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Poco prima dell'alba

Kasentlaya n'ha Myria

Avanti Kasentlaya, vediamo quanto ricordi degli insegnamenti di Devra.»
Marisela le tese un corto bastone, rozzamente intagliato in modo da assomigliare al coltello che tutte le Rinunciatarie portavano ovunque andassero. La giovane lo afferrò, soppesandolo nervosamente. Era la prima volta che maneggiava un'arma da quando era stata ferita. Marisela si accorse della sua esitazione e aggiunse:
«Hai tutto il tempo che vuoi, bambina. Quando sei pronta cominciamo.»
Kasentlaya annuì, cercando di escludere dalla propria mente i ricordi dello scontro con i banditi.
Trasse un profondo respiro e si mise in posizione di guardia.
«Quando vuoi,» annunciò, sperando di nasconderle la propria inquietudine.
Marisela parve non aver udito, poi, d'improvviso, le si avventò contro, cogliendola alla sprovvista. Kasentlaya alzò istintivamente il coltello e deviò la lama, appena prima che questa le colpisse un braccio. Si allontanò di qualche passo dall'avversaria, tenendo il coltello puntato verso terra.
"Non credevo sarebbe stato così difficile!" pensò amaramente. Si rese conto che l'unico modo per tenere sotto controllo la maestra di schema era porgerle il fianco scoperto. Quello destro, perché vedeva solo da quell'occhio. Ma a quel modo non avrebbe mai potuto difendersi dagli attacchi della Rinunciataria.
"A meno che..."
Seguendo un istinto improvviso, cambiò di mano il coltello.
Marisela, che fino a quel momento era rimasta ad osservarla in silenzio, annuì con approvazione.
L'arma, adesso che la teneva con la mano destra, le pareva molto più pesante.
Allargò le braccia, rivolgendosi alla Rinunciataria:
«Come posso combattere così? Faccio persino fatica a impugnare il coltello.»
Marisela scrollò le spalle.
«Dovrai trovare il modo. I tuoi nemici non si faranno di certo impietosire dalle tue difficoltà e anzi ne approfitteranno. Adesso, in guardia!»
La maestra di scherma le si fece di nuovo incontro, levando in alto la propria lama. Ben presto la sala fu invasa dal cozzare dei legni. Kasentlaya si ritrovò ad arretrare sempre di più, fino a trovarsi pericolosamente vicina al muro. Se Marisela l'avesse costretta in un angolo, il duello sarebbe finito velocemente. Eppure la giovane non poteva far altro che difendersi disperatamente dai fendenti implacabili dell'avversaria. Le braccia le dolevano sia per lo sforzo, che per i colpi subiti, ma non voleva cedere, anche se sapeva che Marisela avrebbe sospeso l'addestramento qualora lei l'avesse chiesto.
«È tutto qui quello che sai fare ragazza?» la voce di Marisela era sprezzante, mentre la sua lama penetrava sotto la guardia di Kasentlaya e picchiava dolorosamente contro le sue costole.
«Mi meraviglio che Devra abbia perso tempo con te anche prima che il bandito ti ferisse. E non mi stupisce che sia successo, imbranata come sei!»
La ragazza rimase immobile per un istante, come folgorata. Di certo la donna non poteva parlare seriamente... lei non... La rabbia, che fino a quel momento era rimasta sepolta in profondità dentro di lei, soffocata dal rimorso, si fece strada verso la superficie, ingoiando tutto il suo essere.
Si avventò contro l'avversaria, il volto distorto in una smorfia rabbiosa. Il suo impeto colse Marisela di sorpresa e la donna fu costretta a cedere terreno, incespicando sui suoi stessi piedi per evitare di essere disarmata.
Le due si separarono per un istante, studiandosi in silenzio. La maestra di scherma pareva non avere punti deboli, rifletté Kasentlaya. Dei colpi che era riuscita a sferrare, solo un paio erano andati a segno. La ferita cominciò a dolere fastidiosamente. Kas premette la mano libera sull' occhio, tentando di reprimere un gemito. Fiona l'aveva avvertita che cose simili sarebbero potute succedere. Percepì che Marisela le si avvicinava.
«Possiamo finire qui per oggi.» La Rinunciataria le passò un braccio attorno alle spalle. Kasentlaya, ancora infuriata per le parole di poco prima, si allontanò bruscamente da lei.
«Non ho bisogno della tua compassione!»
La sua voce era un ringhio minaccioso.
«Non mi toccare!»
Con violenza si avventò contro l'Amazzone, strappandole il coltello dalle mani e facendola cadere a terra con una spallata.
Un ultimo colpo, un solo affondo alla gola e il duello sarebbe finito.
La giovane tirò indietro il braccio del coltello, pronta a caricarlo di tutta la propria forza.
Qualcuno le afferrò rudemente il polso, trattenendola.
«Basta Kas! È finita!»
La voce di Tamra si fece strada tra i pensieri confusi che affollavano la mente della ragazza.
Il coltello cadde a terra producendo un tonfo sordo.
Kas fissava la maestra di spada ad occhi spalancati.
" Dei! Non colpire per uccidere! Cosa sono diventata?"
Si liberò dalla stretta di Tamra e, sempre con quell'espressione inorridita sul volto, si affrettò verso la porta.
La donna la seguì con lo sguardo, piena di apprensione, poi si chinò su Marisela.
«Tu stai bene?»
L'altra annuì e le tese una mano perché la aiutasse ad alzarsi.
Vedendo che la Sorella lanciava frequenti occhiate nella direzione in cui era sparita la giovane, aggiunse:
«Ho detto che sto bene, vai. Adesso ha più bisogno lei di te.»
Tamra la guardò con gratitudine e uscì quasi di corsa.


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Tamra si diresse con sicurezza al piano superiore. Il fatto che lei potesse sempre dire con certezza dove Kasentlaya si trovasse era una conseguenza indiretta dell'incontro con i banditi. Nessuna delle due sapeva quanto quella condizione sarebbe durata. Nemmeno la Custode aveva potuto dar loro una risposta. Ora la vergogna e la disperazione della giovane occupavano un angolo della sua mente, un piccolo ammasso di emozioni che le sembrava quasi di poter toccare. Aprì la porta della camera che divideva con Kasentlaya. La ragazza era inginocchiata sul pavimento. Il catino che utilizzavano per le abluzioni mattutine era per terra, accanto a lei. Aveva vomitato. Tamra richiuse la porta senza far rumore e poco dopo tornò, reggendo una brocca colma d'acqua e un asciugamano pulito. Poggiato tutto sul tavolo si accostò alla ragazza, che si trovava ancora nella posizione in cui l'aveva lasciata, e le passò un braccio attorno alla vita, facendola alzare e guidandola verso il letto. Kasentlaya non oppose alcuna resistenza. Teneva gli occhi ostinatamente fissi a terra e non proferiva parola. Tamra bagnò un angolo dell'asciugamano con l' acqua della brocca e le si avvicinò.
«Kas, guardami per favore.»
La giovane scosse il capo, rifiutandosi di alzare lo sguardo.
"Guardami piccola."
Con decisione le pose una mano sotto il mento, obbligandola ad obbedirle e le deterse più volte il viso, delicatamente.
"Va meglio adesso?"
Kas fece cenno di no.
«No?» Tamra la osservava pensosamente.
«Forse ho usato poca acqua...» Afferrò la caraffa e, prima che Kas potesse accorgersene, le rovesciò addosso il resto del suo contenuto.
La ragazza si alzò di scatto, il liquido gelido le inzuppava i capelli e la tunica, insinuandosi dappertutto.
Prese a tremare e le lanciò uno sguardo tagliente. Tamra fece del suo meglio per trattenere le risa, ma la l'espressione tradiva tutto il suo divertimento.
«Se ancora non ti senti meglio, posso sempre riempire di nuovo la brocca.»
Kas indietreggiò con un gemito inorridito.
«Adesso lascerai che ti aiuti?»
«Sì.»
Tamra annuì soddisfatta.
«Per prima cosa togliti quei vestiti bagnati o ti prenderai un accidente.»
Kasentlaya si avvicinò al letto, cominciando a sfilarsi la tunica.
"Adesso capisco. L'hai fatto per obbligarmi a spogliarmi." Lasciò trapelare volutamente quel pensiero. Una piccola rivincita per lo scherzo subito. Tamra si sentì avvampare e si chinò a frugare nella cassapanca ai piedi del letto per mascherare il proprio imbarazzo. Le parole della ragazza avevano portato quei sentimenti che cercava di tenere nascosti, pericolosamente vicini alla superficie. Trovata una coperta la porse a Kasentlaya senza osare guardarla.
«Puoi girarti adesso.» le disse la giovane dopo qualche istante. Si era avvolta nella coperta e aveva steso i vestiti vicino al camino perché si asciugassero.
Tamra tornò a sedersi sul letto e Kasentlaya la imitò osservando la brocca con sospetto.
«Allora, cos'è successo?»
La giovane si studiò le mani, scuotendo la testa.
«Non lo so, ho perso il controllo. Ero arrabbiata con Marisela, ma non ricordo perché.»
Tamra le passò un braccio attorno alle spalle.
«Forse abbiamo avuto troppa fretta di ricominciare il tuo addestramento. Posso parlare con Marisela e chiederle di sospendere per qualche tempo.»
Kas scosse negativamente il capo.
«È già difficile senza che comincino anche ad accusarmi di ricevere favoritismi. Dopotutto io sono la comynara! Pare che io me lo sia comperato il posto alla Gilda.»
«Su chiya, non dire così adesso. Sei davvero sicura di non voler che parli con Marisela?»
«Sì. Piuttosto... vorresti darmi qualche lezione tu? Di nascosto intendo.»
Tamra restò in silenzio per qualche istante, considerando la proposta. Poi annui.


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L'aria fredda della notte accarezzava la sua pelle nuda, facendo scorrere brividi gelidi lungo la sua schiena. Kasentlaya aprì gli occhi, chiedendosi dove fossero finite le coperte. Il fuoco doveva essersi spento durante la notte, perché la temperatura della stanza si era notevolmente abbassata. La giovane si alzò a sedere sul letto, stringendosi le braccia al petto per trattenere almeno una parvenza di calore. Anche alla debole luce che precede l'alba, poteva distinguere la forma addormentata di Tamra, distesa accanto a lei. Tamra. Nel suo letto. Kasentlaya si sentì avvampare. Se Tamra si trovava accanto a lei allora... allora quello che lei aveva creduto un semplice sogno era accaduto davvero. La giovane si mosse con cautela per non svegliare l'altra donna e cercò a tentoni la blusa, finita da qualche parte ai piedi del letto. Sarebbe rimasta ancora sotto le coperte, se le avesse avute, ma quella mattina le toccava il turno alle stalle. Cercando di fare meno rumore possibile, si vestì e si sedette sul bordo del letto per infilarsi gli stivali. Sperava ardentemente che l'altra non si svegliasse. Non aveva la più pallida idea di come affrontarla. D'un tratto si sentì afferrare per la vita. La giovane alzò gli occhi al cielo.
«Mpphf... mmm?» la voce di Tamra, ancora mezzo addormentata, era un borbottio intelligibile.
«Non posso. Le stalle non si puliranno certo da sole...»
La pressione del corpo della Rinunciataria contro la sua schiena, le fece tremare la voce.
«Davvero?» Tamra la strinse con più forza, impedendole di muoversi.
«Ti dispiace che sia successo?» mormorò contro i suoi capelli.
«Come potrebbe?» Kasentlaya si lasciò andare contro di lei, crogiolandosi nella sensazione di calore che il contatto le dava.
Tamra le baciò il collo, con dolcezza.
«Non voglio che tu ti senta obbligata.»
Kasentlaya scrollò le spalle, quasi quell'affermazione l'avesse infastidita.
«Solo, lasciami un po' di tempo.»
Tamra annuì e si scostò da lei.
«Allora ho qualche speranza...»
Kasentlaya rise, divertita.
"Penso proprio che tu abbia ben più di questo."









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Disclaimers

Kasentlaya inizia il noviziato all'interno della Gilda di Elvas e prosegue gli addestramenti di scherma.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008