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La fine del gioco

Rael McKihan & Dana n'ha Angela

con la partecipazione di

Tristam Elhalyn Alton

Da quando si era svegliato quella mattina, Rael andava in giro per Elvas come se avesse lasciato la testa da qualche altra parte, ma, a vederlo, non sembrava perso in pensieri piacevoli. A volte il giovane arrossiva e correva a bagnarsi il collo con un po' di acqua fredda. I suoi pensieri sembravano viaggiare senza controllo e lui non sapeva per quanto ancora le sue barriere sarebbero riuscite a reggere.
Per questo, dopo essersi recato al lavoro, si era ritrovato a uscire dalle cucine dove, a dire il vero, aveva combinato ben poco e si era avviato verso la serra per cercare un po' di pace. Quel luogo tranquillo aveva il potere di calmarlo, passeggiare in quella natura cosi generosa forse poteva fargli dimenticare parte dei suoi problemi.
Come sempre Dana era la sola altra presenza all'interno.
La donna non si accorse subito di lui. Era impegnata a sistemare alcune nuove piante appena arrivate da Neskaya e, nel frattempo, stava controllando la posizione di Illa. Quest'ultima non era un'operazione facile, soprattutto quando la sua compagna era sveglia e decideva che la sua attività preferita del giorno era quella di non farsi localizzare. Impegnata su due fronti, la Rinunciataria avvertì la presenza del ragazzo solo quando le fu praticamente accanto, cogliendola di sorpresa.
«Rael!» esclamò. «Inutile dire che non ti avevo sentito, stai facendo progressi.»
Mentre terminava la frase, notò che invece c'era qualcosa che non andava. Percepiva una sorta di instabilità nella solidità delle barriere del ragazzo, ma non riusciva a percepire cosa potesse essere la causa dell'anomalia.
Rael si mise a osservare il lavoro che Dana stava facendo, interessato o almeno cosi sembrava.
«Non so se credervi, Mestra, secondo me eravate solo distratta.»
Dana si incupì ulteriormente. Normalmente il giovane non avrebbe formulato una affermazione di questo tipo con un tono cosi dimesso, fin troppo serio. Era come se una parte di lui fosse stata relegata altrove, magari sopra la stufa in cucina.
Le antenne della donna si rizzarono. Non era tanto il tono dimesso di Rael ad averla sorpresa, ma una sorta gioco a rimpiattino che alcuni dei pensieri del ragazzo stavano facendo, come se stessero cercando di risalire fino alla superficie dalla sua mente e lui cercasse di ricacciarli indietro, senza troppo successo.
«Cosa è accaduto, Rael?» chiese semplicemente, continuando il suo lavoro ma dedicando tutta la sua attenzione al giovane allievo.
«Ho...» fece una pausa, ma l'interruzione suonò troppo lunga e forzata alle orecchie dell'Amazzone. «Quasi lasciavo bruciare la colazione oggi. Non so cosa mi succede, però giuro che non ho la febbre!» Contemporaneamente si allontanò dalla sua tutrice di un paio di passi, come se la distanza potesse conferirgli una sorta di sicurezza.
Dana lo fissò con attenzione, contravvenendo alle regole di buona educazione. Rael abbassò lo sguardo, imbarazzato, lasciando che il pensiero legato alla colazione quasi perduta riempisse la sua mente.
"Non credo sia questo il problema, Rael," commentò la donna, distogliendo lo sguardo e tornando al suo lavoro.
Non poteva costringere il ragazzo a rivelare cosa lo turbava, soprattutto se non era la sua intenzione. Avrebbe atteso pazientemente che Rael si decidesse a spiegarsi, come aveva fatto per ogni cosa lo riguardava, dal momento in cui il ragazzo aveva messo piede nella loro Torre.
Dopo lo smarrimento creatogli dal commento di Dana, Rael sembrò farsi più deciso e le sue barriere tornarono ad essere solide e resistenti. Evidentemente, se era vero che esisteva un problema, la cosa era destinata ad andare per le lunghe.
Dana prosegui nel suo lavoro, con Rael come silenzioso compagno, e trascorse quasi un'ora prima che tutto fosse completato.
Sollevandosi e stiracchiando la schiena, Dana osservò con occhio critico l'opera.
«Se Alar non viene a fare danni...» sospirò rivolta a se stessa, certa che presto o tardi il locandiere sarebbe riuscito a trovare un modo per aggirare il blocco messo sulla porta della Torre e che, fino a quel momento, lo aveva tenuto lontano dalla serra. «Rael, credo che dovrai restare solo per un po', ho bisogno di un bel bagno, prima di poter iniziare la seduta di oggi.»
Rael tremò a quelle parole e si trovò nuovamente immerso in quei ricordi che lo stavano tormentando dal giorno precedente come un'ossessione. Si ritrovò boccheggiante, con la voglia di sprofondare nel terreno, cercando di convincersi che nulla di quello che aveva pensato era arrivato alla mente di Dana. Invece le immagini arrivarono come rarefatte alla mente della donna, ma non abbastanza sfuocate da rendere irriconoscibili i protagonisti.
Riconobbe le terme e Rael con Tristam, in un atteggiamento molto intimo e amichevole. Se non fosse per la reazione di estremo imbarazzo che il ragazzo aveva nei confronti di quel ricordo, non ci sarebbe stato quasi nulla di peccaminoso in essa.
«Rael,» iniziò, ma non trovò parole per proseguire.
«Mi sono ricordato... no, ho dimenticato una cosa da fare... già, meglio se vado...» balbettò il ragazzo, cercando di convincersi che quello non era un tentativo di fuga ma una semplice ritirata strategica, nulla di più. «Credo ci vedremo più tardi,» aggiunse e, dopo un breve cenno di saluto, si girò su se stesso e si avviò di buona lena verso l'uscita.
Dana fu più veloce. Lo afferrò per il colletto della camicia, trattenendolo sul posto. Non disse nulla, mentre Rael tentava con poca convinzione di divincolarsi, aspettando solo che si quietasse per condurlo in un luogo più adatto dove poter sistemare la questione.
"Sono in trappola," pensò Rael, quasi in preda al panico, "cosa posso fare ora... ?"
Dana lo spinse verso le cucine. «Intanto vedere cosa si è salvato della colazione,» gli rispose. «Poi cercare di capire dov'è il problema, prima che diventiamo pazzi entrambi!»
Rael fu costretto a seguirla e, mai come in quel momento, la cucina gli sembrò un luogo così poco accogliente. Si mise seduto all'angolo di un tavolo, con una faccia degna di un condannato al patibolo.
La Rinunciataria rimase in silenzio, controllando quello che rimaneva del pasto, abbastanza per un reggimento, e saggiando nel contempo l'aura che avvolgeva Rael come un manto fiammeggiante. Qualunque cosa fosse accaduta era abbastanza grave per lui da aver fatto passare in secondo piano persino la sua passione per la cucina. Però, senza un suo invito, non avrebbe neppure tentato di affrontare di petto il problema, una volta interpretatolo. Prese una porzione di pollo e si avviò verso la sala, facendo cenno a Rael di seguirla.
Il ragazzo le obbedì, senza nessuno sprazzo di vitalità. Camminava mogio dietro di lei, andando poi a sedersi in un angolo del tavolo più lontano dall'entrata, come se in un luogo dove vivevano dei telepati le distanze contassero qualcosa.
Dana mangiò silenziosamente, accorgendosi solo allora di quanto fosse effettivamente affamata.
«Nel pomeriggio dovrò veramente fare un salto alle terme,» disse, con indifferenza. «Non credo che riuscirei ad entrare nei bagni della Gilda.»
Rael avrebbe volentieri voluto sparire. Appoggiò la fronte al tavolo, sentiva la testa scoppiare mentre i ricordi tornavano ad affollare la sua mente. Perché riusciva a vedersi sotto una luce tanto sporca?
Gli stralci dei pensieri provenienti da Rael stavano pian piano aumentando di intensità. Dana sapeva che era normale tra la nobiltà comyn utilizzare giovani ragazzi come passatempo, sapeva benissimo che anche suo fratello non si era mai tirato indietro quando si trattava di divertirsi con giovani servi o, immaginava, compagni di accademia. Istintivamente accomunava Tristam a Brydar ma, per il poco che l'aveva frequentato, non pensava fosse altrettanto spietato. Non voleva neppure prendere in considerazione l'eventualità che le si profilava nella mente, sperava che la sensazione di sporco che sentiva provenire dal ragazzo fosse relativa a fatti precedenti. Altrimenti...
Dana venne riportata alla realtà da un colpo improvviso, come se qualcuno avesse bussato. Ma, con suo sommo stupore, scoprì che era solo la testa di Rael che sbatteva sul tavolo.
Il ragazzo aveva la mascella serrata e uno sguardo concentrato e comunque lontano. I suoi ricordi sembrarono affollare e quasi sommergere la parte cosciente della sua mente, per poi tornare indietro, come riassorbiti, mentre la sua concentrazione tornava ad alzarsi.
La cosa sembrava più seria del previsto ma, probabilmente, non avrebbe accettato di sfogarsi con una donna; avrebbe pensato, come facevano molti, che non sarebbe stata in grado di comprendere.
«Hai provato a parlare con Tristam,» suggerì, avvicinandosi a lui. «Forse potrebbe aiutarti a risolvere il problema.»
Il volto di Rael si contrasse come un frutto secco, il ragazzo allontanò la sola idea, gesticolando e cercando di riprendere fiato. La sola idea quasi lo terrorizzava. Cosa avrebbe potuto dirgli Tristam, e come?
Dana osservò con aria critica la reazione. Poteva essere una conferma ai suoi timori.
«Beh,» continuò, valutando e scartando chi poteva essere di aiuto, «allora dovresti parlare con qualcuno quasi della tua età, forse nelle tue stesse condizioni,» "qualunque esse siano!" concluse, trattenendo per sé il pensiero.
Nessuna reazione sembrò provenire da Rael, nuovamente con la fronte posata sul tavolo.
«Duane McKee, ad esempio, o suo fratello,» continuò la donna.
Il problema era: avrebbe potuto dirlo davvero a qualcuno? Rael si sentiva in un vicolo cieco. Forse, se Dana fosse stata un uomo, ma il loro grado di confidenza non lo avrebbe permesso comunque. Però, rimanere in quello stato, continuando a tormentarsi così, non serviva a nulla.
«Io... forse sì... potrei...» disse alla fine.
L'Amazzone lo guardò, per nulla tranquillizzata. Gli posò una mano sul capo, trasmettendogli una calda sensazione di pace. «Sei più complicato di quasi tutti i fratelli che ho cresciuto,» disse piano, inviando l'immagine dei piccoli Ridenow che il padre le aveva affibbiato durante i suoi periodi di permanenza al castello. «Ci fosse qui Fran,» sospirò poi. «La mia balia,» spiegò. L'immagine di una donna energica, dai lunghi capelli rossi e dall'espressione sempre divertita, qualunque disastro si trovasse a dover sistemare, comparve nella mente di Rael. I ricordi di Dana riuscirono ad aprire un varco nella depressione del ragazzo, fino a fargli produrre un piccolo sorriso. Era più di quanto non fosse riuscito a fare da solo in due giorni di crucci.
Rael si alzò sospirando e si mise a sparecchiare per Dana. Il solo pensiero di avere anche un semplice appiglio a portata di mano lo faceva stare meglio.
«Ma... non saprei come intavolare il discorso... ecco...»
«Uhm...» Dana sembrò meditare sul problema, mentre lo osservava sistemare i piatti e le posate utilizzati. «Potresti semplicemente dirgli cosa ti turba, senza scendere nel dettaglio, naturalmente.» Fece una breve pausa, ma Rael era di spalle e colse solo un irrigidimento nei suoi movimenti. «Oppure potresti chiedere a lui se gli sono mai capitate cose come quelle che sono accadute a te...»
Rael sembrò ciondolare un po', come se stesse decidendo quale delle possibilità era la migliore, ma non sembrò arrivare a nessuna conclusione.
«Sì, penso di sì,» borbottò tra sé e sé, mentre si dedicava al lavaggio delle stoviglie sporche.
Dana sembrò prendere una decisione, visto che non sarebbe riuscita a tirare fuori nulla da Rael era inutile stare lì a perdere tempo inutilmente.
«Vado alle Terme,» annunciò, alzandosi. «Ti aspetto nella Sala del Cerchio, subito dopo pranzo.»
Salutando con un cenno Manolo, di passaggio nell'atrio, Dana uscì dalla porta principale, diretta allo stabile della Vedova.
Appena finito di sistemare le cose per il pranzo, Rael si trovò col resto della mattina libera. Visto che l'appuntamento per la lezione era stato spostato al pomeriggio, aveva un bel po' di tempo libero da spendere. Forse avrebbe potuto andare a cercare Duane... sembrava cosi semplice pensarlo, ma trasformare il pensiero in azione erano un altro paio di maniche.
Però poteva uscire e magari incontrarlo per caso. Se avesse avuto la fortuna di incontrarlo da solo avrebbe significato che anche gli Dei erano d'accordo nel favorire un bel dialogo chiarificatore.


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Duane era uscito di casa molto presto quel giorno, con la scusa di accompagnare Miranda a far spese. In realtà cercava solo di stare lontano da Brydar, per capire cosa realmente non andasse tra di loro. Aveva deciso di non tornare a casa per pranzo, tanto lui sarebbe stato fuori con suo cugino fino a pomeriggio inoltrato. Tanto valeva fare un giro per i dintorni del villaggio, cercando di distrarsi.
Si stava dirigendo verso le prime propaggini del bosco quando, camminando a testa bassa, vide arrivare dalla strada della Torre il giovane al servizio di Tristam e, indeciso se fermarsi o meno, Duane rallentò il passo, facendosi raggiungere poco dopo.
Rael fu tentato di voltarsi e tornare indietro: ora che, secondo i suoi desideri, sembrava che Duane gli fosse stato servito su un piatto d'argento, la sua sicurezza era andata a finirgli sotto le scarpe.
Una volta affiancatosi a lui ci mise un po' per riuscire a tirare fuori un saluto che, alle orecchie del McKee, sembrò poco più di un singhiozzo.
Terminati i convenevoli di rito, il primo istinto del McKee fu quello di tirare dritto per la sua strada, ma c'era un'espressione nello sguardo di Rael che non gli piaceva.
«Ti va di venire con me?» gli chiese, stupendo anche se stesso. «Dicono ci sia una fonte termale da queste parti, ma non sono ancora riuscito a trovarla.»
Rael gli si accodò come un cagnolino, in parte rincuorato da come stavano andando le cose. Ora doveva riuscire a intavolare il discorso... ma come? Era più facile pensarlo che dirlo, la sua sensazione era che la lingua gli si attorcigliasse in bocca ad ogni parola.
«Dana ti ha lasciato libero oggi?» chiese Duane, quasi infastidito dal silenzio, «nessuna lezione per oggi?»
«Oh no, è andata alle Terme,» la voce sembrò perdere potenza per un attimo, ma Rael riuscì a recuperare appena un po' di tono per continuare. «Come... quando eravamo andati noi...»
Duane non sembrò reagire sentendo citare le Terme e il pomeriggio passato insieme a loro. Ormai era un frequentatore abituale, come buona parte degli abitanti del villaggio, e pensare al regno della Vedova non gli portava alla mente solo episodi imbarazzanti. Il McKee continuò a camminare, annuendo distrattamente alle parole di Rael e continuando a seguire il filo dei propri pensieri.
«Sai dov'è Tristam?» chiese, con finto disinteresse.
Rael finì con il sedere per terra a causa di una radice che non aveva fatto in tempo a vedere e del poco equilibrio che in quel momento aveva. Dolorante sospirò un 'no' che dovette suonare abbastanza strano alle orecchie dell'altro. Era un misto delle tante emozioni che provava per il comyn, e della consapevolezza che non vedere Tristam in quel momento era per lui un bene.
«Peccato,» fu la risposta criptica di Duane che, allungata una mano al ragazzo, lo aiutò a rialzarsi. «Non mi sembri molto in forma,» commentò dopo un po', raggiungendo uno spiazzo erboso e decidendo di fare una pausa. «Dovresti farti controllare da Dana, forse ti fa lavorare troppo.»
Il McKee si distese sull'erba, attento che fosse abbastanza asciutta, fissando il cielo coperto da nubi.
«Dovrei parlare anch'io con lei,» sospirò, «anche se non credo che sarebbe una buona mossa...»
«Oh, cosa dite!? Dana sa sempre dare degli ottimi consigli per ogni tipo di problema! Ti sa indirizzare alla persona adatta... ecco...» era tornato sul suo punto dolente dopo un'impennata difensiva, solo che adesso non sapeva cosa aggiungere e si ritrovò a sedersi vicino a Duane in silenzio.
Duane scoppiò a ridere, una risata amara. «Certamente, mi ha aiutato in molti modi ma se le andassi ad esporre i miei problemi... credo che Brydar non sarebbe più lo stesso dopo...»
«Perché dite cosi? Non credo Dana tenterebbe di nuocervi, sopratutto se le parlate in confidenza.»
Rael non poteva sapere quale fosse il problema di Duane ma sembrava credere fermamente nelle qualità di Dana, la sua Mestra.
Duane sospirò. Sicuramente sarebbe stato più facile parlare con lei, anche se era una donna, piuttosto che con suo fratello o uno dei suoi zii. Non poteva esprimere a parole il timore che nutriva in quei giorni riguardo la sua relazione con Brydar ma, senza trattenere troppo i suoi pensieri, lasciò che Rael ne percepisse qualche stralcio.
Duane probabilmente non si aspettava una reazione simile. Rael gli si piantò davanti come se gli avesse dato la notizia più sconvolgente della sua vita, restò immobile a fissarlo, senza riuscire a formulare la domanda che tanto gli premeva, anche se ora cambiavano parecchie cose nella sua prospettiva dei fatti.
«Rael...» il tono di Duane non nascondeva la sua preoccupazione. «Se non stai bene possiamo tornare al villaggio.»
La testa di Rael si mise a ballare, facendo cenno di no con una forza incredibile.
«No, no, NO!» il ragazzo si era accucciato, avvicinandosi quasi minacciosamente al McKee. «Io voglio sapere... cioè... no...» si allontanò di scatto. Dopo una partenza così decisa ora non trovava più le parole.
Duane era sempre più perplesso. Aveva visto solo un'altra persona in quelle condizioni (beh, non proprio in quelle, ma abbastanza vicine) ed era stata la prima volta che Keith aveva fatto un sogno erotico.
«Rael,» il tono del McKee si era fatto più basso, quasi complice. «Non è che hai dei problemi di...» non concluse la frase, mandò semplicemente il ricordo del fratello Keith in preda al panico la prima volta che si era svegliato con un'erezione in piena regola.
La risposta fu eloquente, perchè Rael si prese il viso tra le mani e si rannicchiò su se stesso, ripetendosi che doveva rimanere calmo, senza riuscirci affatto.
Duane tornò a sdraiarsi, ripensando alla sua prima volta.
Finché era stato a casa non c'erano stati problemi. Anche se non aveva fratelli maggiori, aveva avuto modo di ascoltare gli altri giovani del castello, che si vantavano delle loro prodezze, reali o oniriche. I problemi erano arrivati quando era stato mandato a Thendara, all'Accademia.
Coscientemente o meno, stava trasmettendo i ricordi di quel periodo anche a Rael.
Qualche volta la situazione era divertente e piacevole, quando si era trattato di compagni scelti volontariamente, ma quelle volte che era stato messo in mezzo da altri la situazione era stata meno piacevole. Fino a quando non si era deciso a diventare più duro, più cattivo, meno arrendevole, come le attenzioni della madre e della zia lo avevano reso rispetto agli altri giovani.
Rael assorbì ogni cosa in silenzio archiviando tutto per poterci pensare con calma, chiedendosi se semplicemente doveva accettare il fatto che Tristam gli piacesse?
Ma il solo pensiero strideva nella sua testa. Era scappato da attenzioni simili, e anche se Tristam non aveva mai tentato nulla con lui, Rael sentiva che era tutto sbagliato.
«Io... se... ecco... io ho pensato a un uomo... cioè ho fatto dei sogni e quello che è successo...» "fa di me un ombredin?" concluse mentalmente, incapace di pronunciare le parole.
Non vi era pregiudizio ma qualcosa di nascosto, un ricordo macchiato di violenza, qualcosa che non poteva essere giusto.
«Se mio zio venisse a scoprire che ho una relazione con un uomo mi ucciderebbe,» commentò, con tono quasi allegro, Duane. «No, forse ucciderebbe solo Brydar e si limiterebbe a riempirmi di botte.» Fece un grosso sospiro, come per liberarsi di un peso. «Molti nobili sono ombredin, anche se nella vita normale hanno moglie e figli,» riprese poco dopo, senza sapere se l'informazione poteva essere di una qualche utilità per Rael. «Anche Brydar ma, da quel che si dice, non ha mai nascosto le sue preferenze,» sorrise, un sorriso dolce, nel pensare al comyn. «Io non pensavo di essere ombredin e mio fratello vede la cosa come una malattia che ho contratto durante l'anno nei cadetti.»
«Io non sono nobile... solo non è logico non so cosa fare come comportarmi.»
Era Tristam il suo problema. Non riusciva più a guardarlo in volto e la sua fortuna ora risiedeva in Brydar, che lo teneva occupato e lontano da casa. E per lui, in quel momento, non c'era nulla di meglio.
Poteva comprendere Duane, ma visto che Brydar era un ombredin... allora anche Tristam?
Fu come una piccola rivelazione, l'atteggiamento scostante che avevano avuto alle terme, i consigli... non l'aveva capito fino a quel momento.
«Qualunque sia la cosa che ti turba, passerà da sola,» riprese Duane, alzandosi, «oppure capirai veramente la sua natura quando rischierai di perdere quello che pensi sia il tuo problema.»
Rael lo fissò interrogativo, alzandosi e avviandosi con lui verso la valle.
«Per me è stato così,» continuò il McKee, «ma, anche se adesso le cose vanno molto meglio, sono saltati fuori altri dubbi e ora temo di essermi sbagliato...» si interruppe, chiudendosi in un cupo silenzio.
«Io... non so proprio nulla di queste cose... però penso che Dana potrebbe aiutarvi.»
Duane sorrise. Un McKee che chiede aiuto... sarebbe più facile che Sharra si liberasse dalle sue catene e tornasse libera sulla terra.
«Potrei consigliarti la stessa cosa, Rael,» disse invece, scompigliando con una mano i capelli del ragazzo. «Ma per ora ti posso offrire qualcosa da Alar, mentre aspettiamo che i nostri amici tornino dalla loro gita.»
Rael sorrise, ma tenne per sé quel piccolo particolare che gli avrebbe fatto rispondere un "già fatto" al consiglio di Duane.


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Comodamente seduta allo Scoundrel, con accanto Alyson e Miranda, Dana stava complottando con le due sorelle l'organizzazione della locanda. Alar se ne era andato da pochi minuti, consapevole di non potere nulla contro tre donne messe assieme, e Alyson stava esponendo le sue idee per la ristrutturazione delle camere e dei locali comuni.
L'entrata di Rael e Duane passò al principio inosservata ma, dopo la prima mezz'ora, Dana aveva già notato che la situazione non era ottimale per essere appena l'ora di pranzo.
Dopo aver ordinato da mangiare, ed aver fatto mettere tutto elegantemente in conto a Brydar, i due ragazzi avevano cominciato ad innaffiare il cibo con abbondanti dosi di sidro e, per la fine del pasto, erano entrambi molto più allegri di quando erano entrati.
Facendo un cenno di saluto alle due sorelle, l'Amazzone si avvicinò ai ragazzi, braccia incrociate sul petto e espressione sconsolata sul volto.
«Non credo ti vedrò alla Torre, Rael... o sbaglio?»
Il ragazzo si tirò su, cercando di mettere a fuoco Dana, sapeva di non reggere gli alcolici ma si era buttato con malagrazia a ubriacarsi senza sapere cosa lo aspettava. E pensare che accanto a lui c'era solo una caraffa da mezza pinta...
«Il sidro?» chiese quasi dubbioso. Nelle sue reali intenzioni avrebbe dovuto mangiare e poi correre alla Torre, ma era passato del tempo e il sidro aiutava a dimenticare. «No...» mugugnò, raggomitolandosi sulla sedia. Aveva mugolato quel no come se fosse stato in preda alla disperazione e, forse, lo era davvero. Tutto sembrava esageratamente tragico in quel momento.
Dana lo guardò con estrema sopportazione, fissando invece Duane con espressione dura. «Ti sembra logico farlo ridurre in questo modo?»
Duane la fissò con occhi vacui, non tanto più presente dell'altro ragazzo. «Stavamo mangiando,» rispose o, meglio, fu quello che presumibilmente la sua bocca voleva dire.
Dana stava per rispondere ma la sua attenzione fu attratta da un paio di nuovi arrivati.
«Credo che ora vi divertirete,» il tono tutt'altro che allegro della sua voce fece sobbalzare Duane, che si voltò seguendo il suo sguardo, sbiancando quasi subito.
«Domani ti voglio nella serra subito dopo colazione, Rael, e non mi importa del mal di testa che avrai,» concluse, tornando verso il suo tavolo, pronta a godersi lo spettacolo.
Rael immagazzinò l'informazione in modo confuso, chissà se l'avrebbe davvero ricordato, a ogni modo rimase ancora faccia sul tavolo in silenzio finche non si sentì toccare una spalla. Alzò gli occhi e fece un sorrisetto incerto alla persona che aveva davanti.
Tristam non fece in tempo a dire nulla perché, molto più rapido di lui, Brydar aveva afferrato Duane per un braccio, costringendolo ad alzarsi.
"Ti sembra questo il modo di comportarti?" il pensiero, indirizzato al McKee, esplose anche nella mente di Rael e riverberò in quella di Tristam come un'eco profonda.
«Non ho fatto nulla di male,» biascicò Duane, cercando di liberarsi dalla stretta, rischiando di perdere l'equilibrio.
Brydar lo afferrò saldamente, facendo arrossire involontariamente Duane, felice del fatto che la cosa non potesse notarsi, visto che aveva il volto già accaldato e rosso per colpa del sidro bevuto.
«Appunto, Duane,» riprese il comyn, «tu puoi ubriacarti quanto vuoi, ma senza coinvolgere dei bambini.»
Tristam fissò invece con stupore la scena. «Brydar, dai, calmati, non è successo nulla di grave,» commentò alzando il capo a Rael e studiandone lo stato fisico. Anche se barcollante, Rael si reggeva bene in piedi per essere così ubriaco.
Il ragazzo arrivò fino a Brydar e gli puntò un dito sullo stomaco, con un aria cosi arrabbiata a da risultare comica per colpa delle guance rosse dal vino.
«Io non sono un bambino!»
Brydar, già impegnato a tenere in equilibrio Duane, lo fissò con aria di sufficienza. «Ci pensi tu a lui, vero?» chiese invece a Tristam che, senza troppa fatica, stava tenendo dritto Rael dandogli l'impressione di riuscire a farlo da solo.
«Sì, non ti preoccupare cugino, penso io a questo bambino cattivo,» gli rispose l'altro comyn, con un sorrisetto fastidioso sulle labbra. Ovviamente nessuno dei due aveva preso sul serio il rimbrotto del piccolo Rael, considerato che non riusciva neppure a reggersi in piedi.
Brydar scambiò un piccolo sorriso d'intesa con Tristam, cosa che fece stringere in un nodo fastidioso lo stomaco di Duane, non abbastanza ubriaco da non notarlo.
"Potevi anche evitarlo," Brydar rivolse il pensiero direttamente a Dana.
La donna lo guardò distrattamente, come se il pensiero appena giunto a lei non fosse altro che un ronzio fastidioso.
"Non sono la balia di nessuno, ricordalo," rispose.
Duane trattenne istintivamente Brydar, anche se non era certo che il comyn avrebbe reagito alla frase della sorella, poi abbandonò la testa sulla spalla del compagno, scoprendo all'improvviso che stare in piedi non era un'operazione così facile come aveva creduto.
Trascinandolo fuori dallo Scoundrel quasi di peso, Brydar lasciò la locanda con uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
Rael invece si era appoggiato completamente a Tristam.
«Io non sono un bambino. Vero?»
Fu un attimo, Rael lo circondò con le braccia e si strinse a lui, in totale abbandono cosi contrastante con l'arrabbiatura di poco prima. Tristam gli carezzò la testa e si abbassò su di lui quel tanto che bastava per poterlo prendere in braccio. Le braccia di Rael lo avvolsero più stretto e il suo viso si avvicinò al suo. Tristam non si aspettava altro che di vederlo appoggiarsi alla sua spalla, ma le labbra calde di Rael invece si erano posate sulle sue.
Rael si sentì allontanare dolcemente dal comyn, la risolutezza di quel gesto chiariva bene i suoi pensieri in merito. Si abbandonò a quelle braccia forti che lo alzarono di peso. Sentì l'uscio della porta aprirsi e il gelo lo attanagliò.
Nevicava.
Rael non riuscì a farci veramente caso, si lasciò cullare dall'abbraccio finché, usciti all'aperto, Tristam si fermò vicino a Brydar e Duane, entrambi fermi vicino a un abbeveratoio asciutto appena fuori della locanda.
«Come si sente il tuo bredhu?» chiese Tristam cercando di riequilibrare il peso di Rael sulle braccia.
Duane, elegantemente riverso oltre il bordo della fontana, stava finendo di vomitare gli ultimi resti del pranzo cucinato da Alyson.
«Sembra meglio,» fu la risposta ironica di Brydar. «Forse adesso riuscirà a raggiungere casa sulle sue gambe.»
Duane si sollevò, asciugandosi la fronte con la manica della camicia. «Sto benissimo...»
«Sì, una meraviglia. Non metto in dubbio la tua parola, Duane,» rispose Tristam ridendo, mentre Rael delirava qualcosa che sembrava non avere un senso logico o, se ne aveva, fu sussurrato a tono talmente basso che difficilmente avrebbe capito. «Beh, Bry almeno ora l'abbeveratoio non è più secco...» Rael continuava con i suoi discorsi personali. «Almeno lui non dovrebbe correre il rischio di rigettare tutto, per il momento...»
Duane fissò i due comyn con astio, ma non riuscì a fare nulla. Appena prese lo slancio per ribattere a Tristam, perse l'equilibrio, finendo tra le braccia di Brydar che, come prevedendo il gesto, sembravano pronte ad accoglierlo.
«Forse è meglio che lo porti a casa prima che la situazione diventi irrecuperabile,» commentò poi seriamente.
Ambedue i comyn presero i loro fardelli umani e si avviarono verso le proprie abitazioni, ridacchiando e maledicendo questa situazione atipica.
L'unico che era ignaro di tutto era Rael che, cullato dal calore di Tristam, riuscì persino ad addormentarsi tra le sue braccia.


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Quando, la mattina dopo, Rael uscì dal letto quasi rotolò per terra. Il volto era smunto e sfatto, come se la notte l'avesse trascorsa all'addiaccio.
Quando riuscì a trascinarsi fino in cucina la scena che gli si presentò agli occhi fu piuttosto strana. Il suo padrone era già in piedi, avvolto in una veste da camera morbida e dal colletto in calda pelliccia, e armeggiava con quella che voleva essere la colazione.
Rael si raddrizzò, barcollando fino al tavolo, con un mal di testa che gli pulsava nelle tempie come se volesse divorarlo.
«Ohi, ohi, ohi, ho bevuto tanto oggi a pranzo?» dalla sua espressione si capiva come la situazione fosse nuova per lui.
«Ieri a pranzo, vorrai dire,» lo corresse il comyn, fissandolo con un sorriso ironico, mentre serviva ad entrambi la colazione.
Rael barcollò fino a lui, quasi cadendogli addosso. «IERI?» Gli occhi sembravano volergli uscire dalle orbite tanto era sconvolto.
«Sì, e sarà meglio che tu mangi e corra alla Torre, se non vuoi che Dana chieda a Manolo di appenderti fuori dalla finestra più alta,» aggiunse il comyn sedendosi e iniziando a sbocconcellare la propria colazione con aria disgustata.
«Io... mi dispiace di aver creato dei problemi...» le braccia di Rael si strinsero per un attimo intorno a Tristam.
Poi, facendo un piccolo involto con la sua parte di cibo, il comyn lo vide semplicemente correre a perdifiato lungo la strada che portava alla Torre.


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Dana, rassicurata da Tristam sulle condizioni di Rael, era arrivata alla Torre senza cercare di prevederne lo stato.
La bevuta del giorno prima non era stata eccezionale, ma il ragazzo non era pronto ad affrontare una sbronza e, tanto meno, i postumi.
Sapeva che Duane avrebbe subito una bella strigliata da Brydar che, vista la particolarità della loro situazione, non aveva di certo gradito la prodezza alcolica dal McKee. Mentre non credeva che Tristam si sarebbe accanito contro Rael. Dopo tutto era, con ogni probabilità, la sua prima sbronza e, almeno, era stata presa senza una volontà precisa di farlo.
Entrò in silenzio nelle cucine della Torre, certa che Rael si sarebbe diretto lì non appena varcata la soglia dell'alta costruzione.
Infatti il giovane era riverso sul bancone di lavoro, gli occhi chiusi e il volto pallido, sul quale traspariva una leggera sfumatura verdognola.
La donna si sedette davanti a lui, attendendo che riemergesse dal suo stato comatoso senza forzarlo a farlo troppo rapidamente.
Solo dopo un lungo momento, allungando una mano per bere da una tazza un po' di jaco, Rael si accorse di lei e restò a fissarla con uno sguardo un po' vacuo.
«Buongiorno...» balbettò sbadigliando o, meglio, cercando di trattenersi dal farlo. «Vi preparo la colazione?» chiese poi, alzandosi a fatica, cercando di trattenere un lamento al dolore che sentiva provenire dal fondoschiena.
L'espressione di Dana si fece cupa. «No, grazie Rael,» rispose, bloccandolo sul posto, «ho già fatto colazione.» Lo scrutò dalla punta dei capelli a quella delle scarpe. «Come ti senti?»
Rael arrossì: si sentiva un bambino per essere stato cosi male per cosi poco. «Beh, sono solo un po' stanco... nulla di grave,» disse in tono troppo sbrigativo perché Dana si fidasse completamente delle sue parole.
«Non posso insegnarti nulla in quello stato,» disse, il tono severo della maestra delusa dal proprio allievo. «Anzi, prima di darti qualcosa per farti passare tutti i postumi della bevuta, dovrò controllarti.»
Rael si sentì confuso e addolorato dalle parole della donna. Fermo in piedi accanto a lei, il capo chino e lo sguardo fisso sulle sue scarpe, non osava nemmeno alzare gli occhi per la vergogna, ripromettendosi di non toccare più del sidro in vita sua.
Indicandogli la porta, Dana lo condusse fino alla sua vecchia stanza al sesto piano.
Rael, senza neppure essere indirizzato, si distese sul letto, chiudendo gli occhi e sospirando come un condannato a morte poco prima dell'esecuzione.
Senza sfiorare il suo corpo, la donna evidenziò i canali che scorrevano nell'organismo del giovane, trasportando le sue energie. Non c'era nessun nodo più intasato di un altro ma l'intero sistema stava assumendo colori troppo accesi perché fosse possibile considerarlo sicuro.
Il lavoro iniziato con l'addestramento stava stimolando le correnti di energon e aveva rafforzato il sistema. Ma l'inevitabile risveglio del normale sistema legato agli stimoli sessuali, anche se molto più lento del normale e senza causare sovraccarichi improvvisi, si stava sovrapponendo ad esso, e inesorabilmente l'intero equilibrio si stava alterando... era necessario agire prima che la cosa diventasse incontrollabile.
Rael aprì gli occhi solo quando sentì Dana allontanarsi. Si mise seduto a guardarla, sembrava temere un rimprovero dall'espressione che aleggiava sul suo viso.
«Cosa avete visto, Mestra
«Una gran confusione,» rispose Dana, «ma nulla di preoccupante, fino ad ora.» Si avvicinò alla finestra, aprendo le imposte per far entrare un po' di luce in più. «Però dobbiamo rimediare prima che le cose si facciano ancora più instabili,» sentenziò, spiegandogli quale era il problema di base.
Rael accennò di sì col capo, poi sembrò pensarci seriamente e, guardando Dana con un espressione persa, chiese: «E come si può fare?» Ne sapeva ancora così poco e scoprire alla sua età di non conoscere il proprio corpo, come se fosse un labirinto oscuro, lo metteva ancor più in imbarazzo.
Dana ripensò per un istante alla precisa conoscenza di Loreena, abituata fin da piccola ad assistere a nascite e morti. Lei era cresciuta senza sorelle o fratelli che potessero spiegarle i fatti della vita, ma vivendoli da spettatrice fin dalla più tenera età e senza che nessuno le nascondesse la realtà delle cose. Rael, per contro, era come stato tenuto all'oscuro di tutto e, forse volontariamente o forse vittima degli eventi, non aveva scoperto nulla di quello che normalmente alla sua età avrebbe dovuto conoscere alla perfezione.
«Cerca di spiegarmi cosa senti cambiato in te,» disse alla fine.
Rael chiuse gli occhi, dopo aver aperto la bocca per un attimo in una perfetta 'O' di stupore. Rimase in silenzio per qualche istante, mettendo in fila come soldatini le parole che avrebbe voluto pronunciare, ma sembrava una cosa impossibile mettere in ordine i suoi pensieri.
«Io...» si sentiva come se si fosse avvicinato troppo alla fiamma del caminetto, scottato accaldato e in parte spaventato. «Ecco mi sento confuso, principalmente confuso... perché non so esattamente quello che mi sta succedendo, non capisco cosa sia... cioè, in parte lo so... ma non... ma non mi aspettavo mi capitasse cosi.» Rael apri le mani, osservandosele. «Non riesco a dar forma o principio ai miei pensieri. Un attimo prima non c'era nulla e subito dopo mi ritrovo a non capirci più nulla.»
L'espressione di Dana era imperscrutabile. Cercava qualche riferimento nel suo passato, una situazione simile tra i suoi fratelli, senza trovarla. C'erano troppi maschi a Castel Ridenow e troppi stimoli perché qualcuno potesse crescere senza sapere cosa sarebbe cambiato nel proprio corpo non appena fosse iniziato lo sviluppo.
«Quello che senti, non importa chi è che provoca queste sensazioni, quanto pensi di riuscire ancora a sopportarlo,» non aveva necessità di aggiungere "prima di esplodere", sapeva che era superfluo.
Rael scosse solo la testa. Non era in grado di dire cosa sarebbe potuto accadergli neppure nelle prossime ore, come poteva dirle cosa sarebbe accaduto ancora oltre.
«Ma tutti hanno superato questo momento di confusione no, Mestra? Ci riuscirò anch'io?» chiese invece.
«Lo spero,» rispose Dana, per nulla intenzionata a consolarlo. «Ma, normalmente, non corrono il rischio di trovarsi in pericolo di vita solo perché non ... trovano il modo di sfogare i loro impulsi sessuali,» concluse, forse spietatamente.
Il rosso e il bianco sembravano gli unici colori che il viso di Rael prendeva ultimamente. Cominciò a tremare, forse più sconvolto dal tono che dal contenuto delle parole di Dana. Si ritrovò senza il coraggio di alzare gli occhi dal pavimento, pensando solo a come avrebbe potuto far sparire il senso di vuoto ora lo stava facendo precipitare, come se da un appiglio sicuro si fosse trovato a cadere nel vuoto, vedendo avvicinarsi sempre di più il terreno.
L'Amazzone si alzò, avvicinandosi alla finestra. Fuori, poco distante da loro, Manolo stava controllando lo sbocco di uno dei piccoli camini che percorrevano i muri di tutta la Torre, come una fonte aggiuntiva di riscaldamento. L'umanoide la salutò con un cenno, Dana rispose, non più preoccupata di vederlo piombare al suolo come i primi tempi.
«Non posso aiutarti a liberare il corpo dalla tensione che si sta accumulando,» disse, senza voltarsi, chiudendo la sua percezione alle emozioni del ragazzo. «Per meglio dire potrei farlo, ma questo sarebbe più dannoso che altro. Devi trovare il modo per liberartene.»
Rael prese fiato a grandi boccate poi, con un filo di voce, riuscì a dire che ci avrebbe provato. Poi, senza aggiungere altro, si allontanò di corsa. Una fuga in piena regola.
L'Amazzone restò alla finestra, dando le spalle alla porta e seguendo la corsa di Rael fino al pian terreno e poi fuori, nella piazza. Lo seguì con lo sguardo, finché non sparì oltre le prime case. Adesso tutto era sulle sue spalle, come forse sarebbe dovuto essere già da molti anni.


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Rael riusciva a malapena a vedere dove andava. L'unica cosa che aveva desiderato fortemente era uscire dalla Torre e, ora che era fuori, non aveva più una meta. Metteva un passo davanti all'altro, senza pensare a dove sarebbe andato. Stava risalendo il sentiero che portava al vecchio castello quando andò a sbattere contro qualcuno, finendo a terra.
«Scusatemi, non volevo... non stavo...»
«È evidente che non stavi guardando, Rael,» sentire il suo nome riscosse il ragazzo dai suoi pensieri e gli fece alzare lo sguardo. «Mi pare che ti sia ripreso bene, comunque.»
Il tono di Brydar era inequivocabilmente ironico, ma non c'era cattiveria nella voce. Lo guardava dall'alto, la luce del poco sole faceva risplendere l'elsa della spada che portava al fianco e dava ai suoi capelli corvini una lieve sfumatura rossa che, normalmente, non si notava.
Ripresosi o no, il ragazzino si rimise in piedi e, mentre si scusava con una voce tremante, cercò di allontanarsi senza nemmeno guardarlo in volto. Anche Brydar gli ricordava troppe cose sgradevoli. Possibile che la sua mente fosse cosi a senso unico anche ora?
Dal sentiero che aveva preso stavano arrivando un paio di uomini, molto simili di aspetto e dall'aria terribilmente feroce. Non aveva intenzione di incontrare nessuno, tantomeno gente che non conosceva, fece per girare sui tacchi e, l'alternativa, sembrava andare dietro a Brydar lungo il sentiero che portava nuovamente al villaggio.
"Beh, posso cambiare strada prima di arrivarci," fu il pensiero che arrivò a Brydar che, salutando con un cenno i due gemelli MacAran che invece si avviavano verso la loro fattoria, lo accettò al suo fianco senza parlare.
Il sentiero si snodava davanti a loro, mentre i passi di Rael si facevano più brevi, lasciando Brydar andare avanti. Il ragazzo continuava a frugare con gli occhi il paesaggio, come alla ricerca di qualcosa che potesse aprirsi e inghiottirlo di colpo, liberandolo del fardello che si portava addosso. Si accorse solo un istante prima di finirgli contro nuovamente che Brydar si era fermato per aspettarlo.
«Le possibilità sono due,» disse piano il comyn, riprendendo a camminare più lentamente, «o chiudi le tue barriere o ci salutiamo qui.»
Molto probabilmente Rael avrebbe preferito usufruire della seconda possibilità ma, invece, si accasciò a terra, guardando fisso il terreno mentre, allo stesso tempo, chiudeva tutte le porte che conosceva di se stesso. Sembrava improvvisamente essere diventata una bambola inespressiva.
Brydar restò a fissarlo, non troppo preoccupato in realtà. Dalla sequenza di immagini che era arrivata alla sua mente aveva capito che c'erano stati dei problemi alla Torre, con sua sorella niente meno.
Da un lato era quasi divertito dalla cosa ma, dall'altro, quello che Dana sembrava aver fatto non tornava con quello che ricordava su di lei e che, nella breve permanenza a Elvas, aveva scoperto sul suo nuovo carattere. Si chinò davanti a Rael, sedendosi sui talloni e aspettando che il ragazzo alzasse lo sguardo.
«Non credo sia il caso di prendersela così,» disse dopo un po', realizzando che Rael avrebbe continuato a fissare il suolo fino a quando lui sarebbe rimasto davanti a lui.
Non appena si alzò e si allontanò di poco Rael scoppiò, il ferreo controllo cedette con un effetto devastante. Dopo una smorfia che gli fece tornare vita ai lineamenti le lacrime arrivarono, copiose e silenziose.
Brydar restò come pietrificato.
Sapeva che sarebbe accaduto, ne era certo, ma ora non sapeva cosa fare. Restò a fissare Rael immobile, le braccia lungo i fianchi, mentre il ragazzo continuava a piangere come se volesse inondare la valle.
Rimasero fermi in quelle posizioni fino a quando, alla fine, le lacrime smisero semplicemente di scendere. Rael alzò lo sguardo sul comyn, gli occhi gonfi e senza vita, sentendosi come svuotato di tutte le emozioni. Pianti simili li aveva fatti quando era molto piccolo ma, almeno, le lacrime avevano allontanato anche tutto il resto.
«Posso sapere cosa ti ha fatto?» chiese semplicemente Brydar, più per curiosità che per reale interesse.
Rael assunse un'espressione sorpresa, chiedendosi stupito quale fosse il problema. Dopo un pianto simile si sentiva come svuotato. Si mise a cercare il motivo che lo aveva portato a sfogarsi cosi, trovandolo ben presto.
«Dana... mi ha abbandonato...»
Brydar lo stava fissando con espressione seria, quasi non riuscisse a comprendere le parole appena pronunciate da Rael. «Cosa avrebbe fatto?» chiese di nuovo, forse nella speranza di ricevere una risposta diversa.
«Non mi... mi...»
La voce di Dana che derideva la sua situazione risuonò nella sua mente. Perché se era una cosa così facile da risolvere lui non ci riusciva? Perché Dana l'aveva declassata come se fosse una sciocchezza? Come poteva pretendere che qualcuno davvero vedesse e sentisse come sentiva e vedeva lui? Sbatte le palpebre ancora umide cercando di mettere a fuoco la vista.
«Mi ha abbandonato,» ripeté con voce atona.
Brydar continuava a restare immobile. Le immagini che arrivavano nella sua mente si andavano sovrapponendo ad altre, quelle di lui stesso, di pochi anni più giovane di Rael, che augurava a sua sorella di morire se davvero lo voleva abbandonare per andare con quelle barragane.
«Non credo sia andata così,» disse alla fine. «Non credo che ti abbia abbandonato.»
Per un attimo Rael sembrò voler credere alle parole di Brydar, tanto che ora lo guardava aspettandosi quasi una spiegazione che rendesse razionale e giusto il comportamento di Dana che la riportasse pura ai suoi occhi.
«E allora perché lo ha fatto?»
Il comyn si sedette su una roccia vicina al punto in cui Rael era crollato a sedere.
Si passò una mano tra i capelli, cercando di trovare le parole per spiegare qualcosa che solo da poco aveva cominciato a comprendere lui stesso.
«Se fosse lei a risolvere il tuo problema, di qualunque problema si tratti,» cominciò, soppesando ogni parola con cura, «allora tu non sarai mai in grado di risolvere nulla e, tutte le volte che il problema si dovesse ripresentare, ti sentiresti in obbligo di correre da lei per farti aiutare.»
Rael sembrò comprendere solo in quel momento quello che gli era sfuggito. Anche se il tono che aveva usato Dana lo faceva ancora stare male, le parole di Brydar davano un significato al suo comportamento più vicino a ciò che lui conosceva di Dana.
«Forse avete ragione...» Lo voleva davvero credere.
Brydar tornò ad alzarsi, sfregandosi il fondo del mantello. «Se fosse stata gentile, o ti avesse tranquillizzato, non le avresti mai dato ascolto,» aggiunse il comyn. «Se ha agito così significa che è sicura che tu riuscirai a risolvere la situazione senza troppi problemi.»
Rael piego il capo di lato incerto. «La pensate davvero così?» con gli occhi rossi gonfi di pianto e la testa leggermente inclinata di lato, un vezzo che non riusciva a togliersi, sembrava ancor di più un bambino sperduto.
Brydar aveva già ripreso la discesa verso il villaggio, intenzionato a raggiungere un bagno caldo al più presto.
"Sì, Rael," rispose mentalmente, senza voltarsi. "Ne sono convinto."









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Disclaimers

Dopo la visita alle Terme, Rael presenta altri problemi che interferiscono con l'addestramento. Dana decide di sospendere le lezioni fino a quando il ragazzo non verrà a patti con se stesso.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008