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[torna a Racconti][E.S.T. dE +2, maggio (1)] [Credits & Disclaimers]



Piccoli passi

Rael McKihan & Dana n'ha Angela

con la partecipazione di

Fiona di Elvas

Il sole era sorto da poco e nelle cucine della Torre ferveva ancora poca attività. Nonostante non fosse ancora sicura delle sue abilità nello schermarsi, Dana decise che era il momento migliore per far scendere Rael per la colazione. In fondo, correre il rischio di incontrare altri telepati pronti per la giornata di lavoro, poteva essere un modo per verificare quanto il ragazzo avesse appreso fino a quel momento.
Erano passati due giorni durante i quali gli aveva spiegato come erigere una barriera e aveva permesso che incontrasse il suo compagno di viaggio. Il tutto si era svolto senza traumi e l'incontro con Fiona non poteva essere rimandato ancora. Prima di portare il ragazzo al cospetto della Custode, però, l'Amazzone voleva che facesse il carico di energie.
Si fermò davanti alla porta della stanza e bussò delicatamente alla mente di Rael, prima di aprire la porta.
Lo trovò già vestito, fermo davanti alla finestra come se la stesse attendendo da tempo, sospetto velocemente confermato da Rael che, aprendole semplicemente la mente, le mostrò la propria speranza del suo arrivo, desiderio che lo aveva spinto ad alzarsi di buon ora, fatto vestire e aspettare ansioso alla finestra. Aveva atteso il loro incontro dalla sera precedente e aveva occupato il tempo coltivando la speranza di una rapida alba e di un incontro mattiniero.
Le andò incontrò sorridendo e sbadigliando. I pensieri che uscivano dalla sua mente erano talmente nitidi che la sensazione provata dall'Amazzone era quella di essere immersa in una polla d'acqua di sorgente.
"Bene," commentò la donna, tenendo aperta la porta, facendogli cenno di precederla, "vedo che non perderemo tempo oggi."
Rael scese composto le scale, ma a una velocità notevole. Il fatto che stessero scendendo aiutava di sicuro, ma il suo entusiasmo la faceva da padrone.
«Potrò cucinare per voi, Signora?»
«È probabile che qualcuno abbia già preparato da mangiare,» l'espressione di Rael si era fatta immediatamente triste, «ma,se non ci fosse nulla di pronto, avrai la cucina tutta per te.»
Arrivati al piano terra Rael si esibì in un paio di urli di pura gioia: la sala era deserta e cosi doveva essere la cucina. Mentre Dana doveva ancora entrare, il ragazzino stava già muovendosi veloce su e giù per la stanza, borbottando tranquillo tra sé ricette e ingredienti e sembrava avesse intenzioni grandiose.
L'Amazzone si sedette tranquillamente, cercando di non sorridere troppo apertamente. L'ultima volta che aveva visto qualcuno così ingenuamente entusiasta era stato molti anni prima, troppi forse. Stava per perdersi in qualche ricordo quando Shonnach fece il suo ingresso, scrutando con aria torva il ragazzino che apriva e chiudeva sportelli con la stessa tranquillità di chi viveva nella Torre da mesi.
«Sarebbe quello il giovinetto arrivato con il comyn?» chiese la donna sedendosi.
Dana si limitò ad annuire, senza darle troppa corda.
«Avete poi scoperto perché sono arrivati qui?»
«No, Shonnach,» sospirò Dana. «Probabilmente si erano persi nella tempesta e siamo stati il primo villaggio che hanno trovato sulla loro strada.»
«Tu e Kelan dovreste chiederglielo!»
«Quando vorranno dircelo, lo faranno.» Dana non aveva intenzione di proseguire il discorso.
Shonnach stava per aprire bocca nuovamente quando, scivolando dentro la stanza silenziosamente, Damon fece il suo ingresso, sedendosi accanto alle due Rinunciatarie.
I rumori dalla cucina smisero di colpo e la testolina di Rael sbucò da un angolo. Le sue labbra erano atteggiate a una smorfia, un sorriso bloccato da una forte incertezza. Qualcosa di vago che espresse a parole un pò tremolanti.
«Buongiorno... suppongo abbiate fame, no... voglio dire certamente... visto che sto preparando... in altre parole posso preparare anche per voi... se volete...»
Damon e Shonnach si scambiarono un sguardo sorpreso, voltandosi poi a guardare Dana.
«Vi ha fatto una domanda, no?» disse la donna, stringendosi nelle spalle. «Rispondete... sarete pur capaci di farlo.»
«Certamente... Rael,» rispose Damon, dopo il suggerimento sul nome arrivatogli da Dana.
Shonnach rispose con una scrollata di spalle. «Ne sarei onorata, ma mi aspettano allo Scoundrel
Si alzò ed uscì dalla stanza senza neppure voltarsi o salutare, seguita dalle occhiate rasserenate di Damon e Dana.
La reazione di Rael non fu visibile a occhio nudo ma i due telepati la percepirono benissimo, prima che riuscisse a nasconderla abbastanza. Le pentole ricominciarono a rumoreggiare, anche se in quel concerto sembrava esserci una nota di tristezza, ora. L'arrivo di Amyra e Fiamma permise a Dana di raggiungere Rael in cucina.
«Non devi fare caso a Shonnach,» disse, sedendosi su uno sgabello, vicino al camino. «Se non si preoccupa di te significa che non ti ritiene pericoloso per Elvas.»
Rael, con un cucchiaio e una pentola in mano, annuì lentamente. «Forse sono stato maleducato io... a pensare male... solo credevo che visto... oh, insomma, si era seduta no? Pensavo che si sarebbe fermata!» Con un colpo di polso la frittata dolce girò perfettamente su se stessa, mentre in contemporanea il ragazzo teneva d'occhio altre due o tre pentole che sobbollivano.
Dana ridacchiò. «Se si fosse fermata ti avrebbe sommerso di così tante domande da non farti più essere sicuro neppure del tuo nome!»
Un lieve sorriso increspò le labbra del ragazzo. «Siete gentile e vi credo. Allora è andata meglio così, no?»
Nei minuti successivi Rael fu impegnatissimo a disporre il cibo, a fare gli ultimi assaggi a quello che aveva preparato, per poi prendere e portare uno dei quattro vassoi coperti di vivande, mentre il resto attendeva sul tavolaccio in cucina una disposizione definitiva.
Damon e le due sorelle Hastur restarono a fissare Rael che, vassoio dopo vassoio, ricopriva la tavola della sala con incredibili prelibatezze.
«L'hai aiutato, vero?» chiese, quasi preoccupato, Damon.
Dana scosse negativamente la testa, aspettando che Rael avesse terminato di portare tutte le vivande dalla cucina prima di costringerlo a sedersi con loro.
«Rael,» disse poi, trattenendolo a sedere accanto a lei. «Questo è Damon Aldaran, il braccio destro della Custode.» L'uomo fece un lieve cenno del capo, salutando il nuovo acquisto della loro comunità e cercando di trattenersi dal gettarsi a capofitto sul cibo.
Se Rael lo avesse intuito si sarebbe sentito molto più sereno, comunque riuscì a rispondere con un sorriso e un «Onorato,» che sembrava aver indugiato sulle sue labbra più del dovuto ma che era soltanto genuina deferenza.
Nessuno dei presenti sembrò dare peso alla sua esitazione. «Queste due giovani fanciulle, invece,» continuò l'Amazzone, «sono Amyra e Fiamma Hastur. Sono sorelle... se mai uno non notasse la somiglianza.» Le due comynare salutarono Rael quasi con la stessa circospezione del ragazzo.
L'atmosfera sembrava essersi cristallizzata in una ragnatela di sguardi che si studiavano e valutavano finché Dana non si mise tranquillamente a mangiare, augurando un buon pasto a tutti. Tanta tranquillità riuscì a sciogliere quel piccolo nodo e a tanto cibo fu reso il giusto tributo.
Nessun altro telepate scese fino alle cucine. Damon aveva comunicato che quella mattina il Cerchio non avrebbe lavorato, visto che Fiona sarebbe stata occupata da altri impegni, e tutti se l'erano presa comoda, approfittando della pausa per dormire un po' più a lungo.
Dana lanciò un'occhiata a Rael che, apparentemente, non aveva colto l'ultima frase, impegnato ad ascoltare le lodi delle due Hastur sulla qualità del cibo preparato.
«Non lo tornerai a rinchiudere in cima alla Torre, vero Dana?» chiese, del tutto disinteressata Amyra, concludendo l'abbondante colazione con un'ultima sorsata di jaco.
L'Amazzone scosse la testa negativamente, alzandosi. «Non se Fiona non mi costringerà a farlo.»
Anche se Rael riuscì a controllare le sue emozioni a quella frase, il sorriso che gli si disegnò sulle labbra era talmente chiaro e carico di aspettativa che avrebbe potuto evitare di nascondere i suoi pensieri. Per di più, dopo l'ottima riuscita dei suoi sforzi culinari, sembrava quasi aspettare con gioia l'incontro con la Custode.
"È ora di andare," il messaggio suonò forte e chiaro nella mente del ragazzo che, scattando come una molla, si alzò in piedi, pronto a seguirla.


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Dopo pochi minuti si ritrovarono nuovamente davanti alla porta che introduceva alle stanze private della Custode. Rael era talmente preso dall'idea meravigliosa di non dover più essere rinchiuso in quella piccola stanza, da solo e senza svaghi, che sarebbe entrato da sé, immediatamente, senza attendere inviti. Fortunatamente le regole di buona educazione glielo vietavano ed attese in silenzio che la Rinunciataria facesse la prima mossa.
Dana aprì la porta che dava adito agli appartamenti della Custode senza annunciarsi. Il salottino era deserto e, solo davanti alla porta interna che conduceva allo studio privato della donna, lanciò un piccolo richiamo mentale, per avvisare Fiona del loro arrivo.
L'invito ad entrare doveva essere stato inviato solo a lei, perché Rael non aveva udito nulla. Seguì Dana oltre la porta, cercando di restare coperto dalla sua presenza, camminando nella sua ombra.
«Così, finalmente, conosco uno dei nostri ultimi ospiti,» la voce proveniva da una figura vestita di un lungo abito rosso scarlatto.
La donna era seduta su una comoda poltrona, accanto al caminetto acceso, e fissava con occhio divertito il ragazzino timoroso che la Rinunciataria faticava a tenere davanti a sé.
«Come ti chiami, ragazzo?» chiese, anche se conosceva già la risposta.
«Rael McKihan,» nonostante avesse una gran voglia di scappare, era abituato a dover affrontare nobili comyn quando era al castello e il suo nome venne fuori con un automatismo già esercitato mille altre volte. Solo che, a quei tempi, era un nome che veniva dimenticato ancor prima che arrivasse alla fine della risposta, mentre in quel momento sapeva che sarebbe restato scolpito nella mente della donna che aveva davanti.
Fece un inchino un po' rigido, rivolto alla Custode, poi rimase lì, impettito come un piccolo soldato in attesa di ordini.
Fiona sorrise, nonostante l'agitazione le barriere del giovane non erano così disastrose come aveva pensato e poca della sua agitazione sembrava arrivare fino a lei.
«Io sono Fiona di Elvas,» disse poi, «mentre questa,» indicò una figura esile, abbigliata come lei ma con il capo e il volto coperto da un velo rosso, «è Loreena, la mia allieva.»
«Onorato...» rispose Rael, profondendosi in vari inchini.
Perse rapidamente il conto di quante riverenze aveva fatto alle due donne rosso-vestite, finché non lo fermò un sospiro di Dana, sospiro che sembrava quasi voler nascondere una risata.
Il silenzio era sceso nuovamente, ma Rael non riusciva più ad aspettare. Si poteva percepire a pelle la smania che lo divorava, la curiosità e la paura che lo dividevano, la necessità quasi fisica di scoprire cosa sarebbe successo ora... ma, forse per pura fortuna, le sue barriere reggevano, ma per quanto ancora?
Fiona indicò con un gesto della mano una sedia posta davanti alla sua poltrona.
«Siediti Rael,» disse, facendo cenno a Loreena di sedersi a sua volta. «Dana, potresti lasciarci?»
Il ragazzo rivolse inutilmente uno sguardo di supplica alla donna, ma sapeva anche da solo che era inutile appellarsi a lei in quel momento. Si mise seduto, cercando di sembrare più rilassato di quanto non fosse, mentre sentiva l'Amazzone allontanarsi per uscire.
Fiona attese che la Rinunciataria uscisse dalla porta, controllando che restasse nella stanza accanto, ma con le barriere alzate in modo da non farsi percepire da Rael.
«Dana mi ha detto che non sai nulla di laran e dei poteri che vengono utilizzati in una Torre,» disse, ricevendo un timido cenno affermativo da parte del ragazzo. «Loreena ha pochi anni meno di te,» continuò la Custode, «e dall'inizio di quest'anno ha cominciato l'addestramento come Custode.» La piccola figura ammantata di rosso chinò impercettibilmente il capo, senza proferire parola. «Lei non è una comynara, probabilmente il sangue di qualche famiglia nobile scorre nelle sue vene, ed in maniera tale da renderla adatta a ricoprire il massimo ruolo all'interno di una Torre.»
Rael aveva gli occhi spalancati dallo stupore. Cosa c'entrava tutta quella storia con lui?
«Sarà lei a fare il primo controllo,» continuò Fiona. «Naturalmente io veglierò su entrambi.»
Rael non poteva capire se la notizia fosse spiacevole o meno, neppure sapeva cosa avrebbe provato o come fosse realmente subire questo controllo.
«Se è questo ciò che desiderate, mi affido a voi,» Rael inspirò a lungo, cercando di regolare il respiro per calmarsi.
La figura ammantata davanti a lui si irrigidì sulla sedia, come se avesse ricevuto dei precisi comandi e stesse cercando il modo migliore per metterli in pratica.
"Rael," la voce della ragazza risuonò nella sua mente, "pensi di essere in grado di spostare uno di questi oggetti?"
Rael abbassò lo sguardo sul tavolino che era stato posizionato tra lui e le due donne. Sopra la superficie lucida erano posati vari cristalli, di diverse dimensioni.
«Come sp...»
"Non usare la voce," il tono secco di Fiona lo interruppe prima che potesse completare la frase.
"Co... come spostarli... ?" continuò mentalmente, cercando, senza accorgersene il contatto con Dana, oltre la porta della stanza.
Tuttavia, un'idea di ciò che volevano intendere gli si stava formando nella mente, solo che era legata alle chimere sui Poteri dei Comyn... era impossibile che lui sapesse fare una cosa simile, ogni angolo della sua mente si rifiutava di accettare anche solo la possibilità che fosse attuabile per lui un'azione simile.
Rimase in questo stato di incertezza per un tempo che non riuscì a definire. Non era altro che una prova, un tentativo. Poteva tentare, doveva essere semplice no? Soprattutto, visto che non poteva riuscire.
Loreena sorrise, protetta dal velo cremisi che le copriva il volto. Ricordava la sua prima volta, il giorno in cui Fiona l'aveva controllata. Era quasi riuscita a distruggere tutto, con la sua veemenza nell'utilizzare una capacità che non pensava neppure di possedere.
Un piccolo brivido le percorse la schiena, un richiamo al suo dovere da parte della sua inflessibile maestra.
"Prova a concentrarti su una delle pietre, Rael," continuò la giovane. "Pensa intensamente di volerla spostare, come se tu stessi utilizzando la tua mano... ma senza arrivare a toccarla."
Rael pensò che, se fosse stato un sogno, non avrebbe trovato difficoltà a farlo... ma ora?
Non poteva tirarsi indietro. Per quanto sentisse la cosa così estranea a se stesso, per il rispetto e per la fiducia che erano stati riposti in lui doveva almeno provare.
Allungò una mano, il braccio teso verso una piccola pietra sul lato esterno, senza muoversi dalla sedia. Col palmo della mano fece il gesto di prenderla e spostarla di lato, come se da quella distanza potesse avere un braccio invisibile che allungava innaturalmente il suo.
Un lieve sorriso comparve sulle sue labbra, mentre sembrava rendersi conto di come una parte della sua mente avesse sperato nella riuscita. Ma quella pietra derideva ogni sua aspettativa, perché era rimasta tranquillamente al suo posto, come d'altronde doveva essere.
Il braccio gli ricadde sul fianco.
Né Loreena né tanto meno Fiona sembrarono preoccupate del fallimento.
"Sarebbe un peccato," sospirò la più giovane, cogliendo al volo un'ispirazione improvvisa. "È indiscusso che hai delle potenzialità... altrimenti non riusciresti a capire quello che diciamo."
Fiona si voltò a guardare la sua allieva, come se l'iniziativa l'avesse colta di sorpresa, anche se dal suo viso non traspariva nessuna emozione.
"Se tu riuscissi a superare queste prove, il prossimo passo sarebbe un piccolo addestramento," la ragazza fece una breve pausa, come se stesse meditando su qualcosa. "Il solo telepate disponibile al momento per farti da tutore sarebbe Dana. Lei ha addestrato anche me," Fiona poté percepire una nota di rimpianto nei pensieri della ragazza, una cosa su cui avrebbero dovuto discutere in seguito. "Ma adesso non ha nessun allievo da seguire..." lasciò la frase in sospeso, come se fosse una remota possibilità.
Tutto dipendeva da quello che Rael sarebbe stato in grado di fare e quel piccolo espediente sembrò dare i suoi frutti o, per lo meno, Rael sembrò deciso a riprovarci anche se la sua concentrazione era lontana dall'essere uguale a quella raggiunta al suo primo tentativo e la fiducia nella possibilità di farcela non fosse ancora presente in lui.
Al posto della fiducia sembrava invece esserci rabbia. Si sentiva come se il suo fallimento non fosse dato dal fatto che era per lui davvero impossibile, quanto piuttosto dal voler negare la fiducia che Dana sembrava riporre nelle sue capacità, la stessa fiducia che anche la Custode e la sua giovane apprendista sembravano condividere.
Perché allora non ci riusciva?
Uno scoppio fece sobbalzare Rael sulla sedia e, mentre cercava di capire cosa avesse provocato quel rumore, un dolore pulsante gli arrivò dalla mano. Abbassò gli occhi a osservarla: segni rossi sanguinanti la segnavano, le sue unghie avevano perforato la carne nello sforzo di stringere mentre, come travolto dalla forza esercitata a distanza dal suo pugno, il cristallo era completamente distrutto.
Fiona non si mosse di un millimetro dalla sua posizione. Osservò con occhio distratto i pezzi del cristallo ridotto in frantumi, pensando vagamente che era uno dei suoi preferiti.
"Non posso dire che tu l'abbia spostato, giovanotto," commentò, scoprendosi più divertita che altro. "Vediamo come te la cavi con la prossima prova... Loreena."
L'attesa della seconda prova lo rilassò visibilmente. Forse perché il suo pensiero si era trattenuto su quel cristallo imploso, rendendosi lentamente conto di essere stato l'unico responsabile della sua rottura? Eppure... non era ancora convinto della cosa e, in quest'assurda altalena di opinioni, cercò di concentrarsi per il secondo controllo: leggere la mente di qualcuno oltre la porta.
Sapeva che era arrivato qualcuno ma non aveva voluto indagare. Regole su regole gli avevano imposto un regime preciso, nonostante la sua parte infantile cercasse ogni tanto di prendere il sopravvento. Leggere nella mente di un altro era come spiare, in fondo. Rael sospirò. Doveva farlo, poi avrebbe chiesto scusa. Dopo tutto era più semplice, molto più semplice della prima prova.


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Fuori dalla stanza, Dana aveva seguito con attenzione quello che era accaduto al ragazzo.
Non si era troppo stupita della proposta di Loreena, fatta nel tentativo di indurre Rael a vincere la naturale ritrosia con cui viveva il rapporto, appena scoperto, con il suo laran. In fondo la ragazza aveva imparato a conoscerla e, anche se aveva tentato senza premeditazione, sapeva che poi lei non si sarebbe tirata indietro.
Il fatto che il Rael avesse completamente distrutto il cristallo l'aveva quasi divertita. Era come un cralmac all'interno di un negozio di terrecotte. Non sapeva ancora come gestire o dosare la forza e il risultato era o nullo o troppo esagerato.
Era appena terminata la prima prova quando Mikhail era comparso accanto a lei. Fiona lo aveva chiamato direttamente, mentre si trovava nella biblioteca a rimuginare sul plastico della valle, avvisandolo che sarebbe stato lui il soggetto della seconda prova.


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Rael aveva imparato quasi subito a mandare messaggi telepatici, così come aveva trovato abbastanza semplice creare una barriera che proteggesse i suoi pensieri, ma come si poteva leggere una mente senza bussare o essere invitati a farlo?
Sospirando si concentrò sulla mente che doveva spiare. Sentiva che era assolutamente ignara, tranquilla e, forse, appena incuriosita. Sentiva quella presenza a pochi metri da lui e immaginava nella propria mente quello che avrebbe dovuto fare, ma non sapeva come metterlo in pratica, non senza chiedere prima il suo consenso.
Cercò di concentrarsi ma, se avesse forzato troppo, si sarebbe fatto scoprire.
Si rilassò sulla sedia, rimanendo vigile, fondendosi con l'aria attorno all'uomo che doveva spiare. Si lasciò assorbire da lui, quasi potesse entrargli sotto la pelle. Non cercò di spiegarsi come quelle operazioni gli venissero così familiari: se avesse tentato di capire si sarebbe fermato, non arrivando a nulla. Poi, improvvisamente, nella sua mente arrivò un pensiero che sembrava suo, ma che lui non aveva formulato.
"Mi piacerebbe per una volta, tanto per cambiare, avere un allievo maschio, invece delle solite fanciulle."
La sorpresa fu così repentina che Rael si allontanò subito dalla mente estranea e si ritrovò ad osservare di nuovo la Custode e Loreena, cercando di metterle a fuoco come se si fosse appena svegliato da un lungo sogno.
Fiona restò in attesa. Da oltre la porta non era giunto nessun commento particolare quindi, almeno in apparenza, Rael era riuscito a leggere la mente dell'Ardais senza forzare troppo... o non ci era riuscito affatto. L'espressione del giovane sembrava costernata, ma non dava modo di capire quale delle due cose fosse accaduta e lei non era intenzionata di indagare troppo a fondo. Quindi, si rilassò contro la poltrona e attese.
«Credo... che... qualcuno desidererebbe provare ad avere allievi che non siano fanciulle... non so se ha molto senso...» Ora che lo aveva messo in parole gli sembrava quasi troppo lontano dalla realtà, come se fosse ancora staccato da se stesso e vicino all'uomo fuori dalla porta.
Ad un cenno mentale di Fiona, Mikhail fece capolino dalla porta.
«So cosa stai pensando!» esclamò l'uomo, rivolto alla donna dietro di lui. «Ma non è vero!»
Dana lo aveva spinto dentro, per entrare a sua volta, e si era seduta poco distante da Rael.
«Così saresti stanco di allieve femmine?» chiese divertita.
«Non ero a conoscenza di questo tuo desiderio nascosto,» rincarò la dose la Custode. «Cercheremo di provvedere. Sai che non devi chiedere agli Dei...» sorrise, lasciando la frase in sospeso.
Mikhail sospirò. «Non è mia intenzione farlo. L'ultima volta che ho chiesto qualcosa mi sono ritrovato con i rappresentanti della mia vita sentimentale degli ultimi anni tutti riuniti attorno ad un tavolo a sparlare di me... con me presente!»
Rael si ritrovò in piedi davanti a quell'uomo, il viso reso rosso dall'imbarazzo, cercando di scusarsi per avergli letto la mente senza alcun permesso e inchinandosi più di una volta, rimanendo poi fermo nel silenzio generale, in attesa del giudizio dello sconosciuto.
Nonostante tutto non riusciva a capire la spensieratezza che aveva albergato nella frase dell'uomo: per i telepati sembrava cosi naturale non scindere il privato e il pubblico, non solo nella propria mente ma anche in quella altrui? Questo nuovo pensiero aveva un che di piacevole, sembrava diminuire il suo senso di colpa.
Mikhail era restato allibito davanti alla reazione inaspettata, per lui almeno, da parte del ragazzino. Si era voltato prima verso Fiona poi verso Dana, come cercando una spiegazione, ma da nessuna delle due donne sembrò pervenire neppure la minima traccia di sorpresa.
"Rael," l'Amazzone si rivolse esclusivamente al giovane, "non importa, siediti. Non hai fatto nulla di sbagliato, solo se cerchi di penetrare una mente per carpirne i segreti o senza un invito commetti un reato, ma in questo caso eri autorizzato."
Rael si rimise seduto, tornando a guardare avanti, anche se non si sentiva comunque la coscienza a posto. Tenne per sé quelle considerazioni così personali, se ora poteva ancora considerarle personali. Rimase lì ed aspettò, anche se avrebbe preferito andarsene via con Dana. Anzi, sperava proprio di poter rimanere solo con lei.
Fiona e Loreena si scambiarono un rapido consulto mentale. La più giovane stava esponendo il proprio parere, mentre Fiona valutava se la sua allieva aveva visto giusto o aveva tralasciato qualcosa.
Mikhail, vista l'inutilità della sua presenza, aveva salutato il gruppo ed era tornato alle sue meditazioni. Per un istante, prima di uscire, aveva incrociato il pensiero di Rael e, sorridendo, gli aveva dato il benvenuto nella loro famiglia. Il ragazzo era arrossito lievemente, mentre Dana aveva scoccato un'occhiataccia all'amico che, velocemente, si era dileguato.
La Rinunciataria stava per dire qualcosa a Rael, quando Fiona attirò la loro attenzione, facendo cenno a Loreena di prendere uno dei cofanetti contenuti dentro una cassettiera decorata.
La giovane tornò dalla sua maestra con una piccola scatola, contenente una mezza dozzina di piccole pietre azzurre, della grandezza di un piccolo bottone.
Fiona incrociò lo sguardo di Dana che, senza darlo a vedere, stava valutando la grandezza della pietra in relazione con le capacità del ragazzo. L'occhiata della Custode avrebbe rimesso in riga un esercito di uccelli spettro affamati. Anche se la donna era una dei suoi più stretti collaboratori, sulla scelta delle pietre da consegnare ai nuovi telepati nessuno doveva o poteva mettere parola.
La Custode prese in mano uno dei cristalli, che si illuminò di una tenue luce interna, e la porse al ragazzo.
«Prendi questa, Rael, e guarda al suo interno. Dimmi cosa vedi.»
Il ragazzo si ritrovò appoggiato al bracciolo della sedia, mentre la stanza cominciava a girare attorno a lui. Sentiva come se, all'improvviso, fossero nate delle scie luminose all'interno della pietra, come piccoli girini in uno stagno, mentre un basso pulsare iniziò a fondersi col battito del suo cuore. Con questa sensazione sentì di essersi come fuso nella pietra e si ritrovò a riaprire gli occhi sulla Custode che lo osservava, senza avvertire più nessun senso di vertigine.
«Ora quella pietra sarà legata a te per il resto della tua vita,» spiegò la donna. «Dana ti spiegherà come conservarla e come utilizzarla. Sembra che, sempre che tu non abbia qualche altra idea da proporre, sarà lei che dovrà provvedere al tuo addestramento.»
Ci fu un rapido scambio di pensieri fra Dana e le due Custodi, la maestra e l'allieva, poi la Rinunciataria si alzò, con un'espressione quasi rassegnata sul volto.
"Ti aspetto alla serra, Rael," disse al ragazzo, inchinandosi leggermente all'indirizzo delle due donne, senza aggiungere altro.
Rael si tenne stretta quella piccola pietra e, inchinandosi a sua volta alle signore, si accomiatò da loro ringraziandole di tutto il tempo speso per lui. Dopo pochi attimi volava giù per le scale, diretto al piccolo regno di Dana.


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Entrò in quell'oasi verde guardandosi attorno, cercandola ma senza vederla da nessuna parte.
Dana era passata un attimo alla Gilda dove, tra le varie cose prodotte dalle sue Sorelle, c'erano anche una serie di piccoli sacchetti in cuoio foderati in seta, che andavano a ruba nella comunità fiorente di nuovi telepati appena svezzati.
Tornò nella serra, dove Rael si stava aggirando inquieto, stringendo in mano la sua matrice nuova di zecca.
Non ebbe bisogno di chiamarlo. Il ragazzo si accorse subito della sua presenza e le corse incontro. L'Amazzone gli fece cenno di seguirla e lo riportò nell'angolo riparato dove si erano già fermati nei giorni precedenti.
«Questa servirà a contenere la tua pietra,» Dana gli consegnò il sacchetto. «La matrice è tua, non lasciare che altri la tocchino. Solo chi è in grande sintonia con te, o una Custode, può toccare la pietra senza problemi. Con gli altri potresti provare dal semplice fastidio a vero e proprio dolore fisico.»
Rael fu tentato, tentatissimo, di mettere quella piccola pietra tra le mani di Dana. Ma fu un desiderio che passò subito. Gli rimase la curiosità, ma fu come se una parte di sé si fosse resa conto che le parole della donna erano giuste.
«Ma è proprio per me?»
Dana sorrise, sedendosi. «Certo, non puoi portare la pietra senza tenerla coperta. Vedrai che presto la percepirai anche sotto la copertura in seta.»
La donna estrasse un sacchetto, dall'aria più vissuta e di materiale pregiato - ricordo dei tempi lontani trascorsi da comynara - dal quale estrasse la propria matrice. La pietra era grande più del doppio rispetto a quella di Rael, e pulsava pigramente.
«Questa è la mia. A seconda del tuo potenziale la pietra sarà più o meno grande.» Dana rimise via la matrice, riponendo il sacchetto al sicuro sotto le vesti. «Se, con il proseguire dell'addestramento, dovessimo notare che i tuoi poteri sono più elevati, allora ti verrà data una pietra più grande, per aiutarti meglio nell'utilizzo del laran
«Oh, capisco.»
Rael sorrise, non credendo che ciò sarebbe mai successo. «Ora io... mi state riempiendo di regali. I vestiti... l'ospitalità, ma se prima era la comunità che potevo ringraziare, di questo come posso esprimervi la mia gratitudine, Signora?» Quel piccolo dono lo aveva riempito di gioia, era come un riconoscimento, e fattogli da Dana lo portava a gioirne davvero moltissimo.
«Se non ti avessi dato io il sacchetto, ci avrebbe pensato qualcun altro,» la donna cercò di sottrarsi alle manifestazioni di riconoscenza di Rael. «Fiona sapeva che ci avrei pensato, per quello non te lo ha dato lei.»
Eppure dall'espressione di Rael si intuiva che avrebbe potuto dire di averlo trovato per terra, oppure di averne tanti a casa da doverli dare via, nulla gli avrebbe fatto vedere quel gesto in modo diverso.
Il ragazzo se lo mise al collo con un sorriso dolcissimo.
«Prima di cominciare qualunque cosa, devo farti una domanda. Devi essere sincero, è importante.»
L'espressione di Rael si fece seria e attenta, temendo quello che Dana avrebbe potuto domandare.
«Sei certo di volere me come tutore?» chiese la donna a bruciapelo. «Non preferisci qualcun altro, qualcuno con cui ti senta più legato... o meno?»
Rael rimase per un attimo quasi ferito da quelle parole, finché non capì che era per il suo bene che faceva una simile domanda. «Non chiederei maestra migliore, mia Signora.» Il sorriso gli tornò sulle labbra, ancora più ampio di prima.
«Allora non ci sono più dubbi a riguardo,» commentò Dana, concludendo la questione.
L'Amazzone si alzò, facendo scattare in piedi anche Rael. «Adesso devi mangiare,» disse, «la prima cosa che devi imparare riguardo il laran è che, ogni volta che lo utilizzi, il tuo corpo perde energia e che quindi, il prima possibile, tu devi reintegrarle.»
Rael annuì, sentiva un leggero languorino pizzicargli lo stomaco, nonostante avesse appena mangiato.
«Dovrebbe essere rimasto qualcosa dalla colazione... se no preparerò qualcos'altro,» disse, allegro, offrendo il braccio alla donna anche se, subito dopo, si accorse della possibilità, che Dana non apprezzasse il gesto. Altrettanto rapidamente ritirò l'offerta, scusandosi.
"Seconda lezione," riprese Dana, seguendo Rael fino alle cucine, "i telepati difficilmente si toccano. È cortesia offrire il braccio ad una dama, anche una Rinunciataria potrebbe gradire l'attenzione di tanto in tanto, ma non contatti troppo diretti o prolungati."
Rael si era fermato sulla porta della cucina, all'interno un vociare indistinto aleggiava nell'aria come una nube di fumo.
"Volete dire che non potrò più toccare nessuno?" era interdetto.
"Il contatto diretto tra due telepati è come aprire una porta nella loro mente," spiegò Dana, "questo non significa che non potrai più toccare nessuno ma che, nel caso di un altro telepate, le tue barriere dovranno essere ben salde per impedire ai tuoi pensieri di essere percepiti involontariamente dall'altra persona."
Rael si ripeté mentalmente tutti questi consigli cercando di ricordarli per il futuro. Se già questo era solo l'inizio, si prospettava un lavoro lungo e difficile. Però era entrato a far parte di quella gente scomoda, come la definiva sua madre, e cominciava a scoprire molte cose che facevano vedere quel dono come una cosa da controllare sempre, non come una cosa semplice o divertente. Questo conferiva al dono la consistenza di una materia seria, che perdeva cosi la valenza di gioco dei comyn. Dana sorrise, leggendo la nuova consapevolezza nata nella mente di Rael. Era un primo passo per l'accettazione di quel sangue che fino a quel momento aveva rifiutato.
Un piccolo passo per Rael ma che gli avrebbe aperto un mondo di cui, fino ad allora, aveva ignorato completamente l'esistenza.









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Disclaimers

Finalmente Rael viene controllato dalla Custode e, su consiglio di Loreena, viene poi affidato a Dana per l'addestramento.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008