[Home] [La storia del Progetto Elvas] [Regole Utilizzate]
[Personaggi] [Luoghi] [Racconti] [Download]
[Cronologia] [Genealogia] [Dizionario] [Musiche] [Immagini e Disegni]
[Giocatori] [Incontri] [Aggiornamenti] [Credits] [Link] [Mail]
barra spaziatrice
[torna a Racconti][E.S.T. dE +2, aprile (25)] [Credits & Disclaimers]



Una eredità indesiderata

Rael McKihan & Dana n'ha Angela

I giorni passavano, ma Rael non se ne rendeva conto. Le forze che aveva utilizzato sembravano essere scemate in una sola volta, e ora vagava in una luogo di torpore continuo il sospeso nel dormiveglia ignaro di quello che gli stava accadendo attorno.
A volte si sentiva sveglio o abbastanza in sé, ma apriva gli occhi e si ritrovava con la voglia di dormire ancora. Altre volte sentiva e vedeva la Signora che aveva incontrato la prima volta e, anche se accadeva sempre più di frequente, non era nemmeno sicuro che anche quei ricordi non facessero parte del sogno.
Perché sognava molto. Ricordi e, a volte, invenzioni. Altre volte sprofondava in un pozzo oscuro e faticava a risalire. Gli capitava anche di vedere persone che non conosceva, e questo lo confondeva ancora di più.
Eppure le forze stavano tornando e il sonno pesante era ristoratore e lo fortificava.
Una mattina, se era tale, si ritrovò a fissare il soffitto, finalmente stanco di rimanere a letto e, soprattutto, abbastanza sveglio da accorgersi della fame che gli tormentava lo stomaco.
Si mise seduto guardandosi attorno e poi si decise a mettere i piedi a terra, per vedere come andava.
Sentiva il corpo debole per la malattia ma arrivò fino alla sedia e si mise seduto assaporando perfino la sensazione della pietra sulla pianta dei piedi.
Non c'era nessuno con lui, forse sarebbe dovuto uscire? Oppure limitarsi ad aspettare lì?
Rimase in silenzio, seduto sulla sedia a fissare la porta che, dopo quella breve camminata, gli sembrava però lontanissima.
Aveva fame, ma come poteva avvisare qualcuno? Non sembravano esserci campanelli e dalle spesse pareti in pietra non filtrava nessun rumore.
Stava per decidersi ad alzarsi di nuovo quando, aprendo delicatamente la porta, un essere gigantesco fece il suo ingresso nella stanza.
Rael sembrò farsi improvvisamente piccolo, quasi ritirasi su se stesso, osservando allarmato il nuovo venuto: era talmente imponente da far sembrare la stanza troppo piccola per lui, come se un gigante fosse entrato nella stanza di un nano.
Forse era ancora la leggera febbre che gli faceva sembrare le cose così minacciose, ma almeno evitò di urlare per la sorpresa mentre, dietro quell'uomo, spuntava un volto conosciuto che gli fece tirare un sospiro di sollievo.
Dana faticò un poco a spostare Manolo dal vano della porta.
L'umanoide era rimasto ad osservare il loro ospite con occhi sgranati, non come quelli del ragazzo, ma una buona imitazione, quasi che entrambi fossero stati spaventati dalla vista l'uno dell'altro.
«Manolo, puoi posare il vassoio sul tavolino, grazie,» sospirò la donna, una volta dentro. «E tu perché ti sei alzato?» chiese con tono severo al ragazzo rannicchiato sulla sedia in posizione difensiva.
Rael sembrò fare una smorfia dispiaciuta poi si alzò e dopo pochi passi si mise seduto sul letto, sempre cautamente distante dall'uomo che stava posando un vassoio carico di cibo sul tavolo.
Quel cibo lo distrasse più che mai dal rispondere; continuava a guardarlo, deglutendo e mordicchiandosi le labbra.
«Mi dispiace... ero stanco di rimanere a letto... non volevo... dispiacervi... solo cambiare un po' posizione...»
Dana sospirò, avvicinandosi e sedendosi accanto a lui.
Manolo si era immobilizzato accanto al tavolo e la sua presenza sembrava un forte deterrente per Rael.
«Manolo, scusaci,» disse la Rinunciataria, «so che non ci crederai, ma questo ragazzo è spaventato da te.»
Manolo assunse un'espressione addolorata, mentre Rael sembrò farsi piccolo accanto a Dana.
«Andiamo, Manolo,» lo schernì lei. «Renditi conto che chi non ti conosce resta sempre un po'...» fece una breve pausa, pensando all'effetto che l'umanoide di solito faceva sugli sconosciuti, «impressionato.»
L'essere sembrò rallegrarsi, controllò il vassoio, come per verificare che vi fosse tutto quello che serviva, ed uscì dalla stanza, salutando Dana e il ragazzo con un cenno della mano.
Rael sembrò distendersi come un panno al sole, nemmeno lui si era reso conto di quanto si fosse fatto spaventare da quell'uomo.
«Scusatemi... non volevo essere cosi maleducato,» con quella frase rimase a guardare la porta chiusa, dimenticandosi per un attimo anche del cibo.
Rael sentiva di essersi comportato davvero in modo incivile ma l'Amazzone rise di gusto nel vedere la sua espressione.
«Saprei dirti esattamente come avresti reagito se tu fossi stato una fanciulla,» disse, senza scendere in particolari. «Ma nei maschi Manolo scatena le reazioni più disparate. Non devi preoccuparti,» si alzò e fece cenno al giovane di distendersi. «Sento che hai fame, ma prima voglio controllare come stai,» gli comunicò.
Fu questione di pochi istanti poi, prendendo una vestaglia dalla cassapanca sistemata ai piedi del letto, invitò Rael ad alzarsi nuovamente.
«Coraggio,» lo incitò, «adesso puoi alzarti.»
Rael arrivò da lei e si infilò la vestaglia rimanendo dubbioso, sembrava che qualcosa avesse catturato il suo interesse, oltre al cibo ben inteso.
«Scusate ma che reazione ha una fanciulla quando vede quel signore?»
Ecco dove si era ancorata la sua curiosità, sembrava pensare che fosse possibile solo rimanervi almeno impressionati come lo era stato lui, e impressionati era un termine ancora poco appropriato.
Dana restò pensierosa, mentre lo osservava dirigersi verso il cibo, con passo più fermo rispetto a prima, e sedersi accanto al tavolino con l'indecisione stampata sul volto.
Rael non toccò il cibo che tanto lo aveva attratto prima. Rimase a osservarla e poi a fuggirne lo sguardo per poi ritornare a incollassi sui tratti del volto della Rinunciataria.
Sembrava aspettare paziente.
Dana si sedette davanti a lui, spingendo avanti uno dei piatti ricolmi di cibo.
«Manolo sembra avere un certo potere di... attrazione sulle donne,» rispose, restando evasiva.
Rael sembrò rabbuiarsi. «Cioè?»
Sentiva l'inconsistenza di quell'accenno, forse la malattia lo aveva reso più facile al risentimento ma rimase fermo su quella domanda, ancora più curioso forse proprio perché gli veniva negato di capire che per il vero desiderio di sapere.
Ma il silenzio da parte della donna gli fece alzare gli occhi verso di lei, occhi ancora lucidi per la febbre che sembravano ancora più grandi grazie alle guance ancora rosse per la febbre.
Aspettava di capire.
Gli occhi di Dana si fissarono in quelli del ragazzo, contravvenendo a tutte le regole della buona educazione, tanto che Rael si affrettò ad abbassarli.
«Io...» cominciò il ragazzo.
«Non credo sia facile da spiegare,» fece una breve pausa. Senza l'addestramento la mente del giovane era come un libro aperto e, pur schermata e con lo smorzatore attivo nella stanza, era chiaro quanto poco sapesse dell'argomento.
«Diciamo che, tutte le volte che una donna vede Manolo, tranne una sola delle mie Sorelle Rinunciatarie,» fece una breve pausa, trasmettendo una breve immagine di Shonnach nella mente del giovane, «a cui, tra l'altro non crede nessuno, prova l'irrefrenabile desiderio di farsi sedurre e fare l'amore con lui.»
Rael divenne carminio. Molto probabilmente sarebbe affondato volentieri nel piatto con il viso per nascondersi, anche se una parte di lui la sentiva come una conquista, cosa su cui avrebbe riflettuto dopo, che qualcuno gli avesse parlato con questa semplicità di qualcosa che nessuno gli accennava nemmeno.
Gli si spalancarono tanto gli occhi che temette gli potessero cadere e andare a fare da contorno alle verdure su una ciotola vicino a lui.
«Grazie del chiarimento.»
Dana non era convinta di aver fatto la cosa giusta, ma il tono riconoscente fu sufficiente a metterle in parte il cuore in pace.
Sorrise dolcemente. «Adesso mangia,» lo incitò per l'ennesima volta. «Da questo pomeriggio comincerà il vero lavoro.»
Rael con in mano il cucchiaio la guardò interrogativo.
«Cosa intendete Signora?»
Si immaginò tutto e nulla, però si sentiva meglio ed era giusto che ricambiasse l'ospitalità ricevuta lavorando un pò.
L'Amazzone lo guardò per un istante, mentre si gettava sul cibo con famelicità. Dopotutto erano quasi due settimane che non faceva un vero pasto, se non alcune sorsate di brodo caldo o jaco nei rari momenti in cui era più cosciente.
«Tu sai cosa caratterizza i comyn?» chiese, quando l'attacco al cibo si fu fatto più pacato.
Rael sembro pensarci: come tradurre in parole quello che sapeva? Quel poco che sapeva in effetti.
«Beh, i Comyn... sanno... hanno dei poteri... So che possono comandarti senza che tu possa evitare di obbedire e poi... non so...» Rimase silenzioso un altro attimo. «So che hanno il laran... e poi basta...» quel termine nemmeno sapeva cosa indicasse però spesso lo aveva visto associare a un comyn.
Dana lo guardò sorridendo, ripensando per un istante a tutti i rappresentati del mondo normale, al di fuori di quello dorato dei comyn, delle Torri e dei castelli, che aveva incontrato.
«Vedi,» cominciò, cercando di essere il più chiara possibile, «i comyn, o meglio la maggior parte di loro, possiede delle doti particolari. Doti che sono state trasmesse di generazione in generazione.»
Rael la guardava, attento, annuendo ad ogni parola.
«Ma queste doti non sono esclusive dei comyn. Spesso, anche se la cosa non viene controllata, può capitare che tra la gente comune nascano individui dotati di questi poteri.»
«Oh...» alle orecchie di Rael sembrava quasi una favola.
Però la serietà della Signora gli toglieva qualsiasi dubbio in materia. Poi arrivò al nocciolo della questione.
«Ma tutto questo cosa c'entra con me? Siete gentile a spiegarmi queste cose, ma ora?»
«Tu sai cos'è un nedestro?» Rael annuì, c'erano molti figli illegittimi anche tra i ragazzi che conosceva. «Sai che a volte i loro genitori nobili decidono sia meglio che essi vivano con loro.»
«Però non come veri figli,» ribatté Rael, con improvvisa durezza.
Dana sorrise. «Quello che è di valore in loro è il sangue che scorre nelle loro vene, sangue che ha ereditato i doni della famiglia.»
«E cosa c'entra questo con me?»
Ma subito si morse la lingua in realtà sapeva ma... forse era meglio dire supponeva... però allora lui quel sangue non lo voleva, nemmeno una goccia.
Rimase in silenzio a capo chino.
Il suo stesso sangue stava dimostrando che era un nedestro? Era a questo che voleva arrivare la Signora?
Visto cosi, ora quel dialogo aveva un suo senso.
I pensieri erano arrivati forti e chiari a Dana che, visto lo stato di agitazione di Rael, pensò bene di archiviarli.
Sembrava esserci una sorta di tacito accordo tra il ragazzo e il comyn con cui era arrivato a Elvas e nessuno, nella Torre, avrebbe mai forzato la mano a nessuno dei due per costringerlo a rivelarlo.
«A volte,» riprese, senza nessuna variazione nel tono di voce, «questi poteri saltano fuori a generazioni di distanza, di solito solo per un caso fortuito. Così come esistono comyn che non ne posseggono una goccia.»
Rael abbassò lo sguardo per poi rialzarlo. Questo gli dava la possibilità di non spiegare forse persino di illudersi, anche se odiava mentire quella non sembrava proprio una bugia, forse una piccola mancanza di precisione... più avanti forse avrebbe spiegato.
«Dite che sono... beh qualcosa di simile io?»
"Senza possibilità di dubbio!"
La donna non aveva parlato ma le sue parole erano risuonate forti e chiare nella mente, come se le avesse udite normalmente anzi, a pensarci bene, anche più nitide.
"Il solo problema, adesso, è scoprire il livello delle tue capacità per permetterti poi di sfruttarle al meglio, per te stesso prima di tutto."
«Oh.... e lo dite voi.»
Una specie di Comyn lui? Se avesse avuto abbastanza coraggio si sarebbe messo a ridere.
No, un Comyn mai, lui era solo Rael, nemmeno meritava un cognome ora.
«E come farete a capirlo?» chiese poi, incuriosito.
«Al più presto ti porterò da Fiona, la nostra Custode, e lei controllerà le tua capacità.»
Rael sembrò impressionato al pensiero come lo era stato alla vista di Manolo.
«Poi ti darà una pietra che ti servirà come aiuto quando utilizzerai i tuoi poteri,» era inutile aggiungere troppa carne la fuoco, nei dettagli sarebbe scesa Fiona.
«Ah... capisco.»
In realtà capiva molto poco quasi nulla, ma non restava che fidarsi.
D'altronde forse avrebbe preferito che quei poteri sparissero, non li aveva voluti. Se anche in un altro momento forse li avrebbe accolti con gioia, ora ricordando da chi venivano provava solo la voglia che sparissero o almeno che ne avesse pochissimi.
«Allora domani incontrerò la Domna Custode?»
«Credo di sì,» l'Amazzone lo guardò mentre cercava di trattenere uno sbadiglio. «Per ora è meglio che ti distendi e ti fai una bella dormita. Ti sei stancato anche troppo, per essere il primo giorno in piedi.»
Rael, raddrizzandosi di colpo sulla sedia, cercò di riportare l'attenzione sulle spiegazioni di Dana.
«Non funziona, sai,» lo avvisò lei, facendolo alzare. «Ho dovuto badare a troppi fratelli per non accorgermi che qualcuno sta crollando dal sonno.»
Rael ora teneva aperto un occhio sì e uno no, a turno, e un enorme sbadiglio gli impedì di protestare come voleva.
«Come volete.»
Non era più un bambino piccolo, ma cercare di prevalere in una situazione simile lo avrebbe fatto sembrare tale. Si alzò un po' incerto e si avviò al letto.
«Però...» si girò di scattò pendendo verso una potenziale caduta poi si ricompose e si inchino alla Signora, «grazie di tutto.»
«Aspetta a ringraziare,» Dana lo fece salire e lo coprì bene, controllando un'ultima volte le sue condizioni.
Rael pensò che l'ultima frase suonava molto come una minaccia, ma la per la stanchezza doveva aver frainteso.
Guardò la Signora uscire dalla sua stanza.
"Dana," la voce arrivò come un sussurro nella sua mente, "solo Dana, Rael."









barra









Disclaimers

Dana comincia a preparare Rael per la prossima visita dalla Custode per il controllo del laran, cercando di spiegarli in cosa consiste il potere dei telepati.

torna all'inizio







The Elvas Project © 1999 - 2008
© SDE Creations
Ultimo aggiornamento: 31/12/2008