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[torna a Racconti] [E.S.T. dE +1, ottobre (16)] [Credits & Disclaimers]



Emozioni

Elaine n'ha Rayna

Elaine guardò Dom Anndra scendere da cavallo ed affidare l'animale ed i chervine agli inservienti della Torre. Un kyrri prenderlo in consegna e guidarlo dentro il vasto complesso di Arilinn. Anche ora aveva avuto la tentazione di mandargli mentalmente un saluto, ma non ne aveva avuto il coraggio, sia pur di poco avrebbe dovuto aprirsi, aprire una porta nelle alte mura che aveva eretto intorno alla sua mente. E ad un'Alton come lei era stato insegnato molto bene come fare. Durante gli ultimi giorni di viaggio aveva sentito più volte la mente dell'uomo sfiorare la sua, in una ricerca di contatto, ed altrettante volte ritirarsi sempre in modo delicato. Da quel poco che era riuscita a percepire attribuiva questa ritrosia ad una forma di gentilezza verso Camilla, l'altra Rinunciataria, che non era telepatica. Viaggiando tutti riuniti, ora che la strada lo permetteva, poteva essere considerato scortese tagliar fuori una persona da un colloquio (Camilla non aveva il laran, ma sapeva riconoscere due persone che colloquiano normalmente fra loro per via telepatica).
Arrivarono alla Gilda, accolte festosamente da varie amiche con cui in passato avevano condiviso il duro lavoro di guida. Anche Madre Jaelle volle salutarle personalmente, e la sera, in refettorio, l'atmosfera fu più allegra di sempre.
Fu solo quando nella solitudine della stanzetta che le era stata assegnata, al caldo sotto il ruvido sacco imbottito di piume, poté sentirsi tranquilla ed in pace, che decise di aprire quella porta chiusa anche a se stessa.
Protese la mente con lentezza e tutta la delicatezza possibile verso il proprio corpo, timorosa ed incerta, anche se sapeva già quello che avrebbe trovato. Il suo corpo era un reticolo di canali per l'energon che rilucevano azzurrini, ed un reticolo di canali fisici che invece erano di color rosso chiaro. Sapeva che era la sua mente a percepirsi così, ma che in genere la modalità di percezione dell'intero complesso psicofisico del corpo era comune - salve poche differenze - a tutti i telepati. Scelse il canale principale dell'energon, che scendeva dalla testa e si biforcava all'altezza delle anche, scese ancora un po' e finalmente la vide.
Era una piccola scintilla rosso arancio che pulsava freneticamente come se fosse una delle minuscole lucciole che nella notte del Sostizio d'estate si divertiva a cacciare nei prati e nei campi. Provò a toccarla delicatamente, ma era ancora troppo presto per poter avere una risposta: sentiva soltanto che c'era un microscopico frammento di vita. Trasmise una dolce immagine mentale, un ambiente caldo e soffice e immaginò una voce dolcissima che cantava piano. Vide con soddisfazione che il pulsare della lucciola diventava meno frenetico e più regolare. Si ritirò piano piano dal proprio corpo, che riassunse anche ai suoi occhi le normali caratteristiche fisiche.
Nonostante la stanchezza il sonno era passato del tutto. La consapevolezza, prima solo sospettata, di una nuova vita che cresceva dentro di sé la poneva per la prima volta di fronte a mille domande, pensieri, problemi, che non aveva mai sperimentato prima.
Riandò con la mente all'origine di tutto questo.
Quando la bufera si era scatenata all'improvviso, lei si era allontanata un po' più del solito, restando indietro nel sentiero, per soddisfare delle necessità personali. Era appena risalita a cavallo quando le era arrivato l'allarmato messaggio mentale di Anndra, e lei era corsa via a cercare l'altra Rinunciataria. Nel turbinio di vento, neve, rami e foglie che avvolgevano tutta la foresta si erano persi tutti e tre. E così, da sola, ad occhi aperti, aveva rivissuto l'incubo che ancora la perseguitava di tanto in tanto.


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Interludio - Il Sopramondo

Elaine Gabriela Alton, figlia di Gurth Gabriel Alton e di Rayna Ardais Lanart era destinata fin da piccola all'addestramento alla Torre di Arilinn. Il padre, vedendo che la moglie non riusciva a dargli un figlio maschio, (anche se sarebbero stato ottavo nella linea di discendenza della Famiglia) decise una mattina di aprirle la mente. Elaine aveva dieci anni ed era una ragazza robusta ed intraprendente, sempre a caccia di nidi e di lepri, amante di lunghe galoppate in mezzo ai boschi, in compagnia soprattutto del padre, ma in sua mancanza del coridom della tenuta. Aveva imparato fin da piccola ad usare la spada e quando poteva Gurth si dilettava ad insegnarle tutti i trucchi che conosceva. In poche parole, la allevava come se fosse il maschio che non aveva e che non sarebbe mai arrivato. La madre per molti anni continuò a discutere con lei e col marito, ma dovette arrendersi all'evidenza: ago, filo, cucina, erbe, vestiti, conduzione della casa... beh non erano proprio per Elaine. Ed una mattina lei e lui, da soli, avevano preso la strada dei boschi, fino a raggiungere un piccolo rifugio a due ore dalla casa. Camminando le aveva spiegato che stava andando a diventare una Alton o... a morire.
Tornarono a casa tutti e due, quella sera, insieme, sapendo che era venuto il momento di separarsi, che ora poteva entrare ad Arilinn a testa alta, come una vera Alton.
L'addestramento fu duro. Ma non per quello che le veniva insegnato, fu duro per la totale mancanza di libertà e la disciplina che esistono nelle Torri. Per la mancanza, soprattutto, del padre, delle galoppate con lui, dei colpi delle spade di legno da addestramento che riceveva sulle braccia. Della soddisfazione di prenderlo alla sprovvista con un colpo di quelli più difficili da eseguire. Dei mazzi di conigli selvatici presi con le trappole e buttate sul tavolo di cucina, sapendo che lei li aveva presi, ed altri li avrebbero puliti e cucinati.
Ma anche nella Torre si dava da fare, con puntiglio e cercando di restare più autonoma possibile: divenne monitore. Due volte l'anno tornava a casa, per le feste, e ritrovava tutto il suo mondo. L'ultima volta il padre le accennò alla possibilità di lasciare Arilinn e tornare a casa, nella loro tenuta vicino al villaggio di Heathwine. Non erano riusciti ad avere altri figli, restava solo lei e in uno dei prossimi Consigli sarebbe stato sollevato anche il suo problema, quello del suo matrimonio, del destino della proprietà. E lei era pienamente Alton, con i pieni poteri della famiglia ed una buona proprietà, con allevamenti che non sfiguravano con gli altri delle tenute intorno ad Armida. Ma era destino che tutto ciò non si avverasse. Durante l'ultimo e più grande incendio delle ultime tre diecine la zona di Heathwine venne devastata dalle fiamme. Il corpo carbonizzato di Dom Gurth fu avvolto in un drappo con i colori verde e nero degli Alton e portato ad Hali, per esservi sepolto come tutti i comyn. E accanto a lui, in una seconda fossa, venne calato un feretro avvolto in un drappo nero con l'aquila argentata degli Ardais, quello della moglie Rayna Ardais Lanart, colta da infarto alla vista di quello che rimaneva del marito.
Elaine ritornò ad Arilinn quasi in catalessi: la morte dei genitori è sempre un trauma, soprattutto in circostanze del genere; ma per lei la morte del padre fu qualcosa di più, la perdita di un padre e di un amico intimo, essendo rimasta con buona parte dei ricordi e conoscenze di lui stampate indelebilmente nel cervello nel momento del contatto forzato di Alton su Alton.
Cominciò così ad avventurarsi disperatamente da sola nel Sopramondo alla sua ricerca, alla ricerca di qualsiasi cosa lo ricordasse, di chiunque l'avesse visto. Finché una volta si perse.
Vagò per un tempo incommensurabile (quando riuscirono a riportarla nel suo corpo fisico erano passate cinque o sei ore e le sue funzioni vitali erano ormai ridotte al lumicino) nelle immense pianure, rincorrendo tutte le ombre che intravedeva. Poi cominciò a sentirsi stanca e volle tornare, ma non sapeva come. Disperata cercò di lanciare un richiamo, ma le forze le scemavano rapidamente ed anche la sua voce diventava più flebile. Il Sopramondo era sempre più avvolto dalla foschia e banchi di nebbia grigia si infittivano intorno a lei.
Finché vide avanzare a passi smisurati, come quelli di un gigante, un uomo giovane, snello e con i capelli rosso scuro. La prese per mano e la costrinse ad alzarsi.
«Domna, che ci fate qui? Vi siete persa o state solo sognando? Da dove venite?»
Tutte quelle domande la frastornavano e non sapeva rispondere, la bocca le si apriva a fatica e sentiva la lingua secca ed ingrossata. Riuscì solo a mandare un breve messaggio: "Arilinn."
Fu così che quel telepate mandò subito un messaggio di avvertimento alla Torre di Arilinn perché qualcuno andasse a controllarla e a cercar di ricondurre ad un livello di sopravvivenza le sue funzioni vitali, che già nel Sopramondo apparivano compromesse.
Poi la prese in braccio e cominciò ad avviarsi verso zone più conosciute e tranquille. Ma dovette fermarsi: davanti apparve l'alta figura di un uomo, con pantaloni di cuoio verde ed una tunica nera con disegnata un'aquila in volo. Fece un solo cenno alzando la mano destra per farlo fermare. Lo aiutò a rimettere in piedi la donna, che aprì gli occhi è lanciò un grido: «Padre!»
«Chiya, ho sentito che mi stavi cercando ed ho voluto rispondere al tuo appello. Sei sempre stata un buona figlia, anche se io ti ho trattato come il figlio che mi è sempre mancato.» Con un gesto allontanò l'altro uomo, che come spinto da una forza prodigiosa fu visto improvvisamente piccolo e lontano. «Lo conosco, sei in buone mani. Anche se le sue non sono mani come le nostre, forti, callose, dure come il ferro. Non cercarmi più, chiya, questo non è un posto per gente come noi, anche quelli delle Torri stanno lontano da questi livelli del Sopramondo.»
L'abbracciò con forza e le sembrò di sentire i muscoli d'acciaio delle braccia del padre stringerle le spalle fino a sentir dolore. L'uomo fece un gesto ed il mio accompagnatore arrivò accanto a me con la stessa irragionevole velocità con cui era arrivato. Fece un cenno di saluto a tutti e due e si voltò, scomparendo a larghi passi nella nebbia.
Il messaggio del suo salvatore doveva essere arrivato ad Arilinn, perché la donna si sentì tirare violentemente verso il basso: resistette un attimo solo per chiedere: «Chi sei? Come ti chiami?»
«Anndra Castamir, terzo nel cerchio di Neskaya.»
Si sentì tirare con ancora maggior forza ed anche il suo salvatore sparì all'improvviso, senza che lei avesse la possibilità di dire altro.
Riprese conoscenza stesa sul letto: accanto la Custode, un tecnico e due monitori. Fece cenno alla Custode di accostarsi e le sussurrò all'orecchio prima di svenire: «Mai più, Custode, non lo farò mai più, finché campo.» Non si avventurò mai più nel Sopramondo.


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Al caldo, nel letto, Elaine andò col pensiero a quanto era successo in quella mattinata. Come nell'incubo era svenuta, cadendo nella neve; il freddo l'aveva fatta riprendere quasi subito, ma anche quel poco di orientamento che le era rimasto era andato a finire in grembo agli Dei. Si era messa al riparo di un gruppetto di pini che crescevano molto vicini tra loro e attese che la bufera si placasse un poco. Finché arrivò il suo richiamo ed il modo di raggiungerlo. In mezzo alla foresta si alzò un'immensa costruzione di tronchi, simile a quella che usano per il sistema di allarme per gli incendi. Questa era snellissima ed altissima, ed in cima brillava un fuoco luminosissimo. Seguirla fu facile, fino alla grande radura in fondo alla quale c'era un rifugio. La torre sparì ed al suo posto rimase la figura - ben conosciuta - di un uomo che le era corso incontro.
Ora, ripensandoci, le venne in mente del profumo dei fiori di kireseth, delle campanule azzurre che sbucavano dalla neve, del gran caldo che le aveva fatto bollire le guance... e non solo quelle. I momenti dolci e di passione scorsero e ripassarono ancora davanti ai suoi occhi. Ma quello che la riempì di dolcezza e tenerezza fu quello che aveva scoperto dentro di lui. Una immensa solitudine, una grande bontà ferocemente nascosta dietro una scorza ruvida e scostante. E dietro quella scorza intravide a tratti il volto di lei, Elaine. Perché la sua parte più intima e personale era addirittura blindata, e solo a tratti lasciava intravedere qualcosa. Sentì che la stava amando oltre che con il suo corpo, con tutta la sua mente: la desiderava aprendosi ed al tempo stesso aveva paura di lei. Anche lei riusciva benissimo a chiudere la sua parte più intima, e lì, nascosto accuratamente il suo grande segreto. Anndra non l'aveva mai riconosciuta, nel Sopramondo, né le aveva chiesto chi fosse. Ora, cosa doveva fare? Farsi riconoscere? Con un figlio in arrivo per di più? Prese l'unica decisione che le sembrò logica in quel momento: ne avrebbe parlato con la sua prima Custode, Marelie. Solo lei avrebbe saputo darle un consiglio. Tranquillizzata, si addormentò.


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Una mano la scosse con dolcezza: «Sorella, ti devi alzare, hai un appuntamento.»
Una donna di mezza età con un grembiulone da cucina le stava davanti, china sul letto.
«Sono Alia n'ha Angela e come vedi sono quella che pensa ai vostri stomaci perennemente affamati,» lo disse ridendo allegramente, mentre apriva l'imposta in legno della stanza. Fuori era coperto, ma non nevicava, «tira giù le gambe dal letto e poi vieni in cucina. Un tazzone di latte e miele ti rimetteranno in sesto. Ah, dimenticavo, vestiti in modo consono, devi andare dalla Custode della Torre.» Ed uscì canticchiando a mezza voce quella che sembrava una ballata degli Hellers.
Elaine si alzò e fece una rapida toeletta con l'acqua gelata che aveva trovato in una brocca accanto al treppiede col catino; si ripromise un buon bagno bollente in aggiunta a quello della sera. E cominciò a spazzolarsi i corti capelli biondi con riflessi ramati... e... in quel momento le ritornò tutto in mente. Si sedette sul letto accarezzandosi piano il ventre, senza il coraggio di ripetere l'esperienza della sera prima. Poi si alzò e sfilò via il camicione di lana per la notte, restando solo con un piccolo perizoma, ed occhieggiò l'addome... piatto e muscoloso come l'aveva sempre conosciuto. Prese tra i palmi delle mani i due seni (non erano molto grossi, chissà se avrebbero dato latte a sufficienza) premendo dal basso verso l'altro, ma senza sentire alcun indolenzimento. Allora si mise a ridere dandosi della oudhraki... era ancora troppo presto.
L'idea le venne forte ed improvvisa come un colpo di bastone sul petto... togliendole quasi il fiato. Anndra non sapeva nulla! Che cosa avrebbe pensato di un figlio nato durante un Vento Fantasma? E il giorno dopo era lei che lo aveva riportato nella stalla, giacendosi con lui nella paglia come una barragana delle Terre Aride! E... si era accorto che era vergine? Queste ed altre cento domande le affollarono la testa in un attimo e le sembrò di scoppiare... Poi l'abitudine alla vita rude delle Rinunciatarie riprese il sopravvento e si calmò. No, non era sola, aveva una Gilda a cui aveva prestato Giuramento. Avrebbe avuto rifugio e protezione ad Elvas o a Neskaya. Con piglio deciso indossò dei morbidi pantaloni in pelle nera sopra cui mise una tunica di lana leggermente imbottita (strinse solo un po' meno la cintura) e si avviò con piglio deciso verso la cucina.
Il lungo tavolo centrale era vuoto, era apparecchiato solo in un angolo, dove fumava una grossa tazza di latte con accanto un piatto con grosse fette di pane scuro ed un barattolo di miele. Era completamente sola, anche la sorella che l'aveva svegliata doveva essere impegnata in qualche altra parte dell'edificio. Mangiò con appetito lasciando ben poco sia del pane che del miele. Rapidamente gettò gli avanzi nel contenitore per gli animali e lavò nell'acquaio la tazza ed il cucchiaio. In quel momento rientrò Alia che, dopo aver controllato con un'occhiata che avesse rimesso tutto a posto, le fece cenno di seguirla.
«Andiamo alla Torre, e cerchiamo di fare in fretta, siamo già in ritardo e le leronis non ammettono scuse di nessun genere.» Nel frattempo erano uscite in strada e si avviarono a lunghi passi verso il complesso della Torre. «Io non posso entrare,» le disse guardandole con indifferenza i capelli, «non ho il laran e non posso passare il Velo. Tu quando hai finito torna da sola, anche la nostra Madre vuole conoscerti, dovrebbe tornare nel primo pomeriggio.»
Restò più di un'ora in attesa nel salottino degli ospiti, chiedendosi se ciò era dovuto al suo ritardo o ad impegni della Custode. Optò per la seconda ipotesi, in fondo era appena metà mattinata. Finalmente si trovò - in compagnia di un onnipresente kyrri - ad attraversare la leggera luminescenza del Velo di Arilinn (il solito, leggerissimo formicolio, ma era una sensazione soggettiva), vero sbarramento per chi non era dotato di laran. Conosceva a memoria ogni corridoio e quasi ogni stanza della Torre, ma il kyrri non la mollò un momento, lasciandola infine davanti alla porta dell'abitazione privata della Custode. L'evento era piuttosto raro e quando alzò la mano per bussare, vide che le tremava un poco. Non ci fu bisogno di toccare il legno della porta, Marelie in persona la aprì facendole cenno di entrare.
«Bentornata chiya, sei andata via da Arilinn ormai da molte primavere. Sei andata via che eri in bimba, torni che sei,» e lo disse con un largo sorriso, «una mamma.»
«Custode!» arrossì violentemente, «come...»
«Come faccio a saperlo? L'ho saputo nel momento stesso in cui hai attraversato il Velo. Ma siediti,» disse indicandole una sedia con dei cuscini bianchi dove erano ricamati dei fiori di kireseth, «e non far caso al ricamo dei cuscini, non è un rimprovero per te. È che... sono dei fiori così belli che mi piace vederli nelle mie poche cose che uso tutti i giorni.»
«Custode...»
«E non chiamarmi Custode, chiamami Marelie, in fondo ti ho avuto qui per cinque anni. Non eri adatta a diventare Custode, ma sei un buon monitore.»
«Marelie, mi sento un po' confusa...»
«È normale per una giovane donna alla sua prima gravidanza. Ma prima fatti controllare, sdraiati,» con fermezza la prese e la portò verso il letto, «magari dopo esserti tolta stivali e tunica.»
La Custode stese i palmi delle due mani a pochi centimetri dal corpo della Rinunciataria, e con una sicurezza e rapidità che le derivavano dalla lunga abitudine, cominciò ad esplorare l'intrico di canali luminosi che apparve. Si soffermò a lungo sul ventre, per poi risalire all'addome ed al torace. Le fece cenno di rivestirsi e di rimettersi a sedere.
Sorrideva visibilmente allegra e soddisfatta.
«Va tutto bene. Proprio tutto. Ma ora ho da darti una notizia e da spiegarti il motivo della mia chiamata.» Al suo cenno di assenso riprese. «Sei incinta, e questo lo hai scoperto da sola. Ma quello che sicuramente non sai e che non aspetti un bimbo, ma ne aspetti due.»
Elaine sobbalzò sulla sedia e gli occhi le si riempirono di lacrime «Due? Misericordiosa Avarra! Ed ora...»
«Rimettiti a sedere e non interrompermi,» le ordinò imperiosamente Marelie, «hai proprio dimenticato le buone maniere delle Torri? Quando mai si interrompe la Custode!» Anche se l'ilarità che si scorgeva negli occhi della donna contrastavano col tono secco ed imperioso, la Rinunciataria chiuse la bocca deglutendo della saliva e sedette nuovamente, asciugandosi le lacrime col dorso della mano.
«Continua ad ascoltarmi senza interrompere, chiya,» riprese la Custode con un tono più dolce, «sì, sono due, in maschio ed una femmina. Tu non avevi esperienza sufficiente per notarlo. Ieri sera è venuta a trovarmi Madre Jerana n'ha Callina. Non ti interessa conoscere il suo vero nome, ti basti sapere che è una Ridenow, e tu per lei sei stata un libro aperto. In questo momento non hanno sorelle guaritrici e naturalmente si è rivolta a noi. Comunque stai tranquilla: stai molto, molto bene, e questo mi spinge a chiederti un grosso sacrificio.»
Si alzò e si avvicinò alla donna, accostando lo sgabello alla sua sedia. «Ricordi, vero, quando ti sei quasi persa nel Sopramondo? Fu uno sconosciuto tecnico di Neskaya a darci l'allarme e a ricondurti a livelli meno pericolosi. Sì, Anndra, riuscì a trovare una strada tra i vari piani del Sopramondo che nessuno conosce, È... come dire... una specie di scorciatoia.» Vedendola agitarsi inquieta sulla sedia si affrettò a tranquillizzarla. «No, Elaine, non devi tornare nel Sopramondo, né con lui, né tanto meno da sola. Io so come condurlo a certi livelli, ed in particolare a quello del viaggio nel tempo, ma non so quale strada abbia casualmente trovato per abbreviarlo e per mantenersi stabilmente per un periodo di tempo lungo, come avete fatto insieme.»
«Cosa volete da me?» la voce della Rinunciataria risuonava fredda e distaccata, quasi irreale, «se devo pagare un debito lo farò, ma in ogni caso senza mettere a repentaglio questa vita che sta crescendo in me,» esitò un attimo. «Anndra è al corrente di tutto questo?»
«No, chiya, Anndra non sa nemmeno che tu aspetti un figlio... anzi due figli da lui. Quello che ti chiedo è un favore personale, che però servirà anche a far correre meno pericoli al tuo uomo.»
«Di cosa si tratta, allora?» il suo tono, ora era decisamente impaurito.
«Elaine,» e la voce tornò ad essere quella di Marelie, la formidabile custode di Arilinn, «ti ricordi come hai ricevuto il tuo dono degli Alton?»
«Certo,» rispose la donna alzandosi in piedi, «un Alton rischia la vita per averlo. Ma solo un Alton può fare questo ad un altro Alton!»
«Non ti sto chiedendo una cosa del genere, io devo entrare nei tuoi ricordi di quella notte senza che tu - e hai i mezzi per farlo - mi ordini di andar via dalla tua mente. È un riflesso autonomo ed automatico. Tu devi farmi entrare e dopo aver bevuto del kirian. Il contraccolpo di un rifiuto farebbe male ad entrambe, ma più che altro a te e alle vite che hai nel grembo.»
Elaine chinò il capo in segno di accettazione e con un soffio di voce disse: «Se dobbiamo farlo, facciamolo subito. È un incubo che mi si presenta di frequente e mi fa stare molto male, speriamo che questo... contatto non lo renda invivibile.»
«Se credi,» rispose la Custode con un tono glaciale, «posso fare in modo che non si ripresenti mai più. Se è proprio quello che vuoi. Ma è un pezzo di ricordi della tua vita che se ne andrà per sempre. Pensaci bene!»
La donna si alzò di scatto con un'aria quasi di sfida: «No, preferisco tenermi i mie incubi... assieme all'ultimo ricordo di mio padre. Fate quello che dovete.»
La Custode si avvicinò ad un piccolo tavolino tondo, sul quale in un prezioso vassoio di rame arabescato d'argento c'erano una bottiglia di cristallo piena a metà di un liquido ambrato e due minuscoli bicchieri. Misurò poche gocce del liquido, contandole attentamente, dopo aver valutato con un'occhiata la figura della Rinunciataria. Poi le porse il bicchiere. «Bevi, tutto di un fiato e senza lasciarne una sola goccia.»
Il liquore le scese in gola come se fosse fuoco liquido, mentre l'aspro odore le salì nel naso con un effetto ancora più fastidioso. Sentì che la stanza le girava attorno e che qualcuno la prendeva per un gomito costringendola a sedersi. Poi vide una donna accostare la sua fronte alla sua e guardarla diritta negli occhi. "Chi sei," si ribellò "non puoi guardarmi così. Che stai facendo, vai via, io sono una Alton e questo non lo puoi fare!" La respinse con tutta la forza che aveva e vide con soddisfazione che impallidiva e si allontanava un poco. Ma la testa le girava e sentiva che le forze la stavano abbandonando. Percepì, più che sentire, una mente fredda che cercava di insinuarsi nella sua e usando ancora la Voce le urlò: "Via! Vai via!" E istintivamente si preparò a lanciare la folgore mentale contro l'intruso. Ma non aveva più energia... barricò il più possibile il suo io più profondo e si lasciò andare, verso il buio, verso il nulla.
Quando riprese conoscenza era sdraiata sul letto della stanza della Custode, con una grossa coperta di lana addosso e con la donna che ancora le controllava le funzioni vitali.
«Beata Evanda!» esclamò a bassa voce, «nelle tue vene il dono degli Alton scorre impetuoso come un torrente di montagna in piena estate. Comincio a pentirmi di averti permesso di andar via dalla Torre, non saresti mai stata una Custode, forse, ma sicuramente uno dei pilastri del Cerchio! Ecco,» riprese aiutandola a sollevarsi e a mettere giù le gambe dal letto e mettendole in mano due grossi pezzi di frutta candita, «mangia, anche tu hai bisogno di recuperare energie.» Si accorse della preoccupazione della donna e proseguì: «Ho trovato subito quello che volevo, era così vicino alla mente cosciente da essere proprio a portata di mano. Credo anche di averti fatto un piccolo favore, l'ho spinto un po' giù, nella tua mente, in modo che non venisse subito fuori quando sogni. Ora dovresti dormire più tranquilla. Quando vorrai - e proprio lo vorrai - quel ricordo, ti sarà sufficiente andarle a cercare. È sempre lì.»
«E... il... i...» non sapeva quale termine usare, poi decise, «i bimbi? Non hanno sofferto, vero?»
«No, stai tranquilla, stanno benissimo. Ora ti faccio accompagnare in camera tua: scendi solo per cena. Stasera mangiamo presto perché c'è molto da lavorare, dopo, ma prima dobbiamo fare quattro chiacchiere con un'ospite.»
«Un ospite? Chi?»
«Non lo indovini? Anndra non sa nulla di nulla, ti pare giusto nei suoi confronti?»
Anndra. La preoccupazione l'assalì e la fece star male. Come l'avrebbe presa? Cosa avrebbe detto?
«Non ti preoccupare chiya, vedrai che sarà più facile del previsto. Non vorrai mica che gli venga comunicato da una qualche oscura levatrice della Gilda, o peggio che se ne accorga da solo, vero? E poi... beh, voglio esserci anch'io.» Fece un cenno ai due kyrri che erano accorsi ad un suo richiamo mentale. «Fatti accompagnare in camera. Ci vedremo stasera.»
Appena la porta si fu chiusa, si concentrò un attimo: "Anndra, vieni nel mio laboratorio, devo parlarti," trasmise. Era stata una giornata difficile, e la nottata si presentava ancora più lunga e dura. Però... aveva visto le prime scintille di vita in due nuovi esseri che, viste le qualità dei genitori, sarebbero stati dotati probabilmente di laran. Ripensò alla forza di Elaine, nonostante una dose di kirian che in un primo momento aveva giudicato eccessiva. Ah, gli Alton! meno male che i loro donas erano sempre stati controbilanciati da quelli degli Hastur, vere e proprie matrici viventi, altrimenti su Darkover non ci sarebbero state sette famiglie, bensì una sola, quella Alton.









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Disclaimers

Elaine, da poco giunta ad Elvas, viene assunta da Fiona per accompagnare Anndra Castamir nel suo viaggio verso le Torri di Darkover e alla riscoperta del proprio passato.

Credits

La canzone scelta come accompagnamento al racconto è Lady Anne Bothwell's Lament, tradizione scozzese. Seguendo il link, che vi porterà alle pagine della sezione musicale, avrete ulteriori informazioni sulla canzone e sugli autori.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008