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[torna a Racconti] [E.S.T. dE +2, febbraio (30)] [Credits & Disclaimers]



La via più facile

Brydar Elhalyn

Dove diavolo hai detto che te ne vai?» dire che il tono della voce del suo bredu era incredulo sarebbe stato riduttivo.
«Nevarsin,» rispose Brydar, senza alzare gli occhi dalla sacca da sella che stava finendo di riempire con i pochi oggetti personali che aveva deciso di portarsi dietro.
Lucius si sdraiò sul letto dell'amico, fissandolo con insistenza, fino a quando l'Elhalyn non si decise a guardarlo. «Vuoi spiegarmi perché?» chiese seccamente.
Brydar si sedette accanto a lui, passandogli con noncuranza una mano tra i capelli di un rosso acceso. «Ho bisogno di riflettere,» disse, allontanando con riluttanza la mano. «Non voglio risposarmi così presto e restare qui non farebbe altro che attirarmi addosso le attenzioni del vecchio Dom
Il compagno sbuffò irritato. «Cosa vuoi che sia una nuova moglie!» commentò alzandosi. «Se il vecchio vuole solo questo! Del resto non è alle gonne di una donna che sei realmente interessato: perché preoccuparsi tanto?»
Brydar lo fissò con uno sguardo diventato tagliente come la lama di un coltello. «Forse è proprio per questo che me ne voglio andare.» Si alzò dal letto, troncando repentinamente qualsiasi contatto mentale con il suo compagno. «Non abbiamo altro da dirci, ci siamo già salutati adeguatamente ieri sera.»
Lucius si sentì spiazzato dalla reazione dell'altro. Sapeva che Brydar non aveva preso bene la morte della moglie, ma era convinto che non fosse stata poi una gran perdita. Dopotutto erano amanti da quasi un anno e il giovane Elhalyn era sempre stato più interessato a lui che alla donna con cui lo avevano legato di catenas.
«Vorresti abbandonare la carriera nella Guardia solo per colpa di una donna?»
Brydar si caricò senza sforzo la sacca da sella sulle spalle, afferrando con la mano libera la sua spada personale. «Evidentemente sono meno cinico di quanto pensassi,» commentò a bassa voce. «O forse l'idea di diventare come mio padre mi spaventa di più che affrontare i pettegolezzi di Castel Comyn.»
Si avviò con passo deciso verso la porta, fermandosi solo per un istante prima di varcarla. «Non ci rivedremo più, bredu,» disse, come realizzando solo in quel momento la cosa.
Lucius deglutì a vuoto. «Allora hai proprio deciso di non tornare più a Thendara?» chiese con un filo di voce. Brydar si strinse nelle spalle, aprendo la porta e uscendo, diretto agli appartamenti di suo nonno. "Anche se tornassi, le cose non cambierebbero..."


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Brydar si era reso conto di non provare praticamente nulla per nessuna delle persone con cui aveva intrecciato i rapporti più stretti durante quei tre anni passati a Thendara.
Lucius si era rivelato solo un divertente passatempo e, dopo i commenti gratuiti che gli aveva dispensato dalla morte di Miralys, la ragazza con cui era stato sposato per quasi tre anni, la sua presenza gli era diventata sempre più insopportabile. La sola ragione per cui non lo aveva lasciato prima era che, come amante, era veramente insuperabile.
I suoi nonni, i genitori di sua madre, non erano altro che la fonte principale dei suoi redditi. Grazie a loro era riuscito a conservare intoccato il piccolo patrimonio di famiglia che il padre gli aveva donato al momento della sua partenza per Thendara e lo stipendio guadagnato nei Cadetti della Guardia.
Adesso che aveva deciso di abbandonare tutto aveva a disposizione denaro e oggetti preziosi in quantità tale da riuscire a campare senza problemi per anni.
Ma, pur essendo un uomo fatto e completamente autosufficiente come mezzi, Brydar sapeva che non gli sarebbe stato facile tagliare i ponti con tutti. Quindi aveva organizzato un piano abbastanza semplice.


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Dopo due ore trascorse nel salottino privato di suo nonno, Brydar cominciava a perdere la pazienza.
Il vecchio aveva passato tutto il tempo ricordando la sua infanzia, ingigantendo quei brevi momenti in cui i due si erano effettivamente incontrati, prima dell'arrivo del giovane a Thendara.
La notizia che la morte di Miralys e dei due figlioletti lo aveva sconvolto al punto da farlo decidere di abbandonare tutto per rinchiudersi nel Monastero di San Valentino delle Nevi, invece che farlo irritare come gli altri comyn, lo aveva reso pieno di gioia.
Entrambi i vecchi erano cristoforos e il pensiero che il nipote potesse decidere di convertirsi alla loro religione li riempiva di felicità. Poco male se la cosa lo avrebbe portato lontano da loro e se, come potevano facilmente intuire dalle sue parole e dai suoi pensieri, lo avrebbero indotto ad indossare la tonaca.
«È un passo difficile,» aveva concluso il vecchio Elhalyn alzandosi. «Ma sono certo che a Nevarsin troverai la pace che cerchi.»
Brydar chinò il capo, restando in silenzio. Solo dopo qualche istante sollevò lo sguardo, gli occhi resi lucidi dall'emozione.
«Spero che la mia partenza non vi crei dei problemi,» disse con un filo di voce.
La nonna, sorridendo, gli accarezzo i capelli. «Non devi preoccuparti,» disse, facendo poi cenno al marito di muoversi. «Penseremo noi ad avvertire tuo padre.»
Brydar sorrise, riconoscente. «Non dovete pensare anche a questo,» si schermì. «Troverò di sicuro qualcuno in grado di scrivere due righe per me... discorsi troppo lunghi gli farebbero perdere la concentrazione.»
Il vecchio non riuscì a trattenere una risata. «Da questo punto di vista siete molto simili, lo ammetto!» Prese il nipote per un braccio, conducendolo ad un basso mobile che decorava la parete accanto alla finestra. «Questo per le prime necessità, fino a quando non deciderai come sistemarti.»
Brydar prese con evidente sorpresa, la sola emozione reale di quel pomeriggio, il grosso sacchetto di pelle ricolmo di monete.
«Potrebbe bastarmi per dei mesi,» commentò, soppesandone il contenuto. «Non posso accettare.»
I due vecchi assunsero un'espressione contrita. «Non sappiamo neppure se ti rivedremo,» riprese il nonno.
«Sono il nostro ultimo saluto,» concluse la nonna.
Brydar abbassò per un istante le proprie barriere, lasciando che i due vecchi parenti potessero sentire la sua gratitudine, poi, prima di scoprirsi troppo, tornò a chiudersi dietro la sua barriera fatta di tristezza e solitudine.
«Ora devo proprio andare, se voglio raggiungere il villaggio più vicino prima di sera.»
Abbracciò rigidamente i due nonni, un gesto che mai avrebbero pensato di poter ricevere da lui, e silenziosamente abbandonò le mura millenarie di Castel Comyn.


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Disteso nella modesta camera che aveva preso per la notte, Brydar pensava alla fortuna sfacciata di quella giornata.
Non solo era riuscito a fingere talmente bene il suo smarrimento da guadagnarsi un'altra cospicua fetta di denaro, ma aveva anche risparmiato la fatica di doversi giustificare davanti al Dom e al Consiglio grazie alla bontà di suo nonno, che avrebbe affrontato la cosa per lui.
Non poteva negare di aver passato momenti difficili dopo la morte di Miralys ma, nonostante sentisse il bisogno di liberarsi dalle pastoie impostegli dal clan, non era depresso al punto da volersi rinchiudere in un monastero abitato da monaci bigotti.
Non poteva neppure tornare a casa. Suo padre avrebbe trovato il modo di sfruttare a suo vantaggio la situazione, organizzando in quattro e quattr'otto un matrimonio con qualche vicina appetibile.
Tra tutti i suoi parenti c'era una sola persona che ricordava non interessata a gestire il suo futuro, e le ultime informazioni la davano definitivamente sistemata in un villaggio di recente fondazione, in una valle posta a cavallo del Dominio Ardais e del Dominio Rinnegato.
Aveva sentito alcuni pettegolezzi riguardo questa valle e, il più recente, parlava di un veterano della Guardia che aveva deciso di abbandonare la tenuta appena ereditata per stabilirsi lì.
Brydar non sapeva quanto crederci ma questa voce, assieme a tutte quelle che l'avevano preceduta, avevano acceso in lui un'incontenibile curiosità. Se non fosse riuscito a trovare chi cercava, di certo avrebbe avuto modo di trascorrere piacevolmente un paio di mesi, nell'attesa di decidere cosa fare della propria vita.
Ripensò brevemente all'ultima volta che aveva incontrato sua sorella, più di tre anni prima, pochi mesi prima che il padre di sua madre decidesse che la sua presenza serviva molto di più alla casata Elhalyn a Thendara che non al ramo più decadente dei Ridenow.
Quando lei era andata a trovarli, per sbattere in faccia a loro padre il fatto che era diventata una Rinunciataria, lui e i suoi fratelli non erano stati molto gentili nei suoi confronti.
Il padre era stato freddo e apparentemente insensibile davanti alla decisione della figlia, anche se in seguito alcuni lo avevano sentito ammettere che lei aveva avuto più fegato di tutti i suoi fratelli maschi nel presentarsi davanti a lui dopo quello che la sua decisone aveva causato alla famiglia.
I fratelli, invece, erano stati perfidi e crudeli e lui, anche se poco più che un bambino, non era stato da meno.
Solo dopo la sua partenza, e dopo una solenne strigliata da parte della loro balia, i più piccoli si erano resi conto di quello che avevano fatto e, al pensiero che la sorella non sarebbe mai più tornata, erano stati male per tutta la notte.
Brydar, pur avendo sofferto già per la perdita della madre, era rimasto ancor più colpito per la partenza della sorella. Per anni era stata lei a curarsi di tutti i bisogni del castello e dei suoi abitanti, quando le varie mogli del padre cominciavano ad essere troppo provate dalla gravidanza in corso. Il pensiero che non sarebbe più tornata, che aveva preferito dedicarsi a delle sconosciute piuttosto che alla sua famiglia, lo aveva ferito.
Brydar non amava sentirsi mettere in disparte, cosa che capitava fin troppo spesso in un castello stracolmo di bambini, e solo in quel momento si era sentito veramente abbandonato. Allora aveva deciso che non avrebbe mai perdonato sua sorella e che, il giorno in cui avesse avuto la sfortuna di rincontrarla, le avrebbe sbattuto in faccia tutto il male che gli aveva fatto abbandonandolo.
Poi lo avevano preso e portato a Thendara, rinchiudendolo nella scuola dei Cadetti e sposandolo ad una ragazza che non aveva mai visto.
La cosa non lo aveva disturbato, sapeva come ottenere quello che voleva, grazie agli insegnamenti del padre, ed era diventato abilissimo nel volgere qualsiasi situazione a proprio vantaggio, manovrando abilmente chi gli stava davanti.
Alla morte del primo figlio le cose erano cominciate a peggiorare.
Non la sua posizione sociale o economica, quelle erano sempre brillanti. Ma il vedere Miralys sempre più fragile e dipendente da lui gli avevano ricordato la madre e le due mogli che l'avevano seguita nel letto del padre. E, quando anche sua moglie era morta di parto, Brydar si era improvvisamente visto troppo simile al genitore e aveva deciso che la cosa non gli piaceva.
Aveva la certezza che la sola persona che sarebbe stata in grado di dargli un po' di conforto era anche l'unico membro della sua famiglia che aveva giurato di non vedere mai più. Ma, nell'egocentrismo tipico dei maschi comyn, non si era ancora posto il problema opposto. Come poteva essere certo che lei sarebbe corsa ad aiutarlo, specialmente dopo il loro caloroso addio?
Girandosi nel letto, senza riuscire ad addormentarsi, finalmente il pensiero cominciò a farsi strada nella sua mente e, per la prima volta da quando aveva cominciato ad architettare la sua fuga da Thendara, il giovane cominciò a nutrire dei dubbi sulla buona riuscita del suo piano.


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Trascurando la tensione per il prossimo incontro, il viaggio si rivelò piacevole e più rapido del previsto.
Viaggiando da solo, mantenendo sempre un'andatura sostenuta ma senza fiaccare troppo il cavallo, Brydar riuscì a coprire la distanza tra Thendara e la strada per Nevarsin in poco più della metà del tempo previsto.
Alcuni mercanti, incontrati nell'ultima locanda in cui aveva trascorso la notte, gli avevano spiegato con facilità la strada per Elvas. Sembrava che frequentassero abitualmente quel nuovo villaggio e sembravano conoscere molto bene alcuni dei rappresentanti di spicco della comunità locale.
Rinfrescando generosamente le loro gole, Brydar si fece raccontare un po' di aneddoti sul villaggio, sperando di riconoscere nei vari personaggi citati quello che lo interessava ma, nonostante le descrizioni fossero particolareggiate, nessuna delle donne da loro incontrate sembrava corrispondere alla sorella.
Il capo della comunità sembrava essere un comyn di sangue Aldaran, ma la sua origine non sembrava turbare nessuno degli altri nobili che abitavano il villaggio. Sembrava anzi che questi comyn rifugiatisi a Elvas avessero fatto fronte comune prendendo dimora tra le pareti rimesse a nuovo di una vecchia torre abbandonata da secoli.
Brydar aveva chiesto notizie di un gruppo di Rinunciatarie che dovevano essersi stabilite ad Elvas e, con stupore, era stato informato che erano state proprio loro a fondare il villaggio, portandosi dietro alcuni contadini e allevatori stanchi della vita nel Dominio Rinnegato.
Nessuna sembrava corrispondere al ricordo che lui aveva della sorella, anche se doveva ammettere che tre anni erano molti e che poteva essere cambiata da come lui la ricordava.
Prima di accomiatarsi da lui, i mercanti gli fecero il nome della migliore locanda di Elvas, inutile dire che era anche l'unica, e si dissero certi che, nonostante fosse evidente la sua estrazione sociale, se fosse riuscito a contrattare bene poteva anche ottenere un trattamento decente dal proprietario che, incomprensibilmente, sembrava odiare tutti i comyn.
Il mattino seguente Brydar decise di partire ancora prima del solito e non riuscì a scambiare altre parole con i mercanti. Forse aveva trovato qualche particolare che poteva indicare loro la presenza o meno della sorella al villaggio ma, visto l'orario, fu impossibile trovare qualcuno già in piedi.
Secondo i suoi calcoli mancava veramente poco all'incrocio che l'avrebbe portato sulla strada per Elvas, quindi era inutile aspettare oltre. Se la cara sorellina fosse stata al villaggio l'avrebbe incontrata fin troppo presto.
Appena fuori dal paese cominciò a piovere e, ben presto, la pioggerella ghiacciata si trasformò in nevischio, rallentando di molto la sua marcia.
Non era una vera e propria tempesta e il cavallo sembrava non avere difficoltà nel proseguire ma, per sicurezza e per non correre rischi nell'ultimo tratto del viaggio, Brydar decise di fermarsi in un piccolo rifugio posto poco oltre il dividersi delle strade.
La via principale procedeva oltre il confine, inoltrandosi nel Dominio degli Aldaran e raggiungendo la loro capitale, Caer Donn. Sulla destra si apriva la strada che ufficialmente avrebbe dovuto prendere, un sentiero che si inerpicava sulle montagne fino a raggiungere il villaggio di Nevarsin e il tanto famoso monastero di San Valentino delle Nevi. A sinistra, di poco più grande, si apriva la strada che conduceva nel bel mezzo di una foresta apparentemente intoccata da arnesi umani.
Il sentiero, ben segnato dal frequente passaggio, si restringeva dopo poche centinaia di metri, dividendosi in più piste, chiaramente utilizzate dai cacciatori o da quei viaggiatori che desideravano non arrivare al paese dalla via principale.
Il suo istinto di soldato fremette.
Non dovevano mai aver subito attacchi di banditi o visite sgradite a Elvas, se così tanti sentieri secondari permettevano di accerchiare l'intero territorio su cui sorgeva il centro abitato. L'alternativa era un costante controllo su ogni via di accesso alla valle ma, da quello che i mercanti gli avevano raccontato, riteneva la seconda ipotesi alquanto improbabile.
Proseguendo per la via principale, Brydar incontrò ben presto il piccolo rifugio che gli permise di fermarsi per attendere la fine della nevicata. La strada era salita in quelle ultime miglia e il clima si era fatto sensibilmente più rigido. Probabilmente avrebbe incontrato capanni del genere su tutto il tragitto, segno che soste forzate di quel genere erano abitudine consolidata per i viaggiatori da e per Elvas.
Fermo sulla soglia della piccola rimessa per i cavalli, Brydar attese fremente che la neve smettesse di cadere o, almeno, che rallentasse un po', permettendogli di proseguire.
Abituato a vivere in un luogo sorvegliato ogni istante del giorno e della notte, senza la possibilità di entrare o uscire senza essere controllato a vista da qualcuno, trovava irritante il fatto di stare per arrivare in un villaggio di sprovveduti.
Finalmente, quando ormai cominciava a dubitarne, la neve smise di cadere e un pallido sole cercò di farsi intravedere tra le cime degli alberi.
Con meno decisione di prima, Brydar risalì a cavallo e riprese la strada.
Il sentiero sembrava rimpicciolirsi ad ogni metro ma dopo una curva secca, tornò ad allargarsi. La pendenza era aumentata e le carovane avevano di sicuro bisogno di spazio per permettere ai loro trasporti di fare manovre complicate o di agganciare più animali per trasportarli lungo il pendio.
Bastarono solo un centinaio di metri per mettere in difficoltà anche la sua cavalcatura ma, fortunatamente, la salita terminò su un piccolo altopiano che permetteva di dominare la valle sottostante.
Lo spettacolo che si aprì davanti ai suoi occhi lo lasciò senza fiato.
La valle era incuneata tra due ripide pareti rocciose, e i campi coltivati si rincorrevano lungo le pendici più basse. Dall'alto di una delle cime un vecchio castello diroccato dominava il villaggio, memore delle antiche battaglie che sicuramente erano state compiute per il dominio di quel territorio.
Al centro della valle scorreva un fiume, lungo i cui argini erano stati costruiti alcuni mulini, mentre, di poco spostato sulla sinistra, sorgeva il villaggio di Elvas, dominato da una gigantesca costruzione le cui lisce pareti verdi riflettevano il sole del mattino.
Nonostante vi avesse trascorso solo l'anno obbligatorio, Brydar non poté non riconoscere in quell'edificio imponente una Torre, sorella di quelle delle Pianure più a sud. Era naturale che i nobili avessero deciso di abitare tra quelle mura piuttosto che in misere casupole o nella locanda di quello che era certo si sarebbe rivelato un truffatore.
Continuando a studiare l'abitato, Brydar cominciò la discesa. Prima che il sentiero lo riportasse nuovamente dentro la boscaglia, il soldato valutò tutte le possibili vie di accesso, facilmente visibili da quella posizione, e la disposizione dei principali palazzi in pietra, disposti in cerchio attorno a quella che sembrava essere una fontana.
Nel secondo giro le case sembravano avere solo le fondamenta in muratura e una minima parte di esse era stata completamente ricostruita. Abitazioni più dimesse circondavano il nucleo principale di Elvas, mentre più distaccate, alcune fattorie si trovavano a metà strada tra il villaggio e l'inizio dei pendii coltivati.
Nonostante tutto, il villaggio sembrava molto più difendibile di quello che aveva creduto e, forse era solo la sua immaginazione, Brydar era certo di aver avvertito la presenza di qualcuno vicino a lui, pochi istanti prima che l'ombra degli alberi si chiudesse sopra la sua testa.
Il tratto di bosco che lo separava dalla vallata era breve e, in poco meno di un'ora, sarebbe arrivato alle propaggini più periferiche del villaggio. L'ultima porzione di strada sarebbe stata in piena vista e solo una parte del bosco arrivava a toccare le case, dal lato destro della torre.
Era strano che avessero lasciato una zona coperta dalla vegetazione, mentre tutto il resto della strada era perfettamente sgombro da alberi che potevano occultare armate nemiche ma, una volta arrivato, avrebbe avuto modo di scoprirne la ragione.
Stava meditando sulla distribuzione delle costruzioni in pietra del centro cittadino, per indovinarne la funzione, quando dei rumori lo fecero sobbalzare.
Tre, forse quattro persone a cavallo si stavano dirigendo verso di lui, provenienti dal villaggio.
I membri della piccola carovana non facevano nulla per nascondere la loro presenza quindi, con tutta probabilità, doveva trattarsi di mercanti o di semplici viaggiatori di passaggio.
Il suo primo istinto fu quello di nascondersi dietro le prime file di alberi poi, riflettendoci bene, Brydar decise che non era il caso di celare la sua presenza, soprattutto se quelli che stava per incrociare erano abitanti del villaggio. Un comportamento così poco ortodosso lo avrebbe messo di sicuro in cattiva luce agli occhi dei suoi futuri concittadini.
Quello a cui non era preparato era l'identità delle persone che stava per incrociare.
«Non posso crederci!» la voce baritonale dell'uomo che guidava il gruppo gli risuonò nella mente come una nota sgradevole.
«Allora non sarà vero!» il gigante appena dietro di lui alzò gli occhi dalla strada e incrociò lo sguardo con Brydar che, come una statua di sale, si era immobilizzato sul bordo del sentiero. «Che mi venga un colpo se questo non è uno dei cuccioli di Diego!» esclamò, riconoscendolo all'istante.
Accanto a lui, una figura nerovestita si agitò nervosamente sulla sella, mentre il quarto della compagnia, dai capelli rossi come un comyn, la osservava con la coda dell'occhio, come pronto a scattare in caso di problemi.
«Dovevo immaginarlo,» fu il commento sarcastico di Brydar, fissando il più piccolo dei quattro . «Allora è sicuro che non ho fatto tutta questa strada per nulla.»
«Se sei venuto a portare guai, puoi anche tornartene nella tua tana,» il tono della voce di Illa fece rabbrividire Brydar. «Non hanno bisogno della tua presenza.»
Brydar si voltò a guardare la donna, sostenendo il suo sguardo. «Non credo siano affari tuoi,» rispose gelidamente. «Mi pare evidente che voi stiate per andarvene, oppure credi che abbia ancora bisogno della balia?»
Senza attendere oltre diede di sprone al cavallo, cercando di allontanarsi dal gruppo di mercenari il prima possibile. La loro presenza su quel sentiero confermava il fatto che sua sorella si fosse probabilmente stabilita a Elvas. Non poteva essere solo una coincidenza.
Illa restò ferma ad osservare l'Elhalyn allontanarsi, ignorando i commenti poco gentili che Clive e Bertrand stavano distribuendo in favore del comyn. Per un istante sembrò estraniarsi dal mondo che la circondava, ma fu questione di un attimo.
Renaldo si avvicinò silenziosamente, attendendo che l'attenzione del capo tornasse su di loro.
«Torniamo?» chiese poi, semplicemente.
Illa si sistemò sulla sella, tirando le redini del cavallo. «Sa cavarsela da sola,» commentò, riprendendo la marcia.
I tre uomini si guardarono, stringendosi nelle spalle, ringraziando gli dei di non essere nei panni di quel visitatore inatteso.


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Con l'umore completamente rovinato da quell'incontro, Brydar fece il suo ingresso a Elvas circondato da una nuvola di irritazione.
Senza troppi problemi localizzò la tanto decantata locanda e, dopo aver sistemato il cavallo nella stalla degli ospiti, si diresse verso l'entrata dello stabile. A differenza della costruzione adiacente, che si apriva sulla piazza principale del villaggio, la locanda aveva un'entrata più discreta e silenziosa. Al bancone solo una giovane donna dall'aspetto ben curato sembrava attendere l'arrivo dei clienti.
Con maniere molto spicce, cosa che non fece altro che peggiorare l'umore di Brydar, la donna gli consegnò le chiavi di una delle stanze chiedendo in cambio di una cospicua somma di denaro.
«Questo è appena sufficiente se volete anche mangiare,» ribatté lei, quando si vide consegnare solo una parte della somma richiesta.
«Prima vediamo com'è il servizio,» commentò Brydar, salendo verso il piano superiore. «Poi deciderò se darvi il resto o trattenerlo come risarcimento!»
Con i pugni piantati sui fianchi, Alyson osservò il comyn salire impettito verso la stanza che gli aveva assegnato, neanche una delle migliori, e attese fino a quando non udì la porta sbattere rumorosamente. Poi, come una furia, si precipitò nella taverna, per scatenare le ire di Alar verso quel nuovo cliente che, sicuramente, avrebbe goduto di tutti i vantaggi del servizio dello Scoundrel.
Nel vedere Alyson così infuriata, Alar provò quasi un moto di simpatia per quel poveraccio, ma fu un sentimento di breve durata. Non appena Brydar scese nella taverna, con l'aria disgustata di chi vorrebbe trovarsi da un'altra parte, Alar decise che nessun prezzo sarebbe stato troppo alto per quel comyn.
Lasciò a Will l'onore di servirlo e, da dietro il bancone, continuò a scrutarlo con occhio avvelenato. Ne aveva visti di comyn da quando si era stabilito a Elvas, ma un esemplare così perfetto non lo aveva ancora trovato.
Era talmente assorto nei suoi pensieri che non notò l'arrivo di Shonnach che, stranamente, si sedette accanto a lui invece che precipitarsi a fare il terzo grado al nuovo arrivato.
«Che hai?» le chiese non appena si accorse della sua presenza. «Stai male?»
Shonnach lo guardò con aria di sufficienza. «Non fare l'idiota,» rispose, rassicurandolo sulle sue condizioni. «Chi è quel tipo?»
«Uno sporco comyn,» Alar, riprese ad osservare lo sconosciuto. «Quello che mi rode è che ha una faccia familiare...»
«È appena arrivato,» commentò l'Amazzone. «Nessuna scorta, solo un cavallo e una sacca da sella stracolma,» scoccò un'occhiataccia ad Alar che la stava fissando con aria ironica. «Ho visto quando ha portato il cavallo nelle stalle della tua locanda.» Alar sollevò le braccia in segno di resa. «Ciò non toglie il fatto che ho la certezza di doverlo conoscere...» concluse Shonnach, con un tono di irritazione nella voce.
«Va a chiedergli chi è,» suggerì Alar.
Shonnach lo fissò con malcelato disappunto. «Quando ospiti qualcuno nelle tue stanze non chiedi neppure come si chiama?»
Alar le sorrise, pochi istanti prima di venir chiamato a gran voce dalle cucine. «E a cosa servirebbe? Se lo facessi potrebbero anche darmi dei nomi falsi...»
Brydar, comodamente seduto al suo tavolo, aveva seguito lo scambio di battute tra i due, senza cogliere del tutto il senso della discussione. Era certo che stessero parlando di lui e trovava strano che una Rinunciataria potesse avere un rapporto di complicità così evidente con un uomo.
Evidentemente i costumi, in quella parte di Darkover, erano diversi da quelli nelle terre in pianura.
La taverna, collegata alla locanda da un corridoio interno, sembrava ben tenuta e gli avventori coprivano i vari strati sociali della comunità di Elvas. Poteva distinguere i nobili dai popolani ma, tra di loro, sembrava esserci un rapporto che andava oltre la tradizionale dipendenza che aveva sempre visto rivolta dal popolo ai nobili di città.
Aveva da poco passato la sua attenzione sul cibo, quando dalle cucine, Alar tornò alla sua postazione dietro al bancone, seguito da una seconda Rinunciataria infuriata.
«Ti è mai passato per la testa che potrei non essere stato io?» stava dicendo l'uomo, appoggiato contro gli scaffali, con le braccia incrociate e un'aria offesa sul volto. «Specialmente dopo quello che è capitato la settimana scorsa!»
«Quella banda di vandali in miniatura non ha ancora raggiunto i tuoi livelli,» replicò la donna, sporgendosi sul bancone. «Non credo che l'uragano MacAran abbia deciso di impiantare una distilleria nella cantina della fattoria di Elorie.»
«Non ho preso nulla...»
«Alar!» il tono di voce di Dana era sceso a livelli impercettibili, ma l'ondata di irritazione che si propagò da lei fece venire i brividi a più di un avventore.
«Nulla di più di quello che mi serviva,» si arrese l'uomo. «Questa volta ho anche rimesso a posto tutto!»
Shonnach ridacchiò diverta. «Solo perché speravi di non farti scoprire.»
Alar si voltò a guardarla con odio. «Grazie dell'aiuto! Perché non te la porti via?» indicò Dana con un cenno del capo. «Non avete niente da fare alla Gilda?»
Brydar era restato letteralmente a bocca aperta.
Aveva assistito alla scena senza capire nulla di quello che stava accadendo ma, nonostante ciò, non poteva credere ai propri occhi.
Dana lanciò un ultimo improperio ad Alar, in una lingua che di sicuro conoscevano solo loro due, e dalla tinta che aveva assunto il volto dell'uomo era evidente che non si trattava di un complimento. Voltandosi per uscire, la donna si trovò faccia a faccia con il comyn, che, ancora a bocca aperta, la fissava stupito.
Tutti i telepati presenti sentirono la temperatura dello Scoundrel scendere di una decina di gradi e anche Alar avvertì la tensione che si era immediatamente creata tra i due. Scambiò con Shonnach uno sguardo perplesso. La reazione di Dana davanti allo straniero non diceva loro nulla riguardo la sua identità ma, era evidente, non scorreva buon sangue tra i due.
Dana uscì dalla taverna senza aggiungere altro e Shonnach, senza salutare, si precipitò sulle tracce della compagna mentre Alar, sempre più incuriosito, provò un moto di pietà per il giovane. Sentimento che aumentò considerevolmente quando la Vedova, che aveva assistito alla scena dal suo tavolo preferito, si avvicinò con passo deciso al comyn.
«Non è una cosa salutare arrivare ad Elvas sapendo che non si è in buoni rapporti con qualcuno dei suoi fondatori,» commentò la donna, sedendosi al tavolo dell'uomo senza preoccuparsi di chiedere permesso. «Ti consiglio di chiarire qualsiasi malinteso, prima che la situazione possa peggiorare.»
Brydar fissò la donna con uno sguardo gelido. Non sapeva come si chiamasse ma, memore dei racconti ascoltati durante le interminabili serate trascorse a Castel Comyn, non aveva dubbi su chi aveva davanti.
«Sono stati in molti a chiedersi dove foste finita,» le rispose, facendo cenno all'uomo che l'aveva servito di portare altri due boccali di birra. «La vostra presenza in questa valle non gioca a favore di Elvas.»
Se la Vedova fu colpita dallo sgradevole commento non lo diede a vedere. Ringraziando Will con un cenno, sorseggiò il bicchierino di liquore che l'uomo aveva portato per lei ed assunse un tono meno amichevole.
«Non credo possibile che gli Elhalyn abbiano permesso ad un giovane rampollo del loro clan di imbarcarsi in un'impresa come questa,» lanciò uno sguardo d'intesa ad Alar, che la stava fissando con malevola invidia, sperando che la donna alzasse un po' il tono della voce permettendo anche a lui di sentire cosa si stavano dicendo. «Dove hai raccontato che saresti andato? A casa di tuo padre? Oppure in un viaggio senza ritorno nelle Terre Aride?»
Brydar si sentì avvampare. Come poteva quella donna, che non lo aveva mai visto, aver capito così tanto di lui solo con uno sguardo?
«Tranquillo, ragazzo,» il tono della Vedova si era fatto nuovamente leggero e svagato. «Finché non combinerai guai, nessuno della tua famiglia verrà a sapere dove ti sei nascosto. Per ora ti conviene presentarti agli altri. Sono certa che Damon e, soprattutto, Fiona, saranno lieti di conoscere un così bel giovane!» Si alzò, in un turbine di crinoline, chinandosi solo lievemente a sussurrare qualcosa all'orecchio del giovane. «Qui ad Elvas diamo a tutti una possibilità, non importa quanto grandi siano le loro colpe,» concluse, voltandosi poi verso l'uscita, lanciando un bacio in direzione di Alar. «Metti tutto sul mio conto, tesoro!»
Il locandiere la guardò uscire con odio. Le avrebbe estorto tutte le informazioni che aveva su quello sconosciuto alla prima occasione, non importava con quali mezzi. Non poteva sopportare di non sapere assolutamente nulla riguardo ai nuovi arrivati al villaggio.
Brydar, restato nuovamente solo, sentì di essere diventato il centro dell'attenzione di tutti gli avventori del locale. Con aria distaccata (questa almeno non era una sensazione sconosciuta per lui), si alzò dal tavolo e si diresse al bancone dove Alar, ancora immerso nei suoi pensieri, stava fingendo di sistemare alcune bottiglie di liquore.
«Dobbiamo accordarci sul prezzo della stanza,» gli disse, distraendolo dai suoi pensieri. «Per quel buco e il cibo mi sembra eccessivo quello che la vostra donna mi ha chiesto.»
Alar lo soppesò con lo sguardo. Non c'erano dubbi sul fatto che si trovava davanti ad un comyn di sangue puro, ma era altrettanto certo che non appartenesse alla razza di Damon o di Anndra. Dal portamento e dalla circospezione con cui valutava ogni sua mossa era evidente che doveva trattarsi di un soldato.
«Non è la mia donna,» chiarì subito, sentendosi piantare addosso lo sguardo di Will. «E il prezzo è più che ragionevole. Se non vi sembra adeguato potete sempre trasferirvi alla Torre, come fanno tutti quelli del vostro rango che arrivano fin qui.» Brydar lo fulminò con un'occhiataccia. «Il tempo che ho trascorso all'interno di una Torre vera mi è bastato,» rispose, strappando un fulmineo sorriso dalle labbra dell'uomo che aveva davanti. Era chiaro che entrambi non amavano quel mondo fatto di pietre luccicanti e di trucchi da baraccone e, anche se quella costruzione era al pari di un ostello, l'idea di condividere ancora spazi ristretti con troppi telepati non lo entusiasmava. «Ma non ho intenzione di sperperare tutto il mio denaro dentro questa bettola, nell'attesa di trovarmi un alloggio più confacente.»
Alar accusò il colpo. Avevano definito lo Scoundrel in molti modi e ormai non faceva differenza un epiteto in più o in meno, soprattutto considerando da chi proveniva. «Se non vi va bene,» disse con voce suadente, «avete altre due scelte: chiedere ospitalità alla Vedova, che non troverebbe affatto sgradevole la vostra compagnia, oppure sistemarvi nelle scuderie di Shann,» indicò con un cenno del capo l'uomo seduto ad una delle tavolate centrali. «Di sicuro troverà uno stallo per voi e il vostro cavallo, vai Dom
Shann, sentendosi nominare, sollevò lo sguardo dal piatto e si voltò verso Alar che, con un cenno della mano, gli fece capire di non essere stato interpellato.
Brydar valutò rapidamente l'uomo indicato dal locandiere. Dal portamento era sicuramente un soldato, anzi un ex-soldato, come lui. Forse la situazione non era così grave come l'incontro con la Vedova aveva prospettato.
«Facciamo così,» propose Alar, prendendo due boccali e riempiendoli fino all'orlo di sidro. «Voi mi date i soldi che vi ho chiesto e io vi concedo di restare allo Scoundrel fino a quando non trovate un buco dove sparire. D'accordo?» Brydar sollevò un sopracciglio, non gli sembrava un accordo molto equilibrato. «La sola altra alternativa è la Torre, dove la nostra Dana passa la maggior parte del suo tempo... specialmente adesso che non c'è più in giro Illa,» aggiunse l'oste, sorridendo maliziosamente.
«Suppongo che... Dana... sia una delle vostre migliori amiche qui al villaggio,» Brydar si sentì improvvisamente irritato dal tono fin troppo familiare con cui quello sconosciuto parlava di sua sorella.
Alar si raddrizzò, scoppiando in una risata che fece girare buona parte degli avventori. «Certamente!» esclamò. «Soprattutto da quando mi ha vinto metà dello Scoundrel con una scommessa tutt'altro che onorevole!»
Brydar si sentì completamente spaesato.
Non aveva altra scelta che accettare la proposta di quel ladro, visto che le alternative erano tutte inaccettabili. Ma quello che lo aveva lasciato completamente allibito era la posizione che sua sorella sembrava avere all'interno di quella assurda congrega.
Non solo un bandito ripulito come quell'Alar nutriva una sorta di malsano rispetto per lei, ma dalle parole della Vedova sembrava anche che Dana rappresentasse uno dei pilastri della comunità.
Per un istante si trovò a pensare che non poteva trattarsi di sua sorella, non di quella donna dolce, accondiscendente e remissiva che si ricordava dalla sua infanzia.
«Vi darò la mia risposta prima di sera,» disse alla fine, cedendo al ricatto di Alar. «Adesso ho altro a cui pensare.»
Senza aggiungere una parola, seguito dallo sguardo gelido del locandiere, Brydar tornò nella sua stanza per prepararsi alla visita di cortesia alla nobiltà di Elvas.


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Qualche ora dopo, il giovane Elhalyn si trovava fuori dal portone della Torre, osservando l'alta costruzione.
Era di sicuro uno spettacolo imponente. Le lisce pareti intoccate dal passaggio del tempo e il verde della copertura brillante sotto il raggi del sole già seminascosto dalle nubi davano un'impressione di potenza a stento trattenuta.
Aveva sentito parlare dei problemi avuti ad Elvas nella precedente settimana quando, a causa di quel tempo assurdamente bello, la valle era stata investita da un Vento Fantasma in piena regola. Non stentava a credere che l'intera comunità stesse faticando a riprendersi, scrutando con preoccupazione il cielo ogni volta in cui la giornata cominciava senza una nevicata.
Alcune risate provenienti dal palazzo adiacente, su cui spiccava l'insegna della Gilda delle Rinunciatarie, lo riscossero dai suoi pensieri.
Una giovane Amazzone, accompagnata da un ragazzo che dimostrava poco più di dodici, tredici anni, stava conversando con due uomini dal portamento marziale. La somiglianza tra i tre adulti non lasciava dubbi sul legame di sangue che doveva esserci tra loro e, la cosa, sembrò disturbarlo.
Guardandoli non sembrava impossibile che una Rinunciataria potesse mantenere i rapporti con la famiglia di origine, non sembrava necessario tagliare tutti i ponti che la legavano al passato.
Non poté continuare il filo dei suoi pensieri perché, dopo l'ennesimo colpo, finalmente qualcuno si degnò di andargli ad aprire. Un uomo più basso di lui, dall'età indefinibile, lo guardò con aria amichevole. «Voi dovete essere lo straniero che ha messo in subbuglio l'intera valle!» lo salutò divertito.
Brydar, preso alla sprovvista, non seppe cosa rispondere. Non era abituato a questa cordialità diretta verso emeriti sconosciuti.
«Non preoccupatevi,» Damon si fece da parte, permettendogli di entrare nel grande atrio. «Non posso dire che vi stavamo aspettando, però sono felice che abbiate deciso di venire subito a trovarci.»
Evitando di dire qualunque cosa, Brydar seguì l'uomo lungo la scalinata che dominava la sala e portava direttamente al primo piano.
«Io sono Damon Aldaran,» si presentò il suo ospite, poco prima di introdurlo in un piccolo salottino dove alcuni telepati stavano chiacchierando tra loro. «Fiona,» una donna minuta, ma dall'aria energica e decisa tipica solo delle Aillard, sollevò il capo dal ricamo che aveva in grembo. «Questo è il giovane appena arrivato a Elvas.»
Brydar si irrigidì sugli attenti, gli anni di dura disciplina lo portavano a reagire automaticamente quando si trovava in presenza di suoi superiori. Potevano cercare di mimetizzare la cosa ma, era evidente, la donna a cui era stato appena presentato era una Custode. «Vai domna,» disse finalmente. «Sono Brydar Elhalyn y Ridenow e, a quanto sembra, sono qui per servirvi.»
Damon e Kelan si scambiarono un'occhiata divertita. Quel giovane non era arrivato seguendo il messaggio lanciato nel sopramondo ma, nonostante ciò, era il primo che si rivolgeva alla loro Custode come capo indiscusso del loro gruppo, invece che mostrare deferenza nei confronti dell'Aldaran.
Brydar, percependo lo scambio di pensieri tra i due, si voltò verso di loro. «Non capisco come siate riusciti a mettere in piedi una Torre in quest'angolo dimenticato dagli dèi, ma qui dentro lei è sicuramente la persona più importante,» ribatté seccamente. «Fuori di qui non saprei a chi rivolgermi come mio... superiore.»
Fiona lanciò un richiamo mentale ai tre uomini. «Damon Aldaran,» disse indicando l'uomo che lo aveva accompagnato fin lì, «è indiscutibilmente il membro più anziano della nostra comunità e Kelan MacAran,» il monitore fece un lieve cenno del capo per farsi riconoscere, «è invece al secondo posto. Ma lui tiene i contatti con una della più numerose famiglie della valle quindi, come importanza, è solo relativamente inferiore a quella di Damon.»
Brydar guardò i due uomini, cogliendo al volo la stretta famigliarità presente nei loro gesti. Dovevano essere bredin, non gli sarebbe stato difficile scoprire fino a quale livello.
«Mikahil Ardais,» un uomo sulla trentina, dai capelli biondi che tradivano antenati di sangue Ridenow, sollevò il bicchiere di liquore che stava sorseggiando, «è invece uno dei nostri assi nella manica. Kennard Hastur,» Brydar si irrigidì nel sentire il nome, «è qui da troppo poco tempo perché si senta ancora completamente a suo agio in questa comunità così irregolare. Mentre Anndra Castamir...»
L'interpellato, scuro in volto, non attese la presentazione da parte di Fiona. «Come possiamo fidarci?» chiese ad alta voce, fissando lo sconosciuto con sospetto. «Dopo tutto è arrivato senza seguire il tuo invito...»
«Dimentichi qualcuno,» il tono di Damon era sempre leggero e divertito ed interruppe Anndra prima che potesse dire qualcosa di sgradevole nei confronti del nuovo arrivato. «Dana,» disse poi rivolto alla figura che era restata in silenzio fino a quel momento, occultata nell'ombra creata dal vano della finestra. «Potrebbe essere un tuo parente. Presto i Ridenow potrebbero superare gli Alton, in questa valle!»
Dall'Amazzone non giunse nessuna risposta verbale, solo la sensazione di un ringhio sordo che Brydar non riuscì a capire se anche gli altri avevano percepito.
«Non ci darà problemi,» disse alla fine la donna, come se le sue parole potessero liberare dal dubbio tutti i presenti.
«Brydar Elhalyn,» disse Kennard, alzandosi, «ci siamo conosciuti nella Guardia.»
«Voi eravate al terzo anno nei cadetti, quando io vi venni portato per il mio primo anno.»
«In effetti,» confermò Kennard, «non ricordo che voi vi siate mai interessato molto agli intrighi di corte...»
«Non esistono tutte queste formalità a Elvas,» si intromise Damon. «Nessun titolo onorifico o gerarchie da rispettare. Siamo tutti uguali e ci conosciamo solo per nome.»
Brydar si irrigidì impercettibilmente, ma cercò di mantenersi cordiale. «Vedrò di ricordarlo.»
«Noi andiamo Fiona,» Mikhail aveva percepito nettamente il disagio di Dana davanti a quella situazione e, con decisione, trascinò Damon e gli altri fuori del salotto. «Avrete tempo per ricordare gli anni dell'Accademia. Adesso lasciamo che Fiona possa valutare liberamente il suo nuovo acquisto e decidere da sola se è degno di fiducia o meno.»
I quattro uomini si alzarono, salutando la Custode e Brydar. Dana fece per seguirli, ma un richiamo mentale di Fiona la trattenne con fermezza.
Appena fuori dalla porta, Damon chiese a Kennard cosa sapeva riguardo all'Elhalyn.
«Niente di particolare,» rispose l'Hastur. «Era solo famoso per la sua capacità di seduttore, anche se aveva fama di essere un buon spadaccino e stratega. Credo che Dana possa avere ragione. Anche se decidesse di non fermarsi non direbbe nulla al Consiglio, se è lo stesso uomo che ho conosciuto.»
«Dobbiamo cominciare a tenere sottochiave le nostre fanciulle?» chiese Damon, fintamente preoccupato.
Mikahil non riuscì a trattenere una risata. «Se fossi in te cercherei di guardarmi le spalle,» lo avvisò. «Camminare rasente i muri mi sembra la soluzione migliore anche per te, Kelan!» esclamò andandosene verso la sua stanza, sempre ridendo.
I due uomini lo guardarono senza capire poi Kennard, sospirando tristemente, si preparò a trascorrere un pomeriggio impegnato nei racconti che avevano dilettato la Guardia durante i suoi ultimi anni di permanenza a Thendara.


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Brydar si agitò nervosamente sulla sedia dove Fiona l'aveva fatto accomodare.
Aveva riconosciuto Kennard dal primo momento in cui l'aveva visto. L'Hastur aveva passato gli ultimi due anni sempre in missione per conto del Consiglio ma, nei periodi trascorsi a Thendara, aveva di sicuro potuto ascoltare i pettegolezzi che giravano su di lui e sulle sue conquiste. La cosa non lo disturbava affatto: era abituato all'ambiente malsano di Castel Comyn. Elvas non poteva essere peggio.
Inoltre, se avevano accettato senza problemi Mikhail Ardais, perché avrebbero dovuto averne con lui?
Il solo, grosso ostacolo si trovava lì davanti, appoggiato al tavolo intagliato su cui alcune bottiglie di distillati facevano bella mostra di loro, pronte ad ogni evenienza, e dall'espressione che la donna aveva sul viso, non sarebbe stato facile superarlo.
«Spero non nutriate speranze sulle mie capacità,» disse subito Brydar, cercando di evitare lo sguardo dell'Amazzone. «Il mio laran è tutt'altro che sviluppato e il mio donas non è potente. E, da quello che ho potuto capire, non appartengo alla categoria di telepati che voi state cercando.»
Fiona lo interruppe con un cenno della mano. «Vuoi dirmi qual è il problema?» disse rivolta a Dana. «Oppure devo arrivarci per intuizione?»
Dana sospirò. «Damon ha ragione,» rispose. Indicò Brydar con un cenno del capo. «Quella personcina così simpatica è uno dei miei fratelli e, se vuoi scusarmi, devo andare a sistemare i danni che Alar ha fatto alla serra, prima che diventino irrecuperabili.»
Senza attendere risposta, Dana uscì dalla stanza, lasciando dietro di sé un gelo impenetrabile.
«Vorrei darti il benvenuto a Elvas, Brydar Elhalyn,» disse dopo poco Fiona, quando la presenza di Dana si fu definitivamente dileguata dall'atmosfera attorno a loro. «Ma temo sia ancora presto.»
Brydar si alzò, apparentemente intoccato da quello che era appena accaduto. «Sono venuto fin qui per incontrare mia sorella,» disse. «Sapevo che non sarebbe stata un'impresa facile.»
Fiona si alzò, congedandolo. «Le cose si sistemeranno,» disse, cercando di essere ottimista. «Dana è una persona ragionevole.»
«È strano,» disse Brydar. «Vi ritenete un gruppo così unito, nel villaggio regna un'atmosfera di fattiva collaborazione... eppure non avete ancora capito nulla di mia sorella.» Si produsse in un rigido saluto militare, accomiatandosi dalla Custode. «Ma spero comunque che le vostre parole si rivelino veritiere... col tempo,» aggiunse, uscendo dalla stanza.
Percorse a ritroso la strada fatta con Damon, riguadagnando rapidamente l'esterno. Per un attimo ebbe la tentazione di entrare nella serra, ma non era ancora pronto per affrontare faccia a faccia sua sorella, o meglio... quello che sua sorella era diventata.
Avrebbe atteso il momento più propizio, sfruttando il primo istante di debolezza in cui l'avrebbe sorpresa.
Nel frattempo si sarebbe goduto con calma le chiacchiere che il suo arrivo aveva scatenato nel piccolo villaggio.









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Disclaimers

Dopo la morte della moglie e del secondo figlio, Brydar Elhalyn abbandona Castel Comyn per raggiungere Elvas.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008