gonfio, attraverso la sottile veste da notte di cotone grezzo sentiva i movimenti delle due creature che portava in grembo.
«E i tuoi figli, non sono più importanti di quella bimba figlia di chissà chi? Stanno per nascere, almeno aspetta di vederli una volta! Ti prego!»
«Rea... i nostri figli sono solo il nostro futuro, quella bambina invece è il futuro di tutta l'umanità. Se le accadesse qualcosa, non riesco neanche ad immaginare quali disastri potrebbero derivarne!»
«Ed io? Io cosa farò senza di te?» Ormai Rea stava piangendo, preda di un brutto presentimento. «Sento che accadrà qualcosa di terribile. Ho paura che non tornerai.»
«Tu sei una donna forte. Sei la sorella del Grande Mur e i tuoi poteri non sono meno dei suoi e so che sei orgogliosa di questo. Non ti abbattere, se io non tornassi saresti perfettamente in grado di cavartela egregiamente. E poi, io sono un Cavaliere d'Oro, uno dei dodici uomini più forti del mondo, chi l'ha detto che non tornerò? A più tardi amore mio.»
Le voltò le spalle e si avviò verso la porta della casupola. Ormai sulla soglia Ayolos si girò con un sorriso per imprimersi nella memoria la donna che aveva amato più di ogni altro essere vivente, più della sua stessa vita, che portava in grembo i suoi figli e che adesso doveva lasciare, forse per sempre, per salvare una bambina, reincarnazione di Athena, ultima speranza dell'umanità.
«Ayolos» Rea nonostante fosse al settimo mese di gravidanza si mosse con agilità, e si slanciò, in lacrime, verso di lui per abbracciarlo e baciarlo con tutta la passione e la disperazione che provava in quel momento. Lui staccò con dolcezza le mani di lei che stringevano convulsamente il giacchetto di cuoio e si allontanò un poco. Lei nella luce della luna, gli occhi chiusi, le guance solcate dalle lacrime, era bellissima.
"Non voglio lasciarla! Oh Athena, io ti proteggerò questa notte , tu proteggi la mia Rea ed i nostri figli!"
Si girò e si allontanò dalla casupola, quando ebbe percorso qualche metro sussurrò:
«Addio Rea, amore mio, abbi cura di te e dei nostri bambini»
Non si accorse che Rea rimasta sulla soglia mormorò:
«Addio amore mio, padre dei miei figli, ti amerò per sempre.»


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Quando perse di vista Ayolos, Rea si girò per rientrare in casa, ma una contrazione la bloccò sul posto, piegandole le ginocchia, la mano strinse lo stipite della porta fino a sbiancare le nocche e poi a sbriciolare il legno. Riuscì a trascinarsi fino al letto, sentiva un liquido caldo scorrerle tra le gambe.
"Mur! Fratello!" il grido mentale aveva la potenza di un tuono.
Pochi istanti dopo il Grande Mur comparve nella camera e si avvicinò al letto, i lunghi capelli raccolti sulla schiena, in una pettinatura più ordinata, ma in tutto identica a quella della sorella.
«É giunto il tempo, Mur, i miei figli stanno nascendo,» il sudore, misto alle lacrime, le scorreva lungo le guance, malgrado la notte non fosse afosa, ma lievemente rinfrescata da un leggero vento da nord.
«Ayolos dov'è? Vuoi che vada a chiamarlo?»
«No, è andato a salvare Athena, non ha tempo per vedere nascere i suoi figli!» Il tono era amaro e sembrò sputare il nome della Dea, che tutti veneravano.
«Non dire così. Athena rappresenta la salvezza dell'umanità, e se è destino che i tuoi figli nascano orfani... beh, il destino trova sempre modo di compiersi!»
«Anche tu con questa storia dell'unica speranza dell'umanità. Non ne posso più! Per colpa di quella bambina, mio marito morirà, e tutti coloro che amo soffriranno! Io la odio, vorrei che morisse!»
«Rea! Sai benissimo che non credi neanche tu quello che stai dicendo. Adesso smettila di pensare ad Athena e concentrati sui tuoi figli e aiutali a venire al mondo!» Non poteva schiaffeggiarla fisicamente, ma lo fece con il tono della voce. Lei si ritrasse e sembrò calmarsi.
«Ma da cosa deve salvarla?» Sussurrò mentre un brivido le scendeva lungo la schiena.
«Dal Grande Sacerdote!»
«Cosa? Ma verrà dichiarato decaduto! Come potrò crescere i miei figli? Non potrò restare al Grande Tempio? Dove andrò?»
«Puoi sempre tornare a casa, nel Pamir!»
«Così verrai dichiarato decaduto anche tu, per avermi dato asilo. I miei figli saranno reietti nel mondo che spetta loro di diritto! Tu e Ioria passerete dei guai, e tutto per colpa di quella bambina...»
Una contrazione più forte delle precedenti le tolse il fiato, l'isteria in cui stava cadendo venne ricacciata dall'istinto primordiale di mettere al mondo le vite che portava nel grembo. Una nuova preoccupazione si affacciò alla sua mente.
«Oh Mur, non sarà troppo presto? Sono solo al settimo mese, e se non sopravvivessero?... Oh Dei cosa farei?»
«Stai tranquilla. Se riuscissi a mantenere un minimo di calma, sentiresti, come le sento io, che le loro energie vitali sono molto forti e credo che abbiano una certa fretta di nascere. Vedrai entro domattina stringerai tra le braccia due piccoli fagottini urlanti!»
«Stai tranquilla? Mi dici di stare tranquilla!» Gli prese una mano per resistere alla contrazione. «Quando avrai due bambini nel ventre che tentano di sventrarti a furia di calci potrai dirmi di stare tranquilla. Tu adesso non puoi dirmi assolutamente niente riguardo la tranquillità. Capito?» Nonostante avesse cominciato urlando il suo tono si era man mano abbassato fino a divenire un sussurro iroso. Mur sentì le ossa della propria mano scricchiolare e si rese conto che la forza, già notevole di sua sorella era in quel momento supremo della sua vita, centuplicata dal dolore e dalla tensione.
Sdraiata sul letto, le gambe piegate e divaricate, Rea era pronta a spingere i suoi figli nel mondo, il suo Cosmo fiammeggiava in maniera spaventosa, mentre il volto era congestionato per lo sforzo di aiutare il primo dei suoi figli a venire al mondo.
«Dammi la mano, non startene lì impalato come una statua di marmo. Si vede che non hai la minima idea di cosa fare, renditi almeno utile in questo!»
Mur prese la mano che la sorella gli tendeva, sapendo cosa lo attendesse, stette ben attento a porgerle la mano che non aveva subito il trattamento pochi minuti prima.
"Se qualche cavaliere vivente possiede un Cosmo così non è certamente in grado di farlo espandere in questo modo, sono contento di non aver mai dovuto affrontare un nemico così forte. E pensare che Rea è semplicemente una sacerdotessa di Athena! Come tutti i sacerdoti non può avere piena coscienza del suo Cosmo. Che splendido cavaliere sarebbe stato! O forse è proprio al momento della nascita dei figli che una donna da il meglio di sé?"
All'improvviso Mur sentì un pianto disperato che si univa al grido di trionfo di Rea e si ritrovò tra le braccia una splendida piccola e perfetta bambina che urlava tutto il dolore e al gioia della nascita. Il Cosmo di Rea era notevolmente ridotto, ma lei era ancora cosciente.
«Adesso devi tagliare il cordone ombelicale in due punti. Ecco fai un nodo...»
«Sì, sì questo lo so. Mi ricordo cosa fece la levatrice quando sei nata tu.»
Nonostante tutto Mur era commosso, la sua nipotina era sana e dimostrava a gran voce tutta la sua voglia di vivere, la lavò con l'acqua calda del bacile accanto al letto e l'avvolse in un panno pulito che trovò nella panca ai piedi del letto. Pose la bimba tra le braccia ansiosamente tese della madre e chiese:
«Come la chiamerai?»
Madre e figlia si guardarono negli occhi ed una scintilla di riconoscimento passò tra loro.
«Bellatrix! Sono sicura che sarà una guerriera. Nonostante il peso che suo padre le ha voluto mettere sulle spalle ancor prima che nascesse. Sarà forte e determinata, bella ed intraprendente e coraggiosa. Ne sono sicura.»
«Da quello che dici sarà il ritratto perfetto di sua madre. Ma adesso fatti coraggio che devi darle un fratellino, bello e forte come lei»
«Sì!»
Dopo meno di mezz'ora anche Bellator poppava al seno destro di Rea mentre Bellatrix era al sinistro, entrambi avevano sulla fronte i due nei, segno dell'appartenenza alla stirpe di esper della madre e soprattutto della presenza dei poteri mentali, forti sia in Rea che in Mur. Il volto di Rea era quasi cadaverico, ma felice, profondi segni viola le cerchiavano gli occhi chiusi. Guardando con occhi lucidi questa scena Mur si rese conto, con uno shock, che il Cosmo della sorella stava pian piano estinguendosi.
«Rea!» La chiamò. «Rea, rispondimi!»
«Sì fratello ci sono ancora, per poco, ma sono ancora di questo mondo. So che vuoi andartene dal Santuario. Ti prego, porta i miei bambini nel Pamir con te e insegna loro ad usare i poteri!»
«No Rea, non dire così, hai solo bisogno di riposo, dopo una notte del genere. Vedrai domani starai già meglio.»
«Mur lo sai anche tu, sto morendo, e non ho la forza di oppormi, di mantenere il contatto con la mia consapevolezza Cosmica, mi perderò tra le stelle lì ritroverò il mio amato Ayolos.»
Mur piangeva come non faceva da anni.
«Rea sei sempre stata al mio fianco, anche dopo il matrimonio con Ayolos, cosa farò senza di te?»
«Ti posso dare la risposta che mi ha dato Ayolos. Tu sei un uomo forte. Sei il Grande Mur e i tuoi poteri non sono meno dei miei e so che sei orgoglioso di questo. Non ti abbattere, saresti perfettamente in grado di cavartela egregiamente. E poi sei uno dei dodici... Ti voglio bene fratello.» Sorrise, i bambini si erano addormentati sul seno della madre.
«Anch'io ti voglio bene sorella.» Disse Mur rispondendo al sorriso.
Rea chiuse gli occhi e spirò. I bambini nello stesso istante si svegliarono mettendosi a piangere disperati. Mur li prese in braccio cercando di cullarli, ma come poteva consolarli se si sentiva a pezzi anche lui?














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