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[torna a Racconti] [E.S.T. dE +2, febbraio (26)] [Credits & Disclaimers]



La prova generale

Gwennis n'ha Hannah

Gwennis finì di infilarsi gli stivali e si alzò dal letto. «Stasera resterò alla Gilda, e forse non verrò a dormire da te per qualche giorno,» disse a Shann. «Abbiamo un gruppo di Sorelle in visita da Neskaya, e stasera c'è la cena conviviale. E voglio farmi trovare al mio posto alla mattina... non voglio che pensino che trascuro i miei doveri per stare con te, soprattutto da quando resti più spesso a dormire qui alla bottega. Noi sappiamo che non è vero, ma è inutile suscitare pettegolezzi.»
In piedi accanto alla finestra, Shann aveva le orecchie basse, ma annuì. Dopo due giorni, i lividi del Vento Fantasma cominciavano a svanire, grazie anche a un notevole ammontare di tenere cure. Accennò al fagotto addormentato che aveva in braccio. «Vuoi che tenga io Aengus, se hai tutti questi impegni?»
«No, preferisco di no.» Gwennis apparve imbarazzata, poi sorrise. Gli prese il bambino. «Un giorno te lo dovrò lasciare definitivamente... prima di allora preferisco tenermelo vicino il più possibile.»
«Ne possiamo sempre fare un altro,» suggerì entusiastico Shann.
Gwennis fece una smorfia. «Scemo,» disse in tono di amichevole rimprovero. Andò alla porta della camera da letto e l'aprì. «Credo di non avere più l'età per restare di nuovo incinta.» Assestandosi Aengus sul fianco, appoggiò la mano sul petto di Shann. «Non che non si possa provare, comunque.»
Lui rise sottovoce e chinò la testa a baciarla, prendendola alla nuca sotto la treccia.
«Kiyu Shann, kiya Gwennis, siete svegli!» esclamò Alban apparendo sulla porta.
I due fecero un balzo indietro. «Alban!» abbaiò Shann. «Non puoi bussare?»
«La porta era aperta,» annaspò il ragazzo, abbassando lo sguardo. «Vi ho preparato la colazione...»
Gwennis roteò gli occhi, poi diede una gomitata a Shann e rivolse un sorriso incoraggiante ad Alban. «Oh, grazie, sei stato carino,» disse, «ma io sono già in ritardo...» Le sue guance si tinsero di rosso. Andò in fretta alla porta, salutò con un cenno della mano e uscì con Aengus in braccio.
Shann fissò per un attimo la porta, poi si rivolse ad Alban. «Bene,» disse, incrociando le braccia sul petto. «Si parlava... uhm... di colazione.»
«È sul tavolo,» disse Alban senza guardarlo. Si girò e lo precedette nella stanza principale accanto alla bottega. Aveva preparato pane nero con miele, marmellata e una brocca di latte fresco. Rimase in piedi accanto al tavolo con aria ansiosa.
Shann fece un sorriso a labbra strette. «Bel lavoro,» disse. Si sedette, prese una fetta di pane e un po' di miele, e lo mangiò in silenzio.
Alban si schiarì la gola. «Non hai cambiato idea su quella cosa, kiyu Shann?»
Shann sospirò e lo guardò da sotto le sopracciglia. «No.»
Il ragazzo giocherellò con il lembo del tovagliolo nel cestino del pane. «Ne sei sicuro? Non ne abbiamo neanche davvero parlato...»
«Credimi, un giorno capirai che è meglio così.»
Alban si girò di scatto e si diresse verso la porta. «Dove vai?» gli chiese Shann.
Il ragazzo si fermò sulla soglia. «Da nessuna parte,» disse, e scrollò le spalle. «Non è che abbia molto da fare, no?» E con questo corse via, chiudendo seccamente la porta.
Shann lasciò cadere la mano che aveva teso. «Bravo,» si disse. «Proprio bravo.»
Il cielo era luminoso, quindi, malgrado l'uscita frettolosa e il vento freddo, Gwennis ora camminava canticchiando sulla strada che conduceva alla Loggia, prendendosela comoda in vista di alcuni giorni molto frenetici. Sentì un rumore di passi in corsa e si voltò. Era Alban. La donna si fermò, immaginando che il ragazzino fosse ancora imbarazzato per l'incidente di poco prima. Shann aveva insistito per tenerlo con loro finché si fermava a Elvas, e Alban era una compagnia simpatica, ma certe volte la convivenza era difficile, sia per l'eccessivo entusiasmo del ragazzo che per certe freddezze di Shann. Alban non aspettò neppure di aver ripreso fiato e disse: «Ti posso chiedere una cosa, kiya Gwennis?»
«Certo,» disse lei con un sorriso un poco preoccupato, temendo che Alban dopo la scena di quella mattina volesse chiederle delle api e dei fiori.
Timidamente, Alban accennò alla daga che Gwennis portava in vita. «Mi insegni a usare la spada?»
La donna sgranò gli occhi. «Ma io credevo che la sapessi usare! Hai fatto tutto quel viaggio da solo...»
«Ebbene, sì, anche mia mamma lo credeva,» ammise candido Alban.
«Piccolo incosciente!» sbottò Gwennis.
«Insomma, certo che la so usare. Ma non così bene come vorrei.»
Gwennis sospirò. «Vieni, cammina con me per un tratto,» disse, avviandosi di nuovo verso la Loggia. «Io so usare la spada, ma non sono poi così brava. Perché non lo chiedi a Shann? Lui è un professionista.»
Alban abbassò gli occhi. «Gliel'ho chiesto. Lui non vuole.»
«Davvero?» esclamò Gwennis, sorpresa. «Perché?»
«Mi ha detto che non fa per me. Ma non è una risposta!» Il ragazzo diede un calcio a un sasso. «Io credo che sia perché... perché non vuole che io diventi un soldato. Non vuole che io diventi come lui.»
Gwennis si strinse Aengus al petto. «Shann ha sofferto molto nella sua vita di soldato,» disse. «Ma è vero che è un mondo pericoloso. Se io non sapessi usare la spada, non so se tuo zio sarebbe ancora vivo, adesso.»
«Allora mi insegnerai?» disse Alban, improvvisamente felice.
Stavano varcando la soglia della sala comune della Loggia. Alcune Sorelle che si stavano avviando ai loro doveri alzarono lo sguardo sull'insolito spettacolo di Madre Gwennis tallonata da un ragazzino, invece che da qualche novizia o dal grosso tappeto ambulante che rispondeva al nome di Shann McKee.
«Non so se posso farlo,» ammise Gwennis.
«Certo che puoi! Tu sei una Rinunciataria, puoi fare tutto!»
Gwennis rise. «Si vede che ti ha allevato tua madre!» Si chinò a guardarlo bene in viso. «Alban, io sono fermamente convinta di avere il diritto di fare tutto; e ce l'hanno tutte le donne, se solo lo sapessero e fossero in grado di esercitarlo. Ma qui non si tratta di questo. Le decisioni per te non le devo prendere io: devono prenderle tua madre e i tuoi zii. È una questione di famiglia, capisci.»
Alban arricciò il naso. «Capisco solo una cosa, che per voi non sono altro che un bambino!» Si girò con rabbia e corse verso l'uscita della sala.
«Sì, se te ne vai a questo modo,» disse con calma Gwennis, ad alta voce.
Alban si fermò sulla soglia. Si girò e le rivolse uno sguardo di tale infelicità da spezzare il cuore.
«Torna qua,» disse Gwennis. Quando Alban fu di nuovo vicino a lei, con lo sguardo agli stivali, lei gli disse: «Parlerò con Shann, vedremo cosa possiamo fare, va bene? Ma tu non sentirti offeso se lui ti tratta così. Le cose andranno meglio, vedrai.»
Alban la guardò senza rialzare il viso, e lei vide in quell'espressione la parentela con suo zio. Doveva esserci un modo per riconciliarli...


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Alban tornò verso la bottega di Shann, tirando calci ai sassi. Andò alla stalla a sellare il suo pony. Non aveva intenzione di incontrare di nuovo Shann, non prima di aver riflettuto su quello che gli aveva detto Gwennis. Ma mentre conduceva fuori il cavallino vide suo zio che usciva dalla porta principale della casa. «Alban... posso parlarti?»
Il ragazzo fece un cenno del capo e rimase a giocherellare con le redini. Shann sedette su una staccionata, con sguardo contrito. «Temo di essere stato troppo brusco con te. Mi dispiace.»
Alban rialzò gli occhi, sorpreso. «Non devi scusarti. Capisco come ti senti.»
«No, non credo proprio,» disse Shann, tristemente.
«So che a te non va l'idea che io impari a usare bene la spada... temi che io voglia seguire le tue orme.» Alban accarezzò il muso del cavallo. «Io non voglio fare il soldato. Voglio viaggiare, voglio studiare. Ma voglio anche sapermi difendere...»
Shann annuì. «Lo so. Infatti... sì, è vero, temo anche quello. Ma non solo quello.»
«E allora cosa? Sei sempre così a disagio con me...» Gli occhi di Alban si riempirono di lacrime. «Come posso darti torto?» sbottò. «Sapendo chi sono... e come sono nato... Per te devo essere un brutto ricordo continuo.»
Shann sollevò le sopracciglia. «No, Alban, non è vero.» Balzò giù dalla staccionata, si avvicinò e gli mise le mani sulle spalle. «È bello averti qui,» disse con un sorriso. «Ogni giorno crei nuovi ricordi, e sono tutti belli. Anche Gwennis è contenta, e Aengus si trova bene con te.»
«E allora cos'è? Pensi forse che io potrei essere come... come lui
Shann lasciò ricadere le mani. «No. Beata Evanda, no. Non potresti mai.» Chiuse gli occhi e sospirò. «Ma è vero che è difficile dimenticare... passano gli anni, ma io me lo vedo sempre davanti... quella bestia.»
Alban inghiottì a vuoto. «Mio padre?» disse con voce sottile.
Shann evitò il suo sguardo, poi si girò e lo fronteggiò. «No. L'uomo che lo ha ucciso.»
Il ragazzo rimase a bocca aperta, scuotendo lentamente la testa. Si strofinò il pugno su un occhio. «Non dire così...»
«Tu hai tutta la vita davanti, Alban,» disse Shann. «Sai che se lo vuoi potrai essere tutto ciò che desideri. Ma io non posso nascondermi da quello che è già successo.» Scosse bruscamente la testa. «Di questo, tu non hai alcuna colpa. Cercherò di comportarmi meglio con te, d'ora in poi.»
«Non sei obbligato,» disse Alban, imbronciato.
Shann sorrise. «Sei un caro ragazzo, lo sai, Alban? Meriti di essere trattato bene. E poi... quando guardo te penso a quando Aengus avrà la tua età. Gli dei mi hanno dato per un poco l'opportunità di una prova generale con te. Non voglio fallire.»
Finalmente anche Alban sorrise. «Mi sarebbe piaciuto avere un padre come te,» disse.
«Tua madre è ancora giovane,» replicò Shann. «Chi può dire che cosa ci sia nel suo futuro?»
Alban sospirò. «La mamma è sempre così triste...»
Shann si incupì al pensiero della sorella che non vedeva da tanto tempo. Ma non fece in tempo ad aggiungere qualcosa che vide i suoi ex subordinati Edric e Dyan MacAran avvicinarsi lungo la via arrossata dal primo sole che spuntava fra le nubi. Li accolse con un cenno della mano.
«Capitano,» lo salutò Edric, abbassandosi il cappuccio dai capelli biondi. «Stavamo cercando proprio voi. Abbiamo appena parlato con Dom Damon...»
«Vi ha ricevuto così presto?»
«Sì, oggi non lavora nel Cerchio. Avevamo da parlargli di una cosa piuttosto urgente...»
«Che è successo?»
«Proprio voi ce lo chiedete?» disse Dyan in un ringhio sommesso. Più scuro e asciutto del fratello, poteva addirittura sembrare più giovane a chi non sapesse che erano gemelli. «Dopo quello che vi hanno fatto Bertrand e i suoi scagnozzi?»
Shann aggrottò le sopracciglia. «Direi che quello è un problema risolto.»
«Non mi pare proprio!» riprese Edric. «Adesso che Dom Aldaran sa di noi, potremmo aspettarci di tutto.»
«Non possiamo farci niente,» mormorò Shann, cupo.
«Sì che possiamo. Abbiamo proposto a Dom Damon di fondare una guarnigione qui a Elvas.»
Shann sbarrò gli occhi. «Cosa?!»
«Esatto. Dyan e io possiamo addestrare qualche recluta...»
«Io ho anche proposto di arruolare qualcuna delle Rinunciatarie,» aggiunse Dyan, grattandosi la peluria scura sulle guance. «Sanno combattere... Ancora un po' e la vostra donna mi ammazza, il giorno che siamo arrivati!»
«Immagino che tu ti riferisca a Madre Gwennis,» disse Shann, freddo.
Edric diede un'occhiataccia a Dyan. «Nessuno accetterebbe una proposta del genere. Per ora quello che si può fare è radunare una ventina di ragazzi robusti. Voi ne sareste il comandante, e dipendereste direttamente da Dom Damon.»
Shann era senza parole. Alla fine sbottò: «Non se ne parla neanche! Mi sono lasciato alle spalle quella vita. Non voglio neppure addestrare mio nipote a tirare di spada...» Gettò un'occhiata ad Alban, ben consapevole che era ancora lì con le redini del cavallo in mano, anche se il ragazzo faceva di tutto per non farsi notare. «Figuriamoci se voglio ritornare a essere a capo di una guarnigione. Non se ne parla proprio!» Riprese fiato dopo la sfuriata, poi guardò i due, colto da un pensiero. «E Dom Damon che cosa ha risposto?»
I due fratelli si guardarono. «Ebbene, ecco... ha rifiutato.»
Shann si piantò i pugni sui fianchi. «E ci credo!»
«Dice che Elvas non ha bisogno di una guarnigione... che possiamo difenderci con ben più della forza fisica.»
«E dopo tutto questo siete ancora venuti a chiederlo a me?!»
«Ecco... speravamo che voi poteste convincerlo...»
Shann scosse la testa, guardandoli con disapprovazione venata di sincero affetto. «No, non ho intenzione di farlo. Perché capita che io sia completamente d'accordo con lui. Ora, se volete scusarmi, ho da fare.» Si girò per rientrare nella bottega.
Edric sbuffò. «Ne siete sicuro, capitano?» gli gridò dietro. «O non è piuttosto che non volete vedere la verità?»
Shann sentì la rabbia salirgli al viso. Non aveva una risposta, e la paura che Edric avesse ragione lo prese alla gola. Incrociò lo sguardo di Alban, perplesso e ansioso.
Trasse un profondo respiro per calmarsi. Poi si girò, mettendo una mano sulla spalla del ragazzo. «Sapete che cosa potete fare di utile, voi due? Potete insegnare a mio nipote come maneggiare la spada senza tagliarsi un piede. Ma badate bene: dovete solo insegnargli a usarla. Non cercate di arruolarlo per questa vostra guarnigione. Niente racconti mirabolanti della vita di un soldato, niente spacconate... tanto sono solo menzogne. Lo so benissimo che l'altra notte lo avete portato a Castel MacAran, non crediate di averla passata liscia. Lui vuole essere un viaggiatore e uno studioso. Fate in modo che possa diventarlo senza che qualcuno lo ammazzi prima. È chiaro?»
I due fratelli annuirono simultaneamente. «Certo, capitano.»
Alban fece un largo sorriso di gioia. Shann respirò di sollievo. Almeno un piccolo problema era risolto... e quanto al più grande, quello della guarnigione, ci sarebbe stato tempo di pensarci.
«E abbiate cura di lui,» ribadì ai due fratelli. «Come se fosse mio figlio.»









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Disclaimers

Dovendo prendersi cura del nipote appena arrivato al villaggio, Shann sperimenta quello che vorrà dire essere padre quando Aengus sarà cresciuto.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008