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Un segreto ben riposto

Anndra Castamir



Torre di Elvas

Mentre cercavo la sistemazione più comoda nella larga poltrona imbottita, con Aliciana che controllava scrupolosamente che la stoffa dei vestiti e della poltrona non avessero grinze in corrispondenza del mio corpo, sentii il tocco leggero di Dana.
"Che hai? Sento che sei vagamente preoccupato...se non ti senti in perfetta forma non iniziamo nemmeno! Vuoi che scenda io a controllare?"
Scossi mentalmente la testa, lasciando ancora fuori dal contatto telepatico i monitori che avevo accanto: "No, sto benissimo... solo che è la prima volta che vengo controllato da Pat... è vero che prima o poi un incarico del genere gli doveva essere affidato..."
"Se la Custode ha deciso che è in grado di farlo, lo è." La voce di Dana aveva assunto, pur rimanendo cortese, quella vena metallica di comando che ben conoscevo. Poi si addolcì subito e riprese: "Non ti preoccupare, vogliamo vedere come se la cavano i più giovani. Accanto a Pat ci saranno sempre o Aliciana o Daenerys e sai bene quanto valgano. Ed ora va', buon viaggio!"
Tornai con la mente e con gli occhi nella saletta che usavo per i miei viaggi e vidi a pochi centimetri dal mio il viso perplesso di Pat. In un angolo Ali e Rys ridacchiavano facendo chissà quali commenti sul terrano. Sospirai incrociando le dita e appellandomi mentalmente alla protezione di Evanda.
«Sono pronto,» dissi semplicemente chiudendo gli occhi, e saltai.
I miei viaggi nel Sopramondo ormai non li conto più, sarebbe impossibile tenerne traccia, eppure ogni volta resto sempre colpito dalla strana bellezza del luogo. Dolce e al tempo stessa selvaggia. Dolce per quella nebbia perlacea immersa in una luce soffusa e vagamente azzurrina che mi fa pensare alle grandi, silenziose distese dei nostri boschi. Selvaggia per la cruda immensità senza fine, sempre uguale; apparentemente innocua ed al tempo stesso pericolosa, come le immense distese ghiacciate del Muro intorno al Mondo. Lì puoi essere aggredito all'improvviso da un uccello-spettro, qui da realtà sconosciute, e come ghiacciaio si sovrappone a ghiacciaio, qui vari piani astrali si intersecano e si sovrappongono...
Mi riscossi dalle mie meditazioni... certo inopportune in quel momento e probabilmente non condivisibili da tutti. Detti la solita occhiata al mio corpo e mi sentii più tranquillo. Pat era seduto accanto alla poltrona con aria intenta, mentre in un angolo, su uno sgabello, Rys lo seguiva con attenzione.
Mi incamminai allora verso il mio solito posto, che evocai con la mente, e lo raggiunsi con poche decine di passi. Quello che era stato un semplice riparo di rami e di fronde era diventato un rifugio in piena regola, aveva porta e finestre ed accanto una tettoia con del fieno. Poco oltre, una piazzola con una catasta di legna era delimitata da un fossatello pieno d'acqua. Nel mio inconscio dovevo aver creato, viaggio dopo viaggio, una piccola postazione antincendio, come quelle che costellano le nostre montagne; dietro la costruzione trovai il solito sentiero, che si inerpicava verso il nulla e mi avviai in quella direzione.
Ad un certo punto mi sembrò di trovarmi ad un bivio sconosciuto, che la volta precedente non c'era: mi fermai un attimo e poi scrollando le spalle decisi di prendere il sentiero di destra. Uno valeva l'altro... e considerai, ancora una volta, che in questi livelli tutto variava continuamente. Ora il sentiero assomigliava sempre più ad una scala e pensai, mentre posavo il piede sul primo gradino, che in realtà era solo la mia mente a muoversi tra gli amorfi atomi dell'universo: ma la scala la sentivo rassicurante sotto il mio piede e proseguii senza incertezze. La nebbia si infittì e cominciò a chiudersi intorno a me, mentre il grigiore diventava sempre più scuro ed attraversato da guizzanti luci azzurre... poi all'improvviso la nebbia tornò ad essere quella di sempre, anche se mi sentii mancare il respiro, come se stessi camminando in alta montagna. Sentivo il sangue pulsarmi nelle orecchie in modo quasi doloroso, e facevo fatica a respirare...


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Daenerys, che controllava passo passo l'operato di Pat, si rese conto che qualcosa non andava e che lui non se ne era accorto. Per prudenza chiamò mentalmente Dana e si accostò al corpo inanimato di Anndra, il cui volto era arrossato, ansimava. Lo controllò profondamente e vide subito che in una qualche maniera i polmoni stavano pompando aria in modo troppo veloce e con delicatezza ne rallentò il ritmo. Anche il cuore aveva aumentato il numero delle pulsazioni, e lei con ancor maggiore delicatezza lo riportò ad un valore accettabile.
"Ben fatto Rys!"
Dana era dietro di lei e a sua volta lo stava controllando. "È tutto a posto, ora. E tu, Pat," l'uomo era rosso di imbarazzo ed evidentemente a disagio, " guarda e impara. Si deve intervenire subito e con delicatezza: non devi stare attento solo alle convulsioni, quelle sono controllabili con difficoltà, ma anche al ritmo del respiro e al battito del cuore. Insomma a tutte quelle cose che ti abbiamo insegnato. Capito?" Al cenno affermativo dell'uomo riprese: "Te la senti di continuare o vuoi che se ne occupi per un po' Rys?"
"Continuo io."
Anche se non poteva parlare, la smorfia decisa che apparve sul suo viso fu significativa. Il terrano se la stava cavando piuttosto bene, dopotutto.


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Feci un gran respiro e sentii di essere di nuovo a posto, qualcuno laggiù doveva aver sistemato qualcosa... Continuai a salire, chiedendomi quanto sarebbe durata la salita, mentre sotto i miei piedi gli scalini avevano assunto una consistenza... vischiosa. Mi sembrava di camminare nel miele, un miele sempre più denso e appiccicoso. Vidi da una parte come una vasta galleria nella nebbia, ormai di nuovo fitta, e quasi trascinato dall'istinto lasciai la scala e mi soffermai sull'imboccatura. Provai ad alzare ed abbassare i piedi e li sentii liberi... decisi di addentrarmi.
La galleria, invece di stringersi, si allargava mentre le pareti diventavano sempre più simili a muri di pietra anziché di nebbia ed il luogo assumeva dei contorni precisi e sempre più familiari. Era una vasta sala ottagonale con una calma luce azzurra che filtrava dalle pareti, mentre lampi di luce multicolore vagavano e guizzavano riflessi da prismi... ai lati, tutto intorno, una serie di alti scranni verso il centro che digradavano in sedie e panche verso le pareti... il tutto diviso da staccionate ad altezza d'uomo, a formare una serie di enclaves... alle pareti arazzi e stemmi dei Sette Domini...
Se non era la Sala di Cristallo in vetta a Castel Comyn era un'illusione maledettamente perfetta! Sentii una voce e mi girai verso il centro della Sala dove convergevano le luci dell'arcobaleno.
«Parente, da come ti guardi attorno sembra che tu non abbia mai fatto parte del Consiglio dei Sette Domini, né che tu abbia mai visto la Sala di Cristallo!» L'uomo (non poteva avere più di venticinque o ventisei anni), vestiva i colori degli Hastur ed aveva lunghi capelli rossi avvolti in una treccia come quella dei guerrieri, anche se senza nastri od altri ornamenti. Sentii il suo rapido tocco mentale e la facilità con cui trapassava le mie barriere... come se non esistessero.
Mi fece cenno di seguirlo nella zona riservata agli Hastur e si mise a sedere, invitandomi a fare altrettanto.
«Parente,» cominciò, «riconosco in te il nostro sangue, anche se da parte di padre sei un Ardais. Hai mai saputo che il tuo donas più importante è quello di essere un catalizzatore?» Alzò la mano per impedire l'obiezione che mi era salita alle labbra e continuò: «Non allo stato puro come venivano selezionati i laran nella mia epoca, ma hai questa capacità in misura discreta. Ma non sei venuto per saper questo. È interessante quello che state facendo... con un laranzu donna, poi! Non è un'emmasca! Davvero notevole.» Si alzò dallo scranno in cui si era seduto e cominciò a misurare a larghi passi il centro della Sala, con le luci multicolori che gli baluginavano bizzarramente sul viso.
«Io sono Mikhail-Rafael Hastur y Elhalyn-Alton, figlio di Edric nobile Hastur e di Javanne Elhalyn-Alton e fu proprio in questo posto che ricevetti da tutte le famiglie dei Domini l'incarico di costruire, con una tecnica da me scoperta, tutti i passaggi segreti e le vie di fuga di questo immenso castello.» Il tono solenne ed altisonante si smorzò in un sussurro: «L'unica via di fuga che non riuscii a costruire fu quella della mia personale salvezza...»


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Il Consiglio

Ruwen Aldaran guardò attorno a sé il consesso di tutte le famiglie nobili del Pianeta, convocate per l'annuale riunione. In prima fila sedevano naturalmente i Signori dei Domini, con a destra l'Erede designato e a sinistra il proprio laranzu più fidato che sorvegliasse e proteggesse il suo Signore da sia pur improbabili incantesimi ed illusioni. Subito dietro la parentela più stretta; dietro ancora, ammassata su semplici panche, la piccola nobiltà, impettita negli abiti più nuovi che avessero e sempre litigiosa e chiassosa. L'Aldaran alzò la mano per far cessare il brusio che serpeggiava nella sala e che rendeva a volte impossibile farsi ascoltare in modo adeguato.
«Ormai tutti i punti all'ordine del giorno sono stati discussi ed approvati. Né, mi pare, nessun nobile ha altro da aggiungere. Devo ora trattare un delicato argomento che è di esclusivo interesse delle singole Famiglie e chiedo che restino presenti in sala solo i Signori dei Domini e i loro Eredi.»
Un vocio caotico, a tratti anche sguaiato, fece eco alle sue parole, ma bastarono pochi gesti da parte dei Signori per ottenere il silenzio. Hjalmar Alton si alzò in piedi e senza scendere nell'emiciclo si volse verso l'Aldaran.
«Immagino che la richiesta che viene fatta sia di tale importanza da non poter essere che accolta.» Si voltò guardando il proprio clan. «Quindi invito,» ma il tono che usò venne chiaramente percepito come un ordine, «tutti gli appartenenti alla mia famiglia e i loro fedeli alleati ad uscire.» E si rimise tranquillamente a sedere, facendo cenno a suo figlio Sebastian di tacere.
Uno dopo l'altro anche gli altri Signori riuscirono ad imporsi ai loro recalcitranti parenti ed alleati, finché finalmente la Sala venne completamente sgombrata, le guardie uscirono e le porte furono sbarrate.
Lewis Elhalyn ruppe per primo il silenzio che si era creato e si rivolse all'Aldaran che aveva occupato nuovamente il suo seggio: «Ora, Ruwen, ci dirai cosa c'è di così importante da dover essere discusso a porte chiuse!» Per quanto il tono fosse formale, una nota di curiosità trapelava ugualmente: la Sala di Cristallo del Castello era stata inaugurata da pochi anni, è vero, ma da allora era la prima volta che veniva formulata una richiesta simile. Anche gli altri Signori annuirono invitandolo a parlare.
Le sue prime parole gelarono tutti: «Questo Castello, simbolo del nostro potere, è veramente unico nel suo genere. Ma non è sicuro. Non del tutto almeno!»
Il coro delle proteste che si alzò subito dopo fu tale che un Ufficiale della Guardia osò aprire cautamente uno spiraglio della grande porta d'ingresso per vedere cosa stesse accadendo. La richiuse di colpo quando Hjalmar Alton lo fulminò con lo sguardo.
Ottenuto, sia pure a fatica, il silenzio l'Aldaran riprese: «Ascoltatemi, il Castello fu costruito in modo da renderlo imprendibile: neanche tutti gli Ya e gli uomini gatto del Pianeta che attaccassero simultaneamente potrebbero scalarne le mura. Ma non era previsto che il pericolo potesse venire dall'interno, né che potesse essere usato per le riunioni del Consiglio. Il tradimento della Guardia, una sollevazione popolare che trovasse dei complici dentro il Castello... magari con la connivenza di qualche famiglia di nobiltà inferiore...»
Ormai aveva catturato l'attenzione di tutti e ne approfittò per fare una breve pausa. Si guardò intorno per vedere se c'era in giro qualche bottiglia di firi, ma non ne vide ed allora proseguì.
«Castel Comyn è immenso e antico ed esiste da prima delle epoche del Caos. Sapete bene che non è stato costruito da mani umane e che le pietre sono state collocate al loro posto, viste le loro dimensioni, dai cerchi delle matrici delle Torri, che hanno collaborato per trasformare insieme le energie. Ma quelli erano tempi diversi... e quello che non è stato progettato in questo Castello è tutta una serie di passaggi segreti da utilizzare in caso di necessità estrema, od anche, più semplicemente, in caso di incendio. Ecco, questa era una cosa a cui prima non avevo pensato... un incendio intendevo. Ma c'è dell'altro: poniamo il caso, ora che siamo qui riuniti in riunione ristretta, noi ed i nostri eredi, che i secondi in linea di successione decidano di mettersi d'accordo fra loro per impadronirsi del potere... basta sbarrare le porte dall'esterno e lasciarci qui a morire di fame e di sete, senza nemmeno sporcarsi le mani col nostro sangue!»
A questo punto la discussione divenne generale e talmente caotica che nemmeno la Voce dell'Alton riusciva ad ottenere un po' d'ordine e di calma.
Finalmente l'Aldaran ottenne la necessaria attenzione ed espose quello che, secondo lui, era l'unico sistema per proteggere adeguatamente la vita dei rappresentanti dei Domini e dei loro eredi.
«Dobbiamo costruire un passaggio segreto che possa portarci fuori dalla Sala di Cristallo, direttamente a qualche punto - o a più d'uno, lo decideremo - della città. Fuori dal Castello, insomma!» Concluse trionfante.
«Ottima idea!» esclamò Hjalmar, "anche se viene da un montanaro," ma questo commento restò ben chiuso dentro le sue barriere, «e l'interno della galleria può essere disseminato di quelle nuove pietre luminose che si estraggono in profondità, senza dover usare le lampade caricate col laran che lascerebbero inevitabilmente una traccia rilevabile da qualsiasi Sapiente!»
L'idea, dopo interminabili discussioni, aveva finito per convincere tutti e fu un fare a gara nel proporre e far approvare nuove aggiunte e modifiche al piano originario.
Era ormai sera e la luce cerulea del sole di Darkover aveva trasformato i bagliori multicolori dei prismi in una serie di varianti di luci color sangue: vennero chiamati i servitori per accendere le lampade e portare delle bibite e della frutta secca. Poi, in uno spirito di uniforme concordia ed entusiasmo, si apprestarono a stilare in modo ufficiale gli accordi presi.
Il passaggio segreto dalla Sala di Cristallo avrebbe portato direttamente ai singoli appartamenti dei Domini. Ogni Famiglia, poi, avrebbe avuto un proprio passaggio segreto per uscire dal Castello.
Mentre tutti si congratulavano a vicenda con gesti e parole di approvazione, la voce sottile ma forte della Aillard li riportò in un attimo alla realtà: «I muri di Castel Comyn sono stati creati con blocchi di pietra enormi, sollevati e cementati tra loro con il laran: chi potrà scavarvi le necessarie gallerie? Quanti operai occorreranno? E sapranno mantenere il segreto? È ben vero, come dice il proverbio, che anche i viaggi di mille leghe devono iniziare dal primo passo... ma la difficoltà, mi sembra, è proprio nel primo, di passo!»


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Mikhail Hastur mi invitò a sedermi su uno scranno appoggiato ad una parete e con un gesto istintivo lo toccai per sentire se fosse... reale.
Rise. «Tutto in questo momento per te appare reale, anzi è reale. O le vostre conoscenze del Sopramondo sono diventate così approssimative? Ma non ho voglia di disquisire con te sul Sopramondo, in fondo se sei riuscito ad arrivare fin qui vuol dire che ne sai quanto basta per affrontarne i pericoli... e non è la prima volta che fai viaggi indietro nel tempo.»
«No, non è la prima volta, e mi piacerebbe saperne qualcosa di più, » dissi. Quel semplice accenno aveva risvegliato la mia curiosità di studioso. Non avevo mai trovato nulla sugli antichi testi che parlasse del Sopramondo e dei suoi vari livelli. Anche Damon, che avevo interpellato in proposito, si era limitato a scuotere la testa.
«Non ho mai trovato nulla di simile neanche io. Anche se è stato scritto o tramandato qualcosa è andato sicuramente perso,» mi aveva risposto.
Ed ora avevo trovato... qualcuno che, con la massima naturalezza, mi chiedeva se le nostre conoscenze erano diventate così approssimative!
«Non ne abbiamo il tempo, in verità, » riprese, la semplicità con cui mi leggeva nella mente, nonostante le mie barriere era semplicemente inquietante, «e non so nemmeno se riuscirò a raccontarti la mia storia con tutta la dovizia di particolari che essa meriterebbe... Ricordati che da qualche parte si trova il tuo corpo, che non è in stasi - non sapete fare più neanche questo, immagino - ma semplicemente controllato da qualche monitore.
«Comunque... immagina un gomitolo di lana strettamente annodato. Stendilo ora su un tavolo ed osservalo. Vedi come si è disposto il filo? In una serie di curve che potrebbero rappresentare il tempo - il tuo tempo e quello che fu il mio - ed il pianeta. Non mi chiedere il perché. È così. In realtà esiste una serie infinita di enormi gomitoli che rappresentano tutti i futuri possibili. Con il laran, a volte si riesce a vedere qualcosa del nostro gomitolo... o qualcosa di un altro gomitolo che avrebbe potuto essere il nostro, ma non lo sarà mai. Inestricabile, tra un filo e l'altro, lo spazio infinito ed impalpabile del Sopramondo, che avvolge tutto. Quando ci si muove nel Sopramondo, normalmente, si rimane nello spazio e nel tempo che è più o meno intorno al... nostro filo - tanto per usare l'esempio di prima. Viaggiare nel Tempo non è altro che riuscire a saltare di curva in curva senza perdersi nel Sopramondo... è per questo che è pericoloso... si può sbagliare curva e trovarsi in un futuro o in un passato parallelo e non trovare la strada per tornare indietro. Ed allora è la fine, perché perderesti irrimediabilmente il contatto col tuo corpo fisico. Ma comunque questa è solo una mia spiegazione, o meglio, quello che insegnavano allora ai giovani telepati come me nella Torre di Tramontana...» L'uomo sembrò spazientirsi: «Ma ti interessa la mia storia, o sei venuto qui solo per parlare del Sopramondo?»


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Ruwen Aldaran era rimasto in un angolo, ad ascoltare, e non aveva mischiato la sua alla voce degli altri Signori dei Domini. Approfittò dell'improvviso silenzio creato dalle parole della Aillard per richiamare l'attenzione sulla sua persona:
«Ho pensato e risolto anche questo problema, anche se il merito, in fondo, non è mio, ma di un giovane telepate, Mikhail Hastur. Sì, proprio uno dei tuoi nedestro, Gabriel Hastur di Hastur,» disse rivolto al comyn che aveva alzato di scatto la testa nel sentirne il nome. «È ancora nostro ospite nella Torre di Tramontana, ed in verità si sta facendo onore, come Terzo del Secondo Cerchio.»
Vide che tutti lo stavano di nuovo ascoltando con attenzione e proseguì: «Ha già fatto degli esperimenti con un notevole successo: utilizzando il laran riesce a modificare la struttura cristallina delle rocce, rendendola friabile come la sabbia sulla costa di Dalereuth, e a spalmarla sulle pareti del tunnel, dove si cristallizza di nuovo. Così facendo può scavare delle vere e proprie gallerie come... come un topo in una forma di formaggio!» concluse, ridendo sonoramente per quella che gli era sembrata una battuta veramente esilarante.
Lewis Elhalyn approfittò dell'interruzione per proporre una sospensione del Consiglio: era molto, molto tardi e tutti erano stanchi ed affamati.
"E poi," aggiunse l'Ardais, "è una proposta da affrontare con calma, riposati e dopo averne parlato ognuno nella propria famiglia."
«No!» impose Hjalmar. «Questo è un argomento troppo serio ed importante perché possa diventare di dominio pubblico. Non una parola di tutto questo deve uscire dalla Sala del Consiglio. Quando e se,» e calcò la voce sul se, «verrà fatto, dovrà essere un segreto nostro e solo nostro. Ogni piccolo e meno piccolo nobile vorrebbe dire la sua, o, peggio, vorrebbe conoscere gli accessi segreti, facendone una questione di fiducia e di onore! O, ancor peggio, tentare di barattare con altri terre o favori contro la conoscenza di quello che lui è venuto a sapere!»
«Ha ragione!» disse l'Hastur alzandosi in piedi ed avviandosi verso il centro della Sala. «Dobbiamo decidere per il sì o per il no qui, ora, subito. E sciogliere il Consiglio, in modo che tutti se ne tornino a casa, con i loro cani, cavalli e pettegolezzi.» Fece un pausa ad effetto, tanto per dare maggior forza alla sua proposta e continuò: «Che il mio parente venga subito scortato a Castel Comyn, in modo da fargli studiare la situazione: qui abbiamo i nostri Eredi in linea diretta. Saranno loro a seguire personalmente la costruzione dei passaggi o di qualsiasi altra cosa intenda fare Mikhail Hastur!»
La proposta era talmente semplice ed elementare che venne messa ai voti ed accettata in pochi minuti. Poi gli Eredi vennero chiamati al centro della Sala per far loro giurare segretezza sotto la luce azzurra di un Incantesimo di verità.


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Torre di Neskaya: Cleindori

Cleindori Darriel rabbrividì di piacere sentendo scenderle in gola la prima cucchiaiata del caldo minestrone che un silenzioso kirry le aveva portato non appena si era seduta al lungo tavolo di legno. Il servizio ai relé - per quanto le piacesse e lo trovasse interessante - era pur sempre faticoso, specialmente per una giovane in addestramento.
Era alla Torre da più di due anni, ma a quel che sapeva il Custode non aveva ancora deciso che farne di lei. Sembrava che i suoi Donas fossero stati tutti riversati in una rarissima variante recessiva della precognizione: le sue visioni riguardavano sia ciò che sarebbe accaduto che quello che già era stato; purtroppo le visioni contenevano insieme ed intrecciati fra loro sia il passato che il futuro. La cosa era ritenuta veramente bizzarra ed in un primo tempo anche essenzialmente inutile.
«A che serve sapere oggi quello che è già accaduto ieri?» aveva detto sarcasticamente suo padre al Custode quando questi l'aveva trattenuta alla Torre invece di rimandarla a casa dopo il solito addestramento di base. Ma poi, per motivi che nessuno ovviamente le aveva spiegato, era rimasta a Neskaya, alternando l'addestramento specifico al monitoraggio delle matrici in uso sul pianeta con i noiosi periodi di servizio ai relé.
Beh, adesso non più così noiosi, sorrise fra sé. Almeno aveva fatto conoscenza con un giovane tecnico della Torre di Tramontana e tra un messaggio è l'altro c'era anche il tempo di scambiarsi delle impressioni, dei pettegolezzi. Nonostante fosse un Hastur non si dava delle arie, anzi era sempre cortese ed amichevole...
Sospirò, inghiottendo l'ultima cucchiaiata di minestra, quelle sue visioni riguardavano il passato... come avrebbe voluto che riguardassero il futuro, in particolar modo il suo futuro.
Borbottando sulle ingiustizie degli Dei, si avviò con passo stanco verso la sua cameretta.


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Castel Comyn

Quando l'Hastur e la sua scorta giunsero al passo che portava verso Thendara, il nevischio sottile e gelato che li aveva accompagnati fin dalla mattinata, e che aveva reso quasi bianco il pesante mantello foderato di pelliccia dell'uomo, era improvvisamente cessato. Mikhail, che cavalcava lentamente in mezzo agli altri cavalieri, vide in basso emergere dalla nebbia e dal biancore uniforme della pianura innevata la mole massiccia di Castel Comyn. Alzò la mano per far cenno di fermarsi e aspettò che l'ufficiale della Guardia gli arrivasse al fianco.
«C'è qualche problema signore?» gli chiese con deferenza.
«I cavalli sono stanchi, ed anche gli uomini stanno cominciando a brontolare a bassa voce,» gli rispose, «poco sotto il passo c'è un rifugio, credo che sia meglio passare la notte al riparo. Ha smesso di nevicare, ma sento che riprenderà presto.»
L'uomo guardò il cielo carico di nuvole ed assentì.
«Credo che abbiate ragione, potrebbe riprendere a nevicare e fare la strada in discesa sarebbe sicuramente pericoloso.» Fece un cenno ad uno degli uomini, che prontamente si accostò a tiro di voce. «Vai avanti sulla strada: a meno di un miglio, sulla destra c'è un rifugio: comincia ad accendere il fuoco e fare provvista di acqua e di legna asciutta.»
La guardia partì al piccolo trotto, mentre fiocchi di neve gelata e appiccicosa ricominciavano a turbinare nell'aria, portati dal vento. Il piccolo gruppo si rimise in cammino al passo: gli uomini, ora, stavano molto più vicini, quasi a proteggersi a vicenda.
Nel giro di poco la tormenta si scatenò con tutta la sua violenza, non si vedeva a distanza di due passi. Io feci cenno di fermarsi e protesi la mente alla ricerca della guardia che ci aveva preceduto, e ringraziai sentitamente il Signore della Luce quando percepii tramite la sua mente che stava scaldandosi al fuoco. Presi la testa della colonna ordinando che ogni cavaliere smontasse da cavallo e con una mano ne tenesse le briglie, mentre con l'altra doveva tenere la coda del cavallo che lo precedeva. Gli uomini obbedirono in silenzio e sentii - ancora riuscivo a meravigliarmene - la loro cieca fiducia nelle mie capacità, ritenute quasi soprannaturali.
Quando arrivammo finalmente alla piccola casa in pietra e legno, in un punto riparato a poche dozzine di passi dalla strada, ringraziai ancora gli Dei e, benché stanco e intirizzito, detti gli ordini opportuni. Anelavo solamente ad un posto riparato e ad una tazza di sidro caldo; mezz'ora dopo ero già davanti al fuoco, avvolto in un paio di pesanti pellicce.
Quando ci rimettemmo in viaggio, la mattina dopo, la neve aveva cessato di cadere da qualche ora, e la strada era percorribile, anche se con qualche difficoltà. Quando fummo più bassi, comunque, il cammino si fece più agevole, la neve era alta solo due o tre spanne ed il vento era cessato del tutto.
Dopo qualche ora, ormai quasi in pianura, vedemmo arrivare un gruppo di cavalieri con le insegne spiegate: riconobbi subito l'azzurro e l'argento degli Hastur. A fianco del portabandiera cavalcava il giovane Marius, un ragazzo più giovane di me, ma con un aspetto ed una corporatura già adulti.
Si fermò davanti a me, salutandomi senza alterigia, ma anche in maniera non particolarmente calorosa:
«Parente, so che hai fatto un lungo viaggio e che il tempo non ti è stato particolarmente favorevole. Ti aspettavamo per ieri sera, ma visto come nevicava abbiamo pensato che tu ti saresti fermato al passo. È bastato poco per averne conferma.»
Naturalmente si riferiva al fatto che non avevo neanche cercato di mettermi in contatto mentale con qualcuno per avvertire del nostro ritardo, e questo poteva essere anche interpretato come una scortesia. Ma non volli dargli eccessiva soddisfazione e mi limitai a rispondere che ero sicuro che nessuno si sarebbe preoccupato... e d'altronde ero ormai arrivato a Thendara. Non percepii alcun tentativo di contatto mentale, per cui mi comportai nello stesso modo. Cavalcammo fino al Castello scambiando tra noi solo frasi di circostanza e i soliti commenti sulle strade e sul tempo.


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Cleindori

Cleindori prese fra le mani la sua matrice, e, concentrandosi intensamente, cercò e trovò in breve tempo il contatto con Mikhail.
"Vai dom." lo salutò scherzosamente. "È vero che stai per diventare una persona importante, ma potevi almeno dirmi qualcosa!"
"Cleindori! È una vera sorpresa sentirti al di fuori dei relé... ma... che dici? Perché importante?"
"Ti ho visto! Ti ho visto nella Sala di Cristallo, davanti a tutto il Consiglio! E ti ho visto anche in mezzo ad una bufera di neve!"
"Beh, la bufera l'abbiamo avuta ieri... In quanto al Consiglio non saprei. So solo che stiamo andando a Castel Comyn... Hai avuto un'altra delle tue visioni?"
"Sì, eri in mezzo ad una brutta bufera, semi congelato, ma al tempo stesso eri dentro la Sala del Consiglio, piena di Comyn!"
"Cleindori, non posso dirti nulla. So che sono in viaggio per una missione riservata d'ordine del Consiglio."
"Scusami, non volevo intromettermi: non ti chiederò più nulla..."
"No, no, non ti offendere per le mie parole... il fatto è che ho delle precise istruzioni di segretezza. Non chiedermi nulla..."
E nulla mi chiese. E nulla più mi disse per quella sera...


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Castel Comyn

La prima di una lunga serie di riunioni fu tenuta in una delle salette di rappresentanza degli appartamenti degli Hastur e servì soltanto a stabilire che, a turno, ogni Dominio avrebbe ospitato le riunioni nei propri appartamenti. Ricordo bene quell'incontro: ebbi modo di conoscere in modo più approfondito quelli che nelle settimane successive sarebbero diventati miei aiutanti...e controllori.
Naturalmente conoscevo Lewis, avevamo lo stesso padre e quasi la stessa età; ricordo che quando lui entrò nelle Guardie come cadetto io ero ormai al terzo anno ed in qualche occasione lo avevo avuto ai miei ordini per servizi di vario genere. Ma lui era l'erede designato, mentre io ero destinato ad entrare in una Torre. Aveva scritto in faccia e nel corpo che era un Hastur... era come i ferri da cavallo forgiati e lavorati dallo stesso fabbro, praticamente identici fra loro e si muoveva e parlava con la tranquilla sicurezza di chi conosce fino in fondo il proprio destino. Io, invece, ero alto ed avevo i capelli molto chiari, quasi come quelli degli abitanti delle Terre Aride, anche se da mio padre avevo ereditato un laran potente e la capacità di dominarlo senza usare una matrice. Ma mia madre era figlia di infima nobiltà del Serrais e... tu lo sai bene, soltanto un cavallo da corsa o un Comyn vengono giudicati in base al loro pedigree... ed il suo era sicuramente molto più titolato del mio. Comunque mi salutò con affetto e fu lui a presentarmi agli altri, per me in massima parte poco conosciuti.
L'erede di Armida era Sebastian, l'unico che avevo avuto modo di conoscere bene in precedenza. Era più grande di me, alto e robusto, bravissimo spadaccino, ed aveva curato anche la mia preparazione quando ero cadetto. Ricordo sempre le rudi carezze della sua spada da addestramento sulle costole... inferte con calcolata freddezza... e forse anche con un po' di compiacimento. Pur avendo il Dono caratteristico della sua famiglia, non aveva la potenza devastante di suo padre Hjalmar e questo lo rendeva insicuro, permaloso e sospettoso verso tutti i compagni più dotati. Ricordo che una volta - io ormai, dopo un numero imprecisato di lividi, ero diventato piuttosto bravo -, nel lanciare un affondo, urlò non solo con la voce, ma anche con la mente... Io riuscii a parare solo in parte il suo colpo di spada, ma la potenza del colpo che aveva inferto con la Voce si infranse miseramente sulle mie difese mentali. E ne ebbe piena coscienza.
«Non diventerai mai veramente bravo con la spada,» mi disse con un tono apparentemente distaccato, «ma comunque hai imparato abbastanza per non farti infilzare con facilità da un qualsiasi bandito.» Ma sentii che il suo insuccesso l'aveva reso furioso ed insicuro e cercai di smorzare il suo risentimento.
«Non dovrò governare un Dominio, e il mio destino non è quello di soldato,» risposi serio, «ma quello di Sapiente in una Torre.» Ripresi la posizione, levando la spada nel saluto. «Puoi battermi sempre con facilità... e stasera conterò sulle mie costole altri due o tre lividi...»
La risposta evidentemente gli dette nuovamente sicurezza in se stesso. Senza ricambiare il saluto si lanciò nuovamente in una serie di finte e di attacchi, colpendomi ripetutamente, finché abbassai la spada in segno di resa.
«Mai arrendersi!» disse con un tono selvaggio nella voce e colpendomi con forza col piatto della lama all'altezza del cuore. «Non serve, non serve mai!» Buttò da una parte la spada e prese un asciugamano, tergendosi il sudore che gli ruscellava copioso dalla fronte. «Il tuo avversario potrebbe anche sbagliare un colpo od una finta... o il tuo fratello di spada arrivare in tempo a salvarti!» Mi voltò le spalle e si avviò verso l'adiacente stanza con le vasche di acqua termale; prima di uscire disse a mastro Darriel: «Comunque non ha più bisogno delle mie lezioni, basterà che tu lo tenga in allenamento due o tre volte la settimana.»
Ed ora era lì, davanti a me, con la divisa di Comandante delle Guardie, guardandomi con aria distaccata: «Vedo che il Destino ha assegnato ad entrambi il giusto posto...»
«Hai ragione, Comandante,» risposi, chinando brevemente il capo in segno di rispetto per il grado.
Leod Aldaran lo avevo visto solo una mezza dozzina di volte, in occasione di qualche festa a Castel Aldaran: di una decina di anni più grande di me, era già sposato ed aveva due figli legittimi da Kyla MacAran ed una mezza dozzina di nedestro che comunque seguiva sempre con attenzione. Qualcuno lo avevo anche conosciuto a Tramontana. Come conoscevo, anche se solo tramite relé, Melissa Aillard, che aveva trascorso un lungo addestramento presso la Torre di Dalereuth.
Raphael Elhalyn, magro, diafano e con gli occhi sempre sbarrati, sembrava più un adolescente alle prese col male della soglia che l'erede di un Dominio. Eravamo cugini e quindi mi salutò come si conviene, abbracciandomi e baciandomi sulle guance. Chiese educatamente notizie di mia madre e si complimentò con me per l'incarico di fiducia che il Consiglio mi aveva affidato. Ma, nonostante tutto, lo sentivo distante e quasi estraneo. Parlava in modo affettato, scegliendo con cura le parole, ma senza mettere in esse alcun vero calore.
Degli altri, che non avevo mai avuto modo di incontrare in una qualche maniera, sapevo solo i nomi: Domenic Ardais sembrava appena uscito da uno dei migliori negozi di Via degli Aghi a Thendara. Aveva delle morbide brache in cuoio grigio argentato che probabilmente erano state stirate solo un'ora prima, senza grinze e stropicciature. Sopra, una tunica nera con riporti in argento che si lisciava in continuazione, come se temesse di gualcirla in qualche maniera. Lo stesso pugnale che portava alla cintura, aveva un' impugnatura in argento massiccio lucidato a specchio, su cui risaltavano in modo... abbagliante una serie di preziose filigrane di rame. Impettito e con la schiena talmente dritta da farmi dubitare che cucita nel dietro della tunica ci fosse l'asta di una picca, si limitò a tre monosillabi di saluto e ad un vago cenno del capo. Danvan Ridenow invece mi rimase subito simpatico: a differenza degli altri, pur indossando i colori verde e oro della propria famiglia, non faceva sfoggio di ricchezza e notai che la casacca era rammendata in più punti. Mi venne vicino e mi abbracciò come un parente, dichiarandosi fiducioso che avremmo lavorato bene insieme.
E il lavoro si rivelò - almeno per loro - molto più lungo, difficile e faticoso di quanto avessero forse pensato.


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L'Hastur si alzò e cominciò a passeggiare davanti a me, cinque passi avanti e cinque indietro; mi fece pensare al precettore che mi aveva insegnato a leggere e scrivere quando ero bambino... solo che lui aveva in mano una bacchetta di legno, pronta a piombare sulle mie mani con la velocità di un falco ogni volta che sbagliavo qualcosa. Rabbrividii al ricordo.
«Naturalmente,» continuò Mikhail, «avevo già pensato a come fare questi passaggi, avendo sviluppato a lungo la tecnica laran che mi permetteva di entrare nella roccia proiettando davanti a me, tramite la mia matrice, un fascio di energia che scomponeva la materia e la ricristallizzava nel punto dove cessava l'azione della pietra stellare.» Mi guardò in modo interrogativo, ma qualcosa nel mio viso - o nella mia mente... continuava a perforare con così tanta facilità le mie barriere che ad un certo punto decisi di lasciarle abbassate. Tanto... per quel che servivano! - lo convinse che non avevo capito bene quello che mi aveva detto ed allora riprese: «Se prendi una lanterna cieca, quelle che usano la notte le ronde di guardia, vedi che la luce che proiettano sulla strada è circolare e netta, da una parte c'è luce, subito dopo il cerchio di luce il buio. Ecco, se al posto della candela metti la matrice, questa con la sua potenza scompone in tanti atomi la materia, e la costringe a cristallizzarsi nuovamente in uno strato sottile e resistentissimo proprio dove comincia il buio. Hai capito adesso?» concluse in tono vagamente spazientito.
«Sì, parente, sei stato molto chiaro... ma per far questo occorre una grande quantità di energia e, forse, una matrice di sesto o settimo livello!»
«Nei vostri tempi, vedo, non costruite più grandi matrici sintetiche, ma non è questo il punto. Io avevo la mia normale matrice, più grande di quelle che portano normalmente anche i laranzu delle Torri... ma tu dimentichi forse che il vero, pieno dono di un Hastur è quello di essere lui stesso una matrice, una matrice vivente!»
«Questo lo sappiamo...»
Ignorò la mia interruzione, alzandosi e tendendo le mani davanti a sé, con le palme alzate: «Io avevo il dono allo stato puro e quando fui esaminato nessuno se ne accorse! Anzi, sembravo dotato di pochissimo laran ed inoltre,» mi guardò con un sorriso amaro, «ero un nedestro... e tu sai bene cosa significhi... Fu così che fui mandato in adozione dagli Aldaran... lassù in mezzo alle montagne non era il massimo della comodità, ma uno come me poteva essere mandato senza creare eccessivi problemi. Ma devo finire la mia storia, non hai più molto tempo a disposizione, il tuo corpo potrebbe cominciare a soffrire...»


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La costruzione dei passaggi segreti

Lewis mi guardò con fare interrogativo ed io gli feci cenno che ero pronto. Mi trovavo nella grande stanza da letto destinata a Dom Gabriel Hastur, tanto grande, pensai, che avrebbe potuto contenere l'intera foresteria della Torre di Tramontana nella sola parte riservata al bagno personale. E fu lì che mi diressi. Accostata alla parete c'era una grande vasca in pietra traslucida grigia sempre piena della bollente acqua leggermente solforosa la cui sorgente sgorgava nella montagna molto più in alto dello stesso Castel Comyn. Il pavimento era formato da un'unica lastra di pietra azzurra con al centro un enorme abete argentato... insomma anche lì i colori del clan. Lewis aprì il sacchetto di cuoio che portava appeso al collo e ne trasse la matrice, avvolta in uno strato di seta isolante; fissò un momento la pietra che cominciò ad emettere una forte luce blu... e la grande vasca in pietra cominciò a ruotare su se stessa assieme ad una parte della parete a cui era appoggiata, scoprendo il bianco muro di pietra perimetrale del castello.
«Ecco, tocca a te, adesso,» mi disse. Sentii in lui una grandissima curiosità per quello che mi accingevo a fare.
«Mi serve anche il tuo aiuto, come controllore,» gli risposi, e nel notare la sua aria meravigliata continuai: «Non opero dal Sopramondo, ma ho bisogno delle mie intere facoltà, per cui è opportuno che tu mi controlli. Mettiti a sedere su quella sedia e concentrati solo ed esclusivamente sulle mie attività corporee automatiche, respiro e battito del cuore.»
«Ma non devo venirti dietro? Come faccio a monitorare il tuo corpo se non è qui, davanti a me?» lo sentii incerto e timoroso.
«Pensa a monitorarmi ora che sono qui, davanti a te. Poi continua a seguire con il laran cuore e polmoni, come se fossero rimasti in questa stanza. Se qualcosa non va, intervieni come sai.»
«Ma... e per tracciare una mappa del passaggio?» mi chiese incerto.
«Non ti preoccupare per quello, a mano a mano che andrò avanti lo schema generale del passaggio segreto ti verrà trasmesso direttamente e si imprimerà nella tua memoria. Sarà compito tuo, poi, trasmetterlo a Dom Gabriel ed agli altri parenti che vorrete rendere partecipi.»
A mia volta trassi la mia matrice dal sacchetto e fissai lo sguardo nelle sue profondità. Era un gorgo di luce blu che ogni volta mi investiva con la furia di una tempesta degli Hellers... ma avevo imparato a dominarla subito, senza darle il tempo di provare, lei, a dominare me. Mi concentrai.
Una parte intera del Castello sembrò tremolare ed acquistò la consistenza di una leggera nebbia. Vedevo davanti a me il muro, formato da innumerevoli granelli freddi e quasi immobili: vi diressi, facendola passare dalla matrice, tutta l'energia che sgorgava dal mio essere intero, fissando una porzione di parete larga quanto due persone affiancate ed alta quanto un uomo con un bimbo sulle spalle. Vidi che i granelli si scaldavano rapidamente e cominciavano a muoversi in modo sempre più veloce e vorticoso. Quando ebbero raggiunto una colorazione simile a quella del ferro da cavallo quando viene tolto dalla forgia, li proiettai con forza contro la parte di muro che era rimasta fredda e ve li spalmai uniformemente sopra, come si fa col miele sul pane. I granelli si ammucchiarono fra loro perdendo energia e calore, formando un sottile strato di rivestimento che - lo sapevo per esperienza - era più duro del ferro di una spada.
Lavorai così per quasi due ore, seguendo mentalmente uno schema che mi ero prefissato nella mente. Dovevo stare molto attento a non intersecare i passaggi delle altre sei Famiglie; ricordarmi di fare degli scalini non troppo alti; regolare la larghezza del passaggio in base alle dimensione del muro; calcolare quante pietre luminose sarebbero dovute servire. Ogni passaggio, poi, prima di puntare verso l'esterno, aveva necessità di una grande stanza, dove poter eventualmente riporre armi, viveri, vestiario e quant'altro potesse eventualmente occorrere in caso di fuga precipitosa.
Tornai quindi sui miei passi, soddisfatto per il lavoro effettuato. Lewis era sempre seduto sulla stessa sedia, col viso bianco e tirato, visibilmente stanco.
«Chiudi il passaggio ed andiamo a mangiare,» gli dissi, «abbiamo entrambi un grande bisogno di rifocillarci. Anche il controllo a distanza è estremamente impegnativo. Ti farò vedere domani quello che ho fatto stamani... dopo un buon bagno ed una lunga dormita.»
L'uomo non protestò... si trovava nelle mie medesime condizioni.


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Torre di Neskaya

Callina alzò lo sguardo dall'intricato schema di matrici che costituivano il più importante dei relé della Torre disturbata dalle forti emanazioni di nervosismo che venivano dalla compagna.
«Credevo che tu ormai avessi imparato a schermare completamente le tue emozioni... o per lo meno pensavo che tu potessi riuscirci meglio!»
«Scusami, chiya,» rispose alzando con forza le sue barriere.
Callina ridacchiò fra sé. Cleindori era decisamente innamorata e non riusciva a schermare in modo adeguato le sue emozioni. In passato sarebbe stato un comportamento punibile... ma ora, grazie agli Dei non c'erano più conflitti, il Patto veniva rispettato e le Torri non contenevano più le gigantesche matrici sintetiche costruite per la guerra.


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Il lavoro più delicato nella costruzione dei passaggi non fu quello di farli, bensì quello di posizionare le porte di accesso sia nella Stanza di Cristallo che nei singoli appartamenti delle Famiglie. Tutti conoscevano caminetti e librerie che ruotavano su se stessi portando alla luce l'apertura nascosta... ma la cosa sembrava troppo semplice ed ognuno cercò di escogitare qualcosa di nuovo e mai pensato prima. In più di un caso mi furono richiesti anche tre, quattro accessi al passaggio segreto. Per non parlare degli Hastur, i quali, in qualità di padroni di casa finirono per richiedermi tutta una rete di ulteriori percorsi segreti che mi impegnarono allo spasimo. Non facevo altro che mangiare, lavorare e dormire. Ed anche quello poco, perché la sera volevo riservare un po' di tempo al collegamento con Cleindori. Beh, sì, mi ero innamorato di lei, anche se trovavo inopportuna la sua premura nel raccontarmi le sue visioni. Erano... strampalate, insomma! Un miscuglio, come lo chiamavo io, di non verificabili passati, inutili presenti ed improbabili futuri.


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Riunione in famiglia

Sebastian Alton si diresse verso un angolo del grande salotto di rappresentanza dell'appartamento, indicando al padre un particolare del complesso motivo decorativo del pavimento.
«Ecco, questa è la via di fuga principale con un'apertura a matrice... di quarto livello,» aggiunse, trasmettendogli lo schema mentale per decifrarne la combinazione.
Una parte del pavimento si abbassò, facendo intravedere una lunga serie di scalini che scendevano ripidi verso il basso. «A parte la protezione della matrice, questo è un nascondiglio che esiste da quando è stato costruito il castello!» ribatté Hjalmar. «Non ti dimenticare che secoli addietro sono stati proprio gli Alton a costruire il Castello dei Comyn e che la conoscenza di tutti i suoi segreti è stata tramandata di padre in figlio. Dov'è la novità?»
«Scendiamo, padre, e ve la farò vedere.»
Dietro di loro la lastra del pavimento ruotò su se stessa, richiudendosi, mentre l'ambiente veniva illuminato dalla luce verdastra di alcuni globi luminosi incastonati nelle pareti. Scesero per qualche decina di scalini e si trovarono in una grande stanza. Alle pareti erano appese delle panoplie con delle spade accuratamente unte di grasso, e nulla più.
Hjalmar lo guardò con aria interrogativa: «E allora? Su quella parete si apre una porta che dà su uno dei cortili esterni, dove ci sono le scuderie.»
Sebastian, senza parlare si accostò alla parete opposta, concentrandosi nuovamente... la parete ruotò su se stessa senza rumore, facendo intravedere un'altra lunga serie di scalini che scendevano verso il basso. Il giovane fece un cenno al padre, che lo seguì, e entrò nel nuovo passaggio. Anche questo era discretamente illuminato dalla luce verdastra dei globi, ma gli scalini, dopo poco cominciarono ad essere umidi e scivolosi e la galleria si restrinse a tal punto da permettere il passaggio di una sola persona.
«Fate attenzione, non c'era spazio a sufficienza per mettere dei mancorrenti per mantenere l'equilibrio.»
Scesero una serie apparentemente infinita di scalini, fino a quando il passaggio si allargò e divenne orizzontale. Una breve rampa di scale portava ad un pianerottolo e ad una massiccia porta di legno. Sebastian l'aprì facendo cenno al padre di accostarsi a guardare. La porta, simile ad altre, dava in un vicolo sito in una parte vecchia di Thendara. Il giovane la richiuse subito.
«Direi che hai fatto un ottimo lavoro,» disse Hjalmar. «Se non ricordo male nella zona c'è anche una rimessa per cavalli di nostra proprietà...» Si interruppe non appena lesse nella mente del figlio quello che questi stava pensando. «Hai ragione, ci sto pensando anch'io da quando è cominciata questa storia. E in ogni caso non dobbiamo fidarci di nessuno, ma in particolare degli Hastur e degli Aldaran. Torniamo indietro, ti spiegherò strada facendo quello che dobbiamo fare.»
Nonostante qualche mugugno, la riunione venne tenuta in una delle salette di rappresentanza degli appartamenti degli Alton, discretamente presidiati da guardie fidate. In un angolo, uno smorzatore telepatico provvedeva a neutralizzare non solo eventuali colloqui mentali fra i partecipanti, ma anche e soprattutto intrusioni dall'esterno. E per intrusioni, come spiegò chiaramente Hjalmar, si intendevano quella di Mikhail Hastur in primo luogo, ma anche quelle dei loro laranzu.
«È una decisione troppo importante e delicata perché possa essere presa in presenza o con il concorso di altri che non siano delle Famiglie, siano pure essi i nostri Sapienti, e non da noi direttamente, e senza interferenze.» Iniziò in tono solenne l'Alton guardando gli altri uomini seduti intorno al tavolo.
«Deve essere una cosa ben grave se neppure io sono stato informato preventivamente del motivo di questa riunione,» si ribellò Gabriel Hastur scuro in volto. Gli Alton facevano sempre di tutto per cercare di guidare le situazioni e le decisioni importanti, infischiandosene del parere degli Hastur. Anche quella sarebbe stata una cosa da mettere in chiaro, prima o poi, e in modo definitivo.
«Anche perché non vedo quale pericolo stia minacciando i Dominii,» lo appoggiò l'Elhalyn guardandosi intorno e notando che un po' tutti la pensavano nello stesso modo.
Hjalmar alzò tutte e due le braccia davanti a sé, con le mani aperte, facendo segno di farlo parlare, ma occorsero due o tre minuti prima che tornasse il silenzio.
«Fatemi parlare, vi prego, e comprenderete il perché di questa procedura,» si voltò verso Gabriel, «effettivamente, lo ammetto, un po' fuori dalle regole.» Si alzò e cominciò a camminare nervosamente su e giù davanti al grande camino acceso, gesticolando un poco, cosa che dette agli altri l'impressione che si trattasse davvero di qualcosa di importante. Quando il silenzio fu sceso nella sala, l'uomo si fermò, girandosi verso i comyn, ora attenti.
«Si tratta dei passaggi segreti: il giovane nedestro degli Hastur e i nostri ragazzi hanno fatto davvero un buon lavoro.» Si accostò al camino e ruotò leggermente uno dei tanti intarsi in pietra: l'intero camino ruotò di circa 30 gradi, lasciando intravedere un corridoio illuminato da una luminescenza verdastra. «Questa, » continuò, «è una delle vie di fuga che verranno rese note ai membri della famiglia e ad altre persone fidate.» Toccò nuovamente l'intarsio ed il camino riprese silenziosamente la sua posizione iniziale; pensò tra sé che avrebbe dovuto far cambiare il meccanismo di apertura, troppo prevedibile! «Ma come sappiamo, ben altri sono i passaggi segreti che sono stati costruiti dentro le mura di questo immenso castello. E la loro posizione, i meccanismi di apertura, i punti in cui vanno a sboccare sono rigorosamente segreti. Devono rimanere segreti. Ognuno di noi ha preso le opportune precauzioni.» Fece una pausa e guardò tutti uno ad uno: lo stavano seguendo con la massima attenzione. «Ma c'è una persona, una sola su tutto il pianeta, che conosce alla perfezione tutto di tutti: è colui che li ha costruiti, Mikhail Hastur!»
Dopo qualche attimo di silenzio, nella stanza fu tutto un susseguirsi di discussioni e commenti animati, finché l'Alton non riuscì a riprendere in mano la situazione.
«Io propongo, PROPONGO,» ma con lo smorzatore telepatico acceso dovette limitarsi ad alzare solo la voce, «MA INSOMMA! ANCHE AL MERCATO DI THENDARA C'È MENO CONFUSIONE!» rovesciò all'indietro la testa e disse ridendo: «NON SIAMO IN CONSIGLIO!» La battuta ebbe il risultato voluto, perché ottenne nuovamente il silenzio. «Ecco, riprendiamo la discussione in modo che tutti sentano tutto. Io propongo, dicevo, che ognuno di noi si consulti - se lo ritiene opportuno, naturalmente - col suo erede, ma senza uscire di qui. Intanto faccio portare qualche rinfresco, poi decideremo, dopo aver sentito il parere di ogni Dominio.»
«Hai parlato bene, Hjalmar,» disse Danilo Ardais, alzandosi in piedi e facendo segno al figlio Domenic di fare altrettanto, «non siamo in Consiglio, ma dobbiamo comportarci come se lo fossimo! La decisione che uscirà di qui stasera, qualunque essa sia, dovrà essere giurata da tutti, sotto la luce di un Incantesimo di Verità.»
«La parola di un Hastur è ormai proverbiale!» si intromise Lewis alzandosi di scatto e portando istintivamente la mano alla cintura. Ma la stretta ferrea della mano del padre su una spalla lo costrinse a tacere e a rimettersi a sedere.
«Giureranno anche gli Hastur,» disse Gabriel con tono solenne, «ma solo una risoluzione che sia onorevole per la famiglia. E sia! Prenderemo una decisione come se fossimo in Consiglio, ma solo noi sette. I nostri figli o nipoti dovranno soltanto giurare di attenersi alle nostre decisioni!»
«Sono d'accordo,» assentì cupamente il vecchio Aldaran, «è una decisione che dobbiamo prendere noi e che discuteremo solo noi. Che i giovani si ritirino in un'altra stanza: verranno qui soltanto per giurare.»
La discussione si riaccese su questo punto, mentre due valletti portavano del vino caldo e del pane speziato. Si giunse finalmente ad un compromesso: i giovani avrebbero assistito alla riunione, ma senza prendervi parte direttamente e senza diritto di voto.


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La decisione

I quattordici comyn si guardarono in silenzio: ogni Signore si era consultato col suo erede ed ora che era il momento di decidere, nessuno aveva voglia di prendere la parola per primo. Lo smorzatore telepatico aveva reso impossibile capire quello che pensavano gli altri, ma ognuno, guardando la faccia di chi gli stava intorno, si rendeva conto che l'incertezza era non sul cosa fare, ma sul come.
Toccò ancora una volta ad Hjalmar Alton cominciare a parlare, e, anche se il suo volto sembrava scavato nella pietra e non era possibile capire neanche in minima parte quello che gli si agitava dentro, era evidente che si era trattata di una decisione sofferta. Fu molto breve.
«Credo,» disse alzandosi e guardando gli altri intorno a lui, «che tutti si sia d'accordo nel fare in modo di mantenere il segreto in modo totale. A mio parere esiste solo un modo: impedire a Mikhail Hastur di essere l'unico depositario del segreto di tutti i passaggi.»
«E per farlo, cosa propone l'Alton?» la voce di Gabriel Hastur era gelida come il ghiaccio degli Hellers. «Tagliargli semplicemente la gola?»
«No,» gli rispose, appoggiandosi con entrambe le mani sul tavolo. «Non siamo banditi delle Terre Aride.» Poi si erse nuovamente incrociando le braccia sul petto con aria di sfida. «Bruciamogli i centri laran in modo che perda anche i ricordi!»
Un mormorio di orrore corse lungo il tavolo. Ma l'Alton alzò la mano chiedendo il silenzio: «Questa è la nostra proposta, che comunque lo manterrebbe in vita.»
«Sai che vita!» disse a bassa voce, quasi sputando le parole, Gabriel.
«Ed ora sentiamo gli altri.» proseguì Hjalmar ignorando l'interruzione.
Callina Aillard, quasi con noncuranza, propose di affidarlo agli elfi del mare... poteva essere tenuto in una delle loro caverne segrete... Se poi fosse affogato durante il trasporto... beh non sarebbe stata colpa di nessuno! Ma l'assurdità della proposta convinse gli altri che lei, in realtà, non intendeva proporre alcunché.
Danilo Ardais e Lewis Elhalyn si associarono senza riserve alla posizione degli Alton, anche se l'Ardais riteneva più giusto e misericordioso un buon colpo di spada.
Ruwen Aldaran propose di scortarlo almeno a tre, quattro giornate di viaggio oltre Nevarsin e lì abbandonarlo senza armi e con viveri per una giornata. Non sarebbe mai potuto tornare indietro e non sarebbe scorso del sangue.
Dyan Ridenow parlò a voce bassa e fece un lungo discorso pieno di se e di ma... che si concluse però con la dichiarazione che avrebbe accettato quello che avrebbe proposto la maggioranza.
Tutti si girarono verso Gabriel Hastur di Hastur: Mikhail, benché nedestro era pur sempre del suo clan e Castel Comyn era, di fatto, la residenza dei discendenti del Figlio della Luce.
L'Hastur non si alzò come avevano fatto gli altri: rimase seduto, con le mani intrecciate ed in silenzio per qualche lungo minuto, finché sentì che qualcuno cominciava ad agitarsi, inquieto, sulla sedia. Si toccò per un momento, con un gesto istintivo, la matrice, poi cominciò a parlare, con un tono freddo e distaccato.
«Spero che ognuno di voi si sia ben reso conto che stiamo parlando di versare il sangue di uno di noi, di un telepate addestrato che lavorava in una Torre. Di una persona che con il suo Potere ha reso un grande servigio a tutte le Famiglie.» Si voltò verso l'Aldaran. «Da te almeno, Ruwen, mi sarei aspettato una proposta diversa: ti è stato dato in adozione come un figlio... No ora parlo io,» disse vedendo che l'uomo stava per ribattere, «ho ascoltato tutte le vostre proposte, ora ascoltate la mia!» ripeté: «ti è stato dato in adozione come un figlio ed ha lavorato per te. Lo hai portato tu qui per fargli fare questo lavoro... e hai saputo proporre un modo per risolvere il problema semplicemente ridicolo... Non voglio neanche commentare le altre proposte, in special modo quella degli Alton. La soluzione più giusta sarebbe stata quella di avergli fatto giurare sotto Incantesimo di Verità che non avrebbe mai rivelato i segreti di cui è partecipe. Ma non vi basta! Ecco la mia proposta, che chiedo formalmente che venga posta ai voti: mettiamo Mikhail Hastur nella Rhu Fead! Verrà forse un giorno in cui il suo segreto non sarà così importante da far desiderare la morte al suo depositario.»
La proposta, nonostante un nuovo tentativo degli Alton, venne accolta e giurata all'unanimità.


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Le caverne di Castel Comyn

Mikhail percorreva lentamente una delle gallerie che aveva scavato nella roccia; ma questo non era uno dei passaggi segreti che aveva scavato per una delle famiglie. O meglio, utilizzava una via di fuga degli Hastur, ma poi era riuscito a creare ad un certo punto una stretta apertura, praticamente invisibile per chi non ne conosceva l'ubicazione, che immetteva in una galleria molto più stretta che si addentrava nella montagna. Durante la costruzione di quel tunnel si era trovato all'improvviso in una grande caverna sotterranea, con delle vaste concrezioni di pietre luminose che mostravano tutta una serie di ulteriori caverne e passaggi che si perdevano chissà dove. Invece di chiudere la parete - bastava semplicemente invertire il processo con cui apriva la roccia davanti a sé - era tornato indietro ed aveva cambiato direzione di scavo. Ma aveva mantenuto per sé quel piccolo segreto, ripromettendosi di tornare, appena possibile, per esplorare la caverna. E quella era sicuramente l'occasione giusta. Ormai il lavoro era finito e nessuno più lo cercava per piccole modifiche o adattamenti; anzi, tutti i comyn ed i loro eredi si erano riuniti dagli Alton per una riunione che, a detta di un valletto che conosceva, doveva essere importante e quindi lunga.
Dovette scendere verso il basso, usando mani e piedi, per diversi metri, finché trovò quello che doveva essere una specie di pavimento, e si guardò intorno con maggiore attenzione: la caverna era veramente grande sia come estensione che come altezza e la debole luminescenza verdastra si rifletteva in lunghe concrezioni biancastre che partivano dal soffitto e dal pavimento, e che di tanto in tanto si univano per formare come delle enormi colonne. Ne toccò una e sentì che era solidissima; ne vide un'altra che sembrava spuntare magicamente dal pavimento, sottile ed esile e la toccò, sentendola umida al tatto. Bastò un leggero movimento del polso e si spezzò con un colpo secco. Fu quel rumore a richiamare la sua attenzione su un altro rumore: quello dell'acqua, uno sgocciolio continuo di innumerevoli gocce d'acqua che cadevano dal soffitto e rendevano scivoloso il pavimento.
Era comunque uno spettacolo bellissimo, anche se gli sarebbe occorsa molta più luce per illuminare il tutto. Pensò ad un ragazzino che era arrivato da poco a Tramontana: quando era stato esaminato, a parte un buon laran naturale non era stato individuato alcuno dei donas tipici delle Famiglie. Solo successivamente e quasi per caso si era scoperto che riusciva a creare e a mantenere nell'aria per vari minuti delle piccole sfere di fuoco bianchissime e luminosissime. Era stato chiamato a Thendara e non sapeva come avessero deciso di sfruttare questa sua pericolosa capacità... certo che ora sarebbe stata utile! Forse era meglio tornare con delle torce, c'era troppa poca luce per potersi avventurare ad esplorare le altre gallerie e piccole caverne che si estendevano da ogni parte.
"Mikhail, Mikhail!"
Il richiamo mentale di Cleindori gli arrivò con una forza inusuale.
"Dimmi chiya..." cominciò, ma lei lo interruppe con forza.
"Mikhail, ho avuto una visione, una visione che ti riguarda! È importante che tu mi ascolti! Non mi interrompere, ti prego!"
"No, no, ti ascolto..."
"Hanno deciso, hanno deciso!" continuò la ragazza.
"Ma deciso cosa?"
"Nella Rhu Fead, ti metteranno nella Rhu Fead perché tu non parli ed il segreto dei passaggi segreti che hai costruito per le Sette Famiglie scompaia con te!"


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«Vedi, mio giovane viaggiatore,» proseguì Mikhail, «fu quella la prima volta che credetti veramente a Cleindori. Le sue visioni erano troppo precise, troppo dettagliate, troppo vicine nel tempo perché potessero essere prese veramente sul serio. Certo, sapevo delle sue capacità un po' strane ed inquietanti, ma in fondo non ci avevo mai creduto del tutto. Questa volta, però, fui costretto a crederle: non le avevo mai e poi mai parlato dei passaggi segreti e del lavoro che avevo fatto... Venivo continuamente sottoposto ad un incantesimo di verità ed avevo sempre giurato il vero quando affermavo che MAI una parola od un pensiero erano usciti dalla mia mente. Quello che lei mi raccontò ha purtroppo trovato conferma i quello che successe poi...
«Le raccomandai di non dir nulla a nessuno, pena la sua stessa vita: sarei fuggito dal Castello, se necessario scavandomi da solo un nuovo passaggio! Tornai quindi indietro, cercando di individuare il punto da cui ero sceso, ma dopo qualche tentativo dovetti rinunciarvi, la parete sembrava uguale dappertutto. Leggermente stizzito - come era possibile perdersi solo per aver fatto poche decine di passi! - cercai di ricordare meglio da dove ere sceso e finalmente mi parve di vedere le mie impronte; mi avviai in quella direzione.
«Scivolai sulla roccia viscida, battendo violentemente la testa contro una delle colonne: prima che il buio scendesse su di me, riuscii a sentire per un'ultima volta, da vivo, la dolce mente di Cleindori. La ritrovai qui, nel Sopramondo, ad aspettarmi. Lei, in silenzio, mi prese la mano, seguendomi mentre iniziavo la Strada che porta dove deve portare, nel luogo dove tutti ci dobbiamo recare...»


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Cleindori

Cleindori sentiva calda e reale nella sua la mano dell'uomo: non aveva importanza che fossero soltanto le loro immagini ad incontrarsi, che nel mondo reale fossero lei a Neskaya e lui chissà dove dentro la montagna. Che in quel mondo lui non potesse reagire alla passione di lei e viceversa.
Poi Mikhail si fermò e le prese l'altra mano, guardandola:
«Ora devo proseguire da solo, sto per entrare in un livello dove tu non puoi accedere...»
«Ma io sono addestrata...» Vide la disperazione ed il dubbio farsi strada nei suoi occhi e non ebbe la forza di contraddirla. Le toccò appena la mente per imprimerle un comando...
«Sì, lo so, ma tu per ora non puoi accedervi ed io sto andando a scoprire se e quando sarà possibile anche per te. E tornerò, comunque, ogni volta che Liriel coprirà la tua Torre del porpora della sua luce...
«Poi le lasciai la mano, nel punto dove la mano di un vivo va lasciata, perché da quel punto si deve continuare da soli... Ma, vedi, Cleindori era veramente disperata e temetti che volesse veramente seguirmi; come sai è semplicissimo ordinare al proprio cuore di non battere più. Le ordinai di aspettarmi... promettendo che sarei tornato.
«Cleindori divenne poi monitore del primo Cerchio di Neskaya, seconda per bravura e competenza solo al suo tenerezu... e finché visse ogni volta che Liriel sorgeva nel cielo entrò nel Sopramondo nella certezza di incontrarmi.»
Abbassò la testa e sentii, più che vedere, che scrollava le spalle. «Non fu mai possibile ovviamente. Come in seguito a quel mio ordine non è stato mai possibile né mai lo sarà incontrarla nel Sopramondo.
«Ma tu, ora, va'. La tua ulteriore presenza in questi livelli sta diventando pericolosa...nel sopramondo il tempo scorre su una scala diversa e tutta sua, in modo incoerente e diverso dal mondo fisico. A volte una breve conversazione può durare ore....come l'apparente, lunga durata della mia storia, potrebbe esser stata racchiusa in un battito di ciglia...»
Non ebbi neanche modo di salutarlo, la sua figura svanì nella nebbia e improvvisamente il terreno mi mancò sotto i piedi, mi sentii precipitare.


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La prima impressione fu quella di un gelo mortale che mi permeava tutte le ossa e di uno sfinimento che mi rendeva impossibile anche il solo aprire gli occhi. Poi l'aspro sapore del firi che mi bruciava la lingua e la voce di Aliciana che diceva a qualcuno che stavo riprendendo i sensi. E in quel momento tornò in me il ricordo del viaggio.
Sempre ad occhi chiusi dissi: «Quanto sono mancato?»
«Quasi dieci ore. Stavi diventando più freddo del settimo inferno di Zandru e ti abbiamo fatto tornare.»
"Questa," pensai, "non è la voce della Custode..."
«Non riconosci più neanche la mia voce, bredu? Apri gli occhi!» mi ordinò con un tono di comando. Ed obbedii anche se svogliatamente. Nella stanza c'erano anche Aliciana e Damon, in piedi, mentre Rys era inginocchiata accanto alla poltrona con un boccale fumante in mano. Sentii che me lo accostava alla bocca e bevvi avidamente sentendo soltanto che era un liquido caldo.










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Disclaimers

Nuovo viaggio nel sopramondo per Anndra.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008