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La soglia di casa

Dannil Macrae y Lindir-Aillard

Finalmente!» esclamai. «Non arrivavamo più!»
Il mio cavallo nitrì contento, forse per sottolineare la sua opinione in proposito.
«È sembrata più lunga anche a me, vai dom,» fece Robard, assentendo con il capo scoperto. Avevamo impiegato un paio di giorni per raggiungere le porte di Dalereuth dalla tenuta che apparteneva da generazioni alla mia famiglia; avevamo incontrato pochi viaggiatori ma, malgrado l'inverno pieno, aveva nevicato solo di notte e nel primo mattino di questo stesso giorno. Non eravamo stati bloccati nel rifugio che avevamo trovato facilmente alla fine del giorno precedente, come sapevamo. Le ultime due leghe le avevamo percorse sotto un forte vento orientale.
«Sei vecchio, mestru Robard,» insinuò mia sorella, voltandosi indietro.
«E tu sei coraggiosa, damisela. Ho visto uomini fatti cadere a terra per molto meno,» le rispose Juliano, il mio bredu dal volto ancora coperto dalla sciarpa, massaggiandosi con impegno la mascella dolorante. «Robard non gradisce invecchiare.»
«Spero che non colpirai una donna,» rise Arliss, affrettandosi ad alzare le mani.
«No, vai domna. E hai ragione. Sto invecchiando,» disse il soldato, ridendo più forte di lei.
«Farai ballare sulle ginocchia i miei nipoti, Robard,» gli assicurai io. Ero impaziente di raggiungere la mia destinazione. Stringevo le briglie con forza e probabilmente le avrei spezzate per la tensione se il viaggio mi avesse portato via anche solo un altro giorno. Odiavo perdere gli avvenimenti mondani, ne avevo visti così pochi nei miei dodici anni di vita che potevo contarli sulle punte delle dita... sicuramente partivo avvantaggiato rispetto a Juliano, che pure era più vecchio di me di tre anni: non solo io appartenevo a una famiglia più nobile di quella del mio uomo giurato, ma io avevo dalla mia anche il sangue Aillard, quindi sei dita per mano! Risi alla mia sciocca battuta e proseguii affiancato ad Arliss. Felice di sapere che c'era ancora tempo prima del tramonto e che quindi avremmo potuto essere alloggiati direttamente nel palazzo delle mie parenti, piuttosto che cercare una locanda in città per la notte per noi quattro e una stalla per i cavalli. I Macrae erano vassalli degli Aillard e avevano più onore che denaro da spendere.
"Non esagerare, fratello. Non c'è da scialare ad Hollow Tree, questo no, però possiamo permetterci una locanda ogni tanto. Addestriamo cavalli che poi rivendiamo bene."
"Ripetimelo quest'estate, carya. Sono sicuro che mi farà ridere a crepapelle, quando tireremo fuori dall'acqua le reti!" avevo ragione io e lo sapevamo entrambi. Lavoravamo in tutte le stagioni per poterci permettere i servitori e i pochi lussi. L'addestramento di cavalli e di segugi da caccia portava via a mia sorella e a me parecchio tempo. L'allevamento di bestiame era lasciato ai pochi pastori delle capanne tra Hollow Tree e il villaggio di pescatori, Three Widows Bay. Nella stagione estiva tutti facevamo i massacranti turni alle reti da pesca che a volte erano interrotti per combattere nelle linee antincendio. E quando la stagione calda era al termine bisognava velocemente raccogliere il fieno e il resto del mangime per il bestiame, in modo da assicurare la sopravvivenza dei capi per il lungo inverno. Una volta avevo sognato che tutte le mandrie della piccola valle avevano deciso per un anno di cadere in letargo, così da farci riposare un poco. Era solo un sogno.
Stavamo già percorrendo l'ampia strada che attraversava tutta la città fino alla scogliera e all'Alto Seggio che si abbarbicava sulla roccia come edera, con le sue scale strette che andavano da un livello all'altro. Le mura erano grandi e capaci di sostenere un assedio, ma erano passati molti secoli dall'ultima guerra aperta che aveva coinvolto Aillard nelle interminabili faide e nei conflitti delle pianure. Il Dominio era lasciato in pace, ufficialmente perché retto dalle donne. La verità balzava agli occhi di chi si soffermava a riflettere bene sulla questione. L'accordo che le donne Aillard avevano strappato al Consiglio dei Comyn alla fine dei Cento Regni era stato astutissimo: offrendo ricchi matrimoni ai figli cadetti degli altri dominii si evitavano le guerre intestine tra fratelli e si dava stabilità a tutti, ma così facendo Aillard si era rifornito di parecchi ostaggi da tutte le famiglie, compresa quella regnante. La massiccia rete di alleanze matrimoniali così prodotte aveva reso il clan imparentato strettamente con tutte le Grandi Famiglie, chi poteva attaccare un feudo sapendo che rischiava di dichiarare guerra anche a tutti gli altri? E la zona del Valeron era il fertile granaio del mondo (tranne qualche sparuta valletta a sud ancora contaminata dalle terribili armi a matrice delle Ere del Caos), tra i raccolti, il commercio del sale e dell'olio di pesce provenienti dal mare... che ci provassero a invaderci! Un nemico di Aillard avrebbe subito un embargo così gravoso da essere costretto a concludere la guerra dopo i primi mesi!
Avanzavamo nelle strade spruzzate di neve di buon passo e non passarono che pochi minuti prima di giungere davanti alle grandi porte di legno. Due guardie si avvicinarono a noi, tranquillizzate dai nostri colori.
«Sono Arliss Lyonore Macrae y Lindir-Aillard,» esordì mia sorella, chinando il capo. «Sono qui per il Solstizio.»
«E sei la benvenuta, damisela,» assicurò il primo soldato. «In verità ti aspettavamo per domani mattina. Evidentemente anche le vai leronis sbagliano.»
«Abbiamo avuto un tempo insolito e clemente. Posso quindi chiedere l'ospitalità del castello?»
«Naturalmente, come tuo diritto di sangue e come nostro onore. Avvertiremo subito le tue parenti.»


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Salutai con un cenno lo stalliere che venne a prendere le nostre cavalcature e mi incamminai verso il lato nord del cortile dove eravamo stati introdotti, seguito dagli altri. Robard rimase indietro per istruire i domestici che avrebbero scaricato i bagagli. Un gruppo di donne ci venne incontro con passo svelto. Conoscevo la prima, era la prima figlia della Dama Aillard, Sabrina. Seguita da sua sorella Marelie e da altre giovani che non conoscevo.
«Arliss, cugina!» fece la prima, felice. La seconda ci raggiunse e sorrise baciando mia sorella su entrambe le guance. «E hai portato anche tuo fratello! Che bello!»
«Domna Aliciana vi aspetta, così come la Dama e la Madre. Stavamo per metterci a tavola con i nostri ospiti Elhalyn. Sono certa che attenderanno un poco per permettervi di raggiungerli.»
«Allora andiamo,» assentì Arliss.
«Non così in fretta... tata Sarita non sarà contenta se vi presenterete a tavola con gli abiti per cavalcare!» ci fermò Sabrina. Entrambi ci guardammo le vesti, non particolarmente impolverate, ma sgualcite. Arliss si accigliò un attimo, pensierosa. Sabrina sghignazzò. «Non ti preoccupare... andiamo in camera mia: ti presterò un vestito adatto, in fondo siamo coetanee.»
«E io?» feci preoccupato.
«Voi uomini non avete bisogno di granché,» commentò Marelie con un'alzata di spalle, voltandosi a mezzo. «Carlisia, mostra al nostro parente la sua stanza e lascialo alle cure del suo scudiero, poi vieni in camera di mia sorella.»
«Con piacere, cugina,» assentì l'interpellata. Io e Juliano ci guardammo, poi lui alzò le spalle con un gesto noncurante e prese con sé la sacca dove era riposto l'unico altro mio vestito, avremmo fatto in fretta.
Le ragazze erano svanite su per una scala mentre la giovane Carlisia ci parlava, quindi anche lei si diresse da quella parte facendoci affrettare: «Avete poco tempo!» Salimmo due rampe di scale poi passammo per un corridoio vagamente illuminato, varcammo una porta e mi ritrovai in una piccola stanza grande quanto la mia e quella di mia madre a Hollow Tree, due volte più lussuosa e con un salottino.
«Accidenti!» mormorò Juliano, dietro di me. Carlisia gli scoccò un'occhiata fuggevole poi ci sorrise. «La fortuna di abitare in un castello vecchio... nelle epoche passate le famiglie comyn erano così numerose che adesso ci sono un sacco di stanze libere per ospiti di riguardo!»
La giovane era arrossita un poco, poi aveva frettolosamente salutato ed era sparita. Juliano sorrise. «Hai fatto colpo, dom
«A me è parso che guardasse te, bredu,» ritorsi io. Niente di più facile, a quindici anni Juliano era decisamente ben fatto mentre io avevo solo l'altezza e gli occhi chiari della mia casta.
«Non ci ha neanche detto come fare a raggiungere il salone.»
«Lo ricordo io. L'anno scorso sono stato ospitato in questa stessa ala, quando stavo male.»
«Sei abituato al lusso, quindi...» commentò lui, furbo.
«Avrei fatto a meno anche del letto, in quei giorni. Ti assicuro. Ed ho visto ben poco del resto del castello, stavo sempre qui con le imposte chiuse perché la luce mi faceva male agli occhi.»
«Sbrigati, dom. Non dobbiamo metterci troppo. Qui c'è il catino e l'acqua e panni puliti per asciugarti. Io ti preparo la camicia e la casacca.»
«Bredu, non devi! Posso farlo benissimo da solo. E anche tu devi prepararti.»
«E cosa dovrei indossare secondo te? Sono il figlio di un guardiacaccia.»
I vestiti che indossava erano puliti ma lisi. Ricordavo che erano quelli smessi da suo fratello maggiore che ora aveva raggiunto le guardie forestali e lavorava presso Serrais, al limite delle terre dei Ridenow. Ci pensai su mentre mi davo una lavata poi mi venne l'idea. «Metti questi! Sono migliori dei tuoi,» gli porsi le cose che stavo togliendo e che non erano poi tanto più puliti di quelli che aveva. Tolsi dalla sacca una delle mie camicie e gliela lanciai addosso. Ci pensò e si tolse la sua roba per darsi una lavata veloce. Rimase a torso nudo come tante altre volte ma io distolsi lo sguardo a disagio. Mi rivestii in fretta e guardai lui fare altrettanto, ci togliemmo gli stivali da neve e indossammo quelli da casa, morbidi e adatti all'interno.
Lo guardai. «Persino troppo per la tavola bassa! Penseranno che sei nedestro di mio padre.»
«Non dire sciocchezze, dom. Tu sei biondo e io moro, tu hai gli occhi verdi ed io grigio ferro. Per non parlare delle mani!»
In effetti Aillard e Macrae avevano sempre posseduto le mani con sei dita dei chieri e dei chieren, mentre Juliano aveva cinque dita per mano. Da piccolo non ci badavo come non badavo al fatto di essere destro in un mondo di mancini e ora che avevo raggiunto la maturità non trovavo più goffe le mie mani, e Arliss aveva addirittura messo a frutto la cosa poiché suonava divinamente il rryl e l'arpa. Forse trovavo goffi i miei piedi a pianta larga, che però non mi avevano mai abbandonato in una corsa!
Uscimmo nel corridoio allacciando i pugnali in vita. Non era educato scorrazzare con la spada per una Grande Casa, quasi a sottintendere la mancanza di fiducia verso i parenti di mia madre. Scendemmo le scale e ci dirigemmo verso il salone. Poco innanzi a noi Arliss procedeva a braccetto con Sabrina e Marelie, seguite dalle cugine Carlisia e... non lo sapevo. Una giovane ragazza della mia età o poco meno, dai capelli rosso fuoco e dalla pelle lentigginosa. Mi stavo chiedendo se poteva essere una delle figlie più giovani della sorella della Dama o se la sua parentela non era addirittura più lontana. Restava comunque una cugina, probabilmente apparteneva ad un ramo collaterale come i Lindir. Aveva occhi verdi davvero bellissimi.
Raggiungemmo le ragazze e facemmo gruppo con loro.
«Non siamo in ritardo, vero cugine?» chiesi dubbioso.
«No, parente. Non ti preoccupare,» mi disse Marelie.


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Al nostro ingresso la Dama in persona si alzò e ci venne incontro piano, orgogliosa come una madre. «Eccovi qui! Siete soli? Vostra madre non è venuta con voi?»
Arliss le sfiorò il polso. «No, vai domna. La tenuta non può essere lasciata senza qualcuno di famiglia, i contadini troverebbero strano festeggiare un solstizio senza un Macrae.»
«Naturalmente, chiya. Capisco perfettamente. E questo è tuo fratello? È cresciuto dall'anno scorso!» ricevetti una carezza veloce sul polso. «Ed è diventato un uomo.» Guardò un attimo Juliano che si trovava alle mie spalle. «Tu sei Rakhal?» lui arrossì e abbassò lo sguardo.
«No, vai domna. Sono Juliano Hodge. Ho il privilegio di essere lo scudiero del dom, Rakhal è mio fratello maggiore.»
«Hai ragione, adesso mi accorgo che sei più giovane di lui... e tu hai il laran, avrei dovuto notare subito questo,» lei gli sorrise calorosamente, poi prese me e Arliss a braccetto e ci condusse alla tavola alta per presentarci. Juliano scese alla tavola bassa dove vidi un numero spropositato di persone, riconobbi Robard e anche Donna Sarita, la tata delle giovani Aillard che avevo cominciato a conoscere e temere nelle mie precedenti visite. Le mandai un rapido saluto.
Mi concentrai sui partecipanti alla cena; dato che stavano alla tavola alta dovevano essere parenti stretti o anche comyn... ricordai che gli ospiti citati da Sabrina all'arrivo erano degli Elhalyn; il Dominio regnante.
«Cugini, ecco il motivo per cui vi ho fatto attendere un poco: la mia parente Arliss Lyonore Macrae-Aillard e suo fratello Dannil Rafael, arrivati adesso per festeggiare con noi il Solstizio dalla loro tenuta a nord-ovest,» disse mostrandoci i nostri posti. «Ho l'onore di presentarvi i vostri cugini Coryn Emmanuel Elhalyn e Tristam Elhalyn y Alton, nostri ospiti per qualche giorno e diretti a Serrais di scorta alla sorella di Coryn, Savanne Elhalyn, che va laggiù a contrarre un felice matrimonio con la casata dei Ridenow.» Aveva indicato la giovane velata alla sinistra dei due uomini. La giovane aveva i capelli rossi e la pelle delicata, quasi diafana, per quel che potevo vedere molto più bassa del giovane fratello. Doveva essere stata prelevata dalla Torre; perché una Elhalyn si trovasse a Dalereuth per l'addestramento e non a Neskaya era un mistero, forse per separarla da qualche suo parente che si trovava laggiù come leroni? Beh, non importava molto. Infatti, dopo il mio inchino, gli occhi degli Elhalyn si spostarono su mia sorella, poi tornarono a guardare altrove. Ci salutarono con freddezza, registrando il nostro basso rango e l'onta di averci atteso come inconvenienti della serata.
Più in là, di fianco alla Elhalyn, vidi la leronis Aliciana Lindir-Aillard, parente di mia madre e mia salvatrice. Mi aveva assistito durante il terribile periodo del mal della soglia, alleviando la pressione delle allucinazioni e dei pensieri estranei che mi capitavano nella testa provenienti da menti del passato e del futuro. Mi inchinai nella sua direzione. «Domna Aliciana.»
«Dom Dannil, sono felice di vederti in salute.»
«Grazie al tuo aiuto.»
«Non ho fatto nulla che non potesse essere fatto in una Torre,» si schermì lei, «e nulla invero per il figlio della mia parente Alarice.»
Arliss si era seduta di fronte ad una Aillard velata, vicina a me e a Sabrina, Dama Liane aveva preso posto a capo tavola vicino ai giovani Elhalyn. Dall'altro lato, era affiancata da Marelie, Carlisia e dalla loro cugina che non conoscevo. In fondo si trovavano i figli maschi delle Aillard con cui avevo giocato da piccolo e, naturalmente, all'altro posto d'onore la vecchia Madre del Dominio che in presenza di comyn estranei dovevamo chiamare rigorosamente kiya Jaida. Una bimba di non più di cinque anni stava in braccio alla donna che aveva quasi raggiunto - o da poco superato - gli ottant'anni. La cosa mi lasciò meravigliato. La Madre non riposava mai, neanche a cena.
Io e Arliss ci alzammo all'unisono e chinammo il capo. «Kiya Jaida, ti vedo in salute!» esclamò mia sorella.
«Come sei gentile, chiya. Suonerai per me? E tu chiyu
«Non conosco nessuno strumento, parente. Ma posso cantare qualcosa, accompagnando mia sorella.»
«Allora venite dopo cena nelle mie stanze.»
«No, kiya Jaida,» disse Dama Liane. «Questa sera falli riposare, saranno stanchi dal viaggio.»
«È un onore, invece. Andrò senz'altro,» ribatté mia sorella. Cominciammo a cenare con piacere e, nel mio caso, con molto appetito.
«Non ti ho visto nei cadetti, giovane Macrae,» mi disse ad un certo punto l'Elhalyn più vicino. «Eppure sembri avere l'età giusta.»
«Sembro solo. Ho dodici anni, signore,» mi chinai sorridendo. «Mio padre è morto presto e la tenuta di famiglia non va avanti da sola.»
«Certo, certo. Verrai in seguito? Quando avrai raggiunto l'età adatta e sarai libero dai tuoi impegni?»
«Suppongo di sì, parente. Ma ho avuto dei problemi di salute, l'anno scorso e quando verrà il momento, mia madre non avrà di sicuro il cuore di separarsi da me,» balbettai rapido.
«Il mal della soglia colpisce in maniera molto forte la mia famiglia,» si affrettò ad aggiungere mia sorella. «Dannil è dovuto stare a letto per diverse decine, l'anno scorso, e l'addestramento ha richiesto parecchio tempo.»
«Quindi sei stato a Dalereuth? Ho un caro amico laggiù, forse lo conosci.»
«Non è stato a Dalereuth,» disse Aliciana, «io e suo zio Mical abbiamo iniziato qui l'addestramento, per meglio seguirlo e, a dire il vero, il suo potere sfugge alle normali tecniche di apprendimento, tanto che abbiamo interrotto le lezioni per riprenderle quest'anno. Sarà probabilmente una cosa lunga, prevedo che perderà anche la prima sessione dei cadetti.
«Sono spiacente di sentirlo, parente,» disse l'Elhalyn di nome Tristam, rivolto a me, «e credo che non sia giusto da parte delle tue parenti privarti di parte dell'educazione di un comyn. Spero che cambierai idea e verrai a Thendara quanto prima.»
«Mi piacerebbe moltissimo,» affermai io cercando una risposta che potesse mettere a tacere ulteriori domande senza scoprirmi troppo, «ma in effetti la leronis ti ha detto il vero: la mia sensibilità ai pensieri si è acuita notevolmente e...» inciampai sulle parole, «... e gli episodi allucinatori che subirei in presenza di tante menti giovani e incontrollabili come quelle di una caserma di cadetti metterebbero a repentaglio le mie fragili barriere!»
«Perché non fare l'addestramento in una Torre?» chiese a questo punto la loro sorella, curiosa.
«Si è ritenuto meglio addestrare Dannil e anche Arliss in modo più personale, così da averli sempre sotto gli occhi» spiegò al mio posto Aliciana «in una Torre c'è troppo da fare per distogliere risorse preziose dai cerchi.»
A quanto sembrava la spiegazione bastava, quindi cambiai discorso, informandomi sulla figlia minore della Dama, che doveva trovarsi alla Torre della città, in addestramento. Si chiamava Rohana e ricamava fin da piccola con abilità e rigore, quando era poco più che una bambina capricciosa.
«No, ma ci andrà presto,» confermò Sabrina. «Per fortuna non sarà sola, andrà con nostra cugina Melora. Marelie andrà a Dalereuth solo per quest'anno, prima di sposarsi.»
«Sono lieto di saperlo,» chinai il capo verso Valentine, il giovane Aillard era molto attaccato alle sorelle e alle sue parenti adottive come Melora. Io lo sapevo benissimo, dato che tirava di scherma con me, quando eravamo piccoli. Inspiegabilmente percepii uno strano brivido guardando le mani del ragazzo, la luce trasse un bagliore improvviso dall'anello al suo dito.
Nessun altro avvenimento degno di nota accadde durante la cena, a parte che molti dei più piccoli, non ancora esausti dei giochi della giornata, cominciarono a chiedere con voci stridule e petulanti storie e favole. La piccola Rania, con occhi smeraldini grandi e il visetto affilato incorniciato dai capelli biondo-rossicci, raccolse dalla tavola un pezzo di pane nero e corse in braccio ad Aliciana, a sgranocchiarlo con calma. Sorrisi a quella vista, poiché era proprio così che mi appariva la gigantesca famiglia Aillard, una grande cucciolata di bambini assolutamente fuori controllo, con molte madri che si contendevano il loro affetto. La serata si prefigurava lunga, quindi le donne del clan vennero a prelevare i loro figli con infinita calma e fermezza. Marelie, giovane anch'ella quanto mia sorella, si sentì tirare le gonne dai giovani Mikhail e Rafael, mentre la bionda Jerana, cugina di Rohana, prese in braccio un neonato, figlio dell'ennesima cugina. La guardai con curiosità, poiché avevo sentito che si sarebbe fidanzata con Aran Elhalyn, figlio di Re Marius. Stavo guardando la futura Principessa Consorte.


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Salutai i commensali e seguii mia sorella e Carlisia verso l'ala del castello riservata alle donne e alle stanze private della Madre. Avevamo lasciato presto la sala comune per evitare di attirare l'attenzione di nuovo su di noi. Era già strano che la Dama accogliesse con tanti onori dei parenti poveri come noi, chissà che poteva accadere se qualche curioso avesse fatto delle indagini un poco più serie: avrebbero certo scoperto che nessun maschio Macrae era mai stato nei cadetti né presso una Torre, per una scusa o per l'altra. Speravo che quei tre Elhalyn ripartissero l'indomani e che liquidassero la faccenda come uno degli strani usi del Dominio retto dalle donne. Sarebbe stato meglio per tutti.
Alle pareti dei corridoi erano appesi numerosissimi arazzi con scene di caccia e di vita quotidiana del dominio come anche di immagini tratte dalle leggende degli Hali'imyn, la religione dei discendenti di Hastur. Mi colpirono molto le scene dell'esilio di Camilla nel regno delle ombre e quelle che avevano per sfondo le rive del lago di Hali. Pareva che la ballata di Hastur e Cassilda avesse preso per un momento vita.
Raggiungemmo in fretta le stanze della Madre e la trovammo seduta ad attenderci presso uno scoppiettante camino.
«Figli miei,» ci accolse, «attendevo da tempo di incontrarvi entrambi,» il suo potere ci avvolse caldo e forte, le nostre barriere caddero in sua presenza, lasciandola libera di apprendere quel che voleva sapere degli ultimi avvenimenti. Sentii che si concentrava soprattutto sulle domande che avevo rivolto ad Arliss circa il misterioso legame tra le Aillard e i Macrae, il rapporto tra i due donas e la ancor più preoccupante prova di idoneità.
La sentii ridere nella mia mente. «Shandra Aillard di Aillard divenne Shandra n'ha Jaida diversi anni fa, una Rinunciataria veramente particolare. E' la mia secondogenita, sai?» mi disse chiudendo gli occhi.
Restai in piedi, confuso, poi ricordai: "Quella che fa le risse e piscia in piedi!"
«Già! Ha preferito le Comhii-letzii perché avevo scelto per lei un cadetto degli Hastur come marito. Ma lei mi ha guardato seria e mi ha detto subito: e lasciare che un uomo mi consideri solo come una donna debole quando potrei rivoltarlo come un guanto? Se per te fa lo stesso, madre, meglio la Sorellanza delle Rinunciatarie. Almeno mi tratteranno per quella che sono.» Abbassò gli occhi sul fuoco del camino e sospirò. «Adesso combatte i briganti degli Hellers con un gruppo di Rinunciatarie, al soldo dei Delleray. Quando mi è venuta a trovare l'ultima volta mi ha abbracciato forte forte e mi ha detto che era felicissima! Che la vita le aveva dato tutto quello che voleva.»
Non c'era nulla da dire, conoscevo poco la vita e non ero in grado di giudicare. Restai in piedi, a disagio, guardando di sottecchi la Madre che aveva ritirato da me il suo potere. Mia sorella si spostò verso una sedia comoda e prese l'arpa poggiata lì vicino, si mise a fare arpeggi dolci e cadenzati, di prova.
«Madre,» disse, appena pronta, «se vuoi suonerò per te.»
«Sì, chiya,» rispose la vecchia donna, rialzando lo sguardo su di me. «Intanto tu canterai?»
«Mia sorella è molto più intonata di me, kiya,» feci io, rispettoso.
«Ti prego, chiyu. Sentii tuo padre suonare il fiol. Un figlio suo non può non avere il suo stesso dono.»
«Ce l'ha, parente,» intervenne mia sorella.
L'arpa, più grande e bella di quella di mia madre a Hollow Tree, cominciò a diffondere nella stanza un piacevole e profondo suono lamentoso... conoscevo la canzone, un antico cantico della nostra terra che esprimeva l'amore infelice di una principessa per il suo amante chieren. Un canto straziante a due voci che gli amanti avevano affidato al mare, infatti il loro amore impossibile non permetteva loro che di incontrarsi sulla spiaggia al tramonto, lontano dai parenti di lei e da tutti, per condividere pochi momenti e poi tornare ognuno nel suo mondo, poiché lui non poteva vivere sulla terraferma e lei non poteva vivere nelle profondità marine.
Era un cantico lungo e impegnativo (specialmente per Arliss che doveva cantare e suonare) di cui però conoscevo tutte le strofe, quindi anch'io mi concentrai subito per non perdere l'attacco. L'arpa imitava le onde monotone e avvolgenti e proprio all'inizio lanciai una serie di grida brevi e rauche, seguito da Arliss, simulando i richiami degli uccelli marini che assistevano attoniti agli incontri degli amanti.
La cantica iniziava con il lamento di lei che chiamava l'amato e restava poi ad attendere la risposta di lui, continuava lenta e melanconica parlando dell'incomprensione del padre di lei, dell'amore delle sue sorelle. Attaccai la mia parte, che esprimeva il dolore dei chieren, condannati alla morte della loro razza dalla riduzione delle loro nascite e dalla morte delle femmine della specie ad opera della caccia spietata degli umani. Il lamento del chieren veniva interrotto dal richiamo di lei. Io e Arliss fondemmo le nostre voci insieme (non ricordavo di averla mai cantata così bene) e tacemmo nello stesso istante. La storia continuava tratteggiando l'amore di lei, la fedeltà di lui verso la sua gente e il triste amore verso il mare. Le parti si alternavano alla perfezione, la Madre ascoltava rapita, pressoché immobile, le nostre voci rincorrersi e chiamarsi. Era sconvolgente come io e mia sorella potessimo metterci così tanta parte delle nostre anime, quasi che la storia riguardasse noi stessi. La porta della stanza si aprì senza un cigolio, Aliciana entrò silenziosamente, seguita da Donna Sarita e da Sabrina. Le donne presero posto vicino alla Madre, mentre noi continuavamo senza interromperci. I frequenti assolo d'arpa mi permettevano di riposare un poco la mia voce poco allenata. Ripetemmo i versi degli uccelli marini dell'inizio. La Madre aveva iniziato a piangere senza produrre alcun suono. Arliss riprese la sua parte, che ora trattava dell'uccisione del padre che cercava di dividerla dal suo amore segreto. Io cominciai l'assolo che trattava del dolore di lui... stare lontano dal mare non era possibile se non per poco tempo, il chieren non capiva la terra ma amava la donna umana. Odiava l'aria che gli bruciava la pelle e voleva ricongiungersi al suo popolo tra le onde...
Arliss arpeggiò per terminare la mia parte poi iniziò la sua, il suo strumento sembrava calmare, sciogliere le emozioni che la sua voce rievocava così bene. I due amanti infine si lasciavano scambiandosi reciproci doni. Il chieren donò un flauto fatato il cui dolce suono attirava i figli del mare e calmava gli animi, mentre la principessa regalò all'amato un bracciale di rame in cui era incastonata una pietra di stella che avrebbe permesso ai chieren di sopravvivere prendendo forma umana...
Le ultime note dell'arpa tremolarono nell'aria e le nostre voci unite produssero ancora una volta i richiami degli uccelli, melanconici e nostalgici, per poi tacere.
Tutte le spettatrici rimasero in silenzio, ammutolite dall'emozione intensa prodotta dalla storia tragica dell'amore proibito. Anch'io tacqui, volgendo gli occhi umidi verso mia sorella. Stava posando lo strumento al suo fianco. Era visibilmente scossa, quasi che il dolore le fosse entrato nel sangue, io non potevo vedermi il volto, ma il cuore mi batteva forte nel petto come dopo una corsa.
Fu la Madre a rompere il silenzio, battendo a terra il suo bastone nodoso una volta. «Grazie. Un'esecuzione quale non sentivo da molti anni, rara e preziosa perché eseguita da due Macrae.»
«Ci onori, Madre,» riuscii a balbettare.
«Tu hai onorato me, chiyu,» negò l'anziana patriarca. «Perché "la leggenda di Ariada Aillard e Alu dei Chieren" è molto vicina al mio cuore.»
«L'ha scelta mia sorella, io ho solo seguito l'arpa e la sua voce, molto più adatta della mia.»
Aliciana mi si avvicinò e - in un raro gesto per una telepate e una leronis - mi abbracciò di slancio. «Avete reso viva la storia ancora una volta.»
Arliss mi raggiunse. «Hai ricordato tutte le strofe alla perfezione, bredillu. Sei molto più bravo a cantare di quanto credi, ora che hai cambiato la voce.» Era vero. Non me n'ero accorto ma avevo cambiato il timbro di voce, che aveva acquistato profondità e sicurezza.
La Madre ci fece cenno di sederci tutti quanti. Non essendoci sedie per tutti prendemmo posto per terra lasciando lei e Aliciana vicino al fuoco.
«Dannil, sai se la ballata ha una continuazione? O un finale diverso?» domandò Donna Sarita. Che strana domanda, ci riflettei e poi feci cenno di no con la testa.
«No, termina con la separazione degli amanti.»
«Ah! Ma c'è un seguito...» disse Aliciana, giungendo le mani. «Dopotutto il bracciale poteva far vivere sulla terra i figli del mare e il flauto poteva richiamarli.»
«Ritengo la leggenda giusta così,» sorrisi io, «ognuno al suo posto. L'amore intatto perché non consumato.»
"Che romantiche senza speranza che sono le donne..." aggiunsi con il pensiero. Avevo le barriere abbassate e tutte colsero perfettamente la mia considerazione impertinente.
La Madre si limitò a sorridere mentre le altre donne scoppiarono in una sonora risata. Rimasi a guardarle ridere e mi si aprì il cuore. Mi sentivo in famiglia, come la mia vera madre - distante e collerica - e il mio vero padre di cui avevo conosciuto così poco, prima della sua tragica morte, non mi avevano mai fatto sentire.
La Madre colse anche quel pensiero e assentì. «Allora, giovane uomo senza romanticismo, ti narrerò la continuazione della leggenda... o meglio, ti racconterò la storia com'è tramandata da generazioni nella nostra famiglia.»
«Storia?» feci io.
«Sì. Ariada Aillard visse veramente, proprio in questo castello, diversi secoli fa. E la sua storia d'amore - con qualche licenza poetica in meno - sostanzialmente iniziò come la descrive la leggenda che ci hai cantato. A parte il fatto che lei e le sue numerose sorelle (non so il numero esatto, ma non importa) consumarono il loro amore con i chieren e partorirono parecchie figlie per loro, allontanando così il pericolo dell'estinzione di quel meraviglioso popolo. Poiché Ariada fu anche la prima Aillard femmina che sedeva nel Consiglio dei Comyn, passava la stagione estiva a Thendara e quella invernale a Dalereuth. Alu la appagava, le diede anche delle figlie completamente umane per continuare la discendenza Aillard. Fu a quell'epoca che la Dama Aillard divenne anche la Madre del Dominio.» Io ascoltavo divertito ma, in uno strano modo, ero nel contempo incapace di credere al racconto. La donna anziana parlava lentamente, a me e alle donne ai suoi piedi, come intessendo un incantesimo. Aliciana assentiva ogni tanto ed io cominciai a prendere sul serio le parole dell'anziana donna.
«Ora, poiché la Madre sceglieva la migliore tra tutte le figlie di Aillard come propria erede quando percepiva vicino il momento della sua morte, ben presto le due cariche vennero separate e solo due Dame Aillard nella storia della nostra casata divennero anche Madri del Dominio. Non c'era rivalità alcuna perché il laran della Madre doveva essere molto potente per poter continuare a servire il popolo, mentre la Dama Aillard aveva il potere decisionale derivante dalla sua appartenenza al Consiglio dei Comyn. Il commercio del sale e dei prodotti del mare aumentò con il patto tra le Aillard e i chieren che ottenevano una speranza per la loro gente e che in cambio spingevano i pesci nelle nostre reti, ci procuravano il sale e altro ancora.»
Rimasi zitto ad ascoltare. Smisi di ridere.
«A questo punto entra in gioco la tua famiglia,» s'intromise Aliciana.
«I Macrae?» sobbalzai. E cosa c'entravamo noi, adesso?
«Certo... fu una Madre del Dominio di nome Arliss, come tua sorella, a rendersi conto che il patto non aveva più ragione d'essere: i chieren avevano ritrovato la fertilità e non avevano più bisogno delle nostre donne per generare i propri figli. Le Aillard avevano accumulato abbastanza denaro e potere politico per scongiurare le invasioni da parte degli altri dominii e il commercio aveva raggiunto stabilità.»
«E che accadde?» domandai.
«Passammo il testimone... cercammo tra tutti e sette i dominii una famiglia con un laran a noi affine e trovammo i Macrae, vassalli dei nostri vicini Elhalyn e in disgrazia. Ma noi sapevamo che il loro strano donas aveva potenzialità nascoste e li avvicinammo in gran segreto.»
«Tutto questo è documentato negli annali del Dominio,» l'interruppe mia sorella.
«Come convinceste i miei avi a tradire il loro giuramento di fedeltà?» chiesi dubbioso. Non mi piaceva pensare che l'avidità potesse corrompere a tal punto il mio sangue. La Madre si affrettò a negare i miei pensieri.
«Ci volle ben più del denaro, ti assicuro, giovane Dannil. Ma la tua casata aveva raggiunto il punto più basso. Gli Elhalyn li avevano abbandonati. Il laran mieteva molte vittime tra i loro figli sia alla nascita che durante il mal della soglia, le loro ricchezze erano svanite come era svanito il favore dei sapienti delle Torri. Che cosa potevano fare i Macrae se non accettare?»
«Mi sembra troppo...» dissi io. «C'è troppo da digerire in questa storia... i chieren che esistono ancora? Le Aillard che si incrociano con loro senza che nessun'altra casa lo venga a sapere?... sembra una favola!»
La Madre si sollevò lentamente e faticosamente in piedi, con un'espressione seria in viso, ferma ma gentile. «Tante cose su cui riflettere e tante altre cose da rivelarti ancora, chiyu. Ma ora sono stanca e anche tu hai bisogno di dormire perché domani dovrai affrontare la tua prova. Per ora ti lascio con questa storia che è anche la tua storia,» sorrise bonariamente. «Hai bisogno di capire e di toccare con mano prove e fatti.»
«Non è che dubito delle tue parole, kiya» mi difesi io.
«Non farlo, perché le leggende sono vere e io ho questo,» si slacciò il davanti del vestito e mostrò un piccolo flauto d'osso, il bianco della pelle dei seni rugosi brillava contrastando l'avorio, «quando lo si porta alle labbra e si soffia i cani ululano, i vetri si spaccano e arrivano i chieren, in qualunque stagione e con qualunque tempo.»
Rimasi sbalordito e senza parole. La donna richiuse la veste e ci congedò tutti quanti, salutandoci con una carezza del suo potere laran. Le sue ultime parole, sussurrate solo alla mia mente mi donarono una forte emozione... "Benvenuto a casa!"









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Disclaimers

Dannil e la sorella Arliss vengono invitati a Castel Aillard dalla Domna del Dominio per partecipare alla Festa del Solstizio invernale... ma molte sorprese attendono il ragazzo

Note

Ho preso numerosi spunti e la maggior parte dei nomi dai racconti "Aillard" e "L'erede di Aillard" di Diann Partridge apparsi rispettivamente sulle antologie "I Cento regni di Darkover" e "I signori di Darkover".
In ossequio alla "Darkover continuity", al "Canone Darkovano" e per la coerenza con le storie di Elvas ho supposto che: 1) La Dama Aillard in pE -2 (e eventualmente fino a dE +10) sia Liane, la madre di Sabrina, Marelie e Rohana come da "La dama di Ardais" di M.Z.B. apparso su "I signori di Darkover".
2) La Dama Aillard e la Madre del Dominio Aillard siano cariche che appartengono a persone differenti, in modo da non coinvolgere Liane direttamente nelle vicende dei miei personaggi, se non come personaggio minore.
3) I chieren esistano ancora e aiutino ancora le Aillard, ma che solo alcune Aillard ne siano a conoscenza. Le operatrici delle Torri non possono essere tra coloro che sanno poiché un segreto da loro conosciuto sarebbe difficile da mantenere nel cerchio.
4) I chieren fanno parte di una sottorazza dei chieri o sono addirittura un'altro popolo e che ora vive nel mare. Hanno mani e piedi a sei dita e palmati, branchie e occhi violacei, denti aguzzi e due gambe (la coda di pesce mi sembrava eccessiva!). La virilità dei loro maschi è eccezionale (Arliss fortunata!), le loro donne sono molto attraenti e un uomo normale (non-Macrae) non può fare a meno di cedere alla passione struggente da loro ispirata.


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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008