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Il velo cremisi

Loreena

Lorina si svegliò con gli occhi pieni di lacrime.
Gli ultimi brandelli del sogno che ormai la tormentava regolarmente, una notte dopo l'altra, da alcune settimane, continuavano ad aleggiarle intorno.
Distese con lentezza le braccia, ancora serrate nel disperato tentativo di abbracciare la figura evanescente di sua madre: non poteva andare avanti così. Aveva bisogno di riposare, se voleva resistere agli estenuanti esercizi a cui la sottoponeva Fiona, eppure la paura che i fantasmi del suo sogno tornassero le faceva temere il momento in cui si sarebbe riaddormentata.
Allungò una mano verso il bicchiere d'acqua che teneva accanto al letto. Doveva essere quasi l'alba, visto come si era abbassata la temperatura della stanza.
Rabbrividendo, bevve a piccoli sorsi quasi tutto il contenuto del bicchiere, notando con soddisfazione che ormai era completamente sveglia.
Decise di impiegare il tempo che le restava prima del nuovo giorno per affrontare una volta per tutte le sue paure e si concentrò, benedicendo ancora una volta Daenerys per le sue lezioni di meditazione, fino a raggiungere uno stato di leggera trance.
Il sogno non aveva mai un inizio uguale: generalmente si vedeva impegnata in una qualsiasi delle tante attività della sua giornata, o meglio, di quelle che erano le sue giornate prima dell'arrivo a Elvas, poi le immagini diventavano più definite, fino a ripercorrere passo per passo lo stesso copione.
Ad un certo punto si trovava a tavola con il resto della famiglia e sua madre le poneva davanti un pacchetto, dicendole che erano tutti fieri di lei e che per questo si era meritata un regalo.
L'involto conteneva uno scialle di lana ruvida, evidentemente tessuto in casa da una mano non troppo esperta, di un colore rosso acceso. Lorina se lo drappeggiava subito sulle spalle, più per pavoneggiarsi che per una reale sensazione di freddo, stupendosi di come in realtà fosse morbido e confortevole. Si voltava verso la madre per ringraziarla, ma non riusciva a pronunciare una sola parola. Tentava, quindi, di abbracciarla con gratitudine, ma le sue braccia passavano attraverso il corpo senza incontrare ostacoli, mentre l'immagine si faceva sempre più trasparente. Uno dopo l'altro anche tutti gli altri familiari svanivano e lei si trovava da sola, davanti alla tavola ancora apparecchiata con un senso di solitudine infinita.
Generalmente a questo punto si svegliava, anche se era capitato alcune volte che il sogno proseguisse arrivando a trasformarsi in un vero e proprio incubo in cui Dana la chiamava per consolarla e lei, pur desiderando con tutte le sue forze raggiungerla in cerca di conforto, restava impigliata nello scialle senza riuscire a toccarla.
Lorina sospirò. Non ci voleva certo una gran saggezza per capire che il suo addestramento la stava allontanando da tutti gli affetti e che questa situazione le pesava. Il vero problema era trovare una soluzione. Finora Fiona era stata indulgente con lei. Certo, era una maestra severa: la sottoponeva a esercizi faticosi, pretendeva che studiasse la teoria delle matrici e i poteri di ogni erba, voleva che conoscesse tutti i donas mai registrati, però non le aveva mai dato ordini e preferiva spiegare ogni sua richiesta, invece che imporgliela.
Proprio per questo motivo non aveva voluto attivare il blocco mentale che le avrebbe inflitto una potente scottatura in caso di contatto con un altro essere umano. Le aveva spiegato tutti i rischi di un'eccessiva dimestichezza con gli altri e aveva sottolineato come l'isolamento fisico fosse la strada più facile per raggiungere il distacco necessario a operare con i telepati di un Cerchio. Aveva infine concluso ritenendola abbastanza matura da rendersi conto da sola dei vantaggi di un ferreo autocontrollo e l'aveva lasciata a riflettere sulle sue parole.
Dapprincipio la ragazza era stata molto soddisfatta di quella soluzione, ma ora doveva ammettere che il bisogno di contatto fisico era diventato così forte da spaventarla anche più dell'eventuale dolore del blocco.
Non poteva più fidarsi di se stessa. In fondo era ancora solo una ragazzina di dodici anni e prima o poi il suo desiderio di affetto avrebbe potuto prendere il sopravvento sulla sua volontà.
Sarebbe riuscita a restare fedele ai suoi propositi? In un momento di solitudine e abbandono come quello del sogno, avrebbe resistito alla tentazione di cercare conforto in Dana o in qualcuna delle sue amiche alla Torre?
Probabilmente parte dei suoi conflitti nasceva dal fatto di sapere che esisteva ancora la possibilità di tornare indietro.
Sorrise amaramente. Se le cose stavano così, non c'era che un'unica soluzione: doveva davvero rinunciare a tutto pur di non deludere Fiona e gli altri che credevano in lei. Doveva costruire un muro intorno alla sua anima, una barriera che desse a se stessa, prima che agli altri, il senso della distanza e dell'isolamento.
Il blocco sarebbe stato il primo passo, ma non bastava; ci voleva qualcosa di più immediato, di più fisico.
La sua mente andò alle immagini di uno degli arazzi che adornavano le pareti della camera di Fiona, in cui un corteo di Comyn si recava rendere omaggio a una Custode davanti alla sua Torre. La donna indossava un complesso abito cremisi, dalle pieghe voluminose e stranamente rigide, e aveva il volto coperto da un velo, dello stesso colore del vestito.
Quell'arazzo non le era mai piaciuto. Ora si rendeva conto che il motivo era proprio l'eccessiva austerità dell'immagine della Custode, così diversa da Fiona e dall'idea che si era fatta del suo futuro.
Però quella era la soluzione che stava cercando.
Il velo, insieme al blocco, le avrebbe permesso di raggiungere il suo obiettivo e le avrebbe ricordato ogni istante della sua vita cosa aveva scelto di essere.
Con un leggero turbamento si rese conto che Fiona aveva cessato di essere il suo modello: il suo cammino, d'ora in poi, l'avrebbe portata verso l'austera figura dell'arazzo.










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Disclaimers

L'addestramento di Loreena si rivela più difficile del previsto e la ragazza si vede costretta a prendere una drastica decisione.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008