[Home] [La storia del Progetto Elvas] [Regole Utilizzate]
[Personaggi] [Luoghi] [Racconti] [Download]
[Cronologia] [Genealogia] [Dizionario] [Musiche] [Immagini e Disegni]
[Giocatori] [Incontri] [Aggiornamenti] [Credits] [Link] [Mail]
barra spaziatrice
[torna a Racconti] [E.S.T. dE +2, marzo (2)] [Credits & Disclaimers]



Hali

Caleb Leynier & Sybil-Anne Lindir-Aillard

Dopo interminabili spiegazioni sul motivo per cui la Custode avesse ritenuto assolutamente necessario mantenere la discrezione sulla loro missione per conto della Torre; dopo aver sopportato per due decadi genitori invadenti, fratelli saccenti e nipotame assortito; dopo serate intere a consumarsi le ventidue dita (complessivamente) suonando a richiesta; dopo due decadi, che sembravano ancor più lunghe, a cercare la loro intimità tentando disperatamente di sfuggire ai bambini, nei modi, momenti e luoghi più impensati; dopo gli sforzi costanti per mantenere alta la protezione mentale dietro la quale si nascondeva il segreto di Elvas, era FINALMENTE arrivato il momento di partire.
«Sy, non ci credo, non ci crederò finché non ci saremo veramente allontanati da qui. Non ne posso più. Stare qui quand'ero ragazzo era già difficile, ma adesso è una vera tortura!»
«Se non fosse per i figli di tuo fratello, in fondo, si starebbe quasi bene.»
«Tesoro, se ci stai così bene, potremmo sempre decidere di rimanere, oppure trasferirci dai tuoi, visto che era un ambiente così rilassante,» disse Caleb con giusto un filo di ironia.
Sybil alzò la testa dal cumulo di vestiti che stava scegliendo, e lo fulminò con lo sguardo. Caleb continuò a ridacchiare fra sé, mentre impilava con venerazione i suoi libri.
«In effetti tua sorella è stata particolarmente carina con noi...»
«Allora non vedo perché tu non abbia sposato lei. Piuttosto, quasi quasi farei un pensierino su tuo fratello Erald. L'altro giorno mi ha fatto dei complimenti molto gentili!»
«Mh, allora sarò costretto a dimostrarti che hai scelto il fratello giusto, mi pare.» Lo disse con un sorriso sulle labbra, mentre chiudeva la porta a tre mandate. «Partiremo con un po' di ritardo, però ne varrà la pena.»
«Sempre che non vengano a interrompere i nipotini...»
«Ti ho mai detto che inizio ad avere dei seri problemi all'udito?»
«Il problema è che temo non li abbiano loro
«Peccato.» E le tappò la bocca con un bacio, prima che potesse aggiungere altro.


barra

Alcune ore dopo, avendo finalmente concluso il giro di saluti parentali, riuscirono a partire. Nonostante la gioia che li pervadeva, riuscivano a mantenere il viso serio, solo a prezzo dei continui pizzicotti mentali che si davano l'uno con l'altra per evitare di tradirsi.
La prima parte del viaggio si svolse in maniera molto tranquilla: le Rinunciatarie che avevano assoldato come scorta provvedevano a tutto, dal fuoco al cibo, al riparo. Caleb ne aveva ingaggiate tre perché li conducessero fino ad Elvas senza urtare quel poco di sensibilità comynara che ancora albergava in sua moglie. Per strada avevano però scoperto che un trio di Amazzoni poteva essere assai meno composto di un gruppo di pescatori di Temora, con sommo divertimento di Caleb e profonda costernazione di Sybil.
Dopo avere attraversato la pianura del Valeron, si trovarono quasi in vista delle antiche rovine di Hali e, essendo quasi il tramonto, decisero di fermarsi in un rifugio per viaggiatori. Mentre le Rinunciatarie si occupavano dei cavalli, i due Comynarii accesero il fuoco e iniziarono a preparare la cena. Il rifugio era impolverato ed un paio di imposte si erano per metà scardinate, ma per il resto si trovava in buono stato ed era anche piuttosto grande, così avevano deciso di dividerlo in due zone, una per la coppia e l'altra per la scorta. Presto avrebbero teso una corda sulla quale stendere delle lenzuola come divisorio, per garantire un minimo di riservatezza. La zona del fuoco era stata lasciata neutrale.
Mentre Sybil mescolava la zuppa per la cena, si accorse che Caleb si era diretto verso le Rinunciatarie, che erano rientrate, e stava fittamente discutendo con loro. Quando le si riavvicinò, rispose allo sguardo interrogativo di lei con un sorriso e un sibillino: «È una sorpresa.»
«Cos'è, un nuovo esperimento di pirocinesi? Potevi dirmelo prima, mi sarei attrezzata! E poi qui fa già abbastanza caldo.»
Lui la guardò gelido. «Uffa, non si può fare nemmeno un piccolo errore...» Rispose, assumendo un'aria offesa.
«Piccolo? Vai a dirlo al mio vestito verde: se non fossimo stati nella Torre, sarebbe bruciato anche il letto.»
«Era tutto sotto controllo!»
«D'accordo.» Rispose Sybil con un sospiro. «Sei tu il capofamiglia, non posso che darti ragione. Ora vieni a darmi una mano coi piatti.»
Rassegnato, si accinse al lavoro casalingo.
«Ormai lo so, discutere con te è perfettamente inutile.»
Dopo aver cenato, tutti si ritirarono in fretta sotto i propri mantelli, poiché i giorni di viaggio li avevano stancati.
Al suo risveglio, Sybil si accorse che il sole era già sorto da un po'. Dagli spiragli fra le imposte filtrava qualche raggio rosso e non sentiva i consueti rumori delle donne che si preparavano a ripartire. Anzi, avrebbe detto di essere sola nel rifugio. Si sollevò a sedere, guardandosi intorno, e vide Caleb infilarsi tra le tende rudimentali. Era in maniche di camicia, non nei soliti abiti da viaggio.
«Ben svegliata.» Le disse, con un sorriso sornione, mentre continuava a vestirsi.
Sybil, ancora visibilmente assonnata, gli rispose qualcosa di incomprensibile che suonava grosso modo come: «'ngiorn' 'm're.» Represse uno sbadiglio e continuò: «Che ore sono?»
«Diciamo che l'alba è spuntata già da un po'. Vestiti, che la colazione è quasi pronta.»
La moglie gli lanciò un'occhiata interrogativa, alzandosi con calma, poi ricordò della sorpresa di cui egli le aveva parlato il giorno prima. Prese dal bagaglio un semplice abito da viaggio di ricambio e un asciugamano e si infilò in quel buco che aveva l'ardire di chiamarsi stanza da bagno. Si lavò rapidamente (non vedeva l'ora di arrivare ad Elvas, per poter finalmente fare un bagno caldo e lavarsi i capelli) e si vestì prima di tornare nella stanza principale. Mentre si preparava, aveva sentito Caleb armeggiare con qualcosa e lo trovò alle prese con le sacche da sella: vi stava infilando un fazzoletto, qualcosa da mangiare...
«Facciamo una gita in campagna?»
«Più o meno, vedrai. Lo scoprirai presto... e non cercare di leggermelo nella mente!»
Sybil si finse offesa. «Sai che non lo farei mai! Sempre che tu mi sveli la sorpresa entro un tempo ragionevolmente breve.»
In realtà iniziava ad avere dei sospetti sulla loro destinazione: le rovine di Hali erano poco lontane, sarebbe bastata una breve cavalcata sotto il sole tiepido della primavera, per arrivarci. Sorrise dolcemente al marito, sfiorandogli una tempia con le dita mentre lo superava per sistemare le proprie cose.
Trovarono le Rinunciatarie fuori dal rifugio, impegnate nelle loro attività: una di loro che doveva chiamarsi Mallina (o era Callina?) stava affilando il suo coltello su una cote, un'altra lavava canticchiando dei panni in un catino trovato nel rifugio, mentre la terza stava portando fuori dalla stalla i cavalli dei Comynarii.
«Ecco, Vai Domii.» Disse loro. «Il Signore è sicuro di non volere una scorta?»
«Non c'è problema, grazie. È solo una passeggiata e non succederà niente, ma nel caso sarò io stesso a proteggere mia moglie.» Caleb lanciò a Sybil un'occhiata affettuosa, ma la donna non mancò di notare che la Rinunciataria sollevava impercettibilmente un sopracciglio. Che non si fidasse delle capacità di suo marito con la spada? Oppure sorrideva fra sé e sé del fatto che lei, Sybil, non sapesse combattere? Sapeva che le Amazzoni erano convinte che ogni donna potesse e dovesse difendersi da sola, senza dover chiedere niente agli uomini. Ah beh, per quel che la riguardava, lei non aveva nessun interesse nelle armi, anche se avrebbe saputo combattere con il laran. E soprattutto non avrebbe mai potuto rinunciare al suo amato per nessun motivo, tanto meno per poter indossare un paio di pantaloni di dubbia comodità!
La giornata era calda, anche se non quanto lo sarebbe stata a Dalereuth, e presto i due si tolsero uno strato di vestiti: Caleb la giubba e Sybil lo scialle. Avanzarono perlopiù al piccolo trotto, per non stancare inutilmente i cavalli ma, arrivati ad un punto completamente pianeggiante e che non sembrava nascondere insidie, decisero di fare una piccola gara. Arrivarono insieme fino alla fine del praticello, ansanti per lo sforzo ma soddisfatti come bambini dopo un gioco.
Dopotutto, si disse Caleb, era giusto che si godessero la giornata di sole e di riposo dal viaggio, perlomeno prima di arrivare alla loro meta... guardò a lungo la moglie che gli cavalcava al fianco, il suo profilo sorridente con gli occhi socchiusi contro il vento e il basso chignon che aveva iniziato a disfarsi in maniera provocante. Sì, quando erano insieme erano praticamente entrambi dei bambini che non volevano rinunciare ai giochi dell'infanzia e, quel che forse era peggio, ne erano entrambi consci e contenti. Ma per quanto ancora Sy sarebbe rimasta una bambina?
«A cosa pensi, koi
«Sto pensando che la prossima gara sarò io a vincerla!»
«Non pensarci neanche: io sono più leggera di te ed è solo un caso se siamo arrivati insieme. La prossima vittoria sarà mia! Non è vero, Vento?» Come se avesse capito ogni parola, il cavallo sbuffò, scuotendo la testa, e i due si misero a ridere.
Il viaggio continuò tranquillamente, fino a che non furono in vista del lago di Hali, la strana sostanza che lo riempiva che luccicava simile ad acqua sotto il sole. Caleb provvide a legare i cavalli ad un albero poco lontano, lasciando loro abbastanza corda perché fossero liberi di muoversi e brucare. Quando tornò vicino a Sybil, lei passeggiava sulla riva, assorta nei suoi pensieri.
«L'ultima volta che sono venuta qui non dovevo avere più di sette o otto anni, per il funerale di uno zio Aillard, ma non ricordo più molto, salvo che mia sorella Ariada continuava a tirarmi le trecce perché non mi distraessi.» Sorrise al ricordo. «Pensa, Caleb, forse è proprio nel punto in cui posiamo i piedi che Hastur conobbe la figlia di Robardin e se ne innamorò profondamente... forse più di quanto io ami te!»
L'uomo, che non era particolarmente religioso, sorrise con indulgenza e cinse la moglie con un braccio. «Sicuramente più di quanto mi ami, dato che sei una moglie indisciplinata e irrispettosa: Cassilda non avrebbe mai osato desiderare di vincere una gara a cavallo contro Hastur, e nemmeno Camilla!»
Si sporse per baciarle la fronte, ma Sybil continuò: «Sei davvero blasfemo! Se Cassilda non avesse mai conosciuto il figlio di Aldones, se non gli avesse mai donato il fiordistella, noi non saremmo qui a discutere di come sia più conveniente comportarsi per una brava mogliettina, e lo sai bene.»
«Gli Dei hanno già il mio nome nella lista delle persone da incenerire, ormai non posso farci niente. Vieni.» Improvvisamente, sembrava diventato serio: anche la battuta era stata pronunciata in tono sommesso, con un sorriso quasi mesto. Spostando il braccio dalle spalle alla vita della donna, la guidò lontano dalla riva del lago, mentre Sybil si voltava indietro per un'ultima occhiata alle loro impronte affiancate e alle onde dell'acqua che acqua non era. La sabbia lasciò il posto all'erba rosata che circondava la rhu fead.
Le indicò la cappella. «Ci sei mai stata?»
«No: ero troppo piccola e mia madre aveva paura che mi sarei fatta del male toccando qualcosa che non dovevo toccare e così via.»
«Sì, in effetti è un posto molto pericoloso per una bambina. Anche se avevi già un po' di laran, e potevi entrarci, hanno fatto bene a non permettertelo. Sai come funziona, non è vero?»
Sybil-Anne aveva, come tutti i telepati del pianeta, sentito diffusamente parlare della rhu fead e di quello che vi si trovava all'interno, e rifletté per un attimo per richiamare i ricordi, prima di rispondere: «C'è un Velo come quello delle Torri all'ingresso, ma all'interno ci sono delle barriere contro chi è dotato di laran, non è così? In questo modo soltanto chi ha sangue Comyn può entrare, ma chi vi entra non può toccare i tesori che vi sono custoditi se non rischiando la vita o la salute mentale.»
«Esattamente, anche se non si tratta precisamente di tesori. Ma ora te la farò visitare a dovere. Ci sono molte più cose e molto diverse da come le immagineresti.»
Entrarono insieme, ancora abbracciati, e Sybil iniziò subito a guardarsi intorno incuriosita come una bambina in una fiera: nelle nicchie della cappella, protette da schermi invisibili, c'erano spade dalle impugnature ricoperte di gemme alcune delle quali erano matrici, armi dalle strane forme, contenitori ed altri oggetti che nessuno dei due, come nessuna persona vivente, avrebbe saputo identificare. Alcuni degli oggetti erano posti su dei piedistalli sui quali erano incise delle scritte: nomi e storie in caratteri talmente antiquati che loro due potevano a stento decifrarli, per non parlare dello stile!
La donna continuava a passare da una nicchia all'altra, interrogandosi sulle tecniche di fabbricazione e di utilizzo di quelle creazioni risalenti a secoli e secoli prima. Non riusciva a capacitarsi del fatto che molte di quelle cose erano state inventate per sterminare interi regni; semplicemente questo esulava dalla sua comprensione. Ad un certo punto si bloccò a metà di un commento sullo stile antiquato delle iscrizioni, per dirigersi verso il fondo della costruzione.
"Cosa ci fa qui una statua?"
Si trattava di una scultura rappresentate una fanciulla dormiente, una giovane donna dei Comyn, dell'età apparente di sedici o diciassette anni, scolpita in modo così preciso che sembrava davvero una ragazza dormiente: i capelli rossi erano acconciati in trecce elaborate, le pieghe degli abiti erano state riportate con precisione, si intravedevano alcuni vasi sanguigni azzurri sotto la pelle delle tempie, il torace si alzava e si abbassava lentamente al ritmo del respiro...
... il torace si alzava e si abbassava lentamente al ritmo del respiro...
«Oh, Avarra!» Gridò, non appena si rese conto con orrore che non si trattava di una statua ma di una persona viva. Caleb era dietro di lei, ad abbracciarla, a sostenerla.
«Sì,» le disse semplicemente.
"Non è possibile, non può essere... respira... è viva... qui dentro..." Gli trasmise la confusione e lo sgomento dei suoi pensieri perché non si fidava delle parole che sarebbero potute uscirle dalle labbra.
«Sì,» ripeté l'uomo, senza altri commenti. Avrebbe voluto abbracciarla, farla voltare e nasconderle il viso contro il suo petto, e poi dirle che si era sbagliata, che erano state delle ombre ad ingannarla. Pentitosi per un attimo dei suoi progetti, avrebbe voluto portarla via e tornare indietro al momento in cui erano arrivati ad Hali. Ma aveva voluto che Sybil vedesse ciò a cui il laran poteva portare.
Per un attimo, sua moglie fu effettivamente sul punto di girarsi e coprirsi gli occhi, ma la curiosità ebbe la meglio e si sporse in avanti. Le iscrizioni erano antiquate, ma non consumate, ed alcune delle parole, i nomi delle persone e dei luoghi, erano facilmente riconoscibili.
Dorilys Aldaran...
Sì, Sybil aveva sentito la storia di Dorilys, la principessa addormentata per sempre, ma aveva sempre creduto che si trattasse di una favola che la balia raccontava a lei e alle sue sorelle per spaventarle quando non si comportavano bene. Impazzita a causa di un donas troppo potente, la giovanissima principessa (molto più giovane degli anni che dimostrava) aveva preferito esiliare il proprio spirito nel sopramondo piuttosto che nuocere a coloro che amava, e da allora nessuno era più riuscito a fare niente per lei, per il suo corpo o per il suo spirito.
«Avarra...» Ripeté a bassa voce, troppo scossa per dire qualsiasi altra cosa. La favola era vera, la ragazza era viva nella cappella, viva per sempre. Improvvisamente, lei che non aveva mai freddo, nel tepore della primavera avanzata, iniziò a rabbrividire. Gli oggetti che aveva studiato con curiosità scientifica, iniziarono a sembrarle quello che erano: armi terribili confinate dietro a delle barriere affinché servissero da monito per chiunque.
Caleb era lì per confortarla, perché le sue gambe malferme potessero avere un sostegno, ma stava a lei trarre le proprie conclusioni. Aveva capito bene perché il marito l'aveva portata in quel luogo.
"Usciamo, per favore."
"Quando vuoi, preciosa."
All'esterno, anche le rovine di Hali sembrarono assumere un nuovo significato: non erano più un elemento del paesaggio, come le erano sempre sembrate, ma un ulteriore avviso. Alla Torre aveva studiato la storia della distruzione di Hali, anch'essa dovuta alle armi basate sul laran, alle terribili lotte delle Età del Caos. Quante persone erano morte, perseguendo una sempre maggiore potenza mentale, cercando di creare armi e strumenti talmente potenti che soltanto una dozzina di telepati perfettamente addestrati e in sintonia potevano controllare? L'immagine della ragazza dormiente continuava a tornarle alla mente.
Il viaggio di ritorno si svolse in un silenzio che suonava innaturale alle orecchie dei due: erano abituati a parlare di ogni cosa venisse loro in mente, a scherzare e prendersi in giro su ogni sciocchezza. Di tanto in tanto si sfioravano mentalmente ed una volta Caleb indicò a Sybil un animaletto che correva in mezzo all'erba, ma per il resto non comunicarono in alcun modo fino a quando non arrivarono al rifugio. Solo allora la donna si riscosse dalle proprie riflessioni e finalmente gli concesse un sorriso.
«Temevo che non avresti più sorriso, caria
«Pensavo...» Gli rispose lei scendendo di sella e consegnando le redini alla Rinunciataria che era venuta ad accoglierli. Le sue Sorelle non erano in vista: dovevano essere andate a procurarsi legna per il fuoco, cacciagione o qualcosa del genere.
Lasciati i cavalli, la coppia entrò nella propria metà rifugio per rinfrescarsi e cambiarsi d'abito.
«A cosa pensavi?»
Sybil lo guardò per qualche istante, prima di rispondergli: «Grazie di avermi portato alla rhu fead, Caleb. Mi sono resa conto di molte cose, come se fossi cresciuta all'improvviso...» Si interruppe per sfilarsi le forcine dall'acconciatura ormai devastata, ed i folti capelli scuri le caddero sulla schiena. A quella vista, nonostante fossero sposati ormai da anni, l'uomo non poté impedire un fremito di desiderio. «Come se, in un certo senso, avessi perso un tipo di verginità mentale,» concluse la donna con un sorriso allusivo. «Oh, koi, ti sei preso tutte le mie verginità!»
«Beh, non lo so,» le rispose abbracciandola e lanciando un'occhiata per controllare che le lenzuola fossero ben tirate a coprire la loro parte di rifugio. «Magari qualcosa c'è rimasto, bisognerebbe controllare...»









barra









Disclaimers

Durante il viaggio per Elvas, Sybil-Anne e Caleb visitano le rovine di Hali e la Rhu Fead. Per la prima volta Sybil si rende conto che il laran può davvero servire come arma.

torna all'inizio







The Elvas Project © 1999 - 2008
© SDE Creations
Ultimo aggiornamento: 31/12/2008