Lasciata Arilinn ci eravamo nuovamente diretti verso Armida, con l'intenzione di tirare dritto sulla strada diretta a Caer Donn. Tramite i relais, infatti, ci avevano comunicato che Shonnach e Kelan erano già rientrati ad Elvas e che quindi non c'era bisogno di ripassare da Neskaya. Camilla n'ha Jolanda si era detta disponibile ad accompagnarci insieme ad un'altra Rinunciataria della sua Gilda, Jaelle n'ha Hanna, per cui potei finalmente cavalcare accanto ad Anndra. E cavalcare accanto a lui significava, finalmente, poter parlare tra noi con tranquillità e riservatezza, cosa che non era stata più possibile fino al giorno della nostra partenza da Arilinn. Anndra era teso e silenzioso, ma sentivo che il suo nervosismo era dovuto più alla stanchezza che alla preoccupazione per il nostro futuro. Avevo deciso naturalmente di restare nella Casa almeno fino alla nascita dei due gemelli, poi... beh, poi le possibilità di scelta non mi sarebbero mancate. Ma comunque ero intenzionata a prendermelo come libero compagno, ad avere una casa tutta mia, a continuare il mio lavoro con le sorelle della nuova Gilda. Elvas era una comunità che aveva a disposizione un intero paese da ricostruire; per avere una casa era sufficiente scegliere un rudere da restaurare, e gli spazi quindi non mancavano.
Alla sera del quinto giorno avevamo pernottato nella locanda dopo il guado del fiume Carthon e lì avevamo saputo che davanti a noi, ad una mezza giornata di viaggio, c'era una carovana di mercanti diretta a Caer Donn e che ci sarebbe convenuto aggregarsi, dato che viaggiava protetta da una buona scorta. Mi consultai con le mie sorelle e decidemmo di raggiungerla: stavamo entrando negli Hellers e gli incontri con predoni o con uomini-gatto erano sempre possibili.
La strada cominciava veramente a salire, ma fortunatamente era molto ben tenuta e potevamo viaggiare ad un buon ritmo. Nel tardo pomeriggio vedemmo più in alto sulla montagna un esile filo di fumo, sicuramente proveniva dall'accampamento dei mercanti, ormai a non più di due o tre ore di distanza.
Noi invece decidemmo di non accendere fuochi e di mangiare carne secca ed un po' di polenta fredda comprata alla locanda: troppo pericoloso, aveva sentenziato Jaelle, ed io e Camilla non avevamo potuto far altro che dichiararci d'accordo.
Mi sentii improvvisamente inquieta e mi guardai in giro: il bosco era stranamente silenzioso e immobile e gli alberi svanivano nelle ombre della sera incipiente e di una leggera nebbia. Lanciai un avvertimento mentale ad Anndra che si era appartato per necessità personali e schioccai appena la lingua per richiamare l'attenzione delle mie sorelle, sguainando al contempo la spada senza far rumore. Jaelle, che mi era accanto, fece altrettanto, voltandosi e mettendosi schiena a schiena con me; vidi Camilla che era più lontana, accanto ai cavalli, accennare lo stesso gesto, e poi immobilizzarsi e rimettere, piano, l'arma nel fodero. Accanto a lei si erano materializzate alcune ombre, ed una di queste le stava puntando una spada alla gola.
«Chi siete?» domandò quella che stava minacciando la mia compagna.
«Rinunciatarie.» Risposi seccamente.
«Lo vedo,» rispose nello stesso tono. «È da varie ore che ci state inseguendo. Perché?»
«Siamo dirette a Caer Donn,» mentii, «se siete dei banditi avete trovato un ben misero bottino.»
«E in ogni modo vi costerebbe molto caro!» disse una voce nota che proveniva dalla mia destra.
"Maledizione!" gli trasmisi, "non potevi startene nascosto?" Ma non potei aggiungere altro, Anndra era uscito da dietro un albero, con la matrice tenuta nelle mani a coppa che brillava intensamente di luce azzurrina.
«Siete della carovana?» continuai.
«Sì. Ma non avete ancora risposto alla mia domanda,» riprese quello che sembrava il capo «Perché ci stavate seguendo?»
«Alla locanda del guado ci avevano detto che una carovana era ad una giornata di distanza e ci avevano consigliato di raggiungerla, per viaggiare con più tranquillità. Pensavamo di poterlo fare nella giornata di domani.»
Vidi la figura che minacciava Camilla fare un passo indietro abbassando la spada e far cenno agli altri di fare altrettanto.
«Abbassate le spade, non sono banditi,» disse.
Anndra nel frattempo si era avvicinato a me, mantenendo un'aria assorta e la matrice ancora fra le mani, anche se ora, apparentemente, sembrava inattiva.
Si avvicinarono anche gli altri e potei finalmente distinguere meglio. Erano in cinque, cinque brutti ceffi che non potevano essere altro che mercenari o banditi... e mi accorsi che i ceffi erano quattro, perché il quinto... beh, incredibile, ma poteva anche sembrare proprio una donna... e neanche brutta, anche se non aveva l'orecchino delle Rinunciatarie. Aveva i capelli corti, troppo corti anche per un uomo, ed i tratti... beh ambigui. Insomma poteva essere una donna, anche se impugnava una spada di quattro dita più lunga di quelle ammesse dalle regole ("In passato," pensai, "una donna che avesse utilizzato una spada della stessa lunghezza di quella di un uomo sarebbe stata uccisa a norma di legge. Ma i tempi forse cambiavano. C'era qualche Rinunciataria che evitava addirittura di portare l'orecchino, anche se era un fatto del tutto raro. Sì, doveva proprio essere una donna. O forse era un'emmasca?") Vidi che tutti avevano ringuainato la spada, pur tenendo le mani sull'elsa, e feci altrettanto.
«No, non siamo banditi,» ribadì Anndra con tono quasi dimesso, «siamo solo viaggiatori.» Ma teneva in mano la matrice, e questo fatto parlava quasi da solo. Anndra la guardava con curiosità e dopo un po' le chiese. «Chi siete voi? Come vi chiamate?» "È una donna e non sono banditi. Sta pensando con preoccupazione alla carovana, rimasta quasi senza scorta," mi trasmise.
«L'essere un comyn non vi dà alcun diritto di fare delle domande,» rispose con voce dura la donna guardandolo dritto in faccia.
«Non intendevo avvalermi di alcun diritto,» riprese lui con un tono conciliante e forse per dar più peso alle parole rimise quasi con ostentazione la matrice nel sacchetto di cuoio attaccato al collo, «è solo per sapere con chi abbiamo a che fare. Io sono Anndra, lei è Elaine e non stiamo andando a Caer Donn, ma in una vallata a due o tre giornate di viaggio da qui. Le altre due Rinunciatarie ci stanno scortando.»
La donna voltò di scatto la testa fissando Anndra per un momento, poi si guardò intorno come per essere sicura di non essere ascoltata da altri. «Mi chiamo Illa e sto andando ad Elvas.»
«Vai ad Elvas!» esclamai. «Anche noi siamo diretti là. Ma non ci teniamo a farlo sapere a tutti!»
«Vieni a stabilirti con noi?» le chiese Anndra.
La donna scrollò le spalle, chinando il capo pensierosa. «Penso di no. Forse mi limiterò a passarci l'inverno.» Tacque per qualche minuto e poi aggiunse. «Ma in ogni modo non per sempre.» Alzò la testa e riprese con un tono vagamente sprezzante: «La vostra scorta ha corso proprio un bel rischio, non ho tagliato la gola a quella là solo perché potevate davvero essere delle Rinunciatarie. Vi siete fatte sorprendere in maniera vergognosa.»
Aveva ragione e non seppi cosa risponderle. Mi limitai ad annuire.
Uno degli uomini biascicò qualcosa nel duro dialetto delle montagne e la donna rispose: «Se volete aggregarvi alla carovana sarà meglio che vi sbrighiate. Fra un'ora è buio.»
Dopo dieci minuti avevamo già ripreso la marcia, I quattro mercenari ci precedevano di una ventina di metri, mentre Camilla e Jaelle facevano da retroguardia un po' indietro rispetto a me, Anndra e la sconosciuta.
La strada saliva ancora serpeggiando nel bosco ed i cavalli avanzavano un po' a fatica per il suolo reso molle dalla pioggia. Vedevo Anndra sempre più inquieto e non riuscivo a capirne la ragione, si limitava a scuotere la testa e a restare assorto, come se fosse in ascolto di qualcosa. Poi, come se avesse preso una decisione improvvisa, tirò le briglie al cavallo, facendo cenno anche a noi di fermarci. Tirò fuori dalla tunica il sacchetto con la matrice, prendendo delicatamente in mano la pietra e liberandola dallo strato di seta isolante. La matrice cominciò nuovamente a brillare di luce azzurrina, mentre lui, immobile, si concentrava.
«La carovana,» disse, «la stanno attaccando. Ho sentito ora un uomo che moriva.»
La mercenaria impallidì. Imprecò come può fare un soldataccio incallito prendendosela con gli idioti che aveva lasciato di guardia. «Siete sicuro?» chiese.
Anndra si limitò ad accennare con la testa, riponendo la matrice al suo posto, al sicuro, sotto la tunica. La donna portò due dita alla bocca facendo un breve fischio per richiamare gli altri uomini della scorta; anche Camilla e Jaelle, nel frattempo, ci avevano raggiunto. Illa prese in mano la situazione ed io la lasciai fare.
«Cerchiamo di prenderli alle spalle, sicuramente non si aspettano il nostro arrivo. Stiamo uniti e facendo meno rumore possibile.» Si rivolse ad Anndra: «Immagino che tu non sappia usare in maniera decente la spada, quindi cerca di stare indietro e non metterci nei guai. Pensa a tenere i vostri chervine.» Poi con un tono appena più rispettoso aggiunse: «Aiutaci come puoi e se puoi con i tuoi poteri.»
Io feci per protestare, ma Anndra mi fece cenno di tacere ed assentì. «Ha ragione lei, farò quello che posso.»
Illa si mise in testa alla colonna facendo cenno di seguirla e dette di sprone al cavallo, avviandosi al piccolo trotto sul sentiero che continuava a salire.
Dopo dieci minuti sentimmo le prime grida ed il clangore metallico delle spade. Illa fece cenno di rallentare e di serrare le fila. Continuammo ancora per qualche minuto, finché trovammo un grosso pino messo di traverso sulla strada e fummo costretti a scendere da cavallo per aggirare l'ostacolo. Legammo gli animali e proseguimmo a piedi. Le urla, gli incitamenti degli uomini ed i rumori del combattimento erano ormai forti e vicini.
Ci furono addosso all'improvviso, sia dai fianchi che da dietro. Erano banditi delle Terre Aride. Li riconoscemmo subito per le lunghe spade dalla lama ricurva e il pugnale tenuto con la sinistra. Tolsi di mano ad Anndra la spada (essendo da uomo era di quattro dita più lunga, in quel momento non pensai né alla legge, né alla tradizione. Contro le lunghe spade delle Terre Aride quattro dita di lunghezza in più possono diventare la distanza fra la vita e la morte) dandogli la mia e raccomandandogli: «Stiamo vicini!»
Due degli uomini erano stati colpiti subito senza avere il tempo di reagire e caddero a terra, uno emettendo un orribile gorgoglio di sangue dalla gola squarciata, l'altro senza emettere neanche un lamento, la testa quasi staccata dal busto per un colpo da dietro alla nuca. Riuscirono a dividerci.
La situazione, come in tutte le battaglie si fece subito confusa. Detti una spinta al mio uomo costringendolo ad appoggiarsi con la schiena ad un grosso albero e, con Jaelle alla destra, mi trovai a duellare contro tre banditi. Vidi che Anndra invece di tirar fuori la matrice e fare qualcosa come aveva detto Illa, manovrava in maniera appena decente la mia spada. Feci per aprir bocca ma mi zittii, vedendogli staccare di netto con un fendente una mano armata di spada.
Ma la situazione precipitava. Vidi colpire Camilla alla schiena mentre cercava di sfilare la spada dallo stomaco di un bandito, ed urlai con lei per il suo dolore. Illa, che aveva già ucciso due banditi, stava cercando di accostarsi a noi per coprire il fianco lasciato scoperto dalla perdita di Camilla: aveva in mano una spada ancora più grossa della mia e combatteva come e più di un uomo. Mentre arretrava non si accorse di un grosso ramo sporgente e cadde all'indietro allargando le braccia... in due le furono addosso per colpirla...
«FERMI!» Urlai senza nemmeno accorgermi che avevo usato la Voce.
Il risultato fu sorprendente: a parte Anndra, che però barcollò vistosamente (poi mi confessò di essere rimasto stordito per qualche istante) tutti si fermarono come gelati nella posizione che avevano al momento del mio comando. Per qualche lungo, lunghissimo istante rimasi anch'io ferma, senza quasi sapere che fare. Poi vidi Illa rialzarsi in piedi e tagliare coscienziosamente la gola con la spada ai due banditi che stavano per ucciderla. Anch'io, sia pure con ripugnanza, infilai la spada nel corpo dei due banditi che avevo davanti, poi arretrai a protezione di Anndra e di Jaelle. Intanto l'effetto telepatico cominciava a svanire ed anche gli altri ripresero a muoversi, cercando di riprendere il combattimento dove era stato interrotto. Ormai il gioco era fatto: anche i tre rimasti in piedi vennero rapidamente sopraffatti ed andarono a raggiungere Zandru insieme ai loro compagni.
Ma non c'era tempo da perdere, poco più avanti si combatteva ancora. Ci lanciammo di corsa lungo il sentiero raggiungendo i carri della carovana, ma i banditi rimasti, vistisi prendere alle spalle si dettero rapidamente alla fuga.
Ci contammo: Illa aveva perso tre uomini, noi la giovane Camilla. Nella carovana tre mercanti e tre mercenari erano stati uccisi; altri due, feriti dalle lame avvelenate dei banditi, non avrebbero rivisto l'alba. Intanto il buio calava rapidamente e ci affrettammo a trovare riparo tra i carri, già messi a fare quadrato nella radura. Il piccolo fuoco acceso nel cerchio di pietre venne di nuovo alimentato e servì per scaldarci un po' di jaco. Mangiammo in silenzio, seduti accanto al fuoco, senza voglia di parlare. Illa ci chiamò perché vedessimo se era possibile fare qualcosa per i due mercenari, ma sia io che Anndra scuotemmo la testa. Ambedue avevano già un brutto gonfiore violaceo dove erano stato raggiunti dalle lame avvelenate dei banditi, gli occhi lucidi di febbre. Non potevamo fare nulla, il veleno che quei maledetti usano non perdona.
Passarono diversi giorni prima che potessi rivedere Anndra. Appena arrivati ad Elvas dovette andare subito dalla Custode per riferirle del viaggio ed io fui troppo assorbita da mille altre cose. La più triste fu quella della sepoltura di Camilla, che non avevamo voluto lasciare lassù sulla montagna, assieme agli altri. E poi il dover raccontare la stessa storia una, due, dieci volte... rendeva tutto più penoso, anche se potei apprezzare fino in fondo il calore e la comprensione che esisteva nella nostra piccola comunità. Persino Alar mostrò un certo rispetto e comprensione... addirittura per una giornata intera. Poi cominciò a parlare con tutti della battaglia con i banditi delle Terre Aride in prima persona, aggiungendo particolari sempre nuovi, finché un giorno Madre Gwennis mi raccontò che l'aveva sentito raccontare ad un gruppetto di mercanti come solo il suo intervento avesse permesso la vittoria "su quelle tre dozzine di diavoli usciti direttamente dal nono inferno di Zandru!" È proprio vero, se la stupidità fosse un crimine, metà della razza umana sarebbe impiccata ad ogni crocicchio...
Ma tutto finisce, ed anche le tristezze e i dolori svaniscono piano piano, come neve che si scioglie al calore del sole estivo. E indubbiamente l'ormai vicina Festa del Solstizio - mancava solo un mese - fu di grande aiuto.
La Custode mi aveva esentato dai servizi alla Torre come monitore, mentre Madre Gwennis cancellò il mio nome dal ruolino di tutti i servizi più faticosi nella Casa. Pur apprezzando la gentilezza che mi veniva dimostrata, tutto questo mi lasciava molto tempo libero... di non fare niente. Continuai invece l'addestramento quotidiano all'uso della spada, anche se da sola contro bersagli di cuoio, riuscendo così non solo a mantenere un normale allenamento fisico, ma anche a passare qualche ora da sola, con i miei pensieri.
Una mattina sentii Anndra chiamarmi dalla Torre. La cosa mi meravigliò non poco, perché in quel periodo gli toccava un turno settimanale notturno ai relè e la mattina dormiva fin quasi a mezzogiorno.
"Dimmi." Gli risposi.
"Troviamoci alla taverna di Alar, voglio farti vedere una cosa."
"Che cosa?" Il suo tono mi aveva incuriosito molto... e naturalmente si guardò bene dall'aprirmi la mente. Anzi le sue barriere erano più alte che mai, e questo non fece che accrescere la mia curiosità.
"Non fare troppe domande curiosona, andiamo a bere insieme una tazza di jaco."
Feci un sospiro mentale così struggente che anche un banshee si sarebbe messo a piangere dalla commozione, ma quando Anndra faceva così era impossibile cavargli un pensiero di mente... a meno che non avessi usato la Voce! La mia mente per lui era sempre come quei colini che servono per filtrare le tisane... e naturalmente mi sentì. Mi arrivò uno scherzoso rimprovero mentale sotto forma di bacchettate sulle dita... "Smettila! Mi fai male!" Protestai.
"Ben ti sta, così impari a minacciarmi con quel tuo potere da..." Non riuscì a trovare il termine e concluse. "Dai, spicciati, io sono già quasi arrivato."
Non mi restava che affrettarmi, per cui presi un mantello ed uscii dalla Casa. Fuori aveva smesso di nevicare, ma la neve caduta il giorno prima era ghiacciata sotto un forte vento che veniva dal Muro intorno al Mondo e faceva davvero freddo. Vidi il mio compagno fuori della taverna che mi aspettava, in pantaloni e solo una leggera tunica senza maniche sopra la camicia. "Va bene che a Nevarsin gli hanno insegnato a non aver freddo..." brontolai fra me, "ma starsene in maniche di camicia quando si gela è quasi una provocazione!"
Mi salutò sfiorandomi leggermente una mano con le dita e mi fece entrare nella taverna: Alar aveva già preparato due belle tazze di jaco bollente ed una manciata di noci sgusciate. Fece un cenno di ringraziamento quando Anndra gli mise sul banco un paio di secal e se ne tornò in cucina a seguire i preparativi per il pranzo. Colsi la sua soddisfazione per il fatto che quel giorno, nonostante fossimo ormai avanti nella stagione aveva degli avventori... dei mercanti diretti a Nevarsin... gente che pagava bene...
Bollivo di curiosità, ma feci finta di nulla, Anndra non aspettava altro!
Uscimmo di nuovo in strada e vidi che si incamminava verso la strada che portava fuori del villaggio, verso le montagne. Era appena iniziato il bosco e la strada già saliva un poco, quando sulla destra vidi una vecchia casa a due piani abbandonata. In tempi migliori era stata sicuramente molto bella, ma adesso varie finestre occhieggiavano buie e prive di imposte ed il lato nord era veramente malmesso. Anndra si fermò: «Ecco, questa sarà la nostra casa. Anzi è la nostra casa. Manolo mi ha aiutato moltissimo, come del resto hanno fatto in molti, comprese diverse tue sorelle. Vieni, entriamo.»
Ero così emozionata che non riuscivo a proferir parola, ma sentivo la mente di Anndra dentro la mia e le mie emozioni si riversavano in lui come un torrente in piena. "Ecco perché avevi sempre molti impegni in questi ultimi tempi! Non era possibile che Fiona ti caricasse così tanto di servizi alla Torre."
«No, no, i servizi c'erano, eccome! Siamo ancora in pochi ed abbiamo bisogno di tutto, principalmente di buon rame da scambiare con i mercanti,» mi rispose mettendomi un braccio intorno alle spalle e stringendomi a sé. «Ma ho avuto anche del tempo libero da dedicare alla supervisione dei lavori.» Mi mostrò le palme delle mani, mostrandomi delle piccole callosità che prima non c'erano. «Ma ho lavorato anch'io. Vieni che ti faccio vedere tutto.»
La casa era grande, molto grande per noi due, ma poi sarebbero arrivati i bambini e di spazio ne sarebbe occorso molto di più. Dopo un piccolo ingresso c'era una grande sala con un bel camino, a destra la cucina, la dispensa ed una piccola serra. Dall'altra parte le scale che portavano al piano superiore, un bagno con una piccola vasca vuota. («Per il momento non abbiamo acqua termale, ma più avanti vedremo. Tanto per ora ci sono le Terme,» mi disse quasi in tono di scusa.) Due altre stanze erano ancora da risistemare completamente. Al piano di sopra solo due stanze erano pronte.
Una era vuota, l'altra invece aveva già il letto, una bella cassapanca in legno intagliato ed un altro mobile. Mi sedetti sul letto, facendo sedere Anndra accanto a me.
«È meraviglioso, non avrei mai pensato ad una cosa simile... ma non è ancora presto per andare ad abitare per conto nostro?»
«No, verremo qui definitivamente con la bella stagione, quando nasceranno i bimbi. Ci verremo ad abitare per qualche breve periodo ogni tanto. Ora è meglio che tu stia nella Casa, me lo ha consigliato anche Madre Gwennis. Nel frattempo continueremo a lavorarci... mancano così tante cose!»
Felice gli sfiorai le labbra con un rapido bacio, poi gli presi la mano e la posai sul mio ventre. «Entriamo in contatto,» gli dissi, «voglio farti incontrare due persone!» Entrò subito in sintonia con me lasciandosi guidare verso quelle che una volta erano state due lucciole estive, ma adesso erano già delle quasi persone fisiche e la capacità di emettere pensieri, anche se ancora molto semplici e confusi. E per la prima volta ci trovammo tutti e quattro insieme.