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Titolo: Incubo
Autore: Shun
Serie: Saint Seiya (dal manga/anime di Masami Kurumada)
Pairing: Hyoga x Shun
Spoiler: nesuno
Rating: X - angst
Parti: 2
Status: in lavorazione
Archivio: HSC

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: Incubo :

< Shun >



Egli viene,
nelle tenebre l'eco dei suoi passi risuona,
viene col sonno che non so ricacciare,
viene dal sogno di mia anima persa.

Avanza nel buio,
la sua voce mi chiama, il mio nome sussurra,
avanza lento ma inesorabile e immenso,
avanza il terrore e il mio spirito freme.

Afferra il mio cuore,
tra artigli di ghiaccio, con occhi di sangue,
afferra mia anima che in lacrime geme,
afferra il mio corpo e io più non sono.

Inascoltato il mio grido,
nessuna speranza nell'incubo scorgo,
i miei occhi sbarrati si chiudono ancora
sull'inesorabile notte che mi toglie la vita.
Egli viene,
nelle tenebre l'eco dei suoi passi risuona,
viene col sonno che non so ricacciare,
viene dal sogno di mia anima persa.

Avanza nel buio,
la sua voce mi chiama, il mio nome sussurra,
avanza lento ma inesorabile e immenso,
avanza il terrore e il mio spirito freme.

Afferra il mio cuore,
tra artigli di ghiaccio, con occhi di sangue,
afferra mia anima che in lacrime geme,
afferra il mio corpo e io più non sono.

Inascoltato il mio grido,
nessuna speranza nell'incubo scorgo,
i miei occhi sbarrati si chiudono ancora
sull'inesorabile notte che mi toglie la vita.


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Capitolo 1

Era tutto buio...
Non riconosceva il posto, vagava alla cieca in una campagna desolata; i suoi piedi nudi attraversavano un terreno secco e scosceso, brullo, con pochi ciuffi d'erba qua e là. A tratti, nelle tenebre, ai suoi occhi smarriti si delineava la sagoma di qualche pianta rinsecchita che tendeva in tutte le direzioni i rami nudi e contorti.
Cosa ci faceva lì? Poco prima parlava con i compagni nel salone della villa, erano andati a letto... e poi? Era un sogno?
La notte che regnava in quel luogo trasmetteva una sensazione di eternità, una notte perenne, condizione irrinunciabile del tetro paesaggio. Non c'era una stella in cielo e la luna era assente del tutto; sembrava di trovarsi in un'altra dimensione.
Camminava da un sacco di tempo, senza meta e senza scopo, mentre una sensazione di inquietudine, dapprima vaga, si faceva sempre più palpabile; si sentiva osservato... era convinto di non essere solo in quel posto, una presenza aleggiava come un fantasma. Non c'era niente che identificasse questa presenza, che giustificasse quelle sensazioni: solo la certezza, la consapevolezza che gli veniva da dentro.
E poi la vide... solo un'ombra inizialmente, che fluttuava verso di lui come se veleggiasse nell'aria...
Un brivido agghiacciante spinse Shun a stringersi le braccia al petto: indossava solo la T-shirt e i pantaloni corti del suo pigiama bianco ma quel tremito non gli era stato provocato dal freddo.
L'essere fluttuava e dietro di lui, sempre più riconoscibili, lisci e lunghi capelli ondeggiavano insieme all'ampia veste intorno alla figura i cui contorni spiccavano appena ma evidenti nelle tenebre.
Il ragazzino sentì il sangue gelarglisi nelle vene... nell'oscurità quasi totale brillavano gli occhi rossi di quella figura, sempre più vicini, iniettati di sangue, più terribili di quelli che aveva avuto Arles. Quelle iridi scarlatte lo sommergevano ora e lui indietreggiò, riuscendo a compiere solo pochi passi, le sue membra erano come irrigidite, incatenate.
«Non puoi scappare,» sussurrò una voce profonda, fosca come la notte.
Cos'era? Un fantasma? Shun non riusciva a distinguerne i lineamenti... solo il profilo, i capelli lunghissimi, il mantello ampio gonfiato da un vento che sembrava sprigionarsi dalla figura stessa... e quegli occhi... per il resto, la creatura era immersa nel buio.
Era a pochi passi ora; il ragazzo vide un braccio allungarsi, sentì qualcosa sfiorargli la guancia e poi salire tra i suoi capelli. Si ritrasse istintivamente ma un artiglio feroce gli strinse la spalla e lo tirò in avanti.
«Inginocchiati!»
Ancora quella voce, perentoria e fredda... spaventosa...
Shun non obbedì; era un sacro guerriero di Athena, non un bambino indifeso... chiunque fosse quell'essere, qualunque cosa volesse, lui non si sarebbe fatto soggiogare senza ottenere spiegazioni e, se fosse stato necessario, senza difendersi.
La morsa sulla sua spalla si strinse; un dolore atroce lo spinse a serrare gli occhi... le gambe cedettero e il ragazzino si ritrovò in ginocchio. Maledisse se stesso; quell'essere aveva ottenuto quello che desiderava alla fine.
«Vedi? Posso farti fare tutto quello che voglio!»
Era una voce crudelmente gentile, di chi è abituato a dominare e a giocare con le vittime prescelte. Shun cercò di rialzarsi, ma quella mano implacabile lo spingeva in giù.
L'essere si chinò, inginocchiandosi davanti a lui, avvicinò il viso al suo.
«Ma si può sapere che vuoi?!» esclamò Shun, ritraendosi.
Provava a fare il duro, come era d'obbligo per un guerriero, come suo fratello e i suoi compagni avrebbero voluto; in realtà non si sentiva credibile: un terrore che non riusciva a spiegarsi si diffondeva in lui fin quasi a gettarlo nel panico.
«Voglio te, Shun... voglio il tuo corpo... e voglio la tua anima.»
E con una mossa fulminea, le labbra dell'essere si incollarono alle sue, prima che il ragazzo potesse fare una sola mossa. Shun si dibatté, cercò di tirarsi indietro; due mani possenti affondarono nei suoi capelli immobilizzandogli il viso. Provò a respingerlo con le braccia, ma quel corpo robusto e forte lo gettò all'indietro, senza staccarsi da lui; Shun si ritrovò a terra, con l'essere disteso sopra di lui, mentre la lingua estranea premeva per infiltrarsi tra le sue labbra strettamente chiuse.
Una mano gli afferrò con forza i capelli e il ragazzino aprì la bocca per urlare; era quello che il suo aguzzino aspettava... non poté più sfuggire a quel bacio nauseante.
Shun non provò solo disgusto; il suo stesso spirito fu contaminato da quel bacio... qualcosa era entrato in lui, qualcosa di terribile che avvolgeva ogni parte più intima e nascosta della sua anima in una morsa soffocante, imprigionandolo, avvolgendolo in legami invisibili... più si dibatteva e più questi legami si stringevano, implacabili...
La creatura misteriosa allontanò finalmente le labbra; Shun boccheggiava senza più riuscire a trattenere i singhiozzi. Sapeva di essere poco dignitoso ma non poteva farci niente... era stato terribile... il suo corpo usato in quel modo contro la propria volontà... e quella sensazione... quella sensazione che non era scomparsa affatto. Il contatto era terminato ma aveva lasciato qualcosa.
La mano nera gli sfiorò leggermente il viso; era così sconvolto da non sentirla quasi, ma le parole che accompagnarono quel gesto furono troppo opprimenti e spaventose per non essere recepite:
«Per adesso basta; lascerò che ti abitui per gradi al tuo nuovo padrone... e anch'io voglio pregustare questo momento... senza fretta... il nostro legame è ormai instaurato... non potrai mai più liberarti di me; grazie a questo bacio da ora in poi ti terrò al guinzaglio, mio prezioso cucciolo.»
«Cosa mi hai fatto?!» esclamò Shun con voce malferma, rannicchiandosi su se stesso, tremante come un bambino indifeso.
«Ho semplicemente scelto il mio schiavo!» L'angosciante sentenza si concluse con una risata fredda e cavernosa; nella bocca spalancata scintillarono canini affilati mentre gli occhi scarlatti si iniettarono di un bagliore demoniaco.
Shun si tappò le orecchie, serrando gli occhi intrisi di lacrime.


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Silenzio...
Il ragazzino sbatté leggermente le palpebre: l'ambiente era ora luminoso. Si guardò intorno... la sua camera... Era stato solo un sogno dunque? Si portò le mani agli occhi, strofinandoseli stancamente.
Perché un sogno del genere? Non gli era piaciuto, non gli era piaciuto per niente! Il suo corpo era ancora scosso dai brividi, gli sembrava di sentire in bocca il sapore disgustoso del bacio che l'aveva violato. Al solo pensiero fu assalito dalla nausea.
E chi era quella creatura del sogno? Le forme erano quelle di un uomo, eppure non gli era sembrato umano... forse un fantasma... un vampiro?
La luce in cui era immersa la stanza suggeriva che il giorno era giunto da un pezzo; si era svegliato più tardi del solito. Uscì velocemente dal letto ma, non appena si fu alzato, dovette appoggiarsi al muro per non cadere:
«Non sono in forma,» si disse. «Mi sento male... che diavolo mi succede?»
Non poteva essere stato un incubo, per quanto terribile, a ridurlo in quello stato. Era così teso che sussultò quando sentì bussare alla porta: due occhi azzurri e una cascata di capelli biondi si affacciarono allo spiraglio socchiuso:
«Ah, bene! Sei sveglio!» esclamò Hyoga. «Stavo venendo a chiederti se pensavi di fare la marmotta tutto il giorno!»
Il sorriso scomparve dal volto del santo del Cigno non appena poté osservare Shun più attentamente.
«Ma ti senti bene?» gli chiese avvicinandosi.
«Sì,» rispose Shun senza troppa convinzione. «Perché?»
«Non so... hai l'aria strana; e tremi...»
Era vero. Le reazioni incontrollate del suo corpo a quell'inquietante nottata non si erano ancora calmate; era stato tutto così reale, quell'essere così vivo... gli sembrava quasi di sentirlo ancora lì vicino, a sfiorargli le guance con quelle dita gelide, a toccarlo in quel modo orribile.
«Ho... solo fatto un brutto sogno,» cercò di spiegare a Hyoga, «e sono ancora un po' scosso...»
«Mi dispiace... cos'hai sognato?»
Avrebbe voluto raccontarglielo ma si vergognava terribilmente; come avrebbero potuto prendere, Hyoga e gli altri, un simile sogno? Era troppo bizzarro e se l'avessero ritenuto una fantasia morbosa di un adolescente con un rapporto sbagliato e perverso con la sessualità?
Così si limitò a rispondere:
«Preferisco non pensarci; l'idea di parlarne mi mette i brividi...»
«Era così spaventoso?»
Shun si strinse nelle spalle:
«Capita di fare brutti sogni; tra un po' l'avrò dimenticato.»
«Certo ma... essere ridotti in questo stato per un sogno...»
«Ti prego,» sospirò Shun stancamente, portandosi una mano alla fronte. «Non potremmo cambiare argomento? Ho detto che non voglio pensarci!»
Hyoga, dopo un attimo di perplessità, sorrise:
«D'accordo, vieni giù, stiamo facendo colazione.»
Quindi lo lasciò solo, per raggiungere nuovamente i piani inferiori.
Fare colazione? Pensava Shun. Ma se aveva la nausea! Il suo stomaco era sottosopra.
In preda ad un'irresistibile voglia di vomitare corse verso il bagno e finì quasi addosso a Ikki che ne stava uscendo.
Scorgendo il fratello minore che lo oltrepassava in fretta, premendosi una mano sulla bocca, il santo della Fenice lo seguì e lo trovò ripiegato su se stesso, assalito da violenti conati di vomito; in un attimo fu al suo fianco per sostenerlo. Quando si fu totalmente liberato, Shun si abbandonò esausto contro di lui, tossendo e respirando affannosamente.
«Ti è passato?» gli sussurrò Ikki accarezzandogli i capelli.
Shun annuì:
«Mi dispiace Niisan...»
«E di cosa? Non è colpa tua se hai mal di stomaco. Forse hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male...»
Gli posò una mano sulla fronte:
«Non hai febbre... niente di grave, con un giorno di digiuno e una tisana ti passerà tutto.»
Non erano disturbi di stomaco, Shun lo sapeva... quel sogno... e quel bacio... il suo malessere era dovuto a quel bacio di cui sentiva ancora il sapore amaro in bocca. Doveva dirlo, doveva raccontare tutto? No... aveva paura... era così assurdo! Sentiva talmente il bisogno di parlarne e allo stesso tempo non aveva il coraggio di farlo.
«Sarebbe meglio che tornassi a letto,» diceva intanto Ikki aiutandolo a rimettersi in piedi, «così ti riprenderai prima.»
Shun gli rivolse un tenero sorriso di gratitudine, continuando a rimanere aggrappato a lui. Effettivamente si sentiva così debole da non desiderare altro che sdraiarsi di nuovo, così accettò l'invito del fratello e si avviò verso la sua stanza. Fatti pochi passi, barcollò e perse l'equilibrio mentre Ikki accorreva ancora una volta a sostenerlo.
«Sei ridotto proprio male otooto-kun!» osservò mentre lo prendeva in braccio come avrebbe fatto con un bimbo. «Sto cominciando a preoccuparmi!»
Shun gli gettò le braccia intorno al collo, appoggiando la testa sull'ampia spalla fraterna:
«No, ti prego... portami a letto e lasciami dormire ancora un po'... poi andrà meglio...»
Ikki annuì e andò a deporlo tra le lenzuola.
Dopo avergli rimboccato le coperte, lo baciò delicatamente sulla fronte:
«Rilassati e cerca di riposare; dirò agli altri di non disturbarti. Se entro la fine della giornata non starai meglio, chiamerò il medico.»
Shun lo seguì con lo sguardo finché non si fu chiuso la porta alle spalle. Come sapeva essere tenero e affettuoso quell'orso di suo fratello! Solitamente era così sprezzante che Shun si stupiva quando si lasciava andare, con lui, ad effusioni quasi paterne.
Paradossalmente, man mano che crescevano, quelle effusioni erano sempre più frequenti, come se Ikki sentisse il bisogno di essere sempre più protettivo... come se dopo la guerra contro Hades, temesse di perderlo da un momento all'altro.














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