E' così, dunque. Questa è la fine.»
Damon fissò la Custode seduta di fronte a lui, alla ricerca di una risposta rassicurante. «Questa potrebbe essere la fine,» precisò.
Fiona lo guardò, mentre un accenno di sorriso privo di allegria le saliva alle labbra: i sentimenti che l'Aldaran provava da sempre per lei lo avrebbero spinto a negare perfino l'evidenza. «La visione era troppo chiara per lasciare adito a dubbi,» concluse con un piccolo cenno della mano, come a liquidare la questione. «Hai il donas in forma quasi pura, lo sappiamo entrambi. In passato, ogni volta che la visione è stata così nitida i fatti si sono sempre avverati.»
«Fino ad oggi,» tentò debolmente di ribattere il Meccanico. «E poi, anche se si trattasse di una premonizione veritiera, chissà quanto avanti nel tempo si verificherà.»
La Custode represse a stento un sospiro: certe volte il suo amico sapeva essere così ostinato... «Damon Aldaran, non sono più tanto giovane. Su di me i segni del tempo si possono ormai notare da un Solstizio all'altro. La Custode della tua visione mi assomigliava molto e,» alzò un dito per evitare che lui l'interrompesse, «prima che tu mi faccia quest'obiezione, sappi che i capelli delle donne della mia famiglia imbiancano in fretta.»
«Ma non puoi arrenderti così! Ora che sai come andranno i fatti, potrai cercare di evitare il pericolo. In fondo ti basterebbe non intervenire...»
Il lampo che mandarono gli occhi della donna avrebbe intimidito Aldones in persona. «E lasciarla morire? Come osi anche solo pensare che ne sarei capace?»
«Ma devi farlo!» La nota disperata nella voce dell'uomo ebbe il potere di spegnere quel breve sprazzo d'ira. «Sei la nostra Custode: senza di te la Torre di Elvas cesserebbe di esistere,» il tono si abbassò impercettibilmente. «E poi non sai se davvero riusciresti a salvarla: la visione si interrompe prima.»
La Custode si appoggiò stancamente allo schienale della sua poltrona. «Se esiste anche una sola possibilità, sai che lo farò.»
L'Aldaran si alzò e andò ad aggiungere un pezzo di legno al fuoco che cominciava ad affievolirsi nel camino. Uno sbuffo di fumo lo raggiunse, irritandogli gli occhi. Si sollevò, battendo le palpebre. «Hai ragione: lo so. E proprio per questo non riesco a rassegnarmi.» Tirò uno sgabello accanto alla poltrona e si sedette in modo da guardarla in viso. Quel gesto così diretto sottolineava meglio di cento parole quanto fosse intenso il loro rapporto e quanto antica la loro amicizia. «Tu hai realizzato il mio sogno. Hai dato a tutti noi modo di esplorare sentieri che altrimenti sarebbero rimasti sconosciuti. Ci hai fatto esprimere al meglio delle nostre potenzialità. Non puoi lasciarci. Non lo accetto.»
«Sono una Custode, e non devo motivare le mie scelte.» A dispetto della durezza delle parole, la voce della donna esprimeva un forte sentimento di pietà. «Grazie a te e al tuo sogno ho potuto fare cose che non avrei mai neppure immaginato. Ti sono grata, amico mio, per questo viaggio incredibile che abbiamo fatto insieme. Voglio che tu sappia che ne ho apprezzato ogni singolo istante. E voglio anche che tu sappia che quando sarà il momento di terminarlo, lo farò senza dolore, con la consapevolezza che ciò che abbiamo realizzato non andrà perso.» I suoi occhi cercarono quelli dell'Aldaran. «Nulla di quanto potresti aggiungere sarà in grado di farmi cambiare idea.»
Consapevole della verità di quell'affermazione, l'uomo si chinò in avanti, appoggiando il capo sul bracciolo della poltrona e lasciando che il suo dolore li avvolgesse entrambi come una coperta.
Lentamente, Fiona di Elvas allungò una mano e gli accarezzò i capelli.
