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[torna a Racconti] [E.S.T. dE +2, giugno (25)] [Credits & Disclaimers]



Serrais

Idriel n'ha Ysabeth

Su Serrais cadeva una fitta pioggia, che riempiva le strade di una nebbiolina leggera, conferendo a tutto un aspetto spettrale. Idriel sedeva sul bordo del letto che un tempo era stato di sua madre, e guardava affascinata il paesaggio che si profilava dietro la finestra.
Si sentiva a casa.
Questa sensazione le faceva uno strano effetto. La faceva star bene e, allo stesso tempo, quasi la inquietava. Temeva che tornando ad Elvas avrebbe poi sentito la mancanza di Serrais...
Sorrise nel buio della stanza, sentendosi quasi stupida.
Fino a poche settimane prima, sentire la mancanza di Serrais le sembrava una cosa impossibile, la cosa più impossibile, ma da quando era tornata, da quando aveva rivisto tutte le care persone lasciate nella sua città di origine... Si sentiva a casa. Nonostante questo, la Valle continuava ad essere sempre presente nei suoi pensieri. Ogni volta che si lasciava andare e si perdeva nel fiume dei suoi ricordi, delle sue emozioni, il villaggio di Elvas le tornava in mente, nettamente delineato in tutti i suoi più piccoli particolari. Ma la cosa più importante era che quando pensava alla valle, diventava subito felice, serena. Avrebbe tanto voluto raggiungerla, anche solo per un attimo, attraverso il Sopramondo, ma non voleva avventurarvisi da sola, senza nessuno che la controllasse, e non voleva che la proiezione astrale della Torre diventasse poi ancora più visibile... per questo ogni volta ci rinunciava, ma il desiderio era forte.
"Presto tornerò," si diceva sempre. "Presto sarò realmente lì, devo solo aspettare..."
E così aspettava. Aspettava che sua zia portasse a termine tutte le faccende per le quali era venuta, aspettava che i nonni terminassero i preparativi per il viaggio. Aspettava. E nel frattempo la città di Serrais le diventava sempre meno ostile, Idriel cominciava ad odiarla sempre meno, fino a temere di poter sentire la sua mancanza.
Era arrivata a Serrais da circa una settimana, ed era stata una settimana felice. Aveva rivisto tutte le sue sorelle della Gilda di Serrais, i suoi amici, parenti e... i suoi nonni, naturalmente. Loro le erano mancati più di ogni altra persona e quando li aveva visti, quando aveva sentito la voce di Fiora in lontananza in quella grigia mattina durante la quale era arrivata, il suo cuore aveva perso qualche battito. Era letteralmente saltata addosso alla nonna, e per poco non erano finite entrambe a terra. La gioia che aveva provato era stata immensa. Forse non aveva mai, in tutta la sua vita, provato una gioia così grande. Poco dopo, attratto dai rumori, era arrivato anche Jacqual, dalla porta del suo laboratorio sul retro della piccola casa, e quando aveva visto Idriel si era immobilizzato. Le parole: «Ma che sta succede...» gli erano morte sulle labbra. Dall'espressione del suo volto sembrava avesse visto un fantasma. La ragazza ricordava perfettamente quell'espressione: era uno strano miscuglio di stupore, incredulità e gioia allo stato puro, condito da copiose lacrime. Quando, più tardi, Asillin le aveva descritto quale era stata la sua espressione, Idriel si era resa conto che era esattamente la stessa. Idriel amava Jacqual, era stato per lei un nonno, un padre, un fratello, un amico e un maestro. Molte delle cose che conosceva le aveva imparate da lui, come la sua bravura nell'uso del rryl, o il suo modo di combattere. Infatti, parallelamente alle lezioni di scherma tenute alla Gilda, anche Jacqual le aveva insegnato qualche mossa, qualche piccolo trucco. I suoi allenamenti col nonno erano quanto di più divertente potesse ricordare. Ogni volta scommettevano sul tempo che l'uomo avrebbe impiegato per disarmare la nipote...
La prima cosa che Jacqual era riuscito a dire dopo aver rivisto la ragazza, era stata: «Idriel, sei qui? Sei davvero tu? O forse sto sognando?»
«Non stai sognando, nonno.» Aveva risposto lei, tra le lacrime. «Sono qui, in carne ed ossa.»
Allora l'aveva abbracciato con tutta la forza che aveva, come per rassicurarlo, per fargli capire che era realmente lì, davanti a lui, tra le sue braccia. Poi Jacqual aveva cominciato a singhiozzare rumorosamente, rendendosi conto che era sveglio, che non stava avendo alcuna allucinazione o cose simili.
Quella stessa mattina Idriel e Asillin avevano parlato ai due della loro intenzione di portarli ad Elvas. Fiora e Jacqual avevano accettato senza alcuna incertezza, senza alcun tentennamento o dubbio. Avrebbero seguito figlia e nipote ovunque, anche fin nel più profondo degli inferni di Zandru. Fiora aveva mostrato qualche timore all'idea di dover affrontare un viaggio così lungo, ma le rassicurazioni della figlia l'avevano calmata in brevissimo tempo. Dal canto suo, l'unica domanda che Jacqual aveva fatto era legata alla possibilità di aprire una bottega da vasaio, una volta giunti, e aveva chiesto anche se c'era qualche possibilità di trovare un assistente, visto che ormai cominciava a diventare vecchio.
Nel pomeriggio e per tutta la sera, tutti e quattro si erano allegramente seduti al grande tavolo della cucina, per fare progetti e bozze per la costruzione della loro casa. Fiora e Jacqual si erano mostrati in disaccordo su molte piccole cose, ma sulla posizione della casa si erano mostrati fermi e decisi e perfettamente d'accordo: la casa doveva essere il più possibile vicina alla Gilda, in modo tale da poterla raggiungere presto, nel caso succedesse qualcosa, ma anche semplicemente perché dopo tutto quel tempo che erano rimasti separati, i due coniugi volevano avere le loro bambine il più vicino possibile. Erano rimasti seduti attorno al tavolo per quasi tutta la notte, senza che la stanchezza li colpisse minimamente. Era bello essere di nuovo insieme, tanto. A Jacqual e Fiora non dispiaceva affatto lasciare quel luogo, quella casa, quella strada e quella città, così com'era stato per Idriel e Asillin. Ma ora Idriel cominciava ad avere un po' di dubbi a riguardo. Continuò a pensare alla settimana appena trascorsa, fino a quando il sonno la colse, e si addormentò sul letto della madre, con un tenero sorriso stampato sul volto.


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La mattina dopo, l'alba colse Idriel già sveglia e pronta per recarsi alla Gilda.
La strada verso il grosso edificio era breve. Bisognava solo arrivare in fondo alla strada, poi girare un paio di volte a sinistra, e la Gilda di Serrais appariva agli occhi dei viandanti in tutta la sua grandezza. Idriel era sempre stata colpita dalla dimensione di quell'edificio. Era alto circa tre piani, ed era molto ampio. C'era un piccolo cancello, all'entrata, e superato quest'ultimo si entrava in uno spoglio cortile. Sulla destra si trovavano le stalle; sulla sinistra, invece, c'erano l'armeria e la palestra. Procedendo diritto, si arrivava all'ingresso vero e proprio della Gilda: un pesante portone di legno con un piccolo sportello per vedere chi ci fosse dall'altro lato.
Idriel bussò, e dall'interno le rispose la voce di Cassilda n'ha Jaelle, che da pochi giorni aveva prestato Giuramento.
«Chi è?»
«Sono Idriel n'ha Ysa...»
La porta si aprì immediatamente, ancor prima che la giovane Rinunciataria potesse finire la frase.
«Ciao Idriel!» Cassilda la salutò con un ampio sorriso e le disse: «La Madre della Gilda ti stava aspettando. Prego, entra.»
La ragazza oltrepassò il portone, chiedendosi come mai la Madre volesse vederla.
«Grazie mille, Cassilda, vado subito da lei,» disse. Si congedò con un segno del capo e si diresse verso lo studio di Mirianna n'ha Lia, Madre della Gilda di Serrais.
Superata la porta della piccola anticamera, giunse nell'ampia sala comune della Gilda, dalla quale, sulla destra, si accedeva alle cucine e alla sala da pranzo, mentre sulla sinistra si giungeva alla biblioteca e alla sala della musica. Idriel si diresse invece in avanti, dove si trovava una larga scala che portava ai piani superiori. Al primo piano, sulla sinistra, si trovava lo studio di Mirianna. La ragazza bussò, e dall'intero si sentì chiedere: «Idriel, sei tu?» Questa rispose affermativamente, quindi fu invitata ad entrare.
Spinse leggermente la porta in avanti, la aprì, quindi entrò e si sedette ad una grossa scrivania, di fronte alla Madre, che la salutò con un ampio sorriso:
«Dri... ancora non riesco a credere che tu sia qui. È passata una settimana ma ancora non mi sono abituata all'idea... ma immagino che non avrò il tempo di farlo.»
La più giovane capì al volo a cosa si riferisse Mirianna.
«Sì, dovremmo ripartire tra breve, probabilmente alla fine di questa settimana.»
«Beh, ormai avete deciso di lasciarci, e nessuno può costringervi a cambiare idea. Sappi solo che mi mancherete e che ogniqualvolta tu o Asillin tornerete qui, o che una tua sorella della Gilda di Elvas arriverà qui, sarete sempre ben accette e accolte come si conviene.»
«Grazie mille, Mirianna.»
«Ma naturalmente non è per questo che ti ho fatta chiamare. È anche per affari.»
Idriel annuì, facendo cenno alla donna di continuare.
«Qui alla Gilda abbiamo bisogno di alcune erbe medicinali. Ce n'è una certa urgenza, così ho pensato che magari...»
In quel momento bussarono alla porta.
«Mirianna, sono Asillin, posso entrare?»
«Ma certo, Asillin, ti stavo aspettando.»
La donna aprì allora la porta, e fu sorpresa nel vedere lì anche la nipote.
«Chiya! Anche tu qui?» chiese.
«Sì, zia, Mirianna ha fatto chiamare anche me. Per affari tra la Gilda di Serrais e quella di Elvas, a quanto credo di aver capito.»
«Esattamente, Idriel,» la Madre della Lega sorrise, leggermente divertita.
«Capisco... Dimmi tutto, Mirianna!» Asillin sorrise, poi si accomodò su una sedia accanto alla nipote.
«Dunque, Asillin, stavo dicendo ad Idriel che abbiamo bisogno di alcune erbe medicinali qui alla Gilda. Quindi volevo sapere se tu e Dri potreste portare con voi ad Elvas due Sorelle di Serrais, che si occuperanno di ritirare le erbe necessarie e di riportarle poi qui. Vi saranno utili come scorta, visto che ho saputo che porterete con voi anche i tuoi genitori.»
«Sì, porteremo anche loro con noi. Comunque per me non ci sono assolutamente problemi. In un viaggio così lungo, più siamo meglio è, no?»
«Certo,» rispose la ragazza. «Anche per me non ci sono problemi. Chi verrà con noi? Hai già scelto, Mirianna?»
«Veramente no. Volevo prima sapere cosa ne pensavate. Per i dettagli ci sentiremo tra qualche giorno,» rispose la donna, sorridendo soddisfatta. Poi squadrò per qualche istante Asillin e disse: «Ti vedo molto allegra, oggi, Lin. A cosa dobbiamo tutta questa allegria?»
«Beh, semplicemente ho terminato tutte quelle piccole faccende che dovevo compiere e...» si rabbuiò per un istante «questo significa che presto dovremo lasciarci, Mirianna.»
«Lo immaginavo,» rispose la donna con un sorriso triste.
«Però... sai perfettamente quanto sia importante per me lasciare questo luogo.»
«Lo so, Lin, lo so.»
Mirianna rimase con lo sguardo fisso nel vuoto per qualche istante, senza che il sorriso triste l'abbandonasse, poi si riscosse e congedò le due Rinunciatarie.
Zia e nipote uscirono così dallo studio della Madre della Gilda e si diressero verso la sala comune.
Quando furono arrivate Asillin si diresse verso le cucine, mentre la ragazza decise di fare una passeggiata nel piccolo giardino della Gilda, che si trovava sul retro dell'edificio e che veniva utilizzato per coltivare le piante.
Mentre camminava si lasciò andare al flusso impetuoso dei suoi pensieri. Come un lampo, improvvisamente fu colpita dal ricordo del primo giorno in cui aveva rivisto la Gilda e tutte le sue Sorelle di Serrais, dopo il lungo viaggio che l'aveva condotta lì da Elvas.


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Era stato la mattina del secondo giorno.
Idriel, emozionata come una bambina, aveva percorso quel tragitto a lei tanto familiare, che dalla casa di Jacqual e Fiora conduceva alla Gilda. Quando vi era arrivata, la semplice vista dell'edificio l'aveva eccitata e riempita di un miscuglio di sensazioni incontrollabili e inscindibili, e una marea di immagini e ricordi dei due anni passati in quel luogo l'avevano letteralmente assalita. Tra quelle emozioni, la più forte e che dominava tutte le altre era senza dubbio la gioia; la gioia di rivedere le sue più care amiche, la gioia di rivedere la cosa più bella che aveva a Serrais, a parte l'amore dei suoi nonni.
Di guardia alla porta, quel giorno, c'era Helena n'ha Donna, la più grande amica di Asillin.
La dolce voce della donna, soffocata dallo spessore del portone aveva chiesto: «Chi è?» e a quelle parole il volto di Asillin si era riempito di lacrime. Ed era stato in lacrime che la donna aveva risposto: «Sono io, Helen... Asillin.»
Dall'altro lato non era giunta risposta per un'interminabile manciata di secondi, poi il portone si era aperto, e una Rinunciataria dal volto inondato di lacrime di gioia era saltata al collo di Asillin. «Lin, sei tornata... per Aldones, non posso crederci!»
Quando le due donne si erano sciolte dall'abbraccio, Helena aveva notato anche la presenza di Idriel, e un nuovo attacco di singhiozzi l'aveva colta. «Dri! Non posso crederci, sei tornata anche tu! Come stai, chiya, tutto bene?» E senza aspettare che la ragazza rispondesse, aveva abbracciato anche lei. Tra le calde braccia di Helena, Idriel aveva risposto, senza riuscire a trattenere le lacrime, contagiata dall'eccesso di gioia della zia nel rivedere la sua breda. «Sto bene, Helena, e non sai quanto sono contenta di rivederti.»
A quell'abbraccio ne erano seguiti tanti, tantissimi. Idriel e Asillin, anche se avessero voluto, non sarebbero riuscite a contarli. Infatti, incuriosite dalle voci concitate provenienti dall'anticamera, alcune Rinunciatarie erano accorse sulla porta, e viste Asillin e Idriel, erano tornate dentro ad avvisare. Immediatamente, mentre le nuove venute attraversavano l'anticamera e la sala comune, tra abbracci e frasi quali: «Che bello rivedervi!», «Come state?», «Quanto ci siete mancate!», «Rimarrete, adesso, vero?», «Non partite di nuovo, vi prego!», «Finalmente siete tornate, non ce la facevamo più a stare senza di voi!», «Non potete immaginare quanto ci siamo preoccupate per voi!», «Tutto questo tempo, senza neanche una notizia!», altre Rinunciatarie si adoperavano in cucina per preparare un pranzo di bentornato. Altre sistemavano grossi cuscini sul pavimento della Sala, altre ancora correvano alla Sala della Musica per prendere strumenti vari, e alcune altre si recavano nel giardino sul retro per prendere fiori da offrire alle due donne.
Le varie volte che Idriel aveva provato a immaginare il suo ritorno alla Gilda, non era mai riuscita ad immaginare così tanto entusiasmo e così tanto darsi da fare per loro.
Tutti quei festeggiamenti... le risate, i sorrisi, gli abbracci, il pranzo luculliano, la musica.
Si era chiesta se anche al suo ritorno ad Elvas avrebbe ricevuto lo stesso entusiastico bentornato. Certo, pochi mesi non potevano eguagliare due anni, ma aveva sperato, e continuava a sperare vivamente, che il fortissimo attaccamento che era nato in lei in pochissimo tempo per la sua nuova casa fosse ricambiato anche dalle sue nuove Sorelle.
Quel primo giorno però aveva pensato ad Elvas solo per pochi attimi, trascinata com'era dalla contagiosa allegria delle compagne.
Era stata dura dover confessare loro che non sarebbe rimasta, che, tempo una decina o poco più, le avrebbe lasciate per sempre. Che sarebbe eventualmente tornata solo per delle visite, ma che, come loro ben sapevano, c'erano troppi ricordi bui legati a quella città, e non voleva più viverci.
Logicamente, la notizia non era stata presa bene. Molti avevano obiettato che il passato è passato, che non ci si può rovinare il futuro per eventi ormai tanto lontani nel tempo, e che bisognava dimenticare. Avevano ragione, certo. Lei stessa se l'era ripetuto tante volte. Ma non era mai riuscita a superare la fitta di dolore e disgusto che le prendeva quando vedeva l'edificio che aveva assistito al suo brutale concepimento. Non poteva evitare che un'ondata d'odio la invadesse ogniqualvolta passava davanti alla dimora del suo patrigno. Il passato è passato, era vero, ma i suoi fantasmi sono difficili da distruggere. E poi ad Elvas aveva trovato una nuova casa. Lì stava bene, presto avrebbe avuto con sé anche i suoi nonni, e questa era la cosa che per lei più contava. Tutte le sue Sorelle di Serrais le sarebbero mancate, su quello non c'erano dubbi, ma ormai aveva preso la sua decisione, e l'avrebbe portata fino in fondo.


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Un rumore sordo l'aveva brutalmente riscossa dai suoi pensieri. Due Novizie erano entrate di corsa ridendo (sembravano stessero inseguendosi giocando), e avevano urtato un tavolinetto che, a sua volta, aveva rovesciato un vaso. Idriel rivolse loro un'occhiata a metà tra il divertito e il seccato, poi le aiutò a ripulire e rimettere tutto a posto.
«Tu sei Idriel, vero?» chiese una delle due, quando si fu ripresa dal profondo imbarazzo nel quale era caduta dopo lo schianto. «Da quando sono entrata nella Gilda ho sentito tanto parlare di te.»
«Davvero? E che cosa si racconta, di me?»
«Nulla di negativo... anzi! Sono tutti tanto affezionati a te, qui.» Sorrise, poi aggiunse: «Mi hanno detto che qualche mese fa sei fuggita via senza dire una parola, e che presto te ne andrai di nuovo.»
«Sì, è così. Io e Asillin partiremo tra qualche giorno.» Idriel si rabbuiò. "Questo posto mi mancherà, non c'è nulla da fare."
«Immagino non sia stata una scelta facile,» aggiunse l'altra, che fino a quel momento era rimasta in silenzio. «Quella di lasciare per sempre la tua casa, intendo. Io... ho una storia simile alla tua. Mia madre...» S'interruppe di colpo, arrossendo. «Oh, che stupida, non mi sono nemmeno presentata! Mi chiamo Corinne... n'ha Arielle.» Idriel sorrise all'esitazione della ragazza nel presentarsi con quello che a breve sarebbe stato il suo nuovo nome. «E lei è Iris n'ha Lidia, la mia inseparabile breda.» Aggiunse Corinne sorridendo e indicando l'altra. Poi il sorriso scomparve e riprese a raccontare la sua storia. «Mia madre morì nel darmi alla luce, senza riuscire a vedere la figlia che mai avrebbe voluto, ma che tuttavia col tempo aveva imparato ad amare. Anche lei era stata violentata, e da un uomo che conosceva appena. Chi fosse, l'ho saputo solo pochi mesi fa. Dal momento della mia nascita, nonostante il rancore che spesso riceve chi venendo al mondo provoca la morte della propria madre, ho vissuto con le mie zie e i miei cugini. Non mi è mai mancato nulla, tuttavia non ero felice, e nonostante l'odio che covavo per mio padre, desideravo vederlo. Non so quale fosse il motivo preciso... forse semplicemente volevo sapere che faccia avesse, e se si ricordava di mia madre e se sapeva della mia nascita. Solo gli dèi sanno in che modo riuscii a racimolare le informazioni necessarie, e infine a trovarlo. Quando andai da lui, comunque, mi trovai di fronte ad un ubriaco... senza lavoro, senza denaro, dagli abiti logori e sporchi e una casa fatiscente e vuota. Non si ricordava di aver mai conosciuto una donna di nome Arielle, anche se, ridendo, ammise di aver stuprato molte donne, nella sua vita. Quasi se ne vantava... Il disgusto e l'odio che avevo sempre provato nei suoi confronti crebbero in maniera disumana. Poi mi dissi che non valeva la pena di sprecare il proprio odio per un essere inetto e insignificante come lui. Avevo il suo sangue nelle vene, è vero, e che Avarra si prenda la mia anima se non è vero che vorrei poter estirpare quel liquido maledetto dal mio corpo... ma quello non era uomo degno della minima attenzione, tanto meno del mio odio. Quel giorno decisi anche di andare nel luogo dove sapevo essere accaduto tutto, ma non provai la minima sensazione, nel vederlo, nel trovarmi lì. Col disinteresse improvvisamente nato nei confronti di quello che mai potrò definire padre, era svanito anche qualunque interesse nei confronti di quanto era successo. Non m'importava più sapere tutto nei minimi dettagli. E da quel giorno in avanti riesco a camminare per le strade di questa città senza preoccuparmi di passare per quella via, senza preoccuparmi di poter essere assalita da ondate d'odio alla vista della putrida casa di quell'uomo. Mi è bastato guardarlo negli occhi, ascoltare la sua voce... affrontarlo, e poi tutto è passato. Tu... hai mai incontrato tuo padre dopo aver scoperto chi era?»
Idriel sorrise, ma di un sorriso gelido e amaro.
«Certo che l'ho incontrato. E ho sempre saputo chi fosse. La prima cosa che ha fatto quando ci siamo visti è stata farmi ispezionare da una leronis, e una volta scoperto il mio donas si è improvvisamente interessato a me e mi ha offerto un posto nella sua casa. E' un uomo senza scrupoli... un Comyn arrogante e insolente come buona parte dei Ridenow. Ed è proprio per la sua arroganza che lo odio.» Il suo sguardo si perse nel vuoto, mentre parlava di lui. Era tanto tempo che non lo faceva, che non manifestava apertamente il suo rancore. Soprattutto era tempo che non ne parlava con una perfetta sconosciuta.
Poi si riscosse.
«Però... sai, ora che ci penso, non sono mai entrata nella locanda dove tutto è successo. L'ho sempre e solo osservata dall'esterno, senza mai trovare il coraggio di entrare...»
Ci rifletté su un attimo, riportando alla mente l'immagine di quel luogo.
«Ci andrò, ho deciso. Oggi, o magari domani. Voglio... vedere.»
«Credo che sia una buona decisione... potrebbe aiutarti. Magari potresti scoprire che in fondo non fa così male come avevi pensato...» disse Corinne.
«Già, può darsi... Forse non farà così male...»
Nel frattempo avevano finito di ripulire tutto. Idriel si alzò, salutò e ringraziò le due ragazze, e si allontanò quasi correndo.


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Non era suo solito prendere decisioni così repentine. Di solito si concedeva molto più tempo per passare da un'idea ai fatti. Invece, non appena uscita dalla Gilda, si diresse decisa verso la locanda... quella locanda. Dove tutto aveva avuto inizio.
Ebbe un lungo attimo di esitazione quando giunse davanti all'ingresso. Fissò la porta indecisa sul da farsi, e forse sarebbe rimasta a fissarla ancora per molto senza avere il coraggio di aprirla... se quella non si fosse aperta da sola.
Dietro vi trovò un giovane biondo. Capelli tanto biondi da sembrare quelli bruciati dal sole di un bandito delle Terre Aride. Un giovane dall'espressione arrogante e saccente. Un giovane dagli occhi verdi. Verdi come... i suoi.
Si accorse di star fissando il ragazzo negli occhi e immediatamente distolse lo sguardo, arrossendo, poi si scostò per lasciarlo passare.
Quel volto... quell'espressione così arrogante, quei capelli così biondi... e quegli occhi. Era troppo giovane per essere Dom Felix. Ma era identico. Doveva essere suo figlio.
"Mio... fratello." E fu con disgusto che lo pensò.
Quando rialzò lo sguardo, si aspettava di trovare via libera e di poter entrare all'interno. Ma il ragazzo era ancora fermo lì, e la guardava. La fissò negli occhi senza minimamente preoccuparsi di poter risultare maleducato.
"Figuriamoci!" pensò Idriel, sentendosi come circondata dall'alone di arroganza che emanava... Ryan. Sì, Ryan. Era così che si chiamava.
«Quando ti ho vista arrossire mi stavo preoccupando... non sapevo che voi menhiedris ne foste capaci. Ma mi sono tranquillizzato quando ho visto ritornarti in volto il vostro solito sguardo saccente.»
Sorrise, di un sorriso odiosamente arrogante.
"Senti chi parla! Quanto vorrei strapparti dalla faccia quel tuo sorrisetto ironico!"
«Beh, i Ridenow non sono certo da meno,» rispose lei.
«Osi paragonare la nobile famiglia Ridenow a voi sporche grezalis
«No, non potrei mai farlo. Non oserei mai recare una tale onta alle mie Sorelle.» La sua voce era carica di disprezzo.
"Non devo perdere il controllo... non devo pensare al colore di quegli occhi..."
«Non mi piace la tua insolenza. Voi Rinunciatarie dovreste imparare ad abbassare la cresta e a rinunciare al vostro stupido orgoglio.»
Idriel vide una mano guantata sollevarsi verso il suo collo, e un'immagine le giunse improvvisa alla mente. L'immagine di un uomo dai capelli biondissimi e gli occhi verdi come i suoi che sollevava di peso la cameriera di una locanda... di quella locanda. Dom Felix. E sua madre.
Poi tutto accadde in un attimo.
La mano le corse al coltello, che il giovane riuscì a scansare un attimo prima che colpisse il suo viso. Fu assalita da una ventata di odio proveniente dal ragazzo che fu tanto forte da costringerla ad arretrare di qualche passo e poi la fece quasi ripiegare su se stessa.
Aveva perso il controllo. Sul suo corpo e sulle sue barriere. E aveva tentato di uccidere suo fratello. Per quanto ribrezzo le facesse l'idea di avere il suo stesso sangue nelle vene, era pur sempre... suo fratello. Rabbrividì, in preda al panico.
Ma più di tutto rabbrividì quando si rese conto che il suo ultimo pensiero era giunto forte e chiaro alla mente di Ryan.
«Fratello? Hai detto... fratello?» la sua furia fu parzialmente attenuata per far posto all'incredulità più totale. «Io, fratello di una come te?»
Prima di rispondere, la giovane Rinunciataria chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro: «Già... e non mi stupirei se scoprissi di non essere l'unica. Chissà quanti nedestro avrà sfornato tuo padre abusando impunemente di cameriere e servette...» Stava tremando, ma lentamente riuscì a riprendere il controllo. Rialzò le barriere al massimo e assunse un'espressione indecifrabile.
Ryan sembrava ancora incredulo. E Idriel non riusciva a trovare una motivazione plausibile alla cosa. Davvero era convinto che suo padre fosse un uomo ligio al dovere e fedele nei confronti della moglie?
Si studiarono per qualche istante, senza che nessuno dei due lasciasse trapelare la minima emozione, né dal volto, né dalle barriere. Poi il ragazzo disse: «Beh, sei fortunata. Se, come dici, sei davvero mia sorella, non ti toccherò. Per quanto alcune famiglie Comyn possano trovare attraente sposare dei parenti, a me la cosa disgusta alquanto. Ma non credere che la tua insolenza rimanga impunita. Non tollero che una donna possa anche solo tentare di colpirmi. Sarà meglio che tu non ti faccia rivedere qui intorno, o potrei non essere così generoso.»
Detto questo le diede le spalle e si allontanò a passo misurato.
La ragazza lanciò una fugace occhiata all'interno della locanda, scossa, e abbandonò totalmente l'idea di entrarvi. Aveva già avuto abbastanza emozioni da quel posto maledetto.
Se ne andò, ma non prima di aver sputato con odio sulla soglia.


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Cinque giorni dopo, tutto era pronto. Nel sorgere, il sole rosso sangue vide sei cavalli ed alcuni chervine stracarichi di borse e bagagli in attesa all'esterno della Gilda di Serrais.
Due commosse Asillin e Idriel erano impegnate nel dare il definitivo addio alle loro Sorelle. Fu un mattino che vide molte calde lacrime di tristezza cadere da occhi lucidi di pianto, mozziconi di frasi morire sulle labbra di donne solitamente fiere e orgogliose, abbracci scambiarsi tra persone che sapevano che non si sarebbero più riviste.
Mirianna n'ha Lia, la madre della Gilda, era tra le più commosse. Ma pur nella commozione riuscì a non dimenticare gli incarichi affidati alle due Rinunciatarie in partenza.
«Diana n'ha Shani e Mhari n'ha Sybil vi accompagneranno nel viaggio, e torneranno da Elvas con le erbe di cui abbiamo bisogno. Sempre che questo villaggio misterioso non riesca a stregare anche loro...» Sorrise, con una certa amarezza. «Fate buon viaggio, e soprattutto fate attenzione. Non è un percorso facile, quello che vi attende. Siate prudenti e... oh, accidenti, fate solo in modo di arrivare tutti a destinazione sani e salvi!» Abbracciò prima Asillin poi Idriel, pregando mentalmente gli Dei che tutto potesse davvero andar bene.
Jacqual e Fiora attendevano pazienti, parlottando circa le difficoltà del viaggio. Fiora aveva insistito nel non affittare un carro, sostenendo di essere pronta ad affrontare a cavallo un viaggio così lungo, rifiutandosi di sentire obiezioni. Tuttavia, a pochi momenti dalla partenza, non riusciva a tenere nascosto il nervosismo.
«Sei orgogliosa come tua figlia e tua nipote, carya. Non mi meraviglio di aver perso quel poco di autorità che un tempo riuscivo ancora ad avere su di voi,» disse Jacqual, ridendo e scuotendo la testa.
«Non hanno certo preso solo da me! Non sono l'unica ad avere una certa età e ad essersi categoricamente rifiutato di affittare un carro,» affermò, guardandolo sorniona.
Lui semplicemente le sorrise, e le prese delicatamente la mano, stringendola nella sua.
«Andrà tutto bene. Siamo in buonissime mani, lo sai?»
«Lo so.»


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Quando, dopo circa una decina che parve a tutti interminabile, giunsero al bivio per Elvas, era già buio.
«Peccato che non ci sia più luce. Lo spettacolo che sta per presentarsi ai vostri occhi è tutta un'altra cosa, se illuminato dal sole,» disse Idriel ai nonni, pensando all'insuperabile bellezza della Torre Verde vista da lassù.
«Però... in fondo è proprio così che l'ho vista la prima volta. Illuminata dalla luce delle lune,» sorrise al ricordo, e le sembrò che fosse passato molto più di una manciata di mesi. «Vedrete, la Torre la notte sembra quasi brillare di luce propria...»
E fu mentre lo disse che apparve la valle.
Fiora non riuscì a trattenere un mormorio di sorpresa. Jacqual disse soltanto: «Ci sarebbe da comporci su una canzone...»
Anche le due Rinunciatarie che le avevano accompagnate nel viaggio osservavano stupite il paesaggio che si offriva ai loro occhi.
«Forza, scendiamo,» disse infine Asillin.
"Sono tornata. Sono tornata a casa. E questa volta per davvero. E' questa la mia casa. Sono tornata."









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Disclaimers

Durante la permanenza a Serrais, Idriel riceve un'interessante proposta da parte della Madre della Gilda.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008