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Incomprensioni

Brydar Elhalyn & Dana n'ha Angela

I primi giorni passati a Elvas erano stati di una noia mortale.
Poi Brydar aveva presenziato, tanto per capire cosa stessero facendo in quel posto dimenticato dagli Dei, ad alcune sedute del Cerchio. Aveva un laran molto debole ma era rimasto sorpreso dal notare come anche la sua scarsa potenza potesse essere di aiuto nei semplici lavori in cui l'avevano coinvolto.
Durante una delle pause dopo il lavoro, mentre si stava rimpinzando di dolci al miele e jaco appena fatto, si era trovato a chiacchierare del più e del meno con Mikhail.
Loro due si erano capiti subito. Il primo timore di Brydar era che l'uomo più anziano cercasse di sedurlo in qualche modo ma, e non capì se la cosa lo tranquillizzasse o se invece lo avesse deluso, l'Ardais non lo aveva neppure degnato di una seconda occhiata.
Avevano parlato un po' dei loro donas, avendo scoperto che avevano la stessa capacità di leggere la storia degli oggetti con cui venivano in contatto. La sola differenza era che Mikhail era in grado di risalire fino ad epoche lontanissime nel tempo mentre lui, e con molto impegno, poteva al massimo dire chi avesse toccato un boccale la sera prima.
Mikhail si era informato della sorte toccata ad alcuni dei militari che avevano scoperto di conoscere entrambi, ed era restato deluso nell'apprendere che tutti si erano convertiti ad una morigerata vita da sposati, tutti moglie, figli e doveri verso il clan.
Incuriosito, Brydar aveva indagato sulla vita sentimentale dell'uomo ma Mikhail, cercando di portare il discorso su altri argomenti, lo aveva depistato.
Solo qualche giorno più tardi, cogliendo una conversazione allo Scoundrel, il giovane aveva scoperto che l'ultimo amante del comyn sembrava essere uno degli uomini della banda di Illa. Forse Mikhail aveva voluto tenergli nascosta la cosa sapendo quanto poco in simpatia teneva il gruppo di mercenari, ma adesso Brydar moriva dalla voglia di scoprire chi del gruppo dell'amante di sua sorella fosse il bredu dell'uomo che aveva davanti.
Pensare a sua sorella lo faceva ancora disperare.
Dopo il primo shock subito all'arrivo, quando aveva scoperto che Dana era uno dei membri fondatori della comunità di Elvas, Brydar aveva avuto modo di scoprire quanto fosse ben inserita nel tessuto sociale del villaggio.
Non era ancora riuscito a restare solo con lei, per chiarire la propria posizione, ma non capiva se era perché lei cercava di evitarlo o se, semplicemente, perché le attività frenetiche della Torre le impedivano veramente di incontralo.
Nei momenti in cui non si trovava a bighellonare dentro la Torre, Brydar aveva iniziato un'accurata esplorazione delle case diroccate che costellavano il cerchio più esterno del villaggio.
Con piacere aveva constatato che tutto il nucleo cittadino costituito dalle case interamente o parzialmente in muratura era rifornito di acqua corrente. Non aveva la più pallida idea di come la cosa potesse essere possibile ma era soddisfatto nel pensare che, una volta deciso quale rudere ristrutturare, non avrebbe dovuto preoccuparsi del rifornimento idrico.
Doveva trovare al più presto una nuova sistemazione o quel ladro di Alar gli avrebbe mangiato tutto quello che aveva risparmiato in quegli anni.
Solo alla fine della prima settimana aveva finalmente scoperto quella che sarebbe diventata la sua casa.
Era una costruzione abbastanza piccola, considerando i canoni architettonici della città da cui proveniva, ma doveva essere sufficiente solo per lui e, volendo restare senza domestici fissi in casa, non importava che fosse troppo grande.
Della struttura originaria restavano solo le fondamenta e le mura del piano terra, costruite in solida roccia. Avrebbe dovuto ricostruire interamente il primo piano e il tetto, senza contare una piccola stalla per il suo cavallo e un deposito per le provviste e la legna. Soprattutto, avrebbe dovuto trovare qualcuno a cui affidare il lavoro.
L'idea di mettere mano personalmente alla ricostruzione non gli era neppure passata per l'anticamera del cervello, così come era ovvio che, non appena l'edificio fosse stato nuovamente abitabile, avrebbe cercato una governante che si preoccupasse della gestione domestica, e un attendente, se mai fosse stato possibile trovare qualcosa che potesse anche solo assomigliarci, che si prendesse cura della sua persona.
Doveva trovare qualcuno che potesse indicargli la giusta manodopera e, escludendo al primo colpo tutti quelli della Torre, l'unico che restava a cui chiedere era Alar.
Con il locandiere si era instaurato un rapporto simile ad un costante braccio di ferro. Alar cercava di fregarlo sui prezzi, mentre lui cercava di fregare il locandiere su tutto il resto.
Brydar sapeva di avere a che fare con un ex predone e mercenario. Quando aveva scoperto che era stato uno degli uomini di Illa aveva capito perché fosse così in sintonia con sua sorella. Da parte sua Alar sapeva di aver a che fare con un comyn non solo viziato ma anche carogna. Ma avevano raggiunto un equilibrio che difficilmente sarebbero riusciti a migliorare.


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«La tua nuova casa?» solo da pochi giorni erano passati dal voi ad un dialogo più informale, ma il tono del locandiere era sempre strafottente come al solito. «Il servizio non ti soddisfa più?»
Brydar sollevò per un istante gli occhi dal boccale di birra annacquata che aveva davanti. «E quando mi avrebbe mai soddisfatto?»
Alar sogghignò, allontanandosi per servire un altro avventore. «Nessuno si è mai lamentato.»
«Chi avrebbe il coraggio di affrontare quel tuo brutto muso?» ribatté Alyson dalle cucine.
Brydar ridacchiò. In principio i rapporti con la donna non erano stati splendidi ma, col passare dei giorni e il costante scambio di battutacce tra i due uomini, capitava sempre più spesso che nei rari momenti in cui Brydar perdeva un colpo e mancava una rispostaccia, recuperasse lei l'occasione perduta.
Alar la ignorò, come faceva sempre, e si avvicinò nuovamente a Brydar. «Potresti chiedere a Shann, potrebbe indicarti qualcuno del villaggio adatto allo scopo.»
«Seguirò il consiglio,» rispose Brydar, lanciando una moneta in direzione di Will. «Per tua moglie, anche se mi ha rubato le parole di bocca,» disse alzandosi per uscire, senza pagare come al solito.
La mano di Will venne intercettata da Alar appena prima che la moneta sparisse nelle sue tasche. «Un anticipo sui suoi pagamenti,» disse l'uomo. «Non sono ancora convito che riuscirò a farmi pagare tutto!»


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L'impresa si rivelò più complicata del previsto.
Seguendo le indicazioni di Alar, Brydar si era recato da Shann, con cui aveva già avuto modo di contrattare per il mantenimento del cavallo e una sostituzione completa dei finimenti logorati dal viaggio.
Shann, più impegnato a cullare il figlio che interessato alle sue richieste, gli aveva spiegato che, al massimo, lui poteva fornire parti degli attrezzi ma che, con il suo passato, non poteva dirsi un esperto carpentiere. Però poteva chiedere a suo fratello Benton, che riforniva Torre e villaggio sia della legna da ardere che di quella necessaria per le riparazioni delle varie costruzioni.
Preparato ad un'altra tappa inutile, Brydar si inerpicò fino alla fattoria di Benton. Ricordava di aver visto l'uomo in visita al fratello e di averne apprezzato notevolmente il fisico. Però sapeva che non avrebbe potuto competere con quel fiore di ragazza che viaggiava sempre attaccata ai suoi pantaloni... Benton poteva essere un ottimo spettacolo per gli occhi, come Manolo lo era alla Torre, ma niente di più.
La solitudine aveva cominciato a farsi sentire e il giovane desiderava non solo qualcuno con cui chiacchierare ma anche con cui intrattenersi in attività più faticose di una semplice discussione sul prezzo della birra.
Come previsto, la camminata fino alla fattoria del McKee fu inutile. Benton poteva fornire il legname ma non la manodopera. Lui era un allevatore e un boscaiolo, non un carpentiere.
Brydar stava già tornando verso valle quando il nipote del McKee lo raggiunse di corsa.
«Vai Dom?» gli urlò dietro, trattenendolo per una manica. «Posso portarvi io da un carpentiere!» gli comunicò con soddisfazione.
L'Elhalyn lo studiò con attenzione. Non tanto alto, biondo con due enormi occhi azzurri. Se solo avesse avuto qualche anno in più sarebbe stato una preda più che accettabile ma, non ancora quindicenne, era troppo giovane anche per lui.
«E chi sarebbe?» gli chiese, senza rallentare il passo.
«Coryn MacAran,» Alban non fece nessuna fatica a stargli dietro, rispondendogli con naturalezza. «È il marito di Elorie, la sorella di Kelan MacAran.»
«Ne sembri certo. Mi hanno già dato informazioni che mi hanno solo fatto perdere tempo,» lo avvisò, con voce tagliente. «Non sono intenzionato a fare un'altra scarpinata per un buco nell'acqua!»
Alban ne era più che sicuro. «Edric e Dyan, che mi stanno dando lezioni di scherma, hanno detto più di una volta che in questo posto un carpentiere era sprecato.»
«Edric e Dyan?» ecco due nomi che non aveva ancora sentito.
Alban annuì. «Altri due fratelli di Kelan,» spiegò. «Loro erano agli ordini di mio zio Shann, quando era ancora capitano dagli Aldaran. Erano venuti qui sperando di poter fondare una guarnigione, sotto il suo comando. Ma lo zio non vuole tornare a combattere, è contento così.»
Brydar percepì che quella raccontata era solo una parte della storia, ma non era interessato alle vicende personali dei McKee e dei MacAran. Fiona aveva ragione quando diceva che la valle era divisa in tre grandi gruppi: i telepati della Torre, i MacAran e i McKee. Ma era comunque una fortuna che non faticasse a tenere dietro alle parentele: con la famiglia che si trovava alle spalle poteva dire di avere una certa esperienza nel ricordare nomi di parenti lontani e vicini.
Poco prima di raggiungere nuovamente il fondo della valle, i due ripresero ad arrampicarsi per un altro sentiero che, per qualche centinaio di metri, li fece sprofondare al centro della foresta. Una volta usciti nuovamente all'aperto, un distante vociare di bambini li avvisò che erano quasi arrivati.
Il rumore delle voci si fece sempre più forte fino a quando, dopo una curva, la fattoria dei MacAran comparve davanti a loro, con i campi coltivati a poca distanza e le stalle poste subito dietro la casa padronale. Al centro del cortile, Kelan MacAran era letteralmente circondato dai nipoti e, con pazienza, stava distribuendo alcuni dolciumi che aveva sottratto dalle cucine della Torre.
«Tu li vizi troppo, Kelan,» lo stava rimproverando un uomo più anziano, in abito da lavoro. «Sai che non se lo meritano dopo quello che hanno fatto!»
Qualcuno da dentro la casa doveva aver avvistato i due visitatori e il gruppo di bambini sembrò disinteressarsi completamente dello zio e dei suoi dolci. Come un sol uomo corsero verso Alban, circondandolo, guardando invece con diffidenza lo sconosciuto.
I suoi abiti eleganti e l'aspetto freddo e distante non facevano nulla per attirare la loro simpatia, anche se l'uomo aveva un'aria vagamente familiare.
«Brydar?» Kelan sembrò sorpreso di vederlo li.
L'Elhalyn si inchinò leggermente, salutando il monitore e l'altro uomo sconosciuto. «Questo McKee mi dice che nella tua famiglia si nasconderebbe un carpentiere.»
«Questo?» Kelan sembrava non capire. «Comunque ha ragione, perché Coryn,» indicò il cognato fermo accanto a lui, «è un carpentiere, anche se in questo periodo si diletta a fare l'agricoltore e l'allevatore.»
«Allora sei il solo McKee ad avermi dato un'informazione valida,» Brydar si frugò in una tasca, estraendone una moneta. «Ti utilizzerò come informatore, visto che sembri l'unico degno di fede in tutta Elvas,» disse allungandola al ragazzo.
Sulla porta della casa erano comparsi altri due uomini, gli stessi che Brydar ricordava di aver visto fermi fuori dalla Gilda il giorno del suo arrivo. Dalla loro espressione era chiaro che il suo gesto non era stato apprezzato, ma Brydar non era preoccupato che lo considerassero uno sporco comyn, come amava definirlo Alar, visto che era la pura verità.
«Ho già perso troppo tempo,» riprese l'Elhalyn. «Sono intenzionato a rimettere in funzione una delle case diroccate, giù al villaggio, oltre le Terme,» disse, rivolto direttamente a Coryn.
Il MacAran assunse un'espressione seria. Dalle facce dei gemelli, che li avevano raggiunti e si erano messi al suo fianco, come a proteggerlo da chissà quale nemico, era chiaro che il nuovo arrivato non piaceva. Ma era lavoro, un lavoro che sapeva di poter fare senza problemi. Ed era un peccato che quel comyn non piacesse ai due, perché loro lo avrebbero aiutato nelle operazioni di ristrutturazione.
«Quanti piani?» chiese senza troppi preamboli.
Brydar sorrise impercettibilmente. «Due piani, se contiamo anche il pianterreno che conserva ancora le pareti in pietra.»
Coryn annui. «Allora tre, se contiamo il sottotetto. Le fondamenta?»
«Sembrano solide, anche la parte che separa la casa da quello che dovevano essere i bagni sembra ancora perfettamente funzionante.»
«Come tutte le case di Elvas,» commentò Coryn. «Non sarà un lavoro economico. Oltre al mio compenso, ci saranno quelli dei miei aiutanti, il materiale e gli attrezzi.»
«I soldi non sono un problema,» lo tranquillizzò Brydar. «È inutile dire che dovrà essere il più rapido possibile.»
Coryn abbracciò i due cognati, sorridendo soddisfatto. «Ho degli ottimi aiutanti!»
Edric e Dyan si scambiarono uno sguardo preoccupato. Loro non avevano mai lavorato per un carpentiere... erano soldati non falegnami!
«Quando dobbiamo cominciare?»
«Domani sarebbe già troppo tardi!» fu la secca risposta di Brydar.
«Allora domani, dopo colazione, davanti al negozio di Shann McKee. Vedremo cosa ci serve e ci pagherete il primo acconto sul materiale,» e con questo Coryn riteneva chiusa la trattativa. Il comyn non si sarebbe tirato indietro, c'erano troppi testimoni e non poteva rischiare di perdere la faccia negando il contratto appena stipulato con lui.
Brydar si congedò dal gruppo dei MacAran, con un rapido saluto militaresco, e riprese la strada per il villaggio.
Se gli Dei non ci avessero messo il naso, avrebbe potuto dire addio ad Alar e alla sua stamberga molto prima del previsto.


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«Evidentemente le vostre idee sul dopo colazione sono diverse,» commentò Mikhail, che aveva seguito Brydar dalla locanda fino al negozio di Shann McKee. «Arriverà, vedrai. I tempi a Elvas sono molto più tranquilli che nel resto dei Domini,» aggiunse, salutandolo mentre proseguiva per le Terme.
Brydar scrollò le spalle, infastidito. Non solo aveva passato una notte insonne a causa dei suoi vicini di stanza ma, all'ora dell'appuntamento, il suo appena assunto carpentiere non si faceva ancora vedere.
All'interno del negozio del McKee sembrava essersi riunita una piccola folla e tutti sembravano avere un'aria euforica. Solo dopo qualche minuto Alban notò la sua presenza fuori dalla costruzione e gli fece cenno di aspettare un istante. Appena riuscì a divincolarsi dagli abbracci delle tre donne stipate all'interno, lo raggiunse, ansimante.
«Vai dom!» esclamò Alban. «Spero non siate in collera con Coryn, lui vi ha aspettato per un po' poi lo zio gli ha detto di ripassare più tardi, non appena le zie se ne fossero andate.»
Brydar gli fece cenno di tacere. «Dimmi solo dove ha detto che andava.»
«Voi gli avevate detto che la vostra casa era oltre le Terme,» rispose prontamente il più giovane dei McKee. «Lui e i gemelli vi aspettano da quel lato del villaggio, sulla spianata.»
La testa di un giovane fece capolino dalla porta. «Alban, torna dentro prima che tua madre si metta a piangere un'altra volta!»
Brydar rimase a fissarlo senza muovere un muscolo. Quello sì che era il suo tipo preferito di divertimento!
Alban si voltò, agitando una mano per zittirlo. «Arrivo Duane,» disse, tornando poi a rivolgersi a Brydar, alzando gli occhi al cielo. «Qualche giorno fa è arrivata mia madre e questa mattina le sue cugine, con i miei cugini... non vi dico la confusione!»
Il giovane si produsse in un goffo inchino e si precipitò all'interno del negozio dove le braccia amorevoli di sua madre tornarono a chiudersi su di lui, togliendogli il respiro.
Brydar restò ancora qualche istante ad osservare la tenera scenetta famigliare dalla finestra aperta.
"Duane," pensò, osservando con più attenzione il cugino del giovane McKee.
Pur essendo alto per la media dei darkovani, era di pochi centimetri più basso di lui. Il fisico asciutto e scattante denotava un costante allenamento e lo sguardo non era opaco come quello di molti popolani che aveva conosciuto. Con gli occhi chiari che si ritrovava e negli abiti adatti sarebbe passato per un figlio dei comyn senza troppi problemi.
A pensarci bene Duane McKee aveva un viso famigliare ma Brydar, dopo essere riuscito con fatica a staccare gli occhi da quel bocconcino così appetitoso, non aveva tempo di pensare dove poteva averlo già visto.
In pochi minuti raggiunse la piccola piazzetta dove i tre MacAran lo stavano aspettando e, dopo pochi convenevoli, li condusse rapidamente sul luogo dei lavori.
La sua futura casa si trovava sul confine più esterno della cerchia abitata, a poche centinaia di metri dalle prime propaggini del bosco. Dopo averla localizzata aveva chiesto conferma a Mikhail sulla disponibilità del rifornimento idrico e, ottenuta una riposta affermativa, aveva già deciso come sarebbe dovuta essere ricostruita.
Lo spiegò rapidamente a Coryn che, mentre il comyn parlava, tracciava rapidi segni sul terriccio umido che un tempo doveva essere stato un cortile. Quando Brydar ebbe terminato la sua descrizione, il MacAran gli fece guardare lo schizzo che aveva realizzato.
Non aveva più dubbi. Chiese ai tre uomini di cosa potessero avere bisogno per cominciare e, prima che Coryn potesse rispondere, gli consegnò una sacca di denaro, con un ammontare ben superiore a qualsiasi cifra avesse mai immaginato di poter chiedere come anticipo.
Tornando verso la locanda, Brydar si fermò per qualche istante fuori dal negozio di Shann McKee ma dentro non sembrava più esserci nessuno. Shann lavorava tranquillamente nelle stalle, impegnato a ferrare un cavallo mentre il figlioletto sgambettava dentro un piccolo recinto circondato di paglia.
Un vero peccato che i nipoti dell'uomo non si fossero fermati a dargli una mano. Brydar avrebbe volentieri scambiato due parole con giovani della sua età.
Ridacchiò, allontanandosi verso lo Scoundrel. Chi voleva prendere in giro!
Aveva puntato la sua preda e non importava quanto la caccia sarebbe durata. La soddisfazione della conquista lo avrebbe ripagato del tempo passato in appostamento.


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Durante le due settimane seguenti le cosa non andarono esattamente come Brydar aveva programmato.
La sola cosa che sembrava procedere egregiamente e senza intoppi era la costruzione della sua casa. Di tanto in tanto il comyn andava a controllare i lavori ma, dopo le prime esitazione, Edric e Dyan si erano rivelati ottimi aiutati tuttofare e Coryn era riuscito a completare il piano terra e le cantine in brevissimo tempo. Adesso stavano realizzando il primo piano e, secondo i calcoli del capomastro, entro la fine del mese il lavoro sarebbe stato completato.
Poi, solo un'altra piccola attesa per la realizzazione dei mobili, e la casa sarebbe stata perfettamente abitabile.
Nel frattempo Brydar aveva indagato presso i vari telepati per sapere se conoscessero qualcuno per dei lavori domestici, ma tutti sembravano cadere dalle nuvole. Neppure Anndra, che abitava fuori dalla Torre con la sua Libera Compagna, era stato in grado di aiutarlo.
Alla fine, per la disperazione, si era persino arrischiato a chiedere a sua sorella.
«Gira al largo,» Dana non gli aveva neppure dato il tempo di aprire bocca.
La donna era in compagnia di uno dei telepati in addestramento, un ragazzone alto con un'espressione stupita sempre stampata sul volto, e non aveva tempo di starlo ad ascoltare.
Brydar aveva provato un'immediata antipatia per quell'uomo, Patrick McHarlaw gli sembrava avessero detto si chiamasse. Sapeva che non era in grado di parlare ed era una fortuna che non avesse mai tentato di attaccare discorso con lui. Il solo pensiero di averlo accanto durate le pause ristoratrici tra un lavoro nel Cerchio e l'altro gli dava il voltastomaco.
Mikahil, il solo che sembrava aver notato la cosa, lo aveva preso in disparte e lo aveva messo in guardia.
«Pat non è un ragazzo normale,» gli aveva detto, frenando il commento poco simpatico che Brydar stava per esprimere sul loro ospite forzato. «Non ricorda più nulla del suo passato e non ha deciso di fermarsi qui volontariamente. È stato calorosamente invitato a restare, almeno fino a quando le sue capacità di controllo del laran non saranno arrivate a valori accettabili per il mondo esterno. Non ha di certo bisogno di percepire tutta la simpatia che nutri nei suoi confronti.»
Brydar aveva scoccato un'occhiataccia al rosso, che stava confabulando mentalmente con una delle ragazze che vivevano nella Torre. «C'è qualcosa in lui che non mi piace,» aveva sibilato, agitandosi nervosamente sulla sedia. «Non riesco ad afferrare cosa... è una sensazione di fastidio fisico. Sarà uno dei sommovimenti del mio sangue Elhalyn che si diverte a giocarmi qualche brutto scherzo...»
Non erano tornati sul discorso e Brydar cercava sempre di non trovarsi nella stessa stanza con Patrick.
Le sue barriere erano talmente forti che nessuno si sarebbe accorto dei suoi pensieri e dal suo viso non traspariva neppure un accenno del disagio che provava nello stare vicino a lui, ma in quel momento, nel vedere Dana più interessata al rosso che a suo fratello, Brydar provò l'irresistibile desiderio di avvicinarsi e prenderlo a pugni.
«È questione di un secondo, Dana,» il tono supplichevole la indusse a girarsi.
«Non usare più quei trucchetti con me,» lo avvisò seccamente, fissandolo con forse troppa insistenza. «Aspettami nella serra, ti raggiungo tra qualche minuto.»
Brydar l'aveva aspettata per quasi un'ora poi, quando aveva ormai deciso di andarsene, l'Amazzone aveva finalmente fatto la sua comparsa.
«Non sei cambiato affatto,» disse subito la donna. «Usavi gli stessi metodi quando volevi qualcosa dalle donne del Castello, e mai una volta che qualcuna non si lasciasse sedurre dal tuo bel musetto.»
Il tono di Dana non era cattivo ma Brydar non si lasciò trarre in inganno.
«Anche tu non sei cambiata,» ribatté gelidamente. «Ti preoccupi sempre più degli altri che della tua famiglia.»
«Tu non sei la mia famiglia,» gli fece notare lei. «Se ben ricordi ho rinunciato al privilegio di essere parte del clan Ridenow da tempo.»
Brydar le voltò le spalle, interessandosi alla disposizione delle piante attorno a loro. Aveva percepito il raffreddarsi dell'aria circostante e non voleva discutere con lei in un luogo dove altri potevano facilmente ascoltare la loro disputa. Anche se apparentemente erano soli, Brydar sapeva benissimo che tutti i telepati della Torre erano un pubblico pronto a cogliere ogni parola della loro discussione.
«Volevo solo un'informazione,» disse con tono incolore. «Potevi rispondermi anche con lui presente.»
Dana si avvicinò al fratello, inducendolo a voltarsi. «Puoi riuscire a ingannare gli altri, ma sai benissimo di non riuscirci con me,» pur essendo più alto di tutta la testa, Brydar si sentì a disagio sotto lo sguardo della sorella come quando era piccolo e lei lo coglieva in fallo. «Riesci a spiegarmi cosa c'è che non va?»
Brydar sospirò, cercando di sottrarsi al suo sguardo. «Non lo so,» disse alla fine. «Quel... Patrick... ha qualcosa che mi irrita. Non riesco a capire cosa, non è... normale...»
Dana sapeva che suo fratello non possedeva una grande empatia ma, così come lei trovava alieni i pensieri di Patrick, a causa della sua provenienza, non era impossibile che anche Brydar potesse percepire il terrano per quello che era, ma senza afferrare al pieno la situazione a causa dei fatti che gli erano stati celati.
Avrebbe dovuto parlare del problema con gli altri, alla prima occasione. Avevano accordato la loro fiducia a Brydar, inserendolo nella loro comunità clandestina, e, soprattutto per il bene di Patrick, forse sarebbe stato meglio rivelargli anche quel segreto.
«Cosa volevi sapere?»
Brydar sospirò silenziosamente, il terzo grado sembrava finito. «Dove trovare dei domestici, una governante che si occupi della mia casa una volta finita.»
Dana lo guardò con irritazione. «E lo vieni a chiedere a me?»
«Sei una donna,» le rispose, candidamente. «Dovresti riuscire ad essermi di aiuto, dopotutto è uno dei vos...» l'espressione che era comparsa sul volto della sorella gli fece interrompere il discorso prima di dire qualcosa di irreparabile.
Il battibecco con lei gli aveva fatto dimenticare che adesso portava capelli corti e orecchino. Non sarebbe mai riuscito ad accettare la cosa e discutere con lei senza offenderla in qualche modo.
«Chiedi ad Alar,» rispose seccamente Dana. «Lui ha una locanda e anche del personale che ci lavora.»
Brydar si sentì uno stupido. «Avrei dovuto pensarci,» mormorò.
«Si vede che non è una cosa che ti viene bene, come da piccolo,» ribatté Dana, allontanandosi verso il lato della serra che conduceva alla Gilda.
Brydar strinse i pugni, per trattenersi dal rispondere. Sarebbe venuto il momento in cui si sarebbero affrontati senza scrupoli.
Per il momento attese qualche istante, per far sbollire la rabbia, poi tornò verso la taverna. Più che ad Alar preferiva chiedere ad Alyson. Sapeva che era la donna a gestire le faccende inerenti il buon funzionamento della parte dello Scoundrel adibita a locanda, preoccupandosi delle pulizie, delle cucine e dell'approvvigionamento di tutto il materiale necessario alla cura degli ospiti.
Appoggiati alla fontana, del tutto ignari della sua presenza, Duane e Keith McKee stavano discutendo animatamente.
Da quando erano arrivati ad Elvas il soggetto delle loro dispute era sempre lo stesso: sua cugina Kasentlaya.
Sembrava che entrambi nutrissero una smodata passione per la ragazza e, visto che nessuno dei due avrebbe mai osato dichiararsi, si limitavano a contendersi i minuti della loro silenziosa adorazione a distanza.
Irritato dalla cosa, Brydar si infilò nella porta dello Scoundrel a testa bassa, andando quasi a sbattere contro Will, che stava svogliatamente sistemando i lunghi tavoli per il pasto di mezzogiorno.
«Più attenzione a dove mettete i piedi, Vai Dom,» gli sbraitò dietro l'uomo.
Brydar lo ignorò completamente. Prima sistemava il problema della servitù, prima poteva dedicare la sua attenzione a qualcosa di più intrigante... anche se la sua preda sembrava del tutto ignara della presenza del cacciatore che si era messo sulle sue tracce.
«Alyson, cercavo proprio voi,» disse alla donna che, fortunatamente, era ferma al bancone della locanda, intenta a sistemare i teli per il bagno comune.
L'interpellata alzò per un istante la testa, per verificare l'identità di chi l'avesse chiamata poi, sbuffando, riprese il suo lavoro.
«Cosa volete, nobile Brydar?»
«Indicazioni su qualche donna disponibile a farmi da governante,» rispose senza mezzi termini il comyn. «Quando la mia casa sarà completata avrò bisogno di qualcuno che la pulisca e sistemi tutto prima che io vi metta piede, e anche dopo.»
«Una richiesta ragionevole,» concordò Alyson. «Ma credo siano poche le donne disposte a trasferirsi a casa di un giovane scapolo.»
Brydar ridacchiò. "Non sarà la mia governante a correre dei rischi," pensò tra sé. «Sarebbe solo durante il giorno,» aggiunse poi ad alta voce. «La sera potrà tornarsene a casa propria... e la sua virtù sarebbe salva.»
Alyson alzò un sopracciglio, poco convinta dall'affermazione. «Facciamo così,» disse con tono accondiscendente. «Mia sorella Miranda mi ha appena raggiunto. Credo sia scappata dal marito ed era sua intenzione unirsi alle Rinunciatarie,» Brydar ebbe un moto di disgusto alla notizia, ma si trattenne dal commentare la cosa. «Sembra però che Marcus non abbia ancora capito dove è scappata e, per ora, nessuno sa che noi siamo qui.» L'espressione dell'uomo non mostrava un grande interesse per le tragiche vicissitudini della sua famiglia. «Fino a quando non deciderà cosa fare,» continuò lei ignorandolo, «avrà bisogno di soldi per mantenersi. Le chiederò se vuole accettare la vostra proposta,» concluse alla fine. «Vi farò sapere al più presto,» disse poi, congedandolo e riprendendo il suo lavoro.
Brydar restò per un istante a fissarla. Stava raggiungendo la convinzione che Elvas non raccogliesse solo i telepati dai sogni grandiosi e irrealizzabili, senza contare tutte le fanciulle fuggiasche dai gravosi impegni con il loro clan, ma anche tutti i comuni pazzi di strada.
Tornando verso la taverna, annusando lo sgradevole odore proveniente dalle cucine, Brydar decise di non aver appetito. Oltrepassò l'entrata e si sedette su una della scomode panche che Alar aveva da poco sistemato appena fuori della porta, nell'eventualità in cui il locale fosse troppo pieno e i clienti fossero costretti ad attendere il loro turno all'aperto.
Scuotendo la testa come per rinfrescarsi le idee, Brydar cercò con lo sguardo il giovane McKee e, senza troppa difficoltà, lo ritrovò nella stessa posizione in cui l'aveva lasciato.
C'era un tempo in cui l'Elhalyn avrebbe pagato qualsiasi cifra per essere guardato con un'espressione così adorante, con lo stesso sguardo con cui Duane stava divorando con gli occhi... quando il suo sguardo si posò sull'oggetto del desiderio del ragazzo, Brydar si sentì chiudere la bocca dello stomaco.
Forse Duane poteva prendere in giro suo fratello, assicurandogli che non aveva occhi se non per Kasentlaya, ma ciò che stava guardando con così tanto interesse non era la sua giovane cugina ma, era innegabile, la sua nemesi: Patrick McHarlaw!
Mentre Brydar stava faticando a riprendersi dalla tragica scoperta, i due fratelli avevano preso a rincorrersi in una stupida gara.
Quello che seguì fu troppo rapido perché i testimoni della scena potessero poi spiegarsi la dinamica esatta dell'accaduto.
Duane si era ritrovato a gambe all'aria, con un'espressione di dolore sul volto. Prima che altri potessero accorrere in suo aiuto, Elorie MacAran si era già fermata a controllare che tutto fosse in ordine e, non appena le sue mani si furono avvicinate al giovane, un'ondata di laran incontrollabile scaturì da lui facendogli perdere i sensi. Prima che Brydar riuscisse a muoversi, altri telepati erano già accorsi a soccorrere sia Duane che Elorie, svenuta a sua volta.
La sorte dei due rimase un mistero fino a tarda sera quando, portate da Mikhail, le prime notizie uscirono finalmente dalle pareti inaccessibili della Torre.
I MacAran lasciati fuori a forza, si erano riuniti come per una veglia funebre ad uno dei tavoli dello Scoundrel. Mikhail spiegò in termini piuttosto semplici cosa era accaduto e annunciò che, molto presto, Elorie sarebbe tornata a casa senza problemi.
Quello che aveva subito la sorte peggiore era invece Duane, la cui famiglia si era riunita più discretamente nel negozio di Shann. Il ragazzo sarebbe stato costretto ad abitare nella Torre fino a quando non fosse stato in grado di gestire il laran, bruscamente risvegliato in lui dal tocco di Elorie.
Terminato il suo compito di messaggero, l'Ardais si era seduto accanto a Brydar, accettando con piacere il boccale di sidro che il giovane gli aveva offerto.
«Non mi era sembrato che Elorie MacAran fosse una catalizzatrice,» disse Brydar, guardando con la coda dell'occhio i fratelli della donna accogliere con gioia e felicità l'arrivo del cognato. «Anzi, ero certo che nessuno in quella famiglia avesse la benché minima traccia di laran
Mikhail annuì, svuotando con poche sorsate il boccale. «Colpa del Vento Fantasma.»
Brydar lo guardò incuriosito. «Ha risvegliato qualche donas nella donna?»
«In suo figlio,» lo corresse Mikhail. «Elorie è incinta e suo figlio ha sviluppato il donas degli Ardais, grazie al sangue ereditato da chissà quale lontana parente.»
«Almeno non era una Alton o un Hastur,» ridacchiò Brydar. «Ne ho trovati più qui che a Castel Comyn!»
Mikhail scosse la testa, con espressione afflitta. «Tua sorella ha ragione,» gli disse alla fine, «sopportarti è una faticaccia!»


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Non appena le condizioni di Elorie si furono stabilizzate e le fu permesso di lasciare la Torre, Coryn e i suoi due aiutanti ripresero con buona lena la ricostruzione della casa di Brydar.
Per suo conto, il comyn aveva cominciato a frequentare più assiduamente l'alta costruzione verde, pur cercando di non farsi coinvolgere in troppi lavori. Purtroppo però, incontrare Duane sembrava più difficile che scoprire l'entrata per il primo degli inferni di Zandru.
Il giovane era sempre in compagnia di Kelan, che si era assunto l'incarico di addestrarlo, o del rosso Patrick e, con grande rabbia da parte sua, sembrava ignorare completamente la sua esistenza.
Mikhail, che sembrava essersi invece preso l'obbligo di perseguitarlo, non perdeva nessuna occasione per rinfacciargli il fatto che Duane sembrava essersi preso una bella sbandata per il compagno che, invece, sembrava aver trovato in lui solo un buon amico, forse il primo che poteva comprenderlo in quella gabbia di matti che era Elvas.
«Quel bel giovane, come direbbe una nostra comune conoscente,» ripeteva sempre Mikhail, «ha fatto girare la testa a più di una persona. Ma non credo che qualcuna,» enfatizzava sempre questa parola, «l'abbia ancora fatta girare a lui.»
Brydar non aveva ancora deciso se avrebbe ucciso prima Patrick o Mikhail, ma non si era mai fatto problemi nel comunicare all'Ardais che erano entrambi sul filo del rasoio.
«Con tua sorella sempre pronta a tirarti le orecchie?» gli ricordò Mikhail quella mattina. «È divertente vedere come, tutte le volte che ti ritrovi a fissare con la tua solita malevolenza quel povero ragazzo, Dana compaia magicamente alle tue spalle.»
«A proposito, non la vedo da stamattina presto.»
Mikhail sospirò, un peccato che Brydar riuscisse sempre a cambiare discorso quando la discussione si faceva interessante. «È andata a vedere come sta Elorie,» disse. «Oggi Marelie non può lasciare la Gilda, così si è offerta lei.»
Brydar si alzò di scatto dalla poltrona dove era sprofondato. «Adelandeyo,» salutò Mikhail. «Ci vediamo per cena.»
Era un'occasione da non perdere.
La strada per la fattoria dei MacAran era sempre deserta. Con Coryn e i gemelli impegnati al villaggio e il resto della truppa a circondare il letto della madre malata, non correva neanche il rischio di incontrare qualcuno di loro. Se fosse riuscito a raggiungere sua sorella prima che arrivasse in un luogo più trafficato, finalmente avrebbe avuto l'occasione che cercava da quando era arrivato a Elvas.


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Quando Dana si sentì chiamare, tutta l'allegria che aveva accumulato nelle poche ore trascorse con Elorie e quegli scalmanati dei suoi figli si dissolse come neve al sole.
Sapeva che un confronto con Brydar sarebbe stato inevitabile, ma non poteva nascondere a se stessa che aveva evitato per fin troppo tempo che il fatto si avverasse.
Pochi metri avanti a lei, Brydar l'aspettava come un uccello sentinella, appoggiato ad un tronco con un'espressione decisa sul volto.
«Non provare neppure a dire che non hai tempo per me,» la voce del fratello aveva assunto subito un tono aggressivo.
Dana gli passò accanto, senza fermarsi. «Temo sarebbe inutile.»
«Se solo tu mi stessi ad ascoltare,» il tono si era un po' addolcito, «ho solo bisogno di questo.»
L'Amazzone si fermò, aspettando che il fratello la raggiungesse. «Allora?» chiese, voltandosi a guardarlo direttamente negli occhi.
Brydar non sapeva da dove cominciare. Le parlò dei propositi di vendetta che aveva intessuto nei suoi confronti dopo la sua partenza da Castel Ridenow, le raccontò di come suo nonno era venuto per portarlo a Thendara e rinchiuderlo nell'Accademia dei Cadetti, sposandolo con una ragazza ancor più giovane di lui. Le disse di come si era sentito quando la sua sposa era morta, e con lei i suoi due figli, e di come era rimasto terrorizzato all'idea di diventare la caricatura di loro padre. Riversò su di lei tutte le angosce e le recriminazioni che avevano avvelenato la sua vita da quando lei se ne era andata, come faceva quando, da bambino, lui e i suoi fratelli correvano a nascondersi nelle sue stanze, sicuri che li avrebbe ascoltati consolandoli.
Dana restò impassibile per tutto lo sfogo. Le barriere completamente alzate, impenetrabile alle ondate di emozioni che l'investivano. Un piccolo spiraglio le permetteva di comprendere quanto di quello che il fratello le stava raccontando fosse vero, e quanto, la minima parte doveva ammetterlo, fosse solo un tentativo di scaricarsi le spalle da pesi troppo gravosi per lui. Ma, alla fine, non concesse nulla di quanto Brydar si aspettava.
«Mi spiace per quello che ti è capitato,» disse, con il tono forse più freddo di quanto avesse previsto. «Ma non mi pare una storia tanto diversa da quelle che ho ascoltato dalle bocche delle mie Sorelle, in tutti questi anni.»
«Non vorrai paragonarmi ad una di quelle
Dana lo guardò sorpresa. «No,» lo rassicurò. «Tu se un uomo, non avresti mai subito quello che ognuna di loro ha dovuto patire, prima di decidere di abbandonare tutto per unirsi a noi.»
«Ho sofferto veramente per la morte di Miralys,» ribadì Brydar. «Il suo corpo non era neppure stato sepolto, che già avevano deciso con chi sposarmi di nuovo. Non voglio diventare come nostro padre, non voglio che un'altra donna muoia solo perché gli Elhalyn hanno bisogno di sangue giovane.»
«E mentre lei soffriva per la gravidanza, tu ti divertivi con il tuo amante di turno.»
«È questo che ti disturba?» chiese lui freddamente. «Il fatto che preferisca gli uomini alle donne? Parli tu che hai preferito uno scherzo di natura piuttosto che legarti con un vero rapporto.»
L'insulto rivolto alla sua compagna scivolò sulla pelle di Dana come olio. «Un vero rapporto? Intendi con un maschio, vero? Come quello che avevano scelto per me? L'uomo a cui, da brava comynara, sarei dovuta essere legata a vita di catenas
«Avresti avuto tutto il potere che volevi,» le rinfacciò Brydar. «Mio zio era incapace di gestire qualunque cosa, avresti avuto più possibilità di tutte le Aillard messe assieme, se solo ti fossi comportata onorevolmente.»
«Meglio sposata con un incapace che con indosso un paio di pantaloni?» Dana ricordava fin troppo bene il suo promesso sposo, il fratello della madre di Brydar, un Elhalyn con il donas perfettamente sviluppato e, di conseguenza, completamente pazzo. «Avrei avuto la liberta di trascorrere la mia vita a gestire il castello al posto delle mogli di nostro padre o di tuo fratello? Almeno fino a quando Nyal non fosse diventato completamente ingestibile e pericoloso, allora mi avreste donato un bellissimo castello, lontano e isolato, dove trascorrere in solitudine con il mio sposo gli ultimi anni di vita?»
Brydar era ammutolito. Quale donna avrebbe potuto chiedere di più? Avere la gestione completa della tenuta di famiglia, il potere di governare su una casa di decine di abitanti. «Allora hai preferito scappare? Era la via più facile?»
Dana lo fissò con aria disgustata. «Devi dirmelo tu,» rispose, voltandogli le spalle e riprendendo la strada.
Brydar l'afferrò per un braccio, impedendole di muoversi. «Cosa vorresti insinuare? Che sono fuggito?»
Dana si divincolò dalla sua stretta, senza voltarsi. «Hai mentito ai tuoi parenti, approfittando di loro finché hai potuto. Quando le cose hanno cominciato a prendere una piega che non ti piaceva, li hai abbandonati e sei venuto qui, mentendo di nuovo. Tu cosa risponderesti?»
Quando Brydar si riscosse, Dana era già avanti a lui di un centinaio di metri. La raggiunse quasi di corsa, piazzandosi davanti a lei per bloccarle la strada. «Non te ne puoi andare così!»
«Non abbiamo altro da dirci,» replicò lei, spingendolo da parte.
Brydar l'afferrò con forza, facendole perdere l'equilibrio ma, invece di cadere, Dana riuscì ad afferrarsi a lui, cogliendolo alla sprovvista e facendolo rotolare al suolo.
Non riuscì ad andare lontana. Il fratello l'afferrò per una caviglia, trascinandola a terra e, prima che potesse rialzarsi, le fu sopra, bloccandola con la schiena a terra.
Tanta era la rabbia che provava in quel momento, che Brydar si trovò con il pugno alzato, ancora prima di realizzare cosa stava facendo. Un istante prima di sferrare il colpo contro il volto della sorella, il comyn si immobilizzò. Anni di addestramento ben consolidati dentro di lui non gli avrebbero mai permesso di picchiare una donna. E il pensiero che la sua stessa sorella gli avesse fatto perdere la ragione al punto di alzare le mani contro di lei, lo faceva infuriare ancora di più. Ma il buonsenso ebbe il sopravvento e, prima di compiere quel gesto irreparabile, abbassò il pugno e fece per alzarsi.
Dana, cresciuta senza imposizioni del genere, non trovava affatto disdicevole per una donna colpire un uomo e, non appena le fu possibile muoversi, si sollevò quel tanto che le permise di sferrare una ginocchiata all'inguine del fratello.
Mentre Brydar si contorceva per il dolore, imprecando contro di lei, Dana si allontanò rapidamente, cercando di far sbollire la rabbia che aveva accumulato prima di arrivare al villaggio.


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Passarono lunghi minuti prima che l'Elhalyn trovasse la forza per alzarsi.
Fortunatamente nessuno era passato di lì, mentre steso al suolo fissava senza vederle le nubi che andavano addensandosi sopra la sua testa, oltre la cima degli alberi.
Si era fatto mettere a terra da una donna, poco importava che fosse sua sorella.
Il pensiero si rincorreva nella sua mente come un'eco lontana. Lui, addestrato alla lotta con uomini molto più forti e potenti, abituato a contrastare nemici apparentemente imbattibili, era stato atterrato da una femmina grande la metà di lui.
Incontrollabilmente Brydar si mise a ridere, sollevandosi a sedere e afferrandosi le ginocchia. La nota isterica che aveva colorato le sua risa sparì ben presto e la risata divenne liberatoria.
Forse era quella la via da percorrere per ritrovare una parvenza di equilibrio con Dana. Una bella scazzottata, fino a quando uno dei due, o entrambi, non fosse restato a terra privo di sensi, permettendo così di sfogare la rabbia tenuta repressa per anni.
A fatica Brydar si alzò in piedi, spolverandosi gli abiti e passandosi una mano tra i capelli. Doveva rendersi presentabile prima di tornare al villaggio, non poteva di certo raccontare quello che era appena accaduto, sempre che non l'avesse già fatto sua sorella.
Con passo tranquillo percorse a ritroso la strada e in poco tempo arrivò davanti alla fontana. Restò per un attimo indeciso sul da farsi: poteva andare direttamente nella sua stanza, evitando di incrociare chiunque altro, o prendere il coraggio a due mani ed entrare nella Torre affrontando le occhiate di scherno degli altri.
La presenza di Dana sulla porta della Gilda lo tolse da ogni imbarazzo.
Sua sorella lo fissò gelidamente, continuando a parlare con le due giovani Sorelle che l'affiancavano, senza abbassare gli occhi neppure quando lui ricambiò con altrettanta freddezza la sua occhiata.
Alar, fermo sulla porta dello Scoundrel, restò ad osservare la scena divertito.
«Sembra che le cose comincino a migliorare,» disse all'Elhalyn mentre gli passava accanto.
Brydar si fermò accanto a lui, fissandolo con aria interrogativa.
«Adesso ti guarda con odio, fino a stamattina ti ignorava come se tu non esistessi.»
Il comyn evitò di rispondergli ed entrò nella taverna a testa bassa. Il sordo chiacchiericcio mentale di Patrick McHarlaw e di Kennard Hastur lo colpì alla bocca dello stomaco. Cercò di attraversare il locale senza farsi notare ma l'Hastur lo chiamò, facendogli cenno di sedersi accanto a loro.
Brydar sospirò profondamente, registrando solo con una parte della mente la comparsa di Dana alle sue spalle.
«Non posso accettare l'invito,» disse piano l'Elhalyn, rifiutando l'offerta di cenare con loro. «Ho già altri impegni.»
La sorella si era portata al suo fianco, posandogli una mano sul braccio e registrando la tensione che provava nell'avere vicino Patrick.
«Dovrete attendere un'altra occasione,» disse a bassa voce l'Amazzone, strappando un'occhiata stupita ad Alar, tornato in fretta dietro il bancone dopo la sua entrata nel locale. «Per questa sera Brydar dovrà accontentarsi di una cena in famiglia
Senza aggiungere altro, salutò con un cenno i due telepati e si diresse verso uno dei tavoli più lontani da quello occupato da loro. Brydar la seguiva a testa bassa, stordito dallo strano comportamento di Dana.
«Non l'ho fatto per te,» gli comunicò la sorella non appena si fu seduto davanti a lei. «Non voglio che Patrick corra dei rischi standoti vicino.»
Brydar sbuffò silenziosamente. «Dovevo immaginario, gli altri sono sempre più importanti.»
«Elvas è più importante,» sottolineò Dana. «La tua presenza è solo di disturbo al momento. So che dovrei ringraziarti perché, di tanto in tanto, ti degni di aiutare noi della Torre, visto che non sei arrivato qui seguendo la nostra richiesta. Ma non posso permettere che il tuo odio insensato per quel ragazzo metta in pericolo la tranquillità degli altri telepati.»
«Non credevo che Patrick fosse così importante.»
«Non lo è,» ribatté lei. «Ma le ragazze si sono affezionate a lui, così come Anndra e Kennard sembrano aver trovato in Patrick un buon amico ed un ottimo ascoltatore.»
«Un ottimo animale da compagnia, insomma,» il tono di Brydar era insofferente. «Ti ho già spiegato i miei problemi nei suoi confronti. Mi spiace che tutti lo trovino così irresistibile.»
Dana sospirò, aspettando che Will si fosse allontanato dal loro tavolo prima di riprendere il discorso. «Patrick è capitato qui senza volerlo. Un terribile incidente, durante l'inverno appena trascorso, gli ha causato la perdita della memoria e dell'abilità nel parlare. Non sapeva più neppure come controllare il laran e ha dovuto tornare ad imparare tutto da capo,» aveva ripetuto talmente tante volte quella storia che ormai ci credeva veramente quando la raccontava per l'ennesima volta.
«Cercherò di stargli lontano,» la tranquillizzò Brydar, convinto che ci fosse molto di più di quello che Dana gli stava raccontando. L'entrata nel locale del clan McKee lo distrasse per un istante, riportandolo all'argomento della discussione con lo stesso effetto di una doccia fredda, non appena notò lo sguardo estasiato che Duane aveva assunto nel notare la presenza del McHarlaw nella sala. «Ma non è colpa mia se si mette sempre in mezzo negli affari che mi interessano.»
Dana lo fissò con sguardo inquisitore. «Quali affari?»
Brydar aveva assunto un colorito più vivo, ma era riuscito a non far trapelare nulla delle sue intenzioni venatorie.
«Brydar, su chi hai intenzione di posare le tue manine avide?» il tono di Dana si era fatto più serio e pretenzioso.
«Non usare quel tono! Non sono più un bambino!» Brydar sapeva di non essere in grado di affrontare il terzo grado della sorella. «L'hai detto tu stessa, non ho più diritti su di te, quindi non pretendere che venga a giustificare tutte le mie intenzioni!»
Le voci dei due fratelli si erano tenute molto basse e nessuno dai tavoli accanto aveva notato il degenerare della conversazione. Kennard e Patrick, dalla loro posizione, vedevano con piacere i due parlare amichevolmente del più e del meno, come tutti avevano sperato facessero presto o tardi.
«Ricorda solo una cosa,» concluse Dana, prima di andarsene. «Qui non ci sono solo comyn abituati alla vita dissoluta delle corti. La maggior parte dei componenti della nostra comunità non è mai stata in contatto con la nobiltà delle Pianure e non sa come affrontare la vostra arroganza.»
«Cercherò di non ferire nessuno dei vostri amichetti,» la tranquillizzò Brydar. «Cercherò sempre di avere il loro consenso prima di fare qualunque cosa.»
Dana lo guardò per un lungo istante. «Non scherzarci troppo sopra,» lo avvisò alla fine. «Ad Elvas le cose non vanno mai come uno ha previsto e, se farai del male ad uno di loro,» indicò la tavolata più vicina, che ospitava i McKee al completo, senza sapere quanto vicina fosse andata al soggetto della loro nuova discussione, «non potrai evitare che tutti si mettano contro di te.»
Brydar si fermò ad osservare la tavolata.
Duane e Keith stavano stuzzicando il cugino più giovane, sfidandolo a bere uno degli intrugli preparati da Alar. Shann, come un buon padre di famiglia, riportò al silenzio i due fratelli, ordinando per i tre giovani solo jaco, provocando borbottii di delusione dai due più grandi. Benton, in un impeto di generosità, convinse Shann ad essere più malleabile e l'ordinazione fu mutata in tre boccali di sidro.
Quando la disputa si fu placata, lo sguardo di Duane corse immediatamente al tavolo con Patrick, restando deluso nel notare che lui e l'altro comyn stavano per lasciare il locale.
«Farò attenzione,» ripeté Brydar, con poca convinzione.
Dana scosse la testa, sapendo di non essere in grado di convincere il fratello a comportarsi diversamente da come era stato cresciuto. Lanciando una manciata di monete sul tavolo, si allontanò senza salutarlo.
Brydar la osservò mentre usciva dal locale. Nel breve percorso che separava il loro tavolo dall'uscita Dana fu salutata da praticamente tutti gli avventori e, sulla porta, scambiò con Alar alcune battute.
Ridacchiando, l'ex mercenario fece ritorno al bancone, fermandosi un breve istante a raccogliere le monete che aveva lasciato sul tavolo per la consumazione.
«Così ti fai pagare la cena da una donna,» lo punzecchiò il locandiere, contando con attenzione la somma.
L'Elhalyn sogghignò sardonicamente. «Non è una donna,» lo corresse gelidamente. «È una Rinunciataria.»
Alar allungò una mano, senza badare troppo alla puntualizzazione. «Ma di solito sa fare bene i conti,» aggiunse altrettanto freddamente.
Brydar lasciò cadere sul palmo aperto le monete che aveva sottratto dalla cifra lasciata dalla sorella. «Ma scommetto che accetta di sottostare ai tuoi prezzi solo perché possiede metà di questa stamberga!»
Alar si allontanò senza rispondere, infilando le monete recuperate nella scarsella che portava legata alla cintura.
Brydar restò al tavolo in silenziosa osservazione.
Al tavolo dei McKee si erano aggiunte anche le donne della famiglia. Gwennis accanto a Shann, con il loro figlioletto sulle ginocchia. La madre di Alban accanto al figlio, preoccupata delle condizioni del ragazzo dopo l'imprevista bevuta dell'alcolico offerto dallo zio. Le madri di Duane e Keith impegnate a chiacchierare senza interruzione con Liriel e Benton.
Guardando Gwennis accudire il piccolo McKee, Brydar si rese conto di aver considerato sua sorella come una Amazzone per la prima volta nella sua vita, anche se lo aveva fatto solo per ribattere ad una affermazione di Alar.
Pur avendo rifiutato le sue richieste di aiuto ed averlo colpito senza pietà e rimorso quello stesso pomeriggio, non aveva esitato a trarlo d'impiccio quando lo aveva visto in difficoltà con Patrick e Kennard.
Aveva detto che lo aveva fatto per Patrick e non per lui, ma si sarebbe potuta limitare a distrarre i due telepati invece che trascinare lui lontano e passare al suo fianco l'intera serata.
Forse il loro rapporto non era così impossibile da riallacciare come aveva creduto.
Brydar sospirò alzandosi, lanciando un'ultima occhiata a Duane.
Aveva temuto che Dana capisse quali erano le sue intenzioni e che uno dei suoi progetti futuri era sedurre quel giovane rappresentante della sua cara comunità. Non lo avrebbe costretto con la forza, lo avrebbe lasciato libero di rifiutare le sue attenzioni, se avesse voluto.
"Cosa che solitamente a nessuna donna viene concessa," la voce di Dana risuonò nella sua mente come una scudisciata.
"Da quando si spiano i pensieri degli altri?" Brydar si voltò verso la porta, cercando la sagoma della sorella nascosta tra le ombre della sera.
"Non voglio che tu commetta errori o imprudenze," fu la risposta. "Sei sempre mio fratello, non voglio essere costretta a scegliere ancora una volta."
Il contatto fu interrotto, ma le ultime parole di Dana restarono impresse nella mente di Brydar come un marchio a fuoco.
L'Elhalyn lasciò la taverna, passando dal corridoio interno e salendo verso la sua camera come attraverso la nebbia incolore del sopramondo.
Dana aveva ragione, a Elvas le cose non andavano mai come uno prevedeva e, anche se le incomprensioni tra di loro restavano insormontabili, forse quella sera gli aveva concesso almeno il beneficio del dubbio.









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Disclaimers

Brydar si sistema al villaggio e, dopo aver deciso di stabilirsi definitivamente a Elvas, comincia ad inserirsi nella comunità.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008