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! Questo racconto tratta anche di tematiche omossesuali,
se siete contrari all'argomento o se vi offende non procedete nella lettura !



La natura delle cose

Emyn Dunlee

Emyn Dunlee percorreva i labirinti sotterranei che costituivano il territorio del Popolo delle Forge senza nessun problema, nonostante la scarsa illuminazione e l'assoluta mancanza di indicazioni. Erano trascorsi quasi dieci anni dal giorno in cui aveva deciso di abbandonare la propria famiglia per entrare a far parte del Popolo e, dopo le prime incomprensioni, era diventato in tutto e per tutto uno di loro. La sola cosa che lo tradiva era l'aspetto fisico e l'amore che nutriva per una donna chieri, una relazione forse impensabile per uno dei rappresentanti del Popolo delle Forge, e assolutamente intollerabile per la sua famiglia umana.
Erano trascorsi quattro anni dal primo incontro tra Emyn e Hisie, quattro anni durante i quali le differenze tra di loro si erano smorzate e si erano trasformate nei punti di forza a cui aggrapparsi in caso di bisogno. Nessuno dei due aveva rinunciato alla propria vita e si incontravano nei sotterranei del castello della famiglia di comyn che governava quella parte di territorio, un punto di comunicazione tra il mondo sotterraneo del Popolo delle Forge e le miniere di pietre delle stelle che il Popolo dei chieri custodivano gelosamente, nascondendole a chiunque, persino ai loro vicini abitatori del mondo sotterraneo.
Il loro ultimo incontro era avvenuto quando l'inverno era ormai alle porte e, per il Popolo dei chieri, la stagione si era presentata fin dalle prime settimane più difficile del previsto, soprattutto a causa del freddo più intenso. Erano passati mesi da quell'ultima volta in cui si erano visti, ma Emyn aveva atteso ogni giorno, nel solito posto, nei vecchi saloni sotterranei del castello degli Aldaran, sperando che Hisie comparisse e trascorresse con lui almeno qualche ora. Invece nulla, interi giorni passati ad aspettare in completa solitudine.
Gli anziani del suo popolo erano soddisfatti della situazione. Le creazioni di Emyn erano migliorate in quell'ultimo periodo: l'assenza della compagna e la solitudine avevano acuito il suo dono e tutto quello che usciva dalle sue mani era un piccolo capolavoro.
Anche quel giorno, mentre risaliva le antiche scalinate che collegavano le gallerie al mondo esterno, molti dei suoi compagni si erano augurati che l'attesa di Emyn non fosse ricompensata, guardandolo di sottecchi e abbassando gli occhi quando l'uomo si voltava verso di loro salutandoli, borbottando un rapido saluto in risposta.
Emyn raggiunse il salone senza neppure fare caso ai vari locali che attraversava. Lo stupore dei primi tempi si era diluito con il tempo e, dopo tutti quegli anni, nulla del complesso sotterraneo dimenticato sembrava più coglierlo di sorpresa. La stanza era vuota e, come sempre, Emyn si accoccolò davanti al camino spento mettendosi in attesa, fissando la fiamma inesistente che poteva scorgere ormai ovunque andasse.
I passi alle sue spalle lo fecero sobbalzare. Non erano quelli di Hisie, troppo pesanti per essere quelli di una femmina, ma sempre estremamente leggeri per essere quelli di un umano.
Emyn si alzò, preparandosi ad accogliere il chieri. Forse gli avrebbe portato notizie di Hisie o, come a volte capitava, era solo di passaggio in quei luoghi, diretto in qualche galleria del sottosuolo conosciuta solo al suo popolo.
Il chieri era alto e snello, i lunghi capelli argentati ricadevano sulle sue spalle trattenuti in una treccia morbida. Ricambiò il saluto e restò a guardarlo, in silenzio, come in attesa. Gli occhi dorati sembravano fissarlo con attenzione e, ma doveva essere la sua immaginazione, con una nota di delusione.
«Speravo che almeno tu mi riconoscessi,» disse alla fine, sorridendo tristemente. «Ma evidentemente mi sbagliavo.»
Emyn fissò l'essere che aveva davanti cercando qualche tratto familiare e, improvvisamente, si rese conto della sua identità.
«Hisie?» il tono era incredulo. «Ma come... per tutte le forge di Zandru, come... ?»
Il chieri abbassò lo sguardo, sedendosi davanti al camino. «Sapevi che eravamo in una situazione di difficoltà,» disse, non appena Emyn si fu seduto accanto a lui. «Molti dei nostri maschi sono morti e con le femmine in soprannumero... dovevamo ripristinare l'equilibrio. Le femmine da sole non sarebbero riuscite a procurarsi tutto il cibo necessario.»
Emyn posò la fronte sulle ginocchia, le gambe strette contro il proprio petto, quasi in un tentativo di difesa.
«Perché tu?»
Hisie si voltò verso di lui, sollevandogli il volto con una mano. «Non ci è dato scegliere, koi,» rispose dolcemente, «sono gli Anziani a decidere chi deve subire la trasformazione... nessuno si è mai rifiutato.»
Emyn si ritrasse dal contatto, allontanandosi verso il muro alle sue spalle. Nel suo sguardo si poteva leggere il senso di tradimento che provava in quel momento, il rifiuto che la trasformazione di Hisie sembrava ai suoi occhi.
«Potevi farlo tu,» disse, «avevi un buon motivo per farlo!»
Lo sguardo del chieri si rattristò nuovamente. «Il fatto di amare un umano non è una valida giustificazione per gli Anziani. Tornerò femmina, quando sarà il momento...»
«E nel frattempo?» Emyn era balzato in piedi, sovrastando l'amante inumano con fare minaccioso. «Dovrò aspettare in un angolo che gli Anziani decidano per un nuovo cambiamento? Tra quando? Un mese? Un anno? Il tempo non passa allo stesso modo per noi, Hisie. Quando gli Anziani decideranno che è giunto il momento di cambiare potrei non esserci più!»
Il fiume di parole sembrava aver prosciugato tutte le energie dell'umano che, sospirando, ricadde a terra, nascondendo nuovamente il volto allo sguardo del compagno.
«Koi,» la mano del chieri si posò delicatamente sulla sua testa, accarezzandone i lunghi capelli, scostandoli gentilmente dal viso. «Sono sempre io.» Si rendeva conto che era la cosa più stupida che potesse dire ma, per un chieri, quella era una situazione più che normale, tanto normale per lui quanto doveva essere drammatica per l'umano.
Emyn sollevò il volto, guardando Hisie dalla testa ai piedi. «Non si direbbe,» commentò sarcastico. «Ti ricordavo diversa, l'ultima volta che ci siamo visti.»
Hisie si inginocchiò accanto a lui, afferrandone il viso e sollevandone il mento. «Credi che io mi diverta, koi?» Posò le labbra su quelle dell'umano, sperando che non si ritraesse al contatto. «Credi che non abbia tremato all'idea di questo incontro, dalla prima volta che mi sono visto così?»
Emyn chiuse gli occhi, lasciando che il bacio di Hisie lo coinvolgesse, lo trascinasse in contatto più profondo ma, quando le sue mani si posarono sul corpo del chieri, la reazione fu inevitabile e non poté trattenersi dall'allontanarsi da lui.
«Mi spiace,» cercò di scusarsi, alzandosi rapidamente e allontanandosi verso la porta che conduceva verso le gallerie del Popolo delle Forge. «Non posso, non ci riesco...»
Solo giunto nei pressi del proprio alloggio, Emyn trovò la forza di fermarsi. Si lasciò andare contro la parete di nuda roccia, nella semi oscurità di quel tratto di galleria, felice di non aver incontrato nessuno. Con fatica si rimise in cammino, raggiungendo la propria stanza e chiudendosi all'interno.
Si rendeva conto di aver ferito profondamente Hisie con il proprio comportamento, ma non aveva potuto fare altrimenti.
La sorpresa della sua trasformazione, il contatto così intimo con un altro maschio... non importava che fosse Hisie, la sua Hisie, in quel momento non era più una femmina e la sua mente rifiutava anche la sola ipotesi che con un altro maschio potesse esistere un qualunque tipo di contatto più intimo di una pacca sulle spalle.
Il pensiero che Hisie potesse nutrire per lui gli stessi sentimenti, gli stessi desideri di quando era femmina lo faceva sentire a disagio. La cosa migliore sarebbe stata quella di non rivedersi, ma si sentiva quasi un verme al solo formulare quel pensiero.
Il chieri stava subendo la tensione della sua mutazione quasi quanto lui, schiacciato dal dovere nei confronti del suo popolo e dall'amore che nutriva per lui. Ma se Emyn gli avesse detto che era tutto finito forse lo avrebbe lasciato in pace... un senso di disagio ancora più profondo della repulsione strinse lo stomaco dell'uomo.
Lui non voleva essere lasciato in pace. Lui rivoleva indietro la sua Hisie.
Per non pensare ancora Emyn si mise a lavorare, nella semioscurità della sua stanza, raggiungendo ben presto quel livello di concentrazione che non gli permetteva di vedere niente altro che la sua opera e la Dea.


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Il giorno successivo, quando i compiti affidatigli erano stati portati a termine, Hisie si era diretto verso il solito luogo degli incontri. Non sperava di incontrare Emyn, non dopo la reazione del giorno prima. Il chieri era sicuro che avrebbe atteso invano, ma non poteva rinunciare senza fare almeno un tentativo. Se non si fosse presentato, se non si fosse presentato per alcuni giorni di fila, corresse subito la sua mente, allora la decisione di Emyn sarebbe stata chiara e definitiva.
Seduto sul davanzale della finestra che si apriva a strapiombo sulla montagna, Hisie fissava il cielo coperto dalle nubi cariche di neve e ghiaccio. Un'altra tempesta si stava preparando, altri problemi in arrivo per le popolazioni delle foreste che vivevano già con difficoltà quell'inverno più freddo dei precedenti.
Era talmente immerso nei suoi pensieri che non si accorse dei passi alle sue spalle. Solo quando la mano si posò delicatamente sulla sua si rese conto di non essere più solo.
«Ero certo che non saresti venuto,» disse, senza voltarsi. Non aveva bisogno degli occhi per riconoscere la persona che aveva accanto.
Emyn si sedette sulla metà libera del davanzale, guardando con espressione vuota il paesaggio che si apriva davanti a loro. «Non era mia intenzione farlo,» ribatté.
Restarono in silenzio, senza il coraggio di dire altro, ognuno chiuso nel timore di pronunciare quella parola che avrebbe potuto ferire il compagno. Emyn con lo sguardo perso nel vuoto, Hisie in attesa di un solo cenno che gli facesse comprendere cosa l'umano volesse fare.
«Credo sia meglio che vada,» disse alla fine il chieri, sospirando. «Non voglio crearti dei problemi, koi.» La mano di Emyn lo afferrò fulminea, prima che potesse allontanarsi. «Stare qui a guardare la valle non è di aiuto a nessuno dei due,» continuò, staccando con fermezza la mano dal suo braccio.
Emyn fissò la mano che il chieri aveva allontanato da sé, con delicatezza ma anche con decisione. Sollevò lo sguardo su di lui, restando incatenato dalle iridi dorate che lo stavano fissando con tristezza.
«Non voglio che te ne vada,» disse piano, abbassando gli occhi. «Sono stato scortese ieri, ma... non ero preparato a questo.»
Hisie trattenne un sorriso, non era una vera accettazione del suo nuovo stato ma era un passo avanti rispetto la fuga precipitosa del giorno precedente. Tornò a sedersi, lasciando vagare lo sguardo verso il folto della foresta, parecchie centinaia di metri più in basso, dove i suoi compagni stavano sicuramente facendo i preparativi per affrontare la nuova tempesta in arrivo.
«Conosco voi umani,» disse poi, tornando a focalizzare lo sguardo su Emyn. «Non vuoi perdere l'amicizia che ci lega, ma non vuoi neppure ammettere l'esistenza di qualcosa che possa essere un continuo naturale all'amore che ci unisce,» l'espressione tra lo stupito e il ferito dell'uomo lo divertì, più che preoccuparlo. «Hai sempre saputo che siamo in grado di comunicare con il pensiero e che riesco a leggerti dentro come tu leggi nelle profondità delle tue pietre.»
«Non è la stessa cosa,» ribatté Emyn, «potresti leggere cose che non dovresti neppure conoscere.»
Il chieri si alzò, dirigendosi al camino spento. «Come il fatto che provi disgusto al solo pensiero di essere toccato da me?»
Se avesse parlato con odio, forse Emyn sarebbe riuscito a ribattere, volgendo la situazione a suo favore. Ma dalla voce di Hisie traspariva solo una grande tristezza, qualcosa di così profondo che ottenne solo il risultato di farlo sentire in colpa.
«Non posso negarlo,» ammise con riluttanza. «Sono stato cresciuto con la certezza che la sola via fosse quella tra uomo e donna,» continuò senza guardarlo. «Se mio padre avesse saputo che amavo una femmina non umana mi avrebbe preso a frustate... cosa direbbe se decidessi di accettare le attenzioni di un maschio?»
Hisie non rispose, allontanandosi dalla finestra e sedendosi accanto al caminetto. «Se tu non sei in grado di decidere, sarò costretto a farlo io,» disse alla fine. «Non cercherò di farti cambiare idea,» mormorò, mantenendo il tono di voce basso, in modo che non si sentisse l'incrinatura che preannunciava le lacrime. «Non verrò più a disturbarti, ti lascerò il tempo di pensare e di decidere se mi vuoi ancora,» sollevò una mano, per bloccare le proteste di Emyn. «Non voglio solo la tua amicizia, koi, rivoglio il mio amante e se non sarai in grado di restituirlo a me, allora preferisco piangerne la perdita per sempre.»
Emyn restò in silenzio, incapace di mentire sulle possibilità che questo potesse accadere. «Cosa farai?»
Il chieri si alzò, indossando il folto mantello di pelliccia. «Tornerò qui tra un mese, quando la luna maggiore sarà nuovamente piena. Se non ti vedrò potrò piangerti per il resto della mia vita.»
Hisie uscì dalla sala quasi di corsa, lasciando Emyn da solo a fissare il punto dove pochi istanti prima si trovava.
Un mese, si disse l'umano, cosa poteva cambiare in un mese?


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Forse per un chieri un mese sarebbe passato inosservato ma Emyn, come umano, avrebbe dovuto sapere che nei pochi giorni necessari a Liriel per essere nuovamente piena nel cielo poteva capitare di tutto.
Alcuni giorni dopo il loro ultimo incontro, il più anziano degli Anziani venne accolto tra le braccia di Sharra e il suo corpo bruciato per raggiungere la divinità. Tutto il popolo pianse la sua morte e, finite le cerimonie, un nuovo Anziano venne nominato al suo posto.
Nel contempo, dal villaggio dove viveva la vera famiglia di Emyn giunse la notizia del matrimonio di una delle sue sorelle ma, come per tutti gli inviti che l'avevano preceduto, lui decise di rifiutare per non abbandonare il Popolo che l'aveva adottato.
Come se tutto ciò non bastasse, l'ispirazione datagli dal periodo di lontananza di Hisie - la sua Hisie, non il nuovo Hisie - stava esaurendosi, lasciandolo nel più totale vuoto creativo. Restava per ore a fissare il nulla, nella speranza che gli oggetti che aveva intorno gli parlassero, ma tutto era muto alle sue orecchie.
Per tutta la durata del periodo concessogli dal chieri per prendere la sua decisione, Emyn non pensò mai a quello che avrebbe dovuto rispondergli, limitandosi a crogiolarsi nei ricordi del recente passato, rimpiangendo quello che non gli sarebbe più stato restituito.
Il crollo definitivo avvenne quando venne a sapere che gli Anziani non avrebbero chiesto a lui un gioiello per adornare il capo del loro nuovo membro. Non se la sua crisi creativa fosse continuata e se tutti gli oggetti creati dalle sua mani avessero continuato a sembrare completamente privi di vita.
Emyn si rinchiuse nella sua piccola stanza, con la sola compagnia della fiamma del braciere che utilizzava per riscaldare il metallo prima di lavorarlo. Rifiutò qualunque visita e il cibo che regolarmente le donne del Popolo gli portavano restò intoccato fuori dalla soglia della sua stanza, mentre lui continuava a meditare sulla sua situazione e si rendeva conto che, volente o nolente, tra pochi giorni Hisie avrebbe preteso una risposta e che, se non l'avesse trovato al solito posto, sarebbe sceso anche nelle lunghe gallerie del Popolo per trovarlo e scoprire cosa sarebbe stato del suo stesso futuro.
Nessuno degli Anziani tentò di parlare con lui. La solitudine, la fame e la fiamma lo avrebbero portato più vicino alla loro Dea e, a quel punto, sarebbe riuscito a capire cosa fare. Se ciò non fosse accaduto probabilmente non lo avrebbero trattenuto se avesse deciso di andarsene.


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Quando il mormorio creato dalle voci delle donne si perse nei corridoi che portavano lontano dalla sua stanza, Emyn iniziò a sentirsi terribilmente solo. Aveva sperato fino a quel momento che se ne andassero, che lo lasciassero solo con i suoi pensieri ma, non appena questo desiderio fu esaudito, l'uomo si rese conto di non essere pronto per restare senza distrazioni. Non si sentiva ancora in grado di affrontare il silenzio che lo circondava.
Assurdamente pensò che, escludendo Hisie dalla sua vita, questo silenzio si sarebbe propagato all'infinito, lasciandolo separato anche dagli altri componenti del Popolo che fino ad allora lo aveva ospitato, escludendolo persino dal contatto che era riuscito a creare con la Dea.
Il pensiero di Sharra gli riportò alla mente le parole degli Anziani, quando lo avevano giudicato inadatto per la realizzazione degli oggetti che avrebbero adornato la figura del nuovo Anziano. Oggetti senza vita, avevano detto, bellissimi, era indubbio, ma privi di quella scintilla che aveva brillato nelle opere che lui aveva creato fino a poche settimane prima.
E di chi era la colpa? Emyn non poteva fare a meno di essere sarcastico a riguardo: la colpa risiedeva solo nella necessità di Hisie di accettare la volontà degli Anziani del suo popolo, invece che pensare a loro due.
"E ritieni questa sua scelta così impossibile da accettare?" l'immagine dell'Anziano, morto poco tempo prima, sembrò brillare nella luce del braciere, condensandosi davanti ai suoi occhi come una brina dorata.
Emyn restò a fissare la fiamma a bocca aperta, incapace di rispondere. Non si chiedeva come ciò potesse essere possibile ma, solo, cosa poteva saperne quel vecchio della sua situazione.
"Solo perché sono morto non significa che non comprenda i problemi di chi ho lasciato indietro," il tono piccato era esattamente quello che l'Anziano avrebbe usato per rimproverarlo di una mancanza nei confronti della comunità. "Anzi, non ritieni possibile che la mia vicinanza alla Dea possa rendermi la persona più adatta per comprendere certe cose?"
Emyn annuì, sempre a bocca aperta, mentre davanti ai suoi occhi la figura dell'Anziano sembrava prendere forma, pur mantenendo una sorta di traslucida trasparenza.
"Guardati intorno, ragazzo! Non credi che anche tu, nelle stesse sue condizioni, ti saresti sentito in dovere di obbedire al volere degli Anziani?" Emyn non rispose, assumendo invece un'espressione cupa e contrariata. "Se la vita del Popolo dipendesse dalla tua obbedienza, TU non avresti accettato, anche se contro la tua volontà?"
Emyn scosse la testa con rabbia.
"Avresti condannato il tuo Popolo a morte certa?" chiese incredulo lo spirito. "Non posso crederlo, sono veramente sbalordito!"
«Se Hisie si fosse rifiutato, al suo Popolo non sarebbe accaduto nulla!» disse finalmente, senza cercare di trattenere tutte le emozioni che covavano dentro di lui. «Il suo rifiuto non avrebbe causato nulla! Nulla!»
Il vecchio scosse la testa sconsolato. "Ma se lui si fosse rifiutato, anche altri lo avrebbero fatto e, ben presto, nessuno avrebbe più accettato di trasformarsi, non se la cosa non fosse stata utile anche per loro stessi e non solo alla comunità!" L'Anziano si avvicinò a Emyn, chinandosi sulle ginocchia in modo da poterlo fissare negli occhi. "Questo è un comportamento degno della tua razza, non della nostra. Non è così che un rappresentante dei Popoli delle Forge e dei chieri si comporterebbe."
Il vecchio si rialzò, avvicinandosi al tavolo da lavoro del giovane, osservando con occhio critico gli oggetti in diverse fasi di lavorazione posati su di esso.
"È triste," commentò, "non avere più la possibilità di toccare questi oggetti. Di sentire la linfa vitale scorrere all'interno delle pietre e dei metalli." Si voltò nuovamente verso il giovane, ancora seduto a terra, con le spalle al muro. "Hai perso il contatto con la Dea, figliolo," disse, tristemente. "Da quando non riesci più a vedere oltre la superficie dei cristalli che lavori? Non da molto, direi. Fino al giorno della mia morte eri ancora in grado di creare oggetti degni della Sua ammirazione."
Emyn si rannicchiò contro la parete, cercando di escludere la voce dello spirito. Non aveva bisogno di qualcuno che gli ricordasse in quale baratro era precipitata la sua vita da un mese a questa parte. Un incubo che sarebbe comunque terminato presto.
"Qui credo che tu ti stia sbagliando," continuò imperterrito l'Anziano, sedendosi sul letto di Emyn, quasi come se fosse nella sua intenzione fermarsi a lungo. "Se non riuscirai a vedere oltre non ritroverai più la strada. Ma non ci riuscirai finché ti limiterai a guardare solo a pochi millimetri sotto la superficie."
Quando Emyn si voltò verso il letto, l'Anziano era svanito nel nulla e solo una leggera nebbiolina restava a prova dell'apparizione. Vi si avvicinò lentamente, accarezzando con cautela le coperte, come alla ricerca di qualche traccia di calore lasciata dal corpo evanescente dell'Anziano.
Nascosta tra le pieghe della pelliccia che ricopriva il letto un frammento di matrice brillava debolmente alla luce della fiamma.
Era una gemma minuscola, probabilmente una scheggia staccatasi dal corpo più grande di una pietra che lui stesso aveva tagliato e lavorato. Nonostante ciò, persino nella sua minuscola bellezza, al suo interno si nascondeva la potenza della Dea venerata dal Popolo.
Un elemento isolato della gigantesca matrice che le antiche leggende volevano essere il cuore pulsante del pianeta ma, anche se lontana da essa, la scheggia azzurra brillava come di vita propria, più luminosa delle pietre più massicce che decoravano le sue ultime creazioni.
Emyn restò a fissare il frammento. Poteva scorgere il volto di Sharra in ognuno dei piccoli arcobaleni che la luce della fiamma traeva dai suoi angoli.
Gli oggetti inconclusi che giacevano sul suo tavolo erano del tutto simili a quelli creati da suo padre, quelli che i rappresentati del Popolo con cui era abituato a commerciare non avevano mai preso in considerazione.
Erano freddi, frutto del calcolo e del ragionamento. Non creati dall'ispirazione o sull'onda di un sogno. Potevano essere dati ai nobili comyn che abitavano le regioni un tempo popolate solo dai chieri, ma nessuno del suo Popolo li avrebbe mai accettati.
Emyn restò a fissare il piccolo frammento di luce azzurra che stringeva tra le dita. Una piccola goccia del sangue del pianeta. Una lacrima che la Dea aveva versato per lui.
Si sedette al tavolo da lavoro, liberandolo da tutti gli oggetti che lo coprivano, lasciando al centro del ripiano solo la piccola gemma, posata su un panno scuro.
Ripensò alle parole dell'Anziano. Cosa avrebbe fatto lui se gli avessero detto di andarsene? Se la sua presenza fosse diventata un peso per il Popolo e se gli fosse stato imposto di tornare tra la sua gente? Avrebbe accettato senza ribattere?
L'espressione di Emyn si rabbuiò. Era certo che l'avrebbe fatto, sapeva che nessuna delle decisioni degli Anziani era presa a cuor leggero, e doveva essere stato lo stesso anche per Hisie. Nel momento di scegliere tra la sua stessa vita e il bene dell'intera comunità, aveva accettato l'imposizione, anche se sapeva che il suo futuro sarebbe stato messo in difficoltà.
Quasi senza accorgersene le sue mani iniziarono a lavorare sul frammento di pietra. Seguendo linee invisibili tracciava il disegno di come la filigrana di rame avrebbe abbracciato la scheggia e di come si sarebbe integrata nella struttura completa del gioiello. Ancora non sapeva cosa sarebbe diventato, non lo scopriva mai se non quando il lavoro era completamente terminato, si lasciava trascinare dalle voci delle pietre e della Dea che, sussurrandogli febbrilmente, gli indicavano la strada da seguire.
All'immagine di Sharra, incatenata per volere di Hastur, si sovrappose quella di Hisie. Non sembrava esservi differenza tra di loro, la figura fiammeggiante si fondeva all'algida bellezza del chieri, mentre le catene li univano in un destino che andava ben oltre il loro desiderio.
Quando si ridestò, Emyn aveva tra le mani un delicato collare, un intreccio finissimo di filigrana di rame e di argento, che racchiudeva nella parte centrale la scheggia di matrice, splendente e vitale nonostante le sue minuscole dimensioni.
"Ora dimmi cosa è cambiato in quel piccolo cristallo?" la voce dell'Anziano risuonò nella sua mente, leggera come il fumo che si levava dalla fiamma morente del braciere. "La sua nuova forma ha forse modificato la sua essenza? In quello che tu vedi potresti trovare la risposta, altrimenti... è stato un piacere parlare con te!"
La stanza di Emyn, così come la sua mente, piombarono nel silenzio e nell'oscurità. Solo la luce che scaturiva dal nuovo gioiello sembrava pulsare lentamente, quasi in accordo con il suo cuore.
Capiva quello che le parole dell'Anziano significavano. Sotto l'apparenza di maschio si nascondevano ancora il cuore e l'anima della sua Hisie. Ma lui non voleva stringere a sé il corpo sgraziato di un altro maschio, voleva poter riabbracciare il corpo flessuoso della femmina di cui si era innamorato. "Perché lui l'aveva amata solo per via del corpo e dello sguardo che lo avevano stregato," concluse qualcuno per lui.
I suoi pensieri si raggelarono.
Non era vero, cercò di rispondere, lui non aveva amato Hisie solo per il suo corpo. Certo, il suo aspetto era stato quello che aveva attratto la sua attenzione, ma poi era andato ben oltre, imparando ad amare e comprendere una personalità molto più complessa e profonda di quella di qualsiasi rappresentante della sua razza che avesse mai incontrato. Ma adesso era tutto cambiato.
"Come è cambiato quel gioiello," disse nuovamente la voce, "cambiato a tal punto che non è più riconoscibile."
La prima volta che lo aveva visto non lo aveva riconosciuto, continuò imperterrito Emyn. Si era limitato a guardarlo, invece che osservarlo con attenzione... così come aveva fatto fino ad allora con il suo lavoro, senza perdere neppure un istante ad ascoltare quello che si nascondeva sotto la superficie prima di decidere cosa fare.
Emyn balzò in piedi, solo per ripiombare a sedere sul letto. Non sarebbe stato in grado di farlo. Hisie era un maschio, lui non era in grado di sopportare la cosa.
Ma come poteva esserne certo, se non provava neppure a mettersi in gioco? Hisie lo aveva fatto, lui non ci aveva neppure provato. Emyn restò come in attesa, ma questa volta era stata la sua voce a parlare, non quella dell'Anziano.
Si alzò lentamente, avviandosi verso la porta, dirigendosi verso i corridoi che portavano alla superficie, al vecchio castello dei comyn. Non sapeva neppure cosa avrebbe fatto, quanto avrebbe dovuto attendere per vederlo e se, nell'attesa, non avrebbe invece deciso di scappare, di fuggire nuovamente da lui.


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Quando Emyn irruppe nel salone, Hisie stava fissando con interesse le nubi che andavano ad ammassarsi sulla cima delle montagne che circondavano la stretta vallata. Sembrava l'inizio dell'ennesima tempesta ma, nell'andamento delle nuvole, nel modo con cui si stavano accumulando, per poi separarsi di nuovo, poteva scorgere una sorta di danza inconcludente. Forse il brutto tempo stava per finire o, almeno, concedere una pausa.
Il chieri aveva deciso di salire fino a quel punto di osservazione proprio per studiare il tempo e non si aspettava di vedere Emyn, in anticipo rispetto alla scadenza che gli aveva concesso e che, ne era certo, avrebbe evitato con cura, piombare nel salone deserto come qualcuno che temesse di arrivare in ritardo per un grande ricevimento.
Emyn rimase a fissare il chieri, indeciso se essere felice di averlo trovato lì, meditando su cosa dire e, soprattutto, come dirlo.
«Hisie,» disse, dopo essere riuscito finalmente a riprendere fiato.
«Ben arrivato, Emyn,» il chieri mantenne un tono neutrale, nonostante l'apparente fretta dell'umano nel raggiungere il loro luogo segreto, questo non stava automaticamente a significare che era lì per lui.
«Io...» Emyn si avvicinò alla finestra, «cosa stai facendo?»
Hisie sorrise, tornando a fissare le nubi. «Ottimo tentativo di cambiare discorso,» disse. «È il solo luogo che conosco da cui si riescono a vedere i movimenti delle tempeste, senza che gli alberi o le montagne coprano le nubi.»
«Non volevo cambiare discorso,» protestò vivacemente Emyn, voltando le spalle al panorama. «Non cercare sempre di convincermi che sto facendo qualcosa che in realtà non sto pensando!»
Il chieri si mise a ridere. «No?» chiese. «Allora dimmi cosa ci fai tu qui, Emyn.»
L'umano si staccò dalla finestra, camminando lentamente verso il camino e sedendosi davanti ad esso, fissando la fiamma inesistente. «Volevo vederti,» rispose semplicemente. Hisie rimase in silenzio. «Non so quanto sia passato dall'ultima volta ma... è stato un incubo.»
«Mi hai visto,» commentò laconico il chieri, «puoi tornare dalle tue pietre.»
Emyn si alzò di scatto, raggiungendo Hisie e afferrandolo per il bordo della casacca. «Perché mi tratti così, Hisie? Sono qui, dopotutto!»
Il chieri afferrò le mani di Emyn e le allontanò da sé, senza difficoltà. «La cosa mi rende felice, ma non cambia la situazione. L'ultima volta te ne sei andato pensando che starmi vicino fosse la cosa più disgustosa che potesse mai capitarti. Tu non hai ancora detto nulla di diverso e, per me, non è cambiato ancora nulla da allora.»
Emyn tornò ad allontanarsi, fermandosi davanti al camino. Sapeva che sarebbe stato difficile. Forse era meglio se avesse aspettato, aspettando di essere più sicuro di se stesso, cosa che in quel momento, grazie al poco aiuto che stava ricevendo, non era di certo.
«Non dare la colpa a me, Emyn,» Hisie si avvicinò a lui, bloccandolo contro il muro. «Tu sai benissimo quello che voglio, senza eccezioni!»
Le labbra del chieri si posarono su quelle dell'umano, costringendolo a un bacio. Emyn artigliò il mantello di Hisie, ma non cercò di sottrarsi al contatto e, nonostante il vortice di emozioni contrastanti che arrivavano alla mente del chieri, attese che fosse Hisie il primo ad interrompere il contatto.
I due rimasero a fissarsi per un lungo istante. «Basta come risposta?» chiese alla fine Emyn, lasciandosi cadere sul bordo del camino.
Hisie sorrise, sedendosi alle sue spalle e avvolgendolo nel mantello, stringendolo a sé. «Sì,» rispose semplicemente.
I muscoli di Emyn iniziarono a rilassarsi lentamente, cedendo al calore dell'abbraccio ma, dopo qualche minuto, sembrò ridestarsi, iniziando a divincolarsi dalla stretta. Hisie allargò per un attimo le braccia, permettendo all'umano di raggiungere la tasca interna della sua tunica e di estrarre un oggetto che ricordava solo in quel momento di essersi portato dietro.
«Questo sei tu,» disse alla fine, mostrando il gioiello che lo aveva riportato alla luce.
Hisie prese tra le mani il leggero intreccio di filigrana, fissando con occhio critico la piccola matrice incastonata al centro come un minuscolo pendente. «In effetti mi somiglia,» commentò, restituendolo al creatore.
«È tuo,» Emyn fece cenno al chieri di chinare il capo, per permettergli di chiudere l'ultima maglia lasciata incompiuta.
Hisie passò le dita lungo il disegno del gioiello, sentendo sotto di esse il calore della piccola matrice diffondersi lungo tutta la struttura di filigrana per adattarsi a quella del suo stesso corpo.
«Perché?»
Emyn sorrise, tornando ad appoggiarsi al petto del compagno. «Ti amo ancora,» rispose, irrigidendosi involontariamente quando le braccia di Hisie si strinsero attorno a lui, coprendolo con il caldo mantello di pelliccia.
Hisie sorrise, per nulla turbato dalla cosa. «L'ho sempre saputo, koi,» rispose piano, percependo il progressivo rilassarsi della muscolatura dell'umano. "Devi solo riscoprire come."









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Disclaimers

A causa del freddo inverno, ad Hisie è richiesto di cambiare sesso. Quando si incontra nuovamente con Emyn recuperare la situazione non sarà semplice.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008