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Titolo: Incubo
Autore: Shun
Serie: Saint Seiya (dal manga/anime di Masami Kurumada)
Pairing: Hyoga x Shun
Spoiler: nessuno
Rating: X - angst
Parti: 2
Status: in lavorazione
Archivio: HSC

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: Incubo :

< Shun >



Capitolo 2

Ancora quei rami scheletrici tesi nella notte perenne, ancora solo a camminare in quell'oscurità infernale... ma solo per quanto?
«Solo? No... non sarai mai solo qui, piccolo Shun... lo sai... ti basta scivolare nel sonno per giungere a me. E presto il sonno eterno ti legherà a me totalmente... non la morte, ma il sogno ti strapperà al mondo effimero nel quale sei nato...»
Ancora lui... Shun non lo vedeva ma riconosceva quella voce, percepiva la sua presenza nell'essenza stessa di quel paesaggio.
«No... voglio svegliarmi... voglio andarmene di qui... Niisan, fratelli, aiutatemi a svegliarmi!»
«Shun... Shun...»
Due mani gli afferrarono le spalle, lo scossero...
«Lasciami! Voglio svegliarmi, lasciami stare!»
«Shun, calmati! Mi senti? Apri gli occhi!»
E Shun obbedì... sbatté più volte le palpebre e la prima cosa che riuscì a distinguere nella nebbia confusa che ancora gli ottenebrava i sensi, fu la scia di capelli biondi che scendeva a solleticargli il viso.
Strappato al sonno, il ragazzino sussultò, ancora quasi del tutto privo di lucidità, finché Hyoga non gli rivolse la parola:
«Un altro incubo?»
Shun si sforzò di schiarirsi le idee e si sollevò leggermente, mentre Hyoga continuava a tenergli le spalle e a fissarlo con una certa ansia.
«Che... cosa facevo mentre dormivo?» fu la flebile domanda di Shun.
«Ti agitavi e chiedevi aiuto e, quando ti ho toccato, ti sei messo a piangere e a strillare...»
Effettivamente si sentiva ancora le guance umide e gli occhi gonfi... magnifico! Bella figura aveva fatto davanti a Hyoga!
«Mi dispiace... devo essere uno spettacolo pietoso.»
«Forse questi brutti sogni sono dovuti alle tue condizioni; Ikki mi ha detto che non stai bene e avrei dovuto prendere la cosa più seriamente prima... ti ho portato una tisana.»
Solo allora Shun notò la tazza fumante posata sul comodino. Hyoga era davvero premuroso con lui, quasi quanto suo fratello... forse di più a volte.
Il santo del Cigno prese la tisana e, circondandogli le spalle con un braccio, lo aiutò ad avvicinare il viso alla tazza.
«Bevi piano... scotta.»
Shun, inizialmente, si bagnò appena le labbra, per poi assaporare il liquido con più decisione. Nel frattempo rivolse un grato sorriso a Hyoga:
«Grazie... è buonissima!»
Il russo ricambiò il sorriso, visibilmente compiaciuto:
«Mi sono impegnato al massimo, apposta per te!»
Sul volto di Shun si dipinse il più vivo stupore; doveva chiederglielo, non poteva più rimanere con quel dubbio.
«Perché sei così gentile con me, Hyoga-kun?»
Era consapevole di quanta timidezza aveva immesso in quella domanda; un lampo di tenero affetto attraversò lo sguardo del compagno e fratello; espressioni del genere, in quegli occhi di ghiaccio, erano decisamente rare, riservate solo al ricordo della madre addormentata negli abissi artici e, sempre più spesso ultimamente, anche a Shun.
«Forse perché ti voglio bene?»
Oh, Hyoga, avrebbe voluto dirgli, ma come, come me ne vuoi? In che modo?
Anche agli altri vuoi bene, eppure non ti comporti così con loro; se solo fossi sicuro, se avessi il coraggio di chiedertelo chiaramente! E invece non disse nulla, limitandosi a guardare l'amico in silenzio, a bocca aperta. Hyoga ridacchiò e allungò una mano ad arruffargli i capelli.


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Quello stesso pomeriggio, Shun scese a raggiungere gli altri; si sentiva molto meglio e cominciava a pensare che, forse, si era preoccupato inutilmente... un sogno un po' inquietante, nient'altro che quello.
Tuttavia, almeno per quel giorno, non voleva correre il rischio di addormentarsi, così si alzò: desiderava ardentemente la compagnia dei suoi fratelli.
La scena che si presentò ai suoi occhi era quanto avesse di più familiare e caro: Shiryu seduto sul divano, immerso nella lettura, Seiya e Hyoga impegnati in una lotta all'ultimo sangue in qualche gioco con le carte, Ikki che, distratto e annoiato, saltava da un canale all'altro della televisione.
Fu Seiya il primo ad accorgersi di Shun e a salutarlo vivacemente:
«Ciao, che bella sorpresa! Lo stomaco ha smesso di darti noie?!»
«Perché ti sei alzato?» aggiunse Hyoga più seriamente.
«Perché mi sento bene,» rispose Shun con un sorriso e un'alzata di spalle. «Non c'era motivo di restare a letto, mi annoiavo!»
«E a cosa dobbiamo la fortuna di questa veloce guarigione?» ridacchiò Hyoga, più disteso.
Shun gli strizzò un occhio:
«Chi lo sa, forse alla tua capacità di preparare tisane!»
Risero tutti e Shiryu invitò il ragazzino a sedersi al suo fianco, per mostrargli qualcosa sul libro che stava leggendo.
Mentre il santo di Andromeda si appollaiava accanto a Dragone, Hyoga lo osservava con una luce singolare negli occhi azzurri, provocando il richiamo irritato di Seiya, spazientito per le continue distrazioni.
In effetti, Hyoga non si concentrava più e questo accadeva da quando Shun aveva fatto il suo ingresso, radiosa stella che risvegliava i suoi sensi, gettando nell'ombra tutto ciò che non era lui. Le attenzioni del russo erano calamitate dal ragazzino rannicchiato sul divano, le gambe raccolte sotto al corpo e le mani in grembo, il capo leggermente reclinato sul libro che Shiryu gli mostrava, una scia di capelli verdi che accarezzava deliziosamente il suo profilo; era così grazioso da fare invidia agli efebi androgini di un pittore rinascimentale e Hyoga si sentiva bene, appagato, quando poteva perdersi nelle sfumature azzurro-verdi di quegli occhi unici.
Una gomitata gli fece cadere di mano il mazzo di carte che era completamente escluso dai suoi pensieri. Seiya era al suo fianco e lo fissava torvamente, con una punta di divertita ironia; si abbassò verso il suo orecchio e gli bisbigliò:
«Cosa aspetti a dirglielo? Hai intenzione di roderti il fegato ancora a lungo?»
Hyoga sussultò:
«Di... di che parli?»
«Avanti, smettila di fare il finto tonto! Ormai te lo leggo in faccia!»
Seiya sapeva? Era così intuitivo quello spavaldo ragazzino?
«Tu... io...»
«Ma guardatelo il glaciale guerriero! Sei un timidone sperduto, Shun sembra più uomo di te in questo momento; secondo me siete davvero fatti l'uno per l'altro!»
A quel punto, Hyoga scattò verso di lui e i due compagni diedero inizio a una comica gara a rimpiattino, con Hyoga che inseguiva Seiya per il salone; Ikki corse il rischio di venire travolto, mentre Shun ridacchiava e Shiryu scuoteva la testa con indulgenza, mormorando:
«Non so cosa gli abbia detto Seiya... comunque sono proprio due bambinoni...»


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La notte era già scesa, con una pallida luna piena; le luci nella grande villa erano spente: Shiryu e Ikki erano andati a letto presto e Seiya era ritornato nella casa dove abitava con la sorella ritrovata in seguito alla battaglia nell'Ade.
Uno sciacquio e un sottile raggio di luce che si insinuava nel corridoio attraverso la porta socchiusa del bagno, lasciavano presagire che qualcuno si attardava alzato: Hyoga aveva bisogno di schiarirsi le idee e quale metodo migliore di una doccia fredda? Eppure non funzionava; i suoi pensieri su Shun rimanevano vaghi e confusi... ne aveva paura...
Le morbide fattezze del compagno più giovane, i suoi grandi occhi profondi come gli abissi del mare erano sempre lì, davanti a lui; quel viso da cherubino impresso sulle sue iridi gli sorrideva anche ora, suscitando nell'organismo una reazione per la quale avrebbe voluto sprofondare. Istintivamente, si portò una mano tra le gambe, ad accarezzare la propria erezione; magari quelle gocce leggere che gli accarezzavano la pelle fossero state le tenere manine di Shun!
Arrossendo a quel pensiero sconvolgente, girò nervosamente il rubinetto e spalancò con rabbia la tendina della doccia, uscendone in fretta e sperando che il suo organismo eccitato tornasse alla normalità... senza troppo successo: più pensava a Shun, più sentiva il desiderio di toccarsi... in realtà di essere toccato da lui... e di toccarlo...
Rimase per qualche istante in piedi nel mezzo del bagno, incurante dei rivoli che, attraversando le sue membra, gocciavano abbondanti sul pavimento.
La porta del bagno si aprì e una figurina leggiadra, il viso dolcissimo incorniciato da fluenti riccioli verdi, apparve sulla soglia. Hyoga e Shun gridarono all'unisono e il russo afferrò l'asciugamano per coprire alla meglio l'evidente eccitazione, quasi raggomitolandosi su se stesso mentre l'altro, con le guance in fiamme, urlò un terrorizzato "scusami!" prima di uscire in fretta e furia sbattendo la porta alle proprie spalle.
In preda ad un incontenibile turbamento e maledicendo se stesso per non avere chiuso a chiave la porta, Hyoga rimase parecchi secondi immobile a fissare il punto in cui, un attimo prima, si era materializzata l'angelica apparizione.
Le mani del biondino stavano ancora facendo di tutto per nascondere una reazione alquanto sconcertante che l'entrata di Shun non aveva contribuito a placare e Hyoga sperava che il diretto interessato non si fosse reso conto di nulla; era uscito in fretta, ma abbastanza velocemente da non accorgersene?
In ogni modo non poteva restare lì in eterno, con lo sguardo fisso e quell'espressione da benemerito idiota; si avvolse nell'accappatoio e uscì... per incontrare nuovamente Shun, appoggiato al muro del corridoio, lo sguardo basso e le guance imporporate... una pudica fanciulla non sarebbe apparsa più adorabile, si scoprì a pensare il russo suo malgrado... un'immagine che si era formata in lui prima che potesse fare qualsiasi cosa per arginarla.
«Scusami... Hyo... non sapevo che fossi in bagno... Non ho fatto caso alla luce, ero sovrapensiero...»
«No... scusami tu... se ho tenuto il bagno occupato così a lungo...»
«Non... non importa...»
Parlavano a voce bassissima ed evitavano di guardarsi.
Hyoga si diede dello stupido; perché tutto quell'imbarazzo? Solo perché era stato visto nudo da un compagno? E perché Shun era arrossito in quel modo?
La porta del bagno si chiuse alle spalle del santo di Andromeda, mentre Hyoga tornava in camera sua, accompagnato dal proprio turbamento.
Faceva molto caldo e il giovane russo era consapevole che la causa non era solo il clima: il suo organismo faceva la propria parte e Hyoga era grondante di sudore...
La sua mente ripeteva all'infinito il nome di Shun, come uno di quei ritornelli che, una volta ascoltati, continuano a riecheggiare nella testa, senza che siano richiamati volontariamente alla memoria.
Si limitò ad indossare un paio di boxer e si lasciò cadere sul letto, le mani dietro alla nuca e lo sguardo al soffitto. Di infilarsi sotto al lenzuolo non se ne parlava proprio!
Il nome di Shun, nei suoi pensieri, si alternava ritmicamente alla parola amore, una combinazione di dolci suoni in perfetta armonia.
L'idilliaca musica fu interrotta dal rumore decisamente più tagliente di colpi leggeri dati alla porta.
«Chi è?» chiese, girandosi di fianco e sollevandosi su un gomito.
«Hyo... posso entrare?»
Shun? Era una persecuzione allora, un autentico tormento. Il destino aveva deciso di metterlo alla prova, evidentemente.
«Certo... entra pure...»
La porta si aprì. Hyoga si stupì nello scorgere ancora un vago rossore sulle guance di neve e fu ancora più stupito da quello sguardo sfuggente, dalle palpebre leggermente abbassate.
«Scusa il disturbo,» mormorò il santo di Andromeda rimanendo immobile sulla soglia.
Hyoga sorrise, vinto da una tenerezza così estranea alla sua persona da gettarlo nel panico: quasi non riconosceva se stesso.
«Figurati; sono contento che tu sia venuto a farmi compagnia. Non ho affatto sonno e mi stavo annoiando.»
Finalmente Shun lo guardò, ricambiando il sorriso e decidendosi ad avanzare di qualche passo:
«Neanch'io ho sonno e... a dire la verità...» si bloccò, incerto.
«Cosa?» lo spronò Hyoga, con tono rassicurante. «Stai di nuovo male?»
«No no!» si affrettò a smentirlo il ragazzino. «È... che non avevo voglia di stare da solo...»
Hyoga sentì qualcosa sciogliersi in lui. C'erano momenti in cui il coraggioso, piccolo guerriero scompariva ed era così difficile ritrovarlo in quegli atteggiamenti da bambino sperduto che Shun assumeva con una naturalezza sconcertante, come con naturalezza, quando ce n'era bisogno, offriva i propri servigi per la salvezza della terra. Il russo si sentiva sempre più indifeso contro l'attrazione che provava nei suoi confronti.
«Allora resta pure con me.»
Incoraggiato dalla gentilezza di Hyoga, Shun si avvicinò un po' di più ma c'era sempre quella timidezza che lo bloccava e il russo si chiedeva a cosa fosse dovuta. Si sedette in un angolo del letto e percuotendo con il palmo della mano la frazione di lenzuolo accanto a sé, insisté ancora:
«Vieni a sederti qui!»
Il volto di Shun si illuminò di una gioia solare in seguito a quell'invito e non se lo fece ripetere; si arrampicò sul materasso e si rannicchiò di fianco a Hyoga il quale, da parte sua, si stava pentendo... era dura dover ammettere a se stesso che non poteva più sopportare un contatto normale con il corpo di Shun... erano troppe le pulsioni che la vicinanza del tenero fanciullo suscitava in lui.
E così si ritrovò timido e impacciato, con l'inconfessabile oggetto dei suoi desideri quasi seduto in braccio... e lui non sapeva cosa dire, non sapeva più come negare l'evidenza.
Fu Shun il primo a rompere l'imbarazzante silenzio e Hyoga gliene fu grato... ma solo finché non udì le parole dell'amico:
«Perché ci sentiamo a disagio, a volte, quando siamo insieme? Mi manca la spontaneità che avevamo prima...»
Hyoga lo osservò, muovendo leggermente le labbra per dare una risposta... ma la sua mente non riuscì a formularne una valida, così non seppe far altro che tacere mentre il cuore gli martellava nel petto, rimbombando in tutta la sua persona.
Shun ricambiò il suo sguardo: era serissimo e un po'nervoso... e quel fuoco che gli incendiava il volto non se ne andava... si era di nuovo accentuato.
«Non sai cosa rispondere Hyoga?» si percepiva chiaramente che faceva un grande sforzo per mantenere la propria voce calma e ferma e tuttavia senza riuscirci del tutto. «Ti capisco... io... mi sento così confuso... Non rispondere nulla se vuoi, però sento che tra noi è cambiato qualcosa e... vorrei sapere...»
Si bloccò e deglutì, distogliendo nuovamente lo sguardo, abbassandolo sulle proprie mani che tormentavano l'orlo della maglietta bianca del pigiama.
Hyoga non capiva più cosa stesse accadendo e per Shun era chiaramente lo stesso. Era necessaria una svolta e si vergognava terribilmente per la propria vigliaccheria, che costringeva il suo piccolo amico a fare il primo passo... era stato Shun il più coraggioso... ma era normale... se nelle battaglie a volte doveva essere spronato, nel campo dei sentimenti era lui il primo a schiudere il proprio cuore e ad aprire la strada agli altri.
Tuttavia, era necessario correre in suo aiuto; quindi Hyoga emise un respiro profondo e concluse per lui:
«Vorresti sapere... cosa provo realmente per te?»
Lo vide sussultare, tremare, farsi piccolo piccolo... il volto era talmente basso e drappeggiato da una cascata di capelli verdi da essere totalmente invisibile; da dietro quella cortina di smeraldo si levò un sussurro che Hyoga riuscì a udire solo grazie al perfetto silenzio che regnava nel palazzo:
«Scusami... non sai quanto... come mi sento sciocco e in colpa per...»
Hyoga non resse più a quella vocina lamentosa... ogni parola così sofferta, pronunciata da quelle labbra d'ambrosia, era un pizzico allo stesso tempo doloroso e dolce che gli tormentava il cuore.
Posò una mano sotto il mento sottile e lo sollevò delicatamente, per poter guardare il volto che da tempo accompagnava i suoi sogni e ogni suo segreto pensiero... ma la realtà era ancora più appagante di ogni fantasia... non aveva mai visto niente di più perfetto e bello.
«In colpa per cosa, sciocchino? Perché io mi comporto come un idiota e ti faccio star male?»
«Hyoga ... cosa dici?»
«Il mio modo di fare con te ti ha turbato, vero?»
Shun sgranò gli occhi e li puntò su di lui:
«Il... tuo modo di fare? No! No, sei fuori strada! Non hai bisogno di fare nulla per turbarmi!»
Le parole gli erano sfuggite, spontanee e, probabilmente, Shun avrebbe desiderato fermarle in tempo... ma non ci riuscì e questo lo portò ad avvampare e a sentirsi così in imbarazzo da lasciarsi cadere sul materasso e affondare il volto nel cuscino, singhiozzando un "perdonami" soffocato.
Era scoppiato in lacrime e quell'emotività spaventosa era così coinvolgente per Hyoga da fugare in lui ogni dubbio... quella creatura rannicchiata piangente sul suo letto era il suo amore... e lui non voleva vederlo soffrire, per nessun motivo al mondo! Gli accarezzò i capelli, giocherellando con essi e lisciando le ciocche vellutate tra le proprie dita:
«Cucciolo... ti prego... non posso vederti così... perché piangi?»
Shun non cambiò posizione, il viso rimase sepolto nel cuscino, ma i singhiozzi si trasformarono in parole strozzate:
«Perché... ti amo... e ho paura che tu mi odi per questo... e io non ne posso fare a meno...»
Le dita di Hyoga si bloccarono, il suo cuore si fermò un istante per poi riprendere a battere all'impazzata, come se volesse esplodere... e aveva il terrore che tutto finisse, di risvegliarsi per rendersi conto che era stato tutto un sogno.
Percependo l'improvvisa rigidità di Hyoga, Shun strinse forte a sé il cuscino, voltando leggermente il capo e permettendo così al russo di immergersi nel suo profilo incantevole:
«Non odiarmi... ti prego Hyoga, non odiarmi! Non lo potrei sopportare, sarebbe come la morte!»
Hyoga seguiva, quasi ipnotizzato, il percorso di una lacrima che si soffermò un istante sulle lunghe ciglia, per poi veleggiare lenta fino alla delicata curva degli zigomi tondi e infine intraprese una discesa precipitosa verso il mento, rimanendovi appesa, come una goccia di rugiada su quel fiore vellutato che era il volto di Shun.
«Come posso darti la morte, dal momento che tu mi hai nuovamente donato la vita, come due anni fa, nella casa di Libra ?»
Toccò a Shun irrigidirsi, come pietrificato; anche i singhiozzi si congelarono; per un lungo istante, il tempo sembrò fermarsi, entrambi i ragazzi bloccati in una dimensione che nessuno dei due riusciva più a controllare, al confine sottile e indefinito tra la realtà e il sogno.
Shun sfuggì per primo a quell'attimo di sospensione:
«Cosa... vuoi dirmi con queste parole, Hyoga?»
«La verità che devo smettere di nascondere... soprattutto ora, che so che tu la condividi...»
Finalmente tornarono a guardarsi, con fiamme ardenti e tremolanti nei loro occhi lucidi.
Shun si rimise seduto; le sue labbra rosee accennarono un sorriso ancora incredulo; Hyoga toccò quelle labbra, raccogliendo sul polpastrello la sagoma sferica di una lacrima, pura e preziosa al tocco, come gli occhi che l'avevano prodotta.
«Sì, piccolo mio,» sussurrò, «sorridi... come sorridi sempre nei miei sogni... voglio vederti sorridere sempre...»
Shun si lasciò sfuggire un ultimo singhiozzo, asciugandosi le guance con le dita, un gesto semplice, inconsapevolmente elegante, come sapeva essere ogni atteggiamento del piccolo saint.
I loro volti si sfioravano, mancava solo una cosa per rendere tutto vero... mancava il sigillo del loro amore che stava per essere impresso dalle labbra sempre più vicine.
Chiusero gli occhi; le mani di entrambi erano posate inerti sulle lenzuola... solo le labbra avrebbero unito i due corpi, tesi e scossi dai fremiti di quel qualcosa più grande di loro che li aveva travolti; era dolce abbandonarsi a quella marea di sensazioni vorticose.
L'accostarsi dei loro visi sembrò non finire mai... quando il momento a lungo atteso poté essere coronato, si toccarono dapprima timidamente, impacciati... un fulmineo tocco per separarsi subito... ma bastò a rompere il ghiaccio... non potevano più stare distanti.. il secondo contatto fu più sicuro e curioso...
Shun urlò spalancando gli occhi...
Hyoga non capì immediatamente cosa fosse accaduto; faticò a tornare alla realtà, a rendersi conto di ciò che vedeva: il piccolo amico raggomitolato su un fianco, una mano che si artigliava il petto, mentre l'altra afferrava convulsamente il lenzuolo.
Gemeva e gridava come se zanne invisibili lo stessero dilaniando.














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