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[torna a Racconti][E.S.T. dE +3, febbraio (17)] [Credits & Disclaimers]



Qualcosa cui non ero abituata

Maia n'ha Semele



Prima Parte - L'urlo della banshee

Maia si trovava nella serra, intenta a controllare alcune piante che erano state messe a seccare, forse da Dana, quando ancora si trovava a Elvas. Qualcuna gliele aveva indicate il giorno prima - poche ore prima, in pratica - e, quando si era accorta di non riuscire a riaddormentarsi, la ragazza aveva deciso di andare nel posto che le era istintivamente sembrato il più tranquillo e accogliente di tutta la Gilda e si era trovata qualcosa da fare per tenere le mani impegnate.
Ovviamente, anche a Caer Donn ce n'era una (il tempo inclemente delle montagne avrebbe reso la vita davvero difficile, in caso contrario), il suo rifugio preferito quando era irritata o nervosa, o semplicemente quando aveva voglia di stare per i fatti suoi e il gelo invernale sconsigliava lunghe passeggiate per i boschi. Aveva sempre trovato il lavoro fisico un buon toccasana per questo genere di problemi.
Ora, forse a causa del letto nuovo, della nuova situazione, e magari della nostalgia di casa e delle sue sorelle, non riusciva a dormire. Aveva già fatto quel sogno la notte precedente, ma era poi riuscita ad addormentarsi tranquillamente. Invece, questa notte il sogno non sembrava volerla lasciare, così si era alzata alle prime luci, quando il cielo all'esterno era ancora viola scuro, e Liriel indugiava all'orizzonte.
Ormai il sole era quasi sorto, e Maia ricominciò a pensare all'incubo. Non era un sogno particolarmente spaventoso, anzi, in realtà non aveva sognato niente di brutto. Soltanto... rosso. Qualcosa di rosso, un rosso scuro, intenso, che le si avvolgeva intorno senza lasciarle un'uscita, ma senza neanche soffocarla. Quella tonalità di colore, vicina a quella del sole all'alba, continuava a tornarle in mente, ed ella non riusciva a scacciarla dalla propria testa.
Con un sospiro, rimise a posto la pressa per le foglie, dato che non erano ancora pronte.
C'era qualcosa a cui cercava in ogni modo di non pensare. In genere, quel tipo di sogni significavano sempre una cosa: quello che sognava, si sarebbe in qualche modo avverato. Aveva imparato a riconoscere quelle visioni notturne, ma stavolta non riusciva davvero a capire in che modo quel sogno così strano potesse avere a che fare con lei.
Fin da ragazzina, sua madre le aveva detto di prestare ascolto alla sua vocina, frutto di un'intelligenza viva e di uno spiccato intuito che le permettevano di cogliere al volo le situazioni. Quando la vocina si manifestava con i sogni, però, Maia rimaneva sempre un po' inquieta.
«E tu che ci fai qui?»
La voce dietro le sue spalle la fece sobbalzare, facendole quasi cadere di mano uno dei vasi di coccio che, automaticamente, aveva iniziato a rimettere in ordine. Voltandosi, vide Shonnach n'ha Pedra che la fissava, la testa leggermente inclinata da un lato, le mani sui fianchi, in atteggiamento sospettoso.
«Non riuscivo a dormire, così ho cercato qualcosa da fare.» Spiegò brevemente con un'alzata di spalle. Ricordò che Aurora le aveva accennato a qualcuno (non riusciva a ricordare ancora tutti i nomi e i legami, ma le pareva proprio che fosse stato un amico di Shonnach) che l'anno prima aveva rubato delle piante per produrre del liquore che si era rivelato velenoso, o qualcosa del genere.
Shonnach l'osservò ancora per un attimo, come per decidere se fidarsi o meno delle sue parole, poi evidentemente decise che Maia era in buona fede e le comunicò, laconicamente: «La Custode vuole incontrarti oggi.»
Per un momento, Maia non capì di cosa stesse parlando, poi ricollegò. A Elvas c'era una Torre, e ogni Torre ha una Custode... almeno così le sembrava di aver sentito dire. Ma cosa poteva avere a che vedere con lei? Cosa poteva aver fatto di così strano che meritasse addirittura di scomodare una leronis dei Comyn? Non potevano semplicemente farle fare un'altra ramanzina da Gwennis?
«La Custode?» Ripeté, come instupidita. «E perché, di grazia?»
Shonnach sospirò, o forse era solo la sua impressione. «Per controllarti,» le rispose l'altra, come se fosse stata la cosa più ovvia.
«Per controllarmi? Cosa vuol dire per controllarmi? Mi stai dicendo che la Custode della Torre controlla la buona reputazione di tutte le persone che arrivano al villaggio... oppure ho capito male e si tratta di una carica all'interno della vostra Gilda?» Ripensandoci, si disse, stava facendo la figura della stupida. Era ovvio che la soluzione doveva essere la seconda, tuttavia non aveva mai sentito parlare di Custodi nelle Gilde, e sì che aveva viaggiato un po', almeno sulle montagne.
Shonnach aggrottò le sopracciglia. «Stai cercando di prendermi in giro, Maia n'ha Semele?»
«Mi stavo giusto facendo la stessa domanda...» Senza rendersene conto, aveva assunto la stessa postura dell'altra, con le mani sui fianchi e i piedi larghi, come per combattere.
Shonnach lanciò un'occhiata all'altezza del sole.
«Avanti, renditi presentabile e spazzolati i capelli, non c'è molto tempo. Ci vediamo nella sala comune tra qualche minuto.» Con queste parole, l'altra si allontanò, lasciandola a interrogarsi.
Il sogno le tornò in mente, e Maia lo scacciò dai propri pensieri mentre andava a cambiarsi. Qualunque cosa Shonnach avesse in serbo per lei, non accontentarla in così poco sarebbe stata una scortesia verso una delle fondatrici della Casa della Gilda in cui si trovava: dopotutto le aveva solo chiesto di prepararsi per incontrare la Custode... chiunque ella fosse.
Maia divideva la stanza con Aurora, almeno provvisoriamente. La ragazza più giovane aveva partorito senza la sua Madre di voto e, nonostante le Sorelle le fossero vicine, non poteva che farle piacere avere accanto l'amica della sua infanzia. Aurora si era già svegliata, e non era nella stanza (immaginò che fosse in bagno a cambiare i panni del bambino), così Maia si mise a rovistare liberamente fra le sue cose, ricoprendo il letto di abiti sporchi. Da quando era arrivata, non aveva ancora acquisito abbastanza familiarità con l'ambiente da mettersi a fare il bucato (o, più semplicemente, non ci aveva neanche pensato) e fece fatica a recuperare l'unico cambio di abiti non proprio perfettamente stirato, ma almeno in condizioni decenti.
Pochi minuti dopo, lavata e cambiata, trovò Shonnach ad aspettarla nella sala comune.
«Vieni con me, passiamo da qui: fuori è ancora freddo e uscire non avrebbe senso.» Le disse appena la vide e, senza aspettare risposta, si incamminò. Maia la seguì senza discutere: qualunque cosa Shonnach avesse in serbo per lei, l'avrebbe scoperto presto. Quando però vide che si dirigevano verso la serra, sentì lo stomaco che si annodava: sapeva bene che la serra era la via d'accesso più comoda per la Torre, senza avere bisogno di uscire, come l'altra aveva fatto notare.
Per orgoglio, decise di non chiedere maggiori informazioni a Shonnach, ma raddrizzò le spalle nonostante l'incertezza e la seguì. Dopotutto, era in totale buona fede! Certo, era partita da Caer Donn completamente sola, ma per quello Gwennis n'ha Hannah le aveva già fatto la sua ramanzina, quindi la faccenda era chiusa. Istintivamente, sapendo che nella Torre chiunque avrebbe potuto capire con certezza quello che stava pensando, smise di interrogarsi.
«La Custode ti aspetta,» disse Shonnach, quando furono davanti a una porta al primo piano. Diede un paio di colpetti alla porta, più che altro una formalità, e la aprì dopo un momento, continuando a farle strada.
Davanti a loro, dietro a una scrivania, sedeva la Custode. Indossava abiti ampi e un velo, tutti di colore rosso, lo stesso rosso del suo sogno. Per un attimo, Maia rimase a bocca aperta a fissarla, subito prima di rendersi conto che stava dando pessima mostra di sé: si inchinò all'ultimo momento, distogliendo lo sguardo e salutandola in modo cortese con un tono di voce appena troppo alto.
A volte aveva fatto da guida per delle Comynare, ma qua e là aveva appreso qualcosa sulle Custodi. Da quello che ne sapeva, il loro status sociale era molto più in alto di quello delle altre donne di famiglia nobile, praticamente pari a quello degli Hastur che si diceva nelle pianure avessero pieni poteri su tutti gli abitanti dei Domini. Le Custodi erano quelle che comandavano i telepati e gli stregoni delle Torri e potevano costringere perfino la legge a piegarsi al loro volere.
Ed ora Maia si rese conto di aver già sognato il suo incontro con la Custode, per quanto il sogno non gliene avesse svelato il volto.
«Buongiorno a te, Maia n'ha Semele, io sono Fiona.» Sentì in risposta, e a quel punto raddrizzò la schiena e alzò leggermente il capo. Fiona, le aveva detto, quasi che Maia avesse l'intenzione di chiamarla per nome... «Grazie di averla accompagnata,» proseguì la leronis rivolta a Shonnach, con un gesto di congedo, poi parlò di nuovo a Maia, mentre l'altra Rinunciataria si allontanava: «Puoi sedere, non c'è bisogno di tutti questi formalismi.» Indicò con un cenno una sedia imbottita che si trovava davanti alla scrivania, accanto alla giovane donna.
Vedendo che, anche dopo essersi accomodata, la giovane continuava a tacere, Fiona proseguì: «Vorrei giusto scambiare qualche parola con te.»
«Certo, vai leronis, sono a vostra completa disposizione.» Rispose subito Maia, nella totale confusione.
«Sei mai stata controllata? Ovviamente intendo per il tuo laran
«Per il mio...? No, io non... non sono una Comynara.» Si sentiva piuttosto stupida, a ribadire un fatto così palesemente ovvio, ma non sapeva cos'altro rispondere.
La Custode sorrise brevemente, prima di pronunciare quella che Maia non aveva mai sentito ma che sembrava una frase fatta: «Un telepate non addestrato costituisce un pericolo per se stesso e per chi lo circonda. Comynara o meno.»
«Con il dovuto rispetto, vai leronis, io non sono una telepate.»
Cadde il silenzio. La Custode la guardò negli occhi, poi sembrò che il suo sguardo scivolasse per un attimo al di là, prima che le rispondesse in tono tranquillo: «Ma certo che lo sei.»
«Ma io non sono in grado di vedere nella testa delle altre persone o di muovere gli oggetti col pensiero.» Disse Maia a voce bassa. Improvvisamente, le sembrava davvero che l'abito rosso della Custode, e tutto ciò che significava, le togliesse l'aria. Cosa stava dicendo quella donna? Maia non aveva il laran, non l'aveva mai avuto e mai l'avrebbe avuto, come non l'avevano i suoi genitori né i suoi nonni. I poteri magici della mente erano per Comyn e Comynare, dai capelli rossi intrecciati con il rame, non per una Rinunciataria figlia di un vasaio, con le mani callose per l'uso del coltello!
Fiona la guardava con un accenno di sorriso: «Si direbbe che è anche per te, invece, stando a quello che mi è stato detto e a quello che posso intuire. Scusami se, come dici tu, ho visto nella tua testa, ma pensi così forte che il contrario sarebbe difficile. Nella mia vita ho incontrato abbastanza telepati da potermi fidare del mio istinto, e quel che vedo dalla tua fisionomia è che, per quanto possa essere diluito, un po' del sangue di Hastur scorre anche nelle tue vene. Se lo desideri, possiamo scoprire insieme quanto ne hai e quanto è forte.»
«Cosa dovrei fare, allora?» Era imbarazzata all'idea di pensare troppo forte. Poco prima era riuscita a tenere a bada i propri pensieri ma, dopo le parole della leronis, le era stato difficile. Era del tutto in grado di far fronte a qualsiasi problema materiale, una volta aveva perfino combattuto con un banshee, ma niente l'aveva mai preparata a qualcosa del genere!
«Per il momento, rilassati.» Le disse la donna, portando una mano al petto. «Ti esaminerò da qui, sarà come se ti dessi una bella occhiata da vicino. Più tardi mi piacerebbe parlare delle tue capacità.»
Maia annuì, e si sistemò meglio sulla sedia con un breve sospiro.
Fiona si concentrò sulla propria matrice per poter leggere i pensieri più superficiali della ragazza che aveva di fronte. L'energon scorreva tranquillamente nei canali, reso solo leggermente più scuro dall'agitazione del momento. Strano averla trovata così impreparata alla cosa: tutti desideravano avere il laran, e quasi tutti coloro che ne erano dotati l'avevano almeno sospettato prima di scoprirlo. Alla sua età, la ragazza avrebbe dovuto esserne perfettamente consapevole, sicuramente il suo mal della soglia era stato leggero, forse associato all'inizio della fertilità e quindi trascurato. Una fortuna, si disse, che Maia godesse di ottima salute! Scivolò appena più a fondo e colse i pensieri che continuavano ad aleggiarle nella mente: un sogno premonitore, qualcosa che aveva a che vedere con il tradizionale abbigliamento delle Custodi. Un genere di sogni che non erano rari in lei: colse il ricordo di un altro sogno che le aveva preannunciato il parto prematuro di un'amica, un altro che l'aveva preparata alla morte del fidanzato... Sì, questa giovane Rinunciataria era sicuramente dotata di laran, forse non molto, ma sicuramente efficace, e il suo donas doveva essere quello degli Aldaran, la preveggenza.
Maia vide la Custode assumere un aspetto del tutto inespressivo. Nonostante la donna avesse lo sguardo perso nel vuoto, non si era mai sentita così osservata in vita propria, nemmeno quando gli ubriachi le fissavano la nuca scoperta durante la festa del Solstizio d'Estate. Dopo un po', le sembrò di sentire dita invisibili frugarle dentro la testa, e si irrigidì; quando la sensazione continuò, rispose in maniera del tutto istintiva, chiudendosi a riccio.
Fiona percepì chiaramente il fastidio della ragazza ma, prima che potesse ritrarsi delicatamente, delle barriere si chiusero violentemente contro di lei, con un dolore che fu quasi fisico. Maia innalzò subito intorno alla propria mente una protezione che, nel sopramondo, manifestava perfettamente la sua risolutezza.
L'urlo terribile della banshee respinse indietro la leronis. Via via via, gridava senza parole il verso dell'animale più spaventoso al mondo.
Fiona impallidì, turbata, anche se il suo corpo non si mosse, grazie al perfetto addestramento.
«Molto bene,» disse, con voce ferma, «non si può dire che tu non sappia costruire barriere efficaci intorno alla tua mente. In genere è la cosa più difficile da imparare, invece... non posso che complimentarmi. Immagino tu l'abbia imparato da sola.»
«Sì, penso di sì. E' stato istintivo.» Nonostante sapesse che non poteva essere diversamente, era rimasta stupita dal fatto che, quello che per lei era stato semplicemente un pensiero, per la Custode fosse altrettanto reale di qualsiasi altra abilità.
«Bene, forse potrà esserti utile sapere che, per un'altra volta, puoi anche farlo in maniera più delicata. Capisco che tu ti sia spaventata per la mia esplorazione, se era la prima volta che ti succedeva, ma fra i telepati qualcosa del genere è considerato molto scortese. Avresti anche potuto danneggiare una mente più debole.» Fiona era passata ad un tono da insegnante, lo stesso che aveva quando proponeva degli esercizi a Loreena. L'addestramento di Maia era già iniziato; anche la Rinunciataria, suo malgrado, se n'era accorta.
Ma come poteva essere addestrata a usare qualcosa che, per quel che poteva sapere, non possedeva nemmeno?
«Mi dispiace di essermi comportata in maniera scortese.» Rispose, dicendo l'unica cosa di cui poteva essere ancora certa.
«Non potevi saperlo, se sei cresciuta tra persone che non sono dotate di laran. E' piuttosto un mistero come tu sia potuta arrivare alla tua età senza conoscere le tue capacità. Hai dei sogni premonitori, vero?»
«A volte.»
«Non ti è mai capitato di percepire i pensieri di qualcuno? E ti succede mai di sapere qualcosa che accadrà, anche senza sognarlo?»
«Non so, io...» Cosa stava cercando di provare la Custode? Lei non sapeva niente di poteri magici e strane capacità. Quando le capitava di intuire prima quello che stava per succedere, o di capire quello che qualcuno pensava era solo grazie al proprio intuito, a quella che sua madre chiamava la vocina dentro di lei. «Vai leronis, quello che mi dite non fa parte del mio mondo, io non so neanche di cosa state parlando. Io non sono una telepate.»
«Lo sei almeno abbastanza da aver percepito il mio tocco sui tuoi pensieri, per quanto delicato fosse. Sicuramente sono più esperta di te in questo campo.»
Il tono deciso dell'ultima frase chiudeva la questione, e Maia non aveva più niente da dire. Se una Custode, che non avrebbe certo avuto interesse a mentire (se anche fosse stata in grado di farlo, e la ragazza non ne era sicura), diceva che era una telepate, certo non poteva sbagliarsi!
A dire il vero, anche se le ci sarebbe voluto un po' ad ammetterlo, Maia stava iniziando a rivedere alcuni degli avvenimenti del passato sotto una luce diversa, non più come dimostrazioni del proprio istinto o colpi di fortuna, ma come una capacità innata che non era consapevole di avere.
«Devi essere sottoposta all'addestramento.» Proseguì Fiona dopo un breve silenzio. «E il tuo addestramento deve iniziare quanto prima: è già scandaloso che tu sia arrivata a quest'età senza nessuna preparazione. Avrebbe potuto accadere qualsiasi cosa!»
«Un addestramento?» Maia pensò subito a quando era stata addestrata ad usare il coltello: muscoli doloranti ogni sera, senza contare che l'addestramento le aveva portato via tanto di quel tempo! «Vai leronis, devo lavorare e non so se...»
«Non abusare oltre della mia pazienza, Maia n'ha Semele.» Nonostante le parole fossero dure, il tuono in cui erano pronunciate non era irato... o perlomeno non lo sembrava! «L'addestramento è necessario e questo è quanto. Se non altro, per imparare come comportarti.»
Beh, si disse Maia, dopotutto ora come ora era ben contenta di saper usare le armi.


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Seconda Parte - Sentirmi a casa nella mia mente

Carissima Mamma,
la fiamma della candela è incerta e inquieta come i miei pensieri, ma purtroppo la mia mente non ha uno stoppino che si possa accorciare. Non potrò tornare a Caer Donn prima di un paio di mesi, i passi sono chiusi, territorio di caccia delle banshee, e solo i pazzi e i disperati si avventurano per gli Hellers in questa stagione. Non è così semplice trovare qualcuno che ti porti la mia lettera, senza contare che tu non sai leggere e che non voglio che nessuno legga queste parole per te. Scrivendoti adesso, avrò il discorso già pronto quando te ne vorrò parlare e, una volta messo tutto su carta, potrò ripiegare i fogli e fingere che anche l'argomento sia chiuso, e non pensarci più. Senza contare che è un ottimo esercizio per la mia pessima calligrafia.
Carissima Mamma, ho vent'anni, sono una donna fatta da tempo, e mi sembra strano non conoscere tanti lati di me. Per esempio, il fatto di avere il laran. Alcune decadi fa ho chiesto a Kyla n'ha Melorya, che incontra sempre Morall al mercato, di avvisare mia sorella che sarei stata via almeno per tutto il resto dell'inverno: durante la notte avevo avuto un altro dei miei soliti sogni, in cui avevo visto una mia sorella di voto partorire di lì a pochi giorni. La mia amica si trovava in un paese di nome Elvas, ai margini del dominio Ardais, e sono partita subito perché le avevo promesso che avrei assistito alla nascita del suo bambino e lei non ha famiglia.


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Maia si interruppe per un momento, grattandosi tra i capelli con la penna. Non aveva parlato ai genitori di Aurora, perché non aveva trovato un modo per farlo senza spiattellare a tutti gli affari privati della sua sorella di voto. Non sapeva nemmeno come la sua famiglia avrebbe potuto prendere la questione, soprattutto il padre, che era amico di Colin MacColin e apparteneva alla stessa Corporazione. Dopo un attimo si rese conto che stava scrivendo solo per se stessa, e che sua madre non avrebbe mai letto la lettera, quindi non aveva nessuna importanza fare o meno il nome di Rora! Liquidò la faccenda con un'alzata di spalle, intinse la penna nel calamaio e si rimise a scrivere.

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Sono arrivata appena in tempo, Aurora stava bene nonostante fosse la prima gravidanza e il bimbo è nato prematuro, ma sano. L'ha chiamato Davin, un nome molto grazioso, secondo me. Per fare presto, ero partita in fretta e furia, completamente sola in pieno inverno, e per questo mi sono beccata una bella ramanzina. Me la meritavo, e non ho saputo spiegare alla Madre della Gilda di Elvas come potessi essere così certa di quando sarebbe stato il parto di Aurora. Fra i tuoi consigli e il mio carattere, non parlo mai a nessuno dei miei sogni e delle mie premonizioni - altro non sono che vere e proprie premonizioni, non fingere di non saperlo! - ma evidentemente lei se n'è accorta comunque. Come ho scoperto solo più tardi, Gwennis n'ha Hannah si è confidata con l'insegnante di lotta, Marisela, la cui pupilla è una delle leronis della Torre di questo villaggio. La giovane leronis ne ha parlato alla tenerésteis, la quale mi ha mandata a chiamare tramite un'altra delle Sorelle.
Per fartela breve, sapevano tutti dei miei poteri magici, tutti tranne me.
E tu lo sapevi, mamma?
Lo chiamavo intuito, tu la chiami la mia vocina interiore, qualcosa che mi rendeva diversa dagli altri e più pronta ad affrontare qualsiasi cosa stesse per accadere. Ho l'impressione che tu abbia sempre avuto almeno una vaga idea della sua vera natura.
Ho riparlato con la Custode in un secondo momento. Mi ha detto che il laran si manifesta con la pubertà e arriva insieme con una malattia. E ho ricordato quando stavo male, lo ricordo ancora bene. Era iniziato lentamente, con capogiri e strane sensazioni. Mi prendevate in giro, dicendo che diventare una donna non era mai stato così difficoltoso per nessuna, così ho iniziato a dissimulare. Non volevo esser presa in giro, né spaventare le mie sorelline, quindi stringevo i denti e andavo avanti: quando mi coglieva la nausea e il mondo iniziava a contenere nuovi colori, odori e suoni, respiravo a lungo e profondamente, concentrandomi sul mio corpo e sulle sensazioni puramente fisiche; quando immaginavo cose inesistenti, ripetevo ossessivamente nella mia testa una lista di cose da fare. Dopo un po', tutto passava e potevo fare finta che non fosse accaduto niente, almeno per un'altra giornata. Poi sono venuti i presagi. Dicevo a papà di stare attento a maneggiare qualcosa, ed ecco che si faceva male, o l'oggetto gli cadeva; prevedevo la neve in un giorno di sole, e il tempo cambiava in pochi minuti. Quando gli altri bambini hanno iniziato a dirmi che portavo sfortuna, ho smesso di dire anche questo.
Ricordo quando Morall si è fidanzata con Colin MacColin il giovane: io le dissi "Non sarà mai tuo marito" e lei pensava fossi solo gelosa. Non sapevo perché, ma ero sicura che non si sarebbero mai sposati, e poi quel cavallo dei Girovaghi che era impazzito l'ha travolto, e Colin è morto. E ricordo gli occhi della mia breda che mi fissavano sgomenti, quando abbiamo ricevuto questa brutta notizia.
Soltanto tu, ora lo ricordo bene, mi accarezzavi pensosa i capelli e mi ripetevi di ascoltare la mia vocina, ché ne sarebbe venuto solo del bene.
E' difficile fare una domanda del genere alla propria madre, ma oggi mi sono guardata a lungo nello specchio che c'è in bagno. Chi ha questa testa rossa, nella nostra famiglia, mamma? Chi altri in casa sa anticipare gli eventi, tranne il nonno che sentiva l'arrivo delle piogge con il mal di schiena? E non è un caso, vero, che contando a ritroso dalla mia nascita per il giusto numero di mesi si arrivi al Solstizio d'Estate? E' difficile immaginare la propria madre in tale situazione, ma è anche semplice.
Eri bellissima, Selene, con i tuoi grandi occhi verdi, le spesse trecce nere ben acconciate intorno al viso pallido e il vestito della festa, mentre i nobili si mescolavano alla gente comune nei balli in piazza e per le stradine. Sotto le quattro lune tutto è consentito, e viene dimenticato la mattina dopo, quando ciascuno torna al proprio letto e al proprio legittimo compagno. Ho partecipato anch'io a feste del Solstizio, e devo dire di saperne qualcosa. Il liquore ti scorre in gola e nelle vene, la musica ti risuona nelle orecchie, se danzi con un ragazzo e i vostri occhi si incontrano, a volte non c'è nemmeno bisogno di parlare, perché non c'è niente che le orecchie possano capire bene quanto il tuo spirito e il tuo corpo in festa...
Dicono che poter prevedere il futuro sia una caratteristica dei nobili Aldaran.


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Maia si stiracchiò sulla sedia, posò la penna e sgranchì la mano sinistra, ormai macchiata d'inchiostro. Si trovava nella sala di lettura, immersa nel silenzio della notte, che era l'ideale per riflettere, se si tenevano a bada i pensieri, impedendo loro di diventare troppo grandi e spaventosi.
Tamburellò con le dita sul piano del tavolo, poi riprese la penna e si rimise a scrivere.


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Non mi sono mai sentita una nobile, e mai potrei sentirmi tale. Qui alla Gilda di Elvas (ma anche a Caer Donn era così) ci sono delle Sorelle che hanno il laran. Due o tre di loro, ancora non mi è del tutto chiaro, vengono da famiglie nobili, dalle quali si sono allontanate per i soliti motivi che spingono una Rinunciataria a diventare tale.
Suppongo che, per me, niente sia cambiato, a parte tutti i miei interrogativi. Chi sono davvero? E, se sono quello che penso, mio padre lo sa? Penso che tu sia l'unica che finora ne ha avuto il sospetto, penso che tu non abbia mai davvero voluto sapere per certo chi mi ha generata . Forse speravi che non venisse mai fuori, per l'amore che hai verso tuo marito e che ho sempre potuto vedere.
La Torre di Elvas accetta chiunque: nobili dei Domini, o di famiglie meno importanti, persone comuni, e perfino Rinunciatarie. E la Gilda accetta chiunque, qualunque donna suoni la campana.
Alla luce di questo, ha davvero importanza da chi io abbia preso queste capacità che, in fondo in fondo, ho sempre saputo di avere? Non lo so nemmeno io.

Oggi la Custode mi ha chiesto della mia famiglia, ma non le ho parlato di questi pensieri, anche se immagino li abbia potuti leggere nella mia mente. Mi ha chiesto del mio malessere della soglia, la malattia di cui parlavo prima. E poi mi ha dato una pietra, che prima o poi imparerò a usare come si deve.
Sì, mamma, è una delle pietre delle stelle che hanno i nobili, e che ora spetta di diritto anche a me. A guardarla con attenzione, il mondo diventa più nitido, e le cose che un tempo credevo immaginarie diventano reali e presenti ai miei occhi e alla mia mente. Posso vedere l'energia della gente, sentirla scorrere in un lieve fruscio e in palpiti che non sono le orecchie a percepire. Capisco quello che gli altri pensano, e non sempre è piacevole, per questo tengo sempre la pietra (si chiama matrice) in un sacchetto apposito, che serve a mantenerla inattiva.
Non conosco le parole migliori per spiegarlo e tu, mamma, che pure mi hai insegnato tante cose, non potresti capirmi comunque. E ho paura che le premonizioni, adesso, diventino più frequenti, e mi annuncino qualcosa di orribile che non posso evitare. Per fortuna, servono anche a dare belle notizie, il parto di Rora, per esempio. Proprio stamattina, prima che la Custode mi mandasse di nuovo a chiamare, ho preparato senza farci caso una tisana contro il dolore, ed è servita subito dopo ad Aurora, che si era fatta male.
Tutto quello che posso fare, adesso, è imparare questa nuova arte, il controllo del mio laran, e sperare che un giorno possa tornare a sentirmi me stessa. Sentirmi a casa nella mia mente.
Al momento, è tutto quello che desidero.
Con affetto,
Maia


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Mentre aspettava che l'inchiostro fosse completamente assorbito dalla carta, ripose penna e calamaio in un cassetto. Con un respiro profondo, bloccò i pensieri che erano lì lì per nascere. Dopo aver scritto quello che l'angustiava, i prossimi a venire sarebbero stati di quelli grandi e spaventosi, lo sapeva. L'avrebbero tenuta sveglia e nervosa, perdendosi nella confusione di sogni a metà, lasciandola stremata all'alba.
Prima o poi, le sue risposte le avrebbe avute, di questo era certa.
Prima o poi.









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Disclaimers

Nutrendo sospetti sulla presenza di laran in Maia, alla giovane Rinunciataria viene organizzato un incontro con la Custode.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008