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[torna a Racconti][E.S.T. dE +1, dicembre (21)] [Credits & Disclaimers]



La Festa del Solstizio

Autori Vari


Prologo

Con l'arrivo dell'inverno un'idea cominciò a farsi strada nelle menti degli abitanti di Elvas: presto sarebbe arrivata la notte della Festa del Solstizio, la prima nella loro nuova casa, e dovevano organizzare assolutamente qualcosa!
Le fasi preliminari si erano svolte rapidamente.
La scelta del luogo dove effettuarla era stata quasi obbligata: non potevano utilizzare la Torre o la Casa della Gilda, non tutti si sarebbero sentiti a loro agio al loro interno. La Locanda era da escludere, Alar non si sarebbe limitato ad offrire i suoi locali, ma avrebbe cercato di ottenere qualcosa in cambio, mentre le Terme... beh, le Terme non erano neppure state prese in seria considerazione.
Dopo una lunga discussione era stato Manolo a indicare il luogo che sarebbe stato l'ideale cornice per i festeggiamenti.
Con espressione decisa aveva preso Fiona per mano, era il solo che poteva farlo senza problemi, e l'aveva portata fin sulla soglia della serra che metteva in comunicazione Torre e Gilda.
La serra era abbastanza ampia da poter ospitare tutti gli abitanti di Elvas che, in fin dei conti, non erano tantissimi. Era ben protetta dal freddo esterno e le due entrate avrebbero evitato spiacevoli episodi in quelli che non desideravano oltrepassare la soglia ritenuta tabù della Torre o varcare quella che conduceva al luogo terribile che doveva essere la casa delle Rinunciatarie.
Tutti i locali coinvolti nella Festa erano stati arredati con gusto, evitando quegli inutili sprechi che nelle dimore comyn servivano solo a dimostrare quanto ricco e potente fosse il loro anfitrione.
Tutti si erano dati da fare.
I mesi passati da quando i vari telepati avevano cominciato a lavorare insieme nel Cerchio avevano creato una nuova forma di intimità, che aveva influito anche sulla coesione degli altri membri stanziali della comunità.
Il gruppo di comynare aveva allestito il poco spazio disponibile della serra, arredando con sobria eleganza l'intero locale.
Elorie, con l'aiuto di Liriel, aveva esaudito le varie richieste per abiti eleganti che quasi tutti, tra nobili e Rinunciatarie, le avevano presentato.
Manolo rivestito per il Sosltizio Le Amazzoni si erano dedicate alla parte più pratica dell'organizzazione: cibo, bevande, legna per il fuoco... tutto era stato organizzato e calcolato in maniera tale da soddisfare un'intera armata.
I pochi uomini si erano invece impegnati a realizzare i doni tradizionali per le gentili signore ed avevano svolto i lavori più pesanti.
Su tutti, la Vedova aveva supervisionato ogni movimento, senza alzare mai un dito, dando prova delle sue indubitabili capacità di ubiquità.
Alla vigilia tutto era pronto.
Ogni invitato, e si contavano tutti gli abitanti di Elvas, aveva pronto il suo abito migliore e, la mattina della Festa, ogni fanciulla aveva trovato il suo dono, volutamente anonimo, fuori della propria porta.
Poco prima del tramonto la Torre spalancò il proprio ingresso, con Manolo a fare da guardiano, aprendo la serra agli ospiti accalcati nella piazza del paese.


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: Damon Aldaran :: Illa :: Diotima Aillard :
: Elorie MacAran :: Kasentlaya Ridenow :: Mikhail Ardais :
: Dana n'ha Angela :: Piedro MacAran :: Gwennis n'ha Hannah :
: Aliciana Alton :: Anndra Castamir :: Shaya Alton Aillard :
: Alar Montrel :



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Damon Aldaran

L'alba del giorno più corto di Darkover aveva appena iniziato a spuntare e nella Torre Verde di Elvas regnava ancora l'assoluto silenzio.
Ancora per poco...
All'improvviso, ad un'ora non usuale, ci furono dei rumori, qualche brusio e sorrisi sommessi.
Diverse persone scesero le scale e si raccolsero nella sala da pranzo.
Quando arrivò anche Damon, aprì un mobile con la sua serratura a matrice e le varie persone, tutti uomini della Torre, raccolsero un pacchetto. Poi risalirono le scale e ognuno lasciò il dono, preparato qualche giorno prima e segretamente custodito, davanti alla porta di una fanciulla.
La tradizione della festa del solstizio doveva essere rispettata anche ad Elvas e così ogni fanciulla della Torre avrebbe trovato il suo regalo davanti alla porta.
Poi tutti rientrarono nelle proprie stanze e si ricoricarono.


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Quando Damon si risvegliò nuovamente, il sole rosso era già alto ma nascosto dalle nubi. Finalmente, però, aveva smesso di nevicare.
Fatta colazione, Damon raggiunse gli altri per terminare l'allestimento della serra per la festa.
Un momento particolare dei preparativi fu quando vennero appesi alla parete gli stendardi dei Setti Domini.
Erano già stati appesi quello degli Hastur, delle Aillard, degli Alton, degli Ardais, degli Elhalyn e dei Ridenow.
Era rimasto libero il posto centrale dove sarebbe stato collocata l'insegna degli Aldaran, ma nessuno l'aveva ancora appesa.
Kelan si avvicinò a Damon e gli chiese: «Damon, che ne dici degli stendardi? Non sono venuti una meraviglia?»
Damon fu colto alla sprovvista: non aveva ancora fatto caso alle decorazioni. Si voltò a guardarli.
«Belli,» confermò. «Elorie ha fatto veramente un bel lavoro.» Poi attese un attimo e aggiunse: «Però ne manca uno.»
«Sì, direi che manca quello degli Aldaran.»
«Già.»
«Perché non lo appendi tu?»
«Io? Ma può appenderlo chiunque, non c'è bisogno che lo faccia io.»
Aliciana si avvicinò a Damon recando con sé l'ultimo stendardo.
«Ecco a te,» disse porgendo a Damon il vessillo.
«Beh, ecco... se proprio devo farlo io...»
Prese in consegna dalle mani di Aliciana il voluminoso stendardo e andò al centro della parete.
Kelan notò che Damon si era comportato stranamente quando Aliciana gli si era avvicinata.
Comunque il pensiero durò solo un attimo, perché la sua attenzione era già tornata a seguire Damon durante l'operazione.
L'Aldaran, con l'aiuto di una sedia lasciata allo scopo, appese alla corda anche l'ultimo gonfalone.
Scese dalla sedia e, arretrando di qualche passo, insieme a tutti i presenti si fermò a contemplare la composizione dei sette vessilli appesi alla parete della serra.
Mentre tutti ammiravano facendo commenti di diverso genere, si sentì un suono sgradevole e, tra la costernazione generale, tutti gli stendardi precipitarono a terra: la corda non aveva retto il peso e si era spezzata.
Il silenzio, dopo il trambusto della caduta, gelò tutti. Poi si udì la voce di Kelan: «Damon?» disse senza distogliere lo sguardo dalla parete ormai vuota.
«Sì?» rispose il comyn, anche lui continuando a guardare gli stendardi per terra.
«L'ho sempre detto che gli Aldaran porteranno allo sfascio Darkover.»
Una risata generale accolse la battuta.


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La mattinata trascorse velocemente e prima di pranzo tutto era pronto: anche gli stendardi, nuovamente appesi su una corda più robusta, facevano la loro bella figura.
Dopo pranzo, Damon si recò nella sua stanza per prepararsi.
Stava cercando di scegliere quale abito indossare, quando sentì bussare alla sua porta. Percepì la presenza di Kelan.
«Avanti.»
Kelan entrò: «Allora, caro fratello, stai cercando di prepararti per la festa?»
«Beh, sì: non ho ancora deciso quale abito indossare,» gli disse.
«Non hai ancora deciso?» inorridì Kelan. «E come mai? Normalmente non badi molto a queste cose e tutto ad un tratto ti preoccupi di quale vestito indossare durante la festa?»
«Sì, perché non vorrei...» ma non finì la frase.
«Non vorresti?» lo incoraggiò Kelan.
L'Aldaran non rispose.
Kelan conosceva da troppo tempo Damon e aveva intuito che era successo qualche cosa. Così era andato nella sua stanza proprio per cercare di capire cosa fosse esattamente.
«Ma dimmi, Damon, non è che ti è successo qualche cosa?» lo sollecitò.
Notò che l'amico era ancora titubante ed allora proseguì: «Damon, ti conosco da troppo tempo per non rendermi conto che in questi giorni ti stai comportando in modo un po' strano. Pensi veramente di riuscire a nascondere qualche cosa al tuo bredu? E allora spiegami perché quando Aliciana ti ha portato lo stendardo degli Aldaran ti sei emozionato: non penso proprio che fosse per lo stendardo, giusto?»
Damon guardò dritto negli occhi il suo più grande amico e compagno di tante avventure. Poi abbassò lo sguardo e gli disse: «Hai ragione: non posso tenere nascosto proprio a te qualche cosa di così importate. Solo che non sapevo quali parole usare per dirtelo e... come sempre ti accorgi di tutto.»
Damon fece una pausa e poi riprese: «Penso di amare Aliciana.»
Kelan guardò prima sorpreso e poi contento Damon e gli disse: «Ma finalmente anche il nostro Damon si è innamorato di una bellissima fanciulla! Evviva: questa sera avrò qualcosa di bello da aggiungere ai festeggiamenti!»
Damon alzò gli occhi e lo guardò: «Ma, non sei arrabbiato?»
«Arrabbiato? Ma stai scherzando? Sono felice per te e sono anche felice per Aliciana.»
«Sicuro?»
Kelan non rispose, si avvicinò a Damon e lo abbracciò, ricambiato dal suo amico.
"Testone, certo che sono contento: sono il tuo più grande amico, come posso non essere contento se tu sei riuscito finalmente a trovare la donna giusta? Come posso dimenticare il fatto che tu mi hai permesso di vivere con Marguerida?" e a queste parole, Damon avvertì un freddo dolore attraversare il cuore di Kelan. "Anch'io non voglio oppormi a questa tua scelta e, anzi, non vedevo l'ora che accadesse."
"Bredu," rispose Damon. "So quanto ti sia costato dirmi questo e ti ringrazio."
I due aprirono quel tanto che basta della propria mente per permettere di trasmettere all'altro il senso più autentico di queste parole.
«Ora mi è tutto un po' più chiaro,» disse Kelan mentre si separava da Damon. «Sai, mi stavo preoccupando perché ti vedevo sempre un po' distratto e non capivo il perché.»
Poi aggiunse: «Bene. Allora posso finalmente andare a prepararmi anch'io.»
«Va bene, ci vediamo più tardi,» gli disse Damon.
Mentre usciva, Kelan si voltò verso l'amico e gli consigliò: «Il tuo abito di velluto nero, quello con lo stemma della casata Aldaran: mi sembra adatto per questa sera. Non penso proprio che qualcuno ti possa dire qualche cosa se per una volta indossi un abito che ricordi la tua posizione: non lo fai mai. E ti vogliamo tutti bene per questo.» aggiunse chiudendo la porta.
Damon rimase silenzioso a fissare la porta della sua stanza chiusa, poi aggiunse fra sé "Kelan grazie, non ho mai trovato miglior amico."
Preparò sul letto il suo abito, ma prima di indossarlo voleva fare una cosa che non aveva ancora fatto.
Uscì dalla sua stanza, raggiunse la porta della camera di Aliciana e bussò.


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Damon era pronto.
Si recò alla stanza di Kelan e bussò.
Dall'interno sentì Kelan che gli rispondeva: «Avanti.»
Aprì la porta ed entrò. Kelan stava finendo di indossare il suo abito.
«Non sei ancora pronto?» lo rimproverò Damon.
«Oh! Cos'è tutta questa impazienza? C'è forse qualcuna che ti aspetta?» disse sorridendo il MacAran.
«E dai, non voglio arrivare dopo di lei: non mi va di farla aspettare.»
«Innamorato... ecco... semplicemente innamorato! E poi io sono in ritardo perché sono passato a controllare i relais con Dana.»
Damon lo guardò di traverso.
«Sono pronto, non preoccuparti, non ti farò arrivare dopo di Aliciana. Devo solo mettere questi stivali.»
Si sedette sul letto e si infilò le eleganti calzature da ballo, quindi iniziò ad allacciare i molteplici lacci che le chiudevano. Ma l'impresa fu, come al solito, più difficile del previsto.
Ad un certo punto Damon si spazientì: «Ma è mai possibile che tutte le volte che infili quegli stivali non riesci a fare l'allacciatura in modo corretto?»
Si avvicinò è si inginocchiò davanti a Kelan, quindi gli disse: «Lascia fare a me.»
E prese le stringhe, disfò il pessimo lavoro di Kelan e stringò gli stivali come si doveva.
«Ecco fatto. E non ti dimenticare come ho fatto!»
«Grazie Damon,» gli disse Kelan.
«Bene, ora andiamo.»
Uscirono e scesero le scale della Torre fino al pianterreno.
Rimasero in attesa dell'arrivo delle donne della Torre.
Le prime ad arrivare furono Fiona e Diotima.
La Custode indossava il suo abito da cerimonia color cremisi.
«Bene, vedo che i cavalieri della Torre sono pronti ad accogliere le loro damigelle,» disse Fiona a tutti i presenti.
«A questo punto non ci rimane che attendere...»


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Durante la festa, Damon rimase praticamente tutto il tempo accanto ad Aliciana, anche se non si dimenticò di occuparsi di quanto era dovuto dal cerimoniale per tutti gli ospiti presenti.
Ad un certo punto, sentì finalmente le note della canzone che preferiva e presa Aliciana andò insieme a lei vicino ai musici per udirla meglio.
La ballata raccontava di un soldato degli Aldaran che era riuscito a sopravvivere a numerose battaglie ma proprio nel giorno della festa per la fine della guerra, aveva visto Avarra che stava ballando accanto a lui.
Cercando allora di sfuggirle aveva chiesto aiuto al Dom il quale gli aveva prestato il suo cavallo più veloce.
Ma la fuga del soldato verso Neskaya non fece altro che portarlo più velocemente tra le braccia della nera signora.
Dopo la ballata, Damon spiegò ad Aliciana il senso delle parole pronunciate in una versione un po' arcaica della loro lingua.


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Illa

Illa si fermò sulla soglia della serra.
Era la prima Festa del Solstizio a cui partecipava e si sentiva tesa come una corda di ryll.
Cominciò a guardarsi intorno. Le piante della serra erano state protette nel miglior modo possibile e le grandi vetrate erano state coperte da drappi colorati e da stendardi raffiguranti le varie casate presenti a Elvas. In pratica tutta l'araldica darkovana era esposta lungo le pareti di vetro.
La comunità di Elvas sembrava aver superato la millenaria rivalità tra clan, pensò, osservando divertita lo stendardo con i colori degli Aldaran accanto a quello degli Ardais.
Scrutò con attenzione ogni angolo visibile della sala, restando ancora ferma sulla porta, preoccupata dal non vedere Dana da nessuna parte.
Accanto al tavolo da lavoro, trasformato per l'occasione in un fornitissimo tavolo per i rinfreschi, Illa vide Alar fare grandi cenni per attirare la sua attenzione.
La mercenaria tirò un grande sospiro ed entrò nella sala ormai affollata.
«Chissà perché mi ero convinto che avresti indossato un abito femminile!» Alar la stava studiando dalla testa ai piedi, con un certo disappunto stampato sul volto.
Illa si stirò alcune pieghe immaginarie sulla lunga casacca che le arrivava poco sopra al ginocchio.
«E perché avrei dovuto?» ribatté seccata. «Non è sufficiente aver dovuto indossare questi?!»
Kelan, appoggiato al tavolo accanto ad Alar, la stava a sua volta osservando con occhio critico. Non riconosceva il tocco di Dana negli abiti indossati dalla donna, ma doveva ammettere che chi era riuscito a costringerla a metterli aveva un ottimo gusto.
L'abito era del taglio tipico delle Rinunciatarie. I calzoni, infilati negli stivali al polpaccio, erano ampi e ricadevano fluidi e leggeri, quasi fossero fatti di una stoffa morbidissima.
Alla vita una fascia di velluto fermava i calzoni e la camicia, forse di una taglia troppo grande, sborsava leggermente, coprendo quel poco di femminile che c'era in lei.
Sopra tutto una lunga casacca senza maniche, aperta ai lati, scendeva fino al ginocchio, trattenuta in vita da una cintura di cuoio alla quale era legato il corto pugnale che si era rifiutata di lasciare alla porta.
Il tutto nei colori scuri e caldi delle foreste darkovane, di poco più luminosi dei soliti abiti neri che Illa indossava da quando era nata.
Madre Gwennis, con in braccio Aengus e con Shann ben piantato al suo fianco, si avvicinò a loro e sorrise soddisfatta nel vedere la mercenaria.
«Visto che stai benissimo!» Illa la fulminò con lo sguardo. «Anche se è stata una faticaccia convincerti.»
Alar diede di gomito a Shann. «Adesso capisco perché sei sempre vestito decentemente in questi ultimi tempi!»
Shann non reagì, non era quella la serata adatta per rispondere a tono e battibeccare con Alar come fossero alla locanda. Anche perché, dopo tutto, quelle di Alar erano parole veritiere.
«Potevi almeno toglierti quella fascia!» fu l'unico commento negativo, rivolto da Gwennis alla sua creatura.
Illa scosse la testa negativamente. La cicatrice le faceva male se restava scoperta ed erano pochi i momenti in cui lo faceva volontariamente... e questo non era compreso.
L'arrivo di Benton e Liriel distrasse Madre Gwennis, che trascinò Shann a salutare il fratello.
«Sapete dov'è Dana?» chiese alla fine Illa, guardandosi intorno ancora una volta.
Erano arrivati ormai tutti: Damon sottobraccio a Domna Aliciana, la famiglia MacAran al completo, Anndra Castamir con la sua libera compagna.
In un angolo poco distante da loro, Mikhail e la Vedova stavano facendo arrossire le giovani Loreena e Kasentlaya, mentre Shonnach era restata per tutto il tempo ferma accanto all'entrata dal lato della Gilda, intenta scrutare con attenzione ogni invitato.
La sola assente sembrava essere proprio Dana.
I due uomini si strinsero nelle spalle.
«È dal tardo pomeriggio che non la vedo,» rispose Kelan. «L'ho incontrata nella sala dei relais con uno smorzatore sottobraccio.»
«Uno smorzatore?» Alar continuava a farsi spiegare le cose relative al lavoro nella Torre, ma continuava a scordarsele.
«Un aggeggio che serve a bloccare la trasmissione del pensiero,» bofonchiò Illa.
Kelan annuì. «Più o meno,» confermò. «Però non mi ha detto cosa voleva fare.»
La Vedova, stancatasi della pantomima che aveva condotto fino a quel momento a favore delle giovani leroni della Torre, aveva abbandonato Mikhail alle ragazze e si era avvicinata silenziosamente all'eterogeneo terzetto.
«Non credo che ci raggiungerà,» disse poi con indifferenza, inserendosi nel discorso. «Mi ha chiesto le chiavi delle Terme per questa notte.»
Illa si girò di scatto e, pur essendo più o meno della stessa altezza, la Vedova si sentì schiacciata dall'ombra della mercenaria.
«E perché avrebbe voluto le chiavi proprio stasera, durante la prima Festa del Solstizio di Elvas?» il tono di Illa era minaccioso.
La Vedova represse un brivido. «Credo che volesse approfittare proprio di questo per riuscire a stare da sola per un po'...» lo sguardo di Illa si fece freddo e tagliente come una lama, mentre la fissava senza parlare. «Quando l'ho incontrata aveva con sé una bottiglia di firi... certo che una notte tranquilla, un bel bagno caldo, un buon liquore e la persona che...» la Vedova si interruppe appena in tempo, pochi istanti ancora e Illa le sarebbe saltata alla gola e probabilmente lei non si sarebbe neppure resa conto di essere morta.
Alar non fece in tempo a fermare la vecchia compagna d'armi che già era sparita dalla sala, lasciando dietro di sé solo una pesante sensazione di gelo intenso.
«Questa volta l'hai fatta grossa,» sibilò alla Vedova, avvicinandosi in modo che nessun altro potesse sentirlo. «Di sicuro Dana te ne sarà grata finché campi!»


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Diotima Aillard

Il sole era ormai basso sulle montagne e mancava poco all'inizio della festa. Tutta Elvas era percorsa da uno stato di eccitazione e di attesa, come mai era capitato prima.
Diotima era seduta davanti allo specchio della sua stanza e stava facendo scorrere lentamente la spazzola tra i lunghi capelli ramati. Anche lei, doveva ammetterlo, si sentiva piuttosto emozionata all'idea dell'imminente serata; un po' perché l'eccitazione delle fanciulle della Torre aveva finito per contagiarla e un po' perché nella serra, quella sera, si sarebbe riunita tutta la comunità di quel piccolo villaggio tra le montagne, che ora era la sua casa. E lei non aveva ancora fatto in tempo a conoscere tutti, soprattutto le persone che non vivevano alla Torre, e la sua innata timidezza le provocava sempre un po' di disagio, quando si trovava di fronte a degli sconosciuti.
"Anni di feste a Castel Aillard avrebbero dovuto abituarmi..." pensò. "E invece sei ancora tale e quale alla timida ragazzina di un tempo!" proseguì, rivolta alla sua immagine riflessa.
Posò la spazzola e, prima di intrecciarsi i capelli, aprì un cofanetto per scegliere un fermaglio adatto. Mentre ne estraeva alcuni, il suo sguardo cadde sul bracciale di rame che portava al polso. Undici anni prima, proprio il giorno del Solstizio, quel cerchio di metallo, appena lavorato, era stato chiuso intorno al suo polso, legandola indissolubilmente a suo marito Domenic. Ora in fondo non le serviva più, pensò. Era rimasta lì ad Elvas proprio per lasciarsi alle spalle il passato, quindi... avrebbe anche potuto toglierlo... Ma soltanto l'idea le scatenò un tale senso di malinconia, che Diotima si rese conto di essere ancora troppo legata al ricordo del marito.
"Devo concedermi ancora un po' di tempo," si disse. Poi fu riscossa dai suoi pensieri dalle voci e dai passi degli altri telepati della Torre che uscivano dalle loro stanze e si affrettò ad acconciare i capelli.
"Non ho tempo di stare qui a pensare al passato," si rimproverò. "Devo sbrigarmi, o arriverò tardi alla festa!"
Si alzò, si lisciò le pieghe del vestito, un abito di velluto color blu notte, mirabile opera di Elorie, e uscì dalla stanza. Arrivata alle scale incontrò Fiona e con lei scese verso il piano terra.


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Diotima si fermò sull'entrata della serra e si guardò intorno: l'illuminazione di torce e candele, gli stendardi appesi alle pareti, il tavolo con i rinfreschi e gli abiti eleganti creavano quell'atmosfera allegra tipica di ogni festa. Sarebbe stato impossibile non divertirsi quella sera.
Fu raggiunta sull'ingresso da Kasentlaya e Loreena, entrambe con gli occhi scintillanti per l'eccitazione.
«Credo proprio che sarà una serata meravigliosa, voi che ne dite?» chiese sorridendo alle due ragazze.
«Lo spero proprio!» le rispose Kasentlaya. «È da giorni che aspettiamo questo momento!»
«Sai, è la nostra prima festa del Solstizio,» le confessò emozionata Loreena.
«Davvero? Allora mi auguro che per voi sia molto più che meravigliosa.»


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Più tardi, Diotima si avvicinò ad Elorie, seduta in un angolo della serra.
«Vai Domna,» la salutò subito Coryn, in piedi accanto alla moglie.
«Buona sera Mastro MacAran,» gli rispose la donna, con lo sguardo basso e un sorriso timido. Poi si rivolse alla moglie dell'uomo. «Buonasera Elorie. Sono venuta per complimentarmi ancora con voi per lo splendido lavoro,» le disse, accarezzando la gonna del suo vestito.
«Vi ringrazio Domna,» le rispose Elorie, mentre con una mano accarezzava i capelli di una bellissima bambina, che si era avvicinata a lei ed aveva appoggiato la testa al suo braccio.
«È vostra figlia?» domandò Diotima, posando uno sguardo dolce sulla bimba.
«Sì, è una delle mie due gemelline.»
«Prima credo di aver visto altri tre dei vostri figli rincorrersi per la serra!» commentò l'Aillard divertita al ricordo della scena.
«Erano Dorian, Rafael e Kyril,» spiegò con un tono un po' esasperato Elorie. «Non stanno mai fermi!» Mentre parlava, la donna fissò per un attimo lo sguardo al centro della serra, dove si svolgevano le danze, e poi disse con un sospiro: «E quello che mia sorella Marelie sta trascinando per un orecchio è Piedro, il mio primogenito. Chissà cosa avrà combinato!»
Diotima si voltò e, vista la scena, non riuscì a trattenere una risata, alla quale si unì subito anche la MacAran.
«Anche voi avete figli, vero?» domandò poi Elorie.
Diotima non rimase molto sorpresa dal fatto che la donna ne fosse a conoscenza; dopotutto Elvas era un piccolo villaggio e le notizie si diffondevano veloci e ovunque e inoltre contava tra i suoi abitanti la Vedova, la cui fama di informatrice della valle le era ben nota.
«Ho due figli,» rispose. «Un maschio e una femmina.» "Chissà cosa stavano facendo in quel momento," si ritrovò a pensare. Probabilmente Ethan stava già dormendo nel suo letto a Nevarsin e Miralys, invece, stava festeggiando il Solstizio alla Torre di Dalereuth.
"Come mi mancano," pensò e poi, notando che Piedro si stava avvicinando dopo aver parlato col padre, si congedò, lasciando Elorie al figlio.
Mentre si allontanava, fu raggiunta da Mikhail, che con un inchino volutamente esagerato, le chiese l'onore di un ballo. Diotima accettò con gioia quell'invito. L'Ardais era sempre molto gentile con lei, ma a volte, quando le si trovava vicino, le sembrava di scorgere in lui un'espressione turbata, triste; ora quell'invito era per lei la rassicurazione che tra loro i rapporti erano buoni e che forse lei si era immaginata tutto. Insieme a Mikhail si avvicinò agli altri ballerini e, appena la musica iniziò, cominciarono ad eseguire gli eleganti movimenti della danza.


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Elorie MacAran

La serata non era ancora cominciata ed Elorie si sentiva già distrutta. Vestire Yllana e Caitlin non era stato difficile. Le bambine erano deliziate dall'idea di indossare i nuovi vestiti che la mamma aveva confezionato per loro, uguali in tutto salvo che nel colore verde per Yllana e blu per Caitlin e dimostravano tutto il loro entusiasmo con gridolini e risatine. Piedro si era lasciato convincere dall'idea che tutti i suoi fratelli sarebbero stati vestiti come lui e Dorian pur di dimostrarsi pari al fratello maggiore aveva fatto poche rimostranze mentre la madre gli allacciava il giustacuore.
Ma vestire Rafael e Kyril era stato tutt'altra faccenda. I due bambini non stavano fermi un minuto e si eccitavano a vicenda facendosi boccacce e dispettucci uno via l'altro finché Elorie, esasperata non aveva urlato.
«Adesso basta!» e preso uno dei due bambini gli diede una bella sculacciata sul sedere per replicare poi col secondo. Una volta calmati fu più agevole vestirli anche se gli sguardi tristi dei due piccoli ferivano il cuore di Elorie, molto più di quanto le sue orecchie fossero prima ferite dai loro schiamazzi. Quando furono vestiti di tutto punto Elorie li fece mettere vicini davanti a sé e inginocchiatasi davanti a loro li abbracciò.
«Vi voglio bene, pulcini.» Si staccò da loro, tenendo le mani appoggiate sulle loro spalle e guardandoli con una dose di giusto orgoglio nello sguardo mormorò: «Siete così belli adesso. È tanto brutto essere vestiti bene per la festa?»
«No mamma.»
«Allora, perché sono dovuta ricorrere alle maniere forti perché steste calmi e potessi vestirvi?»
I due bambini si guardarono.
«Ci dispiace mamma.»
«Lo so, e anche a me dispiace che sia dovuto succedere, ma la prossima volta starete tranquilli?»
«Sì mamma.»
Elorie sorrise e baciò su una guancia ognuno dei suoi bambini.
«Avanti raggiungiamo gli altri.»


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Una volta scese le scale trovarono Coryn, nel suo vestito più bello, che faceva le ultime raccomandazioni a due figli maschi puntando loro un dito, l'altra mano serrata a pugno e appoggiata su un fianco. Le due bambine erano sedute composte sulle sedie e si lisciavano inesistenti pieghe dei loro vestiti. Elorie si fermò sull'ultimo gradino e inclinando la testa osservò suo marito, mentre un dolce sorriso le alzava gli angoli delle labbra. Si accarezzò il ventre, il piccolo non scalciava ancora, ma la lieve convessità del suo ventre indicava sicuramente la crescita in corso. E poi Kelan le aveva assicurato che poteva già sentire il battito di quel piccolo cuoricino.
Indossarono tutti mantelli pesanti e calzati gli stivali si avviarono verso il centro della valle. Erano diretti alla Casa delle Rinunciatarie che, eccezionalmente quella sera, avrebbe aperto la sua porta anche agli uomini perché potessero raggiungere la serra dove si sarebbe svolta la festa.
Il terreno era coperto da un alto strato di neve e Coryn strinse a se la moglie.
«Sarà prudente andare alla festa nelle tue condizioni?»
«Non mi succederà nulla, vedrai tesoro. E poi non mi perderei questa festa per nulla al mondo. Da quanto tempo non festeggiamo il Solstizio con Kelan e Marelie? E poi ci saranno tutti: Shann col piccolo Aengus, Benton con Liriel, chissà se faranno entrare anche Wymee? Sarà un'occasione per conoscere i nuovi arrivati nella valle!»
«Ma se tu cadessi per strada, potrebbe succedere qualcosa al bambino!»
«Direi che è compito tuo a far sì che io non cada durante il tragitto, caro.»
Erano alle spalle delle ultime case del paese quando prese a nevicare, Coryn strinse più saldamente il braccio di Elorie.
«Stai attenta tesoro.»
«Non preoccuparti amore. Bambini, non correte e state attenti a non cadere, vi rovinereste i vestiti nuovi.»


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La serra della Gilda era calda e decorata con molto buon gusto.
Quando i MacAran giunsero la sala non era ancora affollata. Coryn aiutò Elorie a togliersi il pesante mantello imbiancato dalla neve e la scortò fino ad una delle sedie collocate lungo le pareti. Poi si voltò e tornò sui suoi passi a raccogliere i mantelli lasciati cadere a terra dai suoi turbolenti figli, che già si rincorrevano per la sala. Con un sospiro si avvicinò a Shann che chiacchierava con Benton, cullando il figlio tra le braccia. Elorie si alzò e li raggiunse.
«... anno i figli di Dorcas ed Emyn dovrebbero portarmi un poco più vicino alla mia meta,» stava dicendo Benton, «oh Elorie come stai?»
«Bene, grazie Benton.»
Gli occhi adoranti di Liriel si staccarono per un attimo dal giovane e mentre si posavano su Elorie la ragazza sorrise. Si portò vicino alla donna e le fece capire di stare chiedendo il permesso di toccare il ventre leggermente rigonfio.
«Certo che puoi Liriel, solo che credo tu possa non sentire niente, è ancora tropo presto perché cominci a scalciare.»
Il tocco della ragazza fu più delicato di quello di un passero, depositò un lieve carezza e con un sorriso abbracciò Elorie, stando attentissima a non stringere troppo.
«Shann posso prender in braccio Aengus? É da tanto che non stringo un bambino così piccolo?»
«Ne sentivi talmente la mancanza che ti sei data da fare, eh breda
«Marelie,» Elorie strinse la sorella poi tese le braccia a Shann con uno sguardo talmente invitante che l'uomo vi depositò il figlio immediatamente. Elorie cominciò a cullarlo.
«Avete già deciso come si chiamerà il nuovo demone scatenato della famiglia MacAran?»
«Aidan o Alanna se sarà una femmina.»
Il rumore di bicchieri infranti li fece voltare tutti. Kelan era lì ad un passo da loro, pallido come un fantasma, gli occhi lucidi e le mani vuote. I bicchieri che stava portando, ormai in frantumi sul pavimento spandevano il loro contenuto sulle pietre grigie.
«Kelan?! Ti spiace? Se non vuoi possiamo scegliere degli altri nomi!»
Una lacrima solcò la guancia di Kelan che tentò un tremulo sorriso.
«No va benissimo. È solo che non me l'aspettavo.»
«Abbiamo pensato che potesse farti piacere.»
«È una cosa bellissima. Grazie, veramente, è il regalo più bello che potessi ricevere.»
«Ovviamente dovrai fargli da padrino e prenderti cura di lui quando noi non potremo.»
«Ma certo Coryn. È il minimo che potrei fare, sarebbe come avere di nuovo il mio Aidan con me.»
Questa volta il sorriso di Kelan era un po' meno stentato.
«Bene vado a prendere qualcos'altro da bere.»
«Aspetta Benton, vengo con te.»
Kelan e Benton trovarono Alar accanto al tavolo del buffet.
«Cos'è successo ai miei bicchieri, Kelan?»
Kelan sentì le proprie guance imporporarsi. «Mi sono sfuggiti di mano.»
Lo sguardo truce d'Alar fece battere in ritirata Benton, lasciando Kelan solo ad affrontare la giusta ira del locandiere.
«Io torno da Liriel, avrà bisogno di me in mezzo a tutti questi estranei.»
«Vedi, è che Coryn ed Elorie hanno deciso di chiamare il bambino Aidan, o Alanna se sarà una femmina, e questo mi ha colto di sorpresa e il vassoio mi è caduto. Ti giuro che troverò modo di ripagarti!»
«Beh, era una buona notizia almeno! Dobbiamo brindare!»


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Kasentlaya Ridenow

Allora, sei pronta?» Loreena sbirciò impazientemente dentro la stanza; l'interpellata sospirò.
«Non credo che sarò mai più pronta di così...» disse lisciando delle pieghe sul vestito.
La ragazza guardò Kasentlaya e scosse la testa divertita. Per lei quella era la prima occasione della sua vita di poter indossare qualcosa di così bello ed elegante, ma tutti alla Torre sapevano che Kasentlaya invece odiava certi tipi di vestiti e negli ultimi giorni si erano divertiti a punzecchiarla.
Scendendo le scale incontrarono Fiona e Damon; la Custode gongolò soddisfatta.
«Hai visto?» disse rivolta alla più vecchia delle due. «Te l'avevo detto che saresti stata benissimo!»
«Io mi sento solo a disagio, ma dipende dai punti di vista,» ribatté ridendo.
«Oh avanti!» sbottò Damon. «Stasera voi due farete cadere tutti i giovani ai vostri piedi!»
«Faremmo,» precisò Kasentlaya, «se ce ne fossero!»
L'uomo la guardò stralunato. «Perché, io sarei vecchio?!»
Fiona sorrise e le strizzò l'occhio. "La verità fa male... eh vecchio mio?"
L'attenzione di Fiona si spostò su Loreena. «Questo abito ti fa sembrare più grande, chiya.» Qualcosa nel tono della sua voce colpì stranamente Kasentlaya. Alzò gli occhi giusto in tempo per cogliere uno sguardo che passava tra il Dom e la Custode, carico di tristezza. Nell'aria sembrava aleggiare un... "accadrà fin troppo presto..." ma non sapeva se davvero l'aveva sentito o era stato effetto della sua suggestione. Loreena non sembrava essersi accorta di nulla e sorrideva felice per il complimento.
In quel momento arrivò Marelie per accompagnarle alla festa.
«Ah, Kasentlaya, stai davvero bene!»
La giovane si voltò verso la Custode. «Ma a quanti l'hai detto scusa?» Un'espressione colpevole si dipinse sul suo volto.
«Ho capito, ho capito: lasciamo perdere!» Fu il suo commento mentre tutti ridevano.


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Stavano in un angolo della serra e si guardavano intorno parlando tra loro; Shonnach stava vicino alla porta della Gilda e si mimetizzava perfettamente con gli attrezzi da giardinaggio che stavano in un angolo un po' discosto. Vicino al tavolo dei rinfreschi c'erano Marelie, che le controllava di tanto in tanto, Gwennis e gli altri che avevano salutato entrando. Un poco in disparte, Illa si guardava attorno cercando Dana.
Poco dopo entrarono la Vedova e Mikhail e, appena le notarono, andarono verso di loro.
«Buonasera mie care,» salutò la briosa padrona delle Terme con un sorriso affabile (o da lupo affamato?) stampato sul viso. «Ma perché non ballate?» disse maliziosamente.
«Andiamo, lasciale stare!» esclamò Mikhail. «Forse non ne hanno voglia...»
Dopo circa due minuti di battutine da parte della donna non ne potevano più.
Kasentlaya si voltò verso Loreena e le lanciò un'occhiata d'intesa. «Perché non... mm... andiamo a fare un giro?»
«Ottima idea! Sai inizia davvero a fare caldo qua dentro!»
La Vedova le osservò sorpresa. «Ma... pensavo che gradiste la mia compagnia!» borbottò piccata.
"La gradirei di più se la facessi a qualcun altro!" Kasentlaya quasi si strozzò per non ridere. "Loreena... era la stessa cosa che stavo per pensare io!" La donna di fronte a loro fece una faccia offesa e, non sapendo cosa dire, se ne andò fendendo elegantemente la folla.
«Avete combinato un bel guaio,» disse Mikhail ridendo. «Adesso io starei attento a girare di notte!»
«Oh! Ma chi pensava che fosse così suscettibile! Almeno abbiamo ottenuto un miglioramento temporaneo!» Fece una faccia angelica con il risultato che Loreena scoppiò di nuovo a ridere.
«Siete proprio due pesti! ...adesso però vi lascio; sapete devo eseguire la danz...»
«Sì lo sappiamo! ...è da due settimane che parli solo di quello!» esclamarono in coro.
Quando si fu allontanato Loreena la guardò sorridendo. «Direi che finora mi sono divertita!» «Aspetta a dirlo... non si sa mai cosa può capitare!» rispose la sua compagna sorridendo. «Comunque... sono felice di essere venuta alla festa con te!»
Arrossì violentemente. «Grazie... ma non sono molto di compagnia...»
Al di là delle parole Kasentlaya riusciva a percepire il sottofondo abituale dei pensieri di Loreena, cioè la sua convinzione di non essere mai all'altezza della situazione.
«Lo sei» ribadì con convinzione, «...specialmente se ti scappano le battute!»


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Era stata una bella festa, pensò Kasentlaya entrando nella sua stanza. Non che avesse fatto molto ma si era divertita e aveva apprezzato la compagnia, anche se la persona a cui l'aveva detto probabilmente pensava che non dicesse sul serio.
Verso la fine della festa lei e Loreena avevano deciso di ballare tra loro, altrimenti, come aveva sentenziato la sua amica, si sarebbero trasformate in tappezzeria.
Ripensandoci scoppiò a ridere e d'improvviso sentì un lieve tocco mentale. "Visto?" diceva la voce. "Avevo ragione io!"


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Mikhail Ardais

Mikhail gettò un ultimo sguardo al suo abbigliamento: morbidi stivali da ballo, ampi pantaloni di lana grigi e una casacca dello stesso colore stretta in vita da una fusciacca rosso cupo. Anche il corto mantello, dalla funzione puramente decorativa, era rosso e grigio. Erano i colori distintivi del suo casato, e Mikhail era convinto che gli stessero molto meglio del cupo nero bordato d'argento che da qualche tempo veniva indossato dai componenti più giovani della famiglia Ardais.
Uscì dalla sua stanza con passo deciso. Si sentiva in forma e tra poco lo avrebbe dimostrato a tutti.
Sulle scale incontrò Fiona, accompagnata dalla timida cugina.
Come al solito non poté fare a meno di notare la somiglianza tra Diotima Aillard e suo fratello Domenic, e il suo cuore perse un colpo. La ferita non si era ancora cicatrizzata e i ricordi dei suoi momenti d'oro con il giovane Aillard gli affollarono la mente.
Li scacciò, infastidito. Non era tipo da vivere nel passato e sapeva capire quando una storia era finita.
«Mie signore!» Fece un elaborato inchino che provocò i loro sorrisi. «Siete un'autentica visione!»
«Mikhail Ardais, speravo che con gli anni avresti smesso di essere un buffone, ma mi accorgo di essermi ingannata!» Il tono gentile della Custode smentiva la severità delle sue parole.
Diotima poté percepire con chiarezza frammenti di ricordi in cui un Mikhail molto giovane cercava di far divertire un'altrettanto giovane e malinconica Fiona.
Qualcosa della sua curiosità dovette trasparire, perché la cugina si sentì in dovere di spiegarle che Mikhail era venuto a Dalereuth proprio durante la fase più dura del suo addestramento da Custode e le era stato molto vicino, conquistato dalla sua aria triste e solitaria.
Il viso di Mikhail si aprì in un sorriso allegro. «Ne abbiamo combinate delle belle, insieme!» commentò. «Una volta le ho portato un'intera cucciolata di cagnolini e abbiamo cercato di tenerli nascosti nelle nostre stanze.»
«Ci hanno scoperti per colpa della madre che si mise a ululare per ore proprio sotto la mia finestra!»
Diotima non aveva mai visto sua cugina ridere così di gusto.
«E quella volta che ti ho trascinato in una danza scatenata?» Mikhail sembrava deciso a rovinare definitivamente la reputazione di Fiona.
La Custode rabbrividì. «Persi l'equilibrio e rischiai di cadere...» Scoprì il braccio a beneficio della cugina: una vistosa cicatrice della larghezza di un palmo segnava la pelle già chiarissima. «Mikh mi afferrò senza pensarci. Un riflesso condizionato che ustionò in profondità entrambi.»
L'uomo mostrò la sua mano sinistra. «La vecchia Custode era così furiosa che minacciò di non farmi curare. Poi mitigò la sua punizione e mi lasciò a soffrire solo fino al mattino seguente. A lei andò peggio...»
Fiona cercò di minimizzare coprendosi rapidamente il braccio. «Ero addestrata a sopportare il dolore molto meglio di te...»
«Sciocchezze!» la interruppe Mikhail. «Quella strega ti ha lasciato le vesciche per giorni e giorni. E poi non ti ha neppure voluto cancellare la cicatrice!» Si voltò verso Diotima in una perfetta imitazione dell'anziana Custode. «Che ti serva per sempre di lezione, bambina! Il tuo comportamento lascia molto a desiderare... Non diventerai mai una brava Custode!» La sua voce tornò normale mentre si volgeva di nuovo verso Fiona. «Ormai quell'episodio è lontano nel tempo e tu hai dimostrato a tutti quanto vali. Perché non cancelli quel segno?»
La donna sospirò. «So di commettere l'errore più grande della mia vita, dicendotelo. Avarra sa quanto poco bisogno tu abbia di ulteriori conferme dell'alta stima che già hai di te stesso, ma... mi sono affezionata alla cicatrice proprio perché mi ricorda quei tempi lontani. Mi ricorda quanto duro è stato l'addestramento e quanto, grazie anche al tuo aiuto, io sia riuscita a non piegarmi passivamente a tutte le regole che cercavano di impormi. E ora non montarti la testa, vecchio amico mio, perché non ripeterò mai più quanto ti ho appena detto e so di poter contare sull'assoluta discrezione di mia cugina!»
I tre risero riprendendo a scendere verso la serra.


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Mikhail si fermò senza fiato, percependo gli applausi che erano esplosi intorno a lui come un vago rombo in lontananza. Il sangue gli pulsava ancora con forza nelle orecchie, con un ruggito furioso.
Ogni darkovano amava la danza e vi si abbandonava con passione, ma per lui era sempre stato qualcosa di diverso, un rapimento totale e incondizionato, un abbandono a una forza molto più grande di lui.
Effettuare la complessa sequenza della danza delle spade era un momento di pura estasi. E col passare degli anni il piacere si era fatto sempre più intenso.
Ritornò lentamente cosciente dello spazio intorno a sé e delle persone che lo riempivano, stringendoglisi intorno per complimentarsi per la mirabile interpretazione.
Alcuni visi spiccavano tra gli altri: i tratti severi di Anndra Castamir, gli occhi pieni di ammirazione di Aliciana, il sorriso sincero di Diotima Aillard e più lontano, separata dagli altri dalle sue invisibili barriere, la figura minuta di Fiona.
Ringraziò gli amici che lo stavano ancora festeggiando e invitò i musicisti a riprendere il loro lavoro. Si sentiva invincibile e pieno di energie.
Con un movimento fluido, assecondando le mosse delle coppie che già ondeggiavano sulla pista, si fece strada fino alla Custode.
«Mikhail Ardais, togliti subito quell'espressione dalla faccia!»
Mikhail sorrise. Era difficile imbrogliare Fiona. Con un gesto da prestigiatore, estrasse dalla casacca un fazzoletto di seta rossa.
«Lo riconosci?»
Lo sguardo sbalordito della Custode aumentò la sua euforia.
«L'ho conservato per anni, proprio come hai fatto tu con la tua cicatrice!» Il suo sorriso si allargò. «Mi devi ancora un ballo, vai domna
«I tempi sono cambiati,» sospirò Fiona. «E anche noi lo siamo.»
«Non finché la musica ti scorrerà nel sangue! Credi che non ti abbia vista battere il tempo con il piede, prima? Cosa ti impedisce di danzare con me? Il fantasma di una vecchia crudele?»
Le agitò il fazzoletto davanti al viso con il suo sorriso più convincente e capì di avere vinto non appena vide lo scintillio che si accendeva nei grandi occhi viola.
«Sei sicuro di volerlo?» chiese la Custode nell'afferrare l'altro capo del fazzoletto con la mano destra. «Sono secoli che non ballo... potrei pestarti i piedi!»
«Correrò il rischio.»
La melodia che i musicisti stavano eseguendo era un ballo abbastanza popolare negli Hellers. A un inizio abbastanza lento seguiva una progressiva accelerazione del ritmo che faceva desistere i ballerini meno esperti e lasciava senza fiato i temerari che arrivavano alla fine.
La coppia fece presto il vuoto intorno a sé. Chi non si era fermato a osservare lo spettacolo fuori dall'ordinario, aveva ritenuto comunque prudente non stare troppo vicino al piccolo turbine rossovestito che Mikhail faceva volteggiare con disinvoltura. Tutte le figure che avrebbero comportato un contatto fisico fra i due erano state modificate in modo da diventare dei semplici avvicinamenti, ma la naturalezza con cui venivano eseguite denotava una notevole pratica.
Le ultime, frenetiche note trovarono l'inconsueta coppia completamente senza fiato, ma ancora in pista.
Fiona raggiunse con sollievo la sua sedia e ci si lasciò cadere con un sospiro di pura e assoluta voluttà.
«Tu... tu... pazzo di un Ardais! Volevi sfiancarmi come un cervine da carico? Guarda che Elvas ha una sola Custode!»
Mikhail si asciugò ostentatamente la fronte. «Senti chi parla! Se non ce la facevi potevi benissimo fermarti. Hai una bella energia per essere una donna della tua età!»
«Attento a come parli alla Dama di Elvas!»
Dietro il sorriso Mikhail poté sentire la forza della piccola Custode.
«Vai leronis,» aggiunse con sincero rispetto. «Sarei davvero onorato di poter ancora ballare con voi.» Ammiccò. «Questo ritmo è più lento del precedente...»
Fiona alzò gli occhi al cielo. «Ma sei instancabile! Io non mi reggo più in piedi. Vai a cercare qualcuno di più adatto da invitare.»
Negli occhi dell'Ardais passò una breve ombra. «Le sole persone con cui vorrei danzare non sono qui stasera.»
«E tu cercane altre che gli somiglino!»
Mikhail si voltò a guardare gli ospiti della serra con aria sconsolata, quando il suo sguardo cadde su Diotima Aillard. D'improvviso si illuminò: Diotima assomigliava davvero a Domenic!
«Credo che seguirò il tuo consiglio,» disse per accomiatarsi dalla Custode. "Sei una dama gentile e saggia," aggiunse mentalmente avviandosi poi verso la sorella del suo grande e perduto amore.


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Dana n'ha Angela

Dana e Illa erano rientrate dalle Terme passando, senza che nessuno si accorgesse di loro, dal portone della Gilda.
I festeggiamenti erano già cominciati da ore e tutti gli abitanti del villaggio erano all'interno della serra o nei locali comuni che la Torre e la Gilda avevano messo a disposizione.
Rapidamente le due donne erano salite nella camera dell'Amazzone, in modo che Dana potesse indossare l'abito che si era fatta realizzare per la Festa.
«Smettila di guardarmi!»
Illa, comodamente sdraiata sul letto di Dana, sbuffò voltandosi da un'altra parte. «Come se non ti avessi mai vista mentre ti vesti!»
Dana le buttò contro la larga tunica del suo abito da Amazzone, aprendo il piccolo armadio addossato contro la stessa parete che ospitava anche alcune grandi mensole coperte di vasi di piante ancora non germogliate. Frugò dentro per qualche istante e ne estrasse un lungo abito coperto da un telo di cotone grezzo che serviva a proteggerlo dalla polvere.
Da quando erano rientrate, almeno una mezz'ora prima, Dana non aveva fatto altro che passare tutto il tempo davanti al camino per asciugarsi completamente i capelli. Quando finalmente era stata pronta aveva cominciato a lamentarsi di come la compagna la osservava.
«Forse facevo meglio a lasciarti là!» ribatté Illa, liberandosi della tunica e lasciandola cadere a terra. «Ti vuoi sbrigare!»
Dana non perse altro tempo e liberò il vestito dalla copertura, estraendone un ricco abito di velluto verde, decorato con intarsi che sembravano realizzati in oro finissimo.
Illa sentì il proprio viso avvampare. «Dove lo hai preso?» riuscì a borbottare.
«Bello vero?» chiese l'altra con indifferenza. «Lo ha fatto Elorie. È stata bravissima, considerando le scarse indicazioni che ero riuscita a darle.»
Illa si era seduta sul bordo del letto, ancora col viso arrossato. «Poche indicazioni?» ironizzò, allungando una mano per toccarlo. «È identico a... uno di quelli che avevi da piccola.»
Dana sorrise, appendendo l'abito all'anta dell'armadio e sfilandosi la lunga camicia che ancora indossava. «Sì...» disse sospirando. «Avevo dodici anni, era il primo vestito da grande che mi avevano realizzato. La prima vera Festa del Solstizio a cui mi avrebbero fatto partecipare.»
L'Amazzone cominciò ad indossare il sottogonna ma, arrivata a metà dell'operazione, dovette chiedere una mano a Illa. Era praticamente impossibile indossare uno di quei vestiti senza l'aiuto di almeno un paio di persone.
«Come facevi a saperlo?» si decise alla fine Illa, terminando di stringere il complesso sistema di stringhe sulla schiena dell'abito.
«Cosa?» chiese di rimando Dana, guardandola con la coda dell'occhio e notando che la donna era nuovamente arrossita. «Che ti sei innamorata di me da quando mi hai visto con quest'abito indosso?»
«Bak'ha!» Illa tirò più del necessario l'ultima delle chiusure, strappando un gemito alla compagna.
«È stato Alar a dirmelo,» rispose alla fine l'Amazzone, terminando la propria vestizione indossando l'ultima delle sopragonne. «Voleva puntualizzare il fatto che né io né lui avremmo mai potuto competere con il tuo primo amore... Però non credo sapesse che stava parlando di me.»
Illa si mise a ridere, sedendosi sul basso sgabello davanti al fuoco. «Se ben ricordo avete fatto una scommessa a riguardo,» disse, osservando con sempre più eccitazione le ultime fasi della trasformazione di Dana nella comynara che aveva conosciuto da giovane. «Cosa avevate scommesso?»
Dana finì di spazzolarsi i capelli, lunghi ormai fino alle spalle. Con movimenti mai dimenticati, realizzò una treccia partendo dalla cima della testa e la fissò con un fermaglio di rame a forma di farfalla sulla nuca. Una fitta rete di pizzo, che richiamava i colori del vestito, era fissata al margine inferiore del fermaglio e Dana vi raccolse dentro i capelli e la parte di rete che sarebbe restata vuota, dando così l'impressione di avere un'acconciatura molto più elaborata di quanto non fosse in realtà.
«Se fossi riuscita a dimostrargli che io non ero solo una seconda scelta, lui mi avrebbe dato quello che di più prezioso avesse posseduto in quel momento,» rispose alla fine, girandosi verso la compagna.
L'espressione di Illa valeva molto di più di tutto quello che Alar avrebbe mai potuto darle. Si avvicinò a lei, tendendole la mano per invitarla ad alzarsi.
«Possiamo andare adesso,» disse, chinandosi a baciare le labbra della compagna. «Devo andare a riscuotere il secondo premio della mia scommessa...»


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Nessuno sembrò notare il loro ingresso nella serra. Illa dovette trattenere la compagna per un braccio, per impedirle che si lanciasse in un giro di controllo della sue preziose piante, e la trascinò verso il lungo tavolo dei rinfreschi. Poco per volta la gente si accorse che erano tornate e alcuni, senza preoccuparsi troppo, avevano già cominciato a fare illazioni sul loro ritardo.
Alar si era avvicinato silenziosamente, scrutando con occhio critico Dana e il suo vestito da comynara.
«Un buon tentativo,» disse alla fine, porgendo un bicchiere di liquore ad entrambe. «Ma sai benissimo di non avere speranze. Le hai mai raccontato tutta la storia?» chiese poi alla mercenaria.
Illa non poté trattenersi dal ridacchiare. «Temo di non averla mai raccontata a te, tutta la storia!»
Dall'altro lato della serra Mikhail stava gesticolando per farsi notare da Dana che, sussurrando qualcosa all'orecchio della compagna, si allontanò per raggiungerlo.
«Io credo di sì,» continuò Alar, continuando a guardare l'Amazzone e cogliendo sguardi di ammirazione da parte di alcuni degli uomini del paese al suo passaggio. «Hai assistito alla vestizione di questa giovane comynara, senza che nessuno si accorgesse della tua presenza, e ti sei invaghita di lei. La sola cosa che mi sono sempre chiesto è come tu abbia fatto ad introdurti nelle sue stanze private senza farti scoprire.»
Illa annuì. «Al castello di Diego Ridenow non c'era mai un controllo troppo ferreo sui nostri movimenti,» Alar si accigliò nel sentire il nome. «Se ben ricordi i soli locali erano vietati a noi mercenari erano le stanze del Dom e della famiglia.»
«Cosa diamine centra...»
«Ma era più facile incontrare Dana nelle stanze della sua balia che in quelle private,» continuò la donna.
Lo sguardo di Alar si fece vacuo per qualche istante. «Ancora non capisco cosa centri lei...»
Illa scosse la testa, sconsolata. «Bak'ha!» si limitò ad aggiungere.
Poi, finalmente, Alar sembro capire. «Vuoi dire che era lei?» Illa annuì, sorseggiando il liquore e guardandosi intorno con indifferenza. «Che quella... kh'isama di un'Amazzone ha scommesso con me lo stesso?»
Illa sollevò lo sguardo e lo guardò ironica. «Tu non lo avresti fatto?» chiese seraficamente.
Alar non poté recriminare oltre. Attese che lo sguardo di Dana si posasse per un istante su di loro e sollevò il bicchiere in segno di resa, prima di svuotarlo in una sola sorsata.


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Mikhail aveva fatto una severa ramanzina a Dana. Non solo si era persa la sua splendida performance, ma anche il ballo con la Custode.
«Ti perdono solo perché è evidente che adesso stai meglio,» concluse magnanimo l'Ardais. «Però ti sei persa un bellissimo spettacolo.»
«Non ne dubito,» rispose sorridendo Dana. «Ma ti ho già visto eseguire la Danza delle Spade, e più di una volta,» gli ricordò.«Abbiamo passato anni assieme nella stessa Torre, credo di averti visto anche ballare con Fiona, una volta che eri riuscito a convincerla.»
Mikhail sorrise, ricordando la cosa. «Hai ragione,» confermò, «ma gli altri del Cerchio non erano rimasti molto soddisfatti della cosa e non avevamo più ripetuto l'esperienza. Me ne ero completamente scordato!»
Dall'altro lato della sala Alar, che aveva confabulato con Illa fino a quel momento, aveva sollevato misteriosamente il bicchiere al loro indirizzo mentre Dana aveva assunto un'espressione che sembrava di trionfo.
«Che mi stia proponendo un brindisi?» chiese Mikhail stupito.
«Non credo,» rispose Dana, non riuscendo a trattenere una risata, attirandosi sguardi di disapprovazione da alcune Sorelle ferme li accanto. «Mikh!» esclamò poi all'improvviso, facendolo sobbalzare. «Dobbiamo brindare!»
«E per quale motivo, ch'ya?» chiese lui, forse temendo la risposta.
«Al nuovo proprietario dello Scoundrel?» propose Dana, spingendolo verso il tavolo dove si trovavano Alar e Illa senza aggiungere altro.


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Piedro MacAran

i suoi passi lo portarono verso due ragazzine che guardavano bramosamente le coppie che danzavano. Si avvicinò alla più alta e con un inchino galante le propose: «Damisela, volete ballare con me?»
La ragazza arrossì fino alla punta dei capelli. Fece un lieve inchino e assentì incapace di proferire parola tendendogli la mano, che lui si chinò a sfiorare con le labbra.
Piedro la condusse per la serra volteggiando. Ringraziò mentalmente sua madre per le lezioni di ballo che gli aveva dato, anche se non pensava minimamente di ringraziarla ad alta voce.
«Posso ardire di chiedervi il vostro nome, damisela
La ragazza riuscì a sussurrare: «Kasentlaya...»
«È un nome bellissimo, io sono Piedro MacAran, para servirti, damisela
Piedro la conduceva nel ballo, dalle figure abbastanza semplici, sostenendola per le mani o per la vita. Kasentlaya era perplessa dall'assoluta mancanza di rapporto telepatico, che il ragazzo avesse già imparato ad elevare barriere così alte? Ma no, non l'aveva mai visto alla Torre e per quanto fosse arrivata da poco, ormai aveva incontrato almeno una volta tutti i telepati della piccola comunità.
«Lavorate nella Torre, damisela Kasentlaya?»
«Sono in addestramento, come tecnico.»
«Mio zio è monitore, il migliore di tutti. È conosciuto in tutti gli Hellers per la sua bravura ed un giorno lo sarò anch'io!»
«Volete entrare nella Torre?»
«Oh no! Io sarò un soldato, diventerò ufficiale e sarò famoso in tutti gli Hellers, come il più grande generale di tutti i tempi! Sarò il braccio armato di Dom Damon! Siete leggera come una piuma, damisela
«Oh no, non sono così brava!»
«Sono assolutamente certo che nessuno v'abbia mai dovuto insegnare a ballare, la vostra grazia deve essere sicuramente innata!»
«Non dite così, mi confondete!»
«Ma non dovete! Siete così bella, che potreste rivaleggiare anche con la Beata Cassilda!»


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I musicisti smisero di suonare e Piedro accompagnò Kasentlaya alle sedie da dove l'aveva prelevata.
«Volete essere tanto cortesi da attendermi qui, damisele
Tornò pochi minuti dopo reggendo tre bicchieri di jaco tiepido, lo porse alle due fanciulle cominciò a sorbirlo. La più piccola aveva folti capelli bruni e grandi occhi verdi che brillavano alla luce delle candele.
«Damisela Kasentlaya, vi offendete se ballo anche con la vostra graziosa amica?»
«No fate pure.»
Piedro porse il braccio all'altra fanciulla e la condusse nel centro della sala. Questo ballo era leggermente più veloce del precedente, ma non presentò grandi difficoltà ai due ragazzini. Nel momento in cui aveva sfiorato la mano della ragazza Piedro aveva sentito un lungo brivido percorrergli la schiena, il cuore battergli all'impazzata e la lingua farsi spessa nella sua bocca. Non riuscì a proferir parola, si limitò a fissare la fanciulla per incidere nel proprio cuore ogni particolare di quel volto.
Quando la musica terminò e ricondusse la ragazza alla sedia, Piedro si sentiva confuso: era la prima volta che provava quelle sensazioni; l'introspezione non era mai stata il suo forte, così decise che avrebbe analizzato i propri sentimenti una volta tornato a casa. Per non pensare chiese a Kasentlaya di concedergli il ballo seguente.
«Potrete mai perdonarmi damisela per avervi abbandonata?»
«Ma era giusto che anche Loreena potesse ballare un po'!»
«Loreena? È il nome della vostra amica?»
«Sì.»
Il ballo era il più lento della serata e Piedro strinse un poco a sé Kasentlaya che cercò di allontanarsi.
«Damisela non pensate che stia tentando di sedurvi, è il ballo che richiede questa vicinan... Ahia!»
Piedro si sentì afferrare per un orecchio da due dita forti. Si girò e si trovò davanti sua zia Marelie con un'espressione decisamente torva.
«Cosa stai pensando di fare giovanotto?»
«Di ballare, zia Marelie.»
Senza lasciare l'orecchio Marelie si rivolse a Kasentlaya.
«Raggiungi Loreena e non muoverti da lì, finché non vi raggiungo.»
«Sì signora!»
Kasentlaya si staccò da Piedro, paonazza in volto.
«Damisela Kasentlaya è stato un piacere per me ballare con voi,» disse cercando d'inchinarsi pur essendo ancora stretto nella morsa della zia.
Kasentlaya fece una minuscola riverenza e fuggì verso Loreena.
«Ma zia Marelie stavamo solo ballando.»
«Non mi sembra un ballo adatto alla tua età! Adesso torna da tua madre o tuo padre e se ti ripesco a ronzare ancora attorno a Kasentlaya ti do una lezione di quelle che ti ricorderai per il resto della tua vita!»
«Ma zia Marelie, oramai sono un uomo, e per un uomo è normale far la corte alle belle ragazze!»
«E questo chi te l'avrebbe insegnato?»
«A Caer Donn tutti si comportavano così!»
«Qui non siamo a Caer Donn.»
«Ma zia Marelie...»
Marelie accentuò al stretta.
«Mi sono spiegata?»
«Sissignora!»
Finalmente Marelie lasciò andare l'orecchio di Piedro che si avviò con atteggiamento indignato verso il padre in cerca di conforto.
«Che faccia Piedro! Cosa ti è successo?»
«Stavo solo ballando con una ragazza in addestramento alla Torre e zia Marelie è venuta a rovinare tutto! Stavamo cominciando a fare amicizia!»
«Piedro, le ragazze che sono alla Torre potrebbero stare studiando per diventare Custodi ed una Custode è assolutamente intoccabile, è quasi una dea e come tale bisogna venerarla!»
«Ma no! Mi ha detto che diventerà tecnico...»
«Allora potete essere amici. A questo punto non capisco perché Marelie vi abbia interrotti!»
«Perché il signorino non voleva una semplice amicizia da Kasentlaya!»
La voce di Marelie fece arrossire Piedro fino alla radice dei capelli.
«Non è affatto vero!»
«Ah no? E allora perché stavi cercando di stringerla più del lecito? E perché mi hai detto che per gli uomini come te è normale corteggiare una bella ragazza?»
«Signorino! Io e te dovremo fare un bel discorsetto domani! Adesso te ne stai qui e fai compagnia a tua madre.»
Piedro si portò dietro la sedia dov'era seduta la madre, che lo invitò a sederle accanto.
«Piedro, non mi vuoi raccontare cos'è successo?»
«Niente mamma, stavo ballando e zia Marelie ha interpretato male la situazione e ci ha interrotti!»
«Con chi stavi ballando pulcino?»
«Mamma! Non sono più così piccolo!»
«Lo so tesoro mio, ma per me sarete sempre tutti i miei piccoli pulcini. Avanti indicami la graziosa fanciulla che ha rubato il tuo cuore.»
Piedro indicò Loreena e Kasentlaya.
«Stavo ballando con quella più alta, quella coi capelli rossi!»
«Piedro, quella fanciulla è una comynara e noi siamo solo contadini, è brutto da dirsi così, ma è ad un livello sociale molto diverso dal nostro. La sua famiglia non le permetterà di frequentarti.»
Piedro sospirò profondamente.
«Oh piccolo mio, vieni qui!»
Lo strinse a sé e Piedro si abbandonò tra le braccia della madre, senza però staccare lo sguardo dalla coppia di fanciulle che ridendo tra loro si stava avviando verso la porta della serra che conduceva alla Torre.


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Gwennis n'ha Hannah

In piedi vicino al buffet così amorosamente preparato dalle comynare, Madre Gwennis stava osservando con aria soddisfatta l'andamento della festa. Poco lontano, Marelie stava intrattenendo il figlioletto della Madre della Gilda, facendolo giocare con un gingillo d'osso; sembrava un po' rigida, ma ogni tanto il suo sguardo andava malinconicamente alla sua vera prole, Kyril, fra le braccia di sua sorella Elorie. Shann aveva fino a quel momento chiacchierato con suo fratello Benton, cercando di parare le frecciate di Alar riguardo alla rifiorita vita sociale del giovane, ma vedendo che la sua libera compagna non era impegnata in discorsi importanti con le consorelle, si avvicinò. Gwennis indossava sopra ai pantaloni una morbida camicia di seta bruna lucente che richiamava il colore dei suoi occhi, e un gilet lavorato a dare un tocco di vivacità. Con i capelli di media lunghezza raccolti sopra la nuca, a Shann sembrava la più bella della festa, e la più invitante. Non si sarebbe mai abituato a quella faccenda della nuca scoperta, e ne era felice. Nelle altre Rinunciatarie gli sembrava eccessivo, sfrontato, era un messaggio la cui aggressività lo spaventava un poco; in lei era deliziosamente eccitante.
Si avvicinò con circospezione, girando attorno ai danzatori che in quel momento stavano descrivendo gli schemi intricati di un ballo tradizionale. La festa stava avvicinandosi alla fine, e Shann aveva ancora un paio di idee. Avrebbe voluto poter dire di avere il diritto di ballare con Gwennis, ma sapeva di non aver alcun diritto su di lei. Quindi sperava che la sua semplice richiesta non le sembrasse sfacciata.
«Vuoi ballare con me?» le chiese, non appena fu vicino.
Il sorriso compiaciuto di Gwennis scomparve immediatamente. Shann maledisse tutte le entità che in quel momento gli sembrava sicuro maledire, e si chiese come diavolo faceva a sapere quando qualcosa non andava a genio alla sua libera compagna.
«No, grazie,» rispose lei, freddina.
Shann emise un sospiro sommesso e cercò di insistere. Le prese la mano. «Non abbiamo mai ballato assieme.»
Gwennis aggrottò la fronte. «No, infatti, e non ti pare che ci sia un motivo?»
Shann chiuse gli occhi. Quando faceva così gli sembrava quasi di non sopportarla. Poi gli venne in mente anche che quando faceva così significava che c'era di mezzo qualche patetico dettaglio del suo passato, e pensò che meritasse un po' di rispetto. Ma le parole furono più veloci del suo pensiero. «Allora che facciamo, aspetti che io lo capisca da solo o devo aspettare io che tu ti scomodi a spiegarmelo?!»
Gwennis strappò la mano da quella di Shann, e le sue guance si imporporarono di furia. Shann involontariamente pensò che così era ancora più bella, indipendentemente dal fatto che avrebbe voluto torcerle il collo. «Non so ballare.»
«Potrei insegnarti!»
«Non imparerei mai!» Rivolse uno sguardo misto di invidia e tristezza ai danzatori. «Guardali. Sono bravissimi. Guarda che figure complicate. Non potrei mai essere come loro.»
«Ma dai. Non è necessario che tu sia bravissima! Potremmo cominciare a provare qualcosa di semplice, e poi...»
Lei si girò per guardarlo dritto in faccia. Ora era davvero furiosa. «Ma allora non hai capito, Shann,» disse in un sussurro. «Quando ti dico che non posso imparare, vuol dire che non posso. Punto. Lo sai quello che sono. Lo sai benissimo che metà dei miei ricordi e delle mie conoscenze e delle mie capacità se ne sono andati. Se non ci fosse Dana a occuparsi della gestione della Loggia io non saprei fare due più due!»
Pur addolorato da quelle parole, Shann si sentì costretto a reagire. «Non puoi arrenderti così, Gwennis! Chi se ne frega se non sei capace...»
«Non mi arrendo a un bel niente!» ribatté lei. «Sono entrata fra le Rinunciatarie per evitare queste stupide necessità sociali, e non ho intenzione di farmele imporre di nuovo proprio adesso!»
«Ma questa non è una stupida necessità sociale... siamo qui solo per divertirci! Vieni, aspettiamo un ballo più semplice e poi buttiamoci. Per Zandru, sono anni che non ballo con una donna...»
Gwennis lo fissò con occhi sfolgoranti. «Se è questo il tuo problema, allora vai! Ci sono decine di donne, qui! Balla con chi ti pare.»
«Ah davvero? È questo che vuoi?» replicò Shann, offeso. «Va bene, allora vado e mi prendo la prima che mi capita!»
«Fai pure!» scattò Gwennis, e gli girò le spalle, marciando verso Marelie per toglierle dalle braccia un Aengus che cominciava a essere inquieto.
«E va bene!» esclamò di rimando Shann. Si girò verso lo spazio delle danze. Proprio in quel momento si stavano formando le coppie per una giga. Lui si guardò attorno. Oltrepassò senza neanche vederle un paio di fanciulle nubili, graziose e prive di compagno per la danza, fra cui Loreena e Kasentlaya; oltrepassò Liriel temporaneamente a mani vuote e la leggiadra e timida vedova Diotima, oltrepassò l'altra Vedova che gli lanciò uno sguardo di apprezzamento generale dalle spalle robuste alle lunghe gambe magre, e finalmente il suo sguardo si fermò su una candidata adatta a essere la prima che capita: Dana, che osservava placidamente la situazione, senza alcuna frenesia di gettarsi nelle danze.
Shann le si piantò davanti e le porse la mano. «Vuoi ballare con me?»
Dana sollevò un sopracciglio. Il suo sguardo scivolò verso Gwennis, necessariamente notò la nuvoletta nera sopra la testa della Madre della Gilda, poi rispose: «Perché no?» Mise la mano in quella di Shann e si avviò verso la pista. In un angolo, Illa sollevò appena il capo, poi ricominciò a pulirsi le unghie con il pugnale, un sorrisetto sulle labbra.
Quando la musica ricominciò, Dana fece un paio di giri con Shann, poi gli chiese: «Allora?»
Shann emise uno sbuffo innervosito. «Non vuole ballare. Dice che non è capace.»
«Lo sai che lei non -»
«Lo so! Dannazione, lo so. So tutte le cose che Gwennis non può fare. Ma rispondi a questa domanda, Dana: non è un po' comodo spiegare tutto con 'sono caduta in un lago gelato da ragazza'? Sicuramente è più facile che ammettere 'ho paura di sbagliare', 'non voglio fare figure', 'non voglio fare la fatica di imparare'...»
Dana alzò lo sguardo su di lui. «Pensi che sia così?» Tacquero incrociando un'altra coppia che passò in mezzo a loro, poi furono loro a passare in mezzo, e Shann fece fare una piroetta a Dana tenendola per la mano sollevata.
«Non lo so,» disse piano. «Sarebbe ingiusto da parte mia pensarlo sempre... Ma almeno qualche volta, accidenti... il dubbio mi viene!»
Dana sollevò le sopracciglia e guardò di nuovo Gwennis oltre la spalla di Shann. «Solo lei può dirtelo,» commentò. «E solo tu puoi decidere se vuoi veramente andare a fondo e scoprirlo.»
Shann strinse le labbra e annuì. «Già. Ebbene, Dana... non lo so. Non so che cosa voglio veramente. Ma mi ha già aiutato riuscire a dirlo ad alta voce.»


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Cullando Aengus dolcemente fra le braccia, Gwennis seguì con lo sguardo Shann e pensò che come tentativo di ingelosirla era una schifezza - ma andiamo, ballare insieme a Dana? Con Illa appollaiata laggiù come un piccolo avvoltoio dai capelli ispidi? No, non era questo. Gwennis sapeva benissimo che Shann, per quanto dichiarasse apertamente la sua diffidenza verso le Rinunciatarie, apprezzava la loro compagnia, da guerriero che ama trovarsi fra i suoi pari in competenza ed esperienza. Le sembrava quasi più logico che Shann volesse fare una chiacchierata da uomo a uomo con Dana, piuttosto che con Alar, per esempio, o con quello svagato di suo fratello Benton. Damon, forse, avrebbe avuto abbastanza sensibilità e buon senso per offrirgli una spalla, ma se anche la sua attenzione non fosse stata interamente catturata da Aliciana, la differenza di classe era comunque troppo grande.
E malgrado tutto, Gwennis sentì una fitta di invidia. C'era gioia nella danza di Shann e Dana e di tutti gli altri, e lei si sentì esclusa; per non dire che Shann era proprio una meraviglia, con quella camicia blu che lei aveva comprato per lui da Elorie, e sarebbe stato bello pavoneggiarsi un poco in sua compagnia. Allontanò quel pensiero con una scossa brusca della testa e una smorfia amara. Quello era uno dei pochi ricordi che le fossero rimasti della sua vita prima dell'incidente: tentare di imparare a ballare, di superare la sua goffaggine, da brava damina, per il lustro di qualche idiota di marito, con le altre ragazze che la prendevano in giro. All'inferno - Shann aveva ragione: non aveva nessuna intenzione neppure di tentare. Perché avrebbe dovuto? Ora era libera da tutti quegli stupidi obblighi. Chissà perché, solo ricordi negativi di quel tempo... come tutto quello che riguardava il suo fidanzamento fasullo, ma poco altro... eppure doveva esserci stata anche la carezza di una madre, o il sorriso di un padre... o no? Gli occhi le si riempirono di lacrime. Si chinò su Aengus mezzo addormentato, stringendolo più forte al petto e sperando che per lui la vita fosse diversa, con o senza di lei. Ma lo sarebbe stata, sicuramente. Lui era un maschio.
La musica cessò. Gwennis se ne accorse a malapena, il viso piegato ad appoggiare le labbra sui fini riccioli di Aengus. Poi sentì una mano sulla spalla. Sollevò il viso come da un sogno, e vide Shann chinato verso di lei. «Vieni con me,» le sussurrò.
«Ma si è appena addormentato,» disse lei, alzandosi dalla sedia come per sottrarsi alla presenza di Shann.
Lui le appoggiò una mano alla vita e la fece voltare per mostrarle una scena idilliaca. Durante tutta la serata si era formato una specie di nido spontaneo, un grosso cesto inteso per contenere tovaglie pulite e cuscini, in cui invece avevano finito per essere deposti i più piccoli partecipanti alla festa, man mano che crollavano. Gwennis distese cautamente Aengus di fianco a Rafe e Kyril MacAran, poi si girò verso Shann con le mani sui fianchi. «Che cosa vuoi?»
«Vieni,» ripeté lui. La prese per mano e la condusse verso un angolo tranquillo della serra. Una fila di delicate piante in vaso alte quasi un metro erano state allineate su un tavolo per difendere i loro fiori dal trapestio dei danzatori, e costituivano uno schermo perfetto per alcuni attrezzi da giardinaggio e vasi vuoti che erano solo stati spinti da parte nel trambusto dei preparativi.
Al riparo da sguardi indiscreti, Shann si fece più vicino. «Voglio farti vedere una cosa,» sussurrò. «Un ballo che ho imparato quando ero più giovane, in una missione nelle Terre Aride.» Tese con prudenza le mani. Gwennis non lo azzannò, quindi lui gliele appoggiò sui fianchi. «Adesso mettimi le braccia al collo... vuoi?»
Gwennis lo fece, ormai incuriosita. Si chiese se mentre lei stava cullando Aengus il suo intraprendente libero compagno avesse detto un paio di paroline all'orecchio dei suonatori, o se era semplicemente un segnale che la serata andava concludendosi, perché si levò un dolce assolo di ryll, ben diverso dalle musiche vivaci che avevano suonato fino a quel momento. Shann accentuò teneramente la stretta, fino a quando il bacino di Gwennis fu a contatto con il suo. La cosa si faceva interessante, e Gwennis lo guardò di sotto in su con un sorrisetto. «E adesso?»
«E adesso niente,» disse lui. «Tieniti forte e muoviti con me.» Cominciò a farla dondolare un po' senza spostarsi da dove si trovava, poi mosse qualche passo, che lei non ebbe nessuna difficoltà a seguire. Veramente Gwennis non badava minimamente ai passi. Con la testa sulla spalla di Shann e tutto il resto del corpo incollato al suo, quello che facevano i suoi piedi era l'ultimo dei suoi pensieri.
«Questo ballo è indecente,» gli sussurrò con gusto all'orecchio.
«Decisamente indecente,» concordò Shann, entusiasta della cosa. La tenne stretta, accarezzandola per tutta la schiena, proprio tutta, dalla nuca ai fianchi, questi ultimi in senso molto lato - il solito soldataccio. Gwennis chiuse gli occhi e sollevò il viso, lasciandosi baciare con passione e non pensando davvero più a niente.


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Aliciana Alton

Aliciana era assolutamente stupefatta.
Mai avrebbe immaginato la totale realizzazione dei suoi sogni!
Era tardo pomeriggio, e stava studiando nella sua stanza, sfogliando svogliatamente un volume sugli alberi genealogici delle grandi famiglie darkovane, cercando di portare a termine il compito affidatole da Dana: realizzare un'analisi completa del laran delle più importanti famiglie.
E mentre si soffermava, incuriosita, sul particolare laran della famiglia Rockraven, estintosi durante l'era del Caos, qualcuno bussò alla porta.
Subito Aliciana avvertì il dolce tocco mentale di Damon Aldaran, e con un sorriso compiaciuto diede all'amico il permesso di entrare nella stanza.
Damon si era avvicinato impettito ed imbarazzato, tossicchiando nervosamente.
Aliciana gli sorrise, un po' stupita del suo atteggiamento: dov'era finita la sua naturale allegria, l'ironia che tanto amava in lui?
«Qualcosa non va, Damon?» chiese dolcemente la ragazza, voltandosi verso di lui, e lasciando il suo lavoro.
«No Aliciana. Solo che... beh... sai che stasera c'è... sì insomma, quella festa...»
«La Festa del Solstizio?» suggerì la giovane, divertita. Non aveva la minima idea di dove Damon volesse arrivare.
«Sì, quella!» scattò Damon, piccato. «Beh... insomma, vorresti... vorresti farmi l'onore di accompagnarti alla festa, Domna Aliciana?»
Da quanto tempo qualcuno non la chiamava così! Le sembrò, per un attimo, di essere tornata a corte, in mezzo a tutto lo sfarzo, la formalità e l'eleganza di Castel Alton; ma in quel momento, quell'epiteto, era un segno di grande rispetto, un voluto riferimento al suo rango e alla sua condizione, seppur dimenticata, ormai. Dopotutto Damon era un Aldaran, e difficilmente avrebbe dimenticato, come lei d'altronde, l'etichetta imparata durante la giovinezza.
La ragazza si sentì avvampare, ma subito un sorriso di puro compiacimento le si dipinse sul volto: non poteva chiedere di meglio che una festa del Solstizio per conquistare l'uomo che desiderava!
«Certamente Dom Damon... sarò io ad avere l'onore della tua compagnia,» rispose con un leggero inchino Aliciana.
I due si guardarono e subito scoppiarono a ridere: ormai nessuno dei due era più abituato a quella formalità!
Si sorrisero, e con un leggero tocco mentale Damon fece capire alla ragazza quanto era felice di quella risposta.
Aliciana arrossì ancora, ma subito si ricompose: «A che ora devo scendere, Damon?»
«Beh... la Festa inizia al tramonto... non vorremo mica arrivare in ritardo?»
«Certo che no! Bene allora ti avverto quando sarò pronta, va bene?»
«Certo Ali. A dopo allora... e grazie!»
Damon si dileguò, senza nemmeno aspettare il suo saluto: il suo assenso era il saluto migliore che avrebbe mai potuto ricevere!
Aliciana cominciò a camminare su è giù per la stanza, irrequieta, ma pienamente soddisfatta.
Ringraziò gli dei per essersi lasciata convincere dalla sua cameriera a portare ad Elvas un abito elegante; finalmente l'occasione per indossarlo era giunta.
Voleva apparire splendida agli occhi di Damon; si preparò con cura, intrecciando i capelli in un'articolata acconciatura e fermandoli con una piccola farfalla dorata, indossando l'abito di seta verde e i pochi gioielli che aveva portato con sé. Si truccò con estrema cura, sottolineando l'azzurro degli occhi e la carnagione chiara della pelle.
Quando fu pronta era ormai il tramonto, e si affrettò a scendere a pianterreno: non aveva nessuna intenzione di far attendere il suo adorato Damon.
Aliciana Alton con uno degli abiti provati per la festa Anche Damon era elegantissimo, brillante in un farsetto di velluto nero, con lo stemma della casata Aldaran ricamato sul cuore (una piccola concessione alla formalità); quando vide scendere frettolosamente dalle scale la sua dama rimase estasiato a contemplarla: la luce del tramonto che entrava dalla porta aperta dava ai capelli di Aliciana un favoloso riflesso ramato, mentre la pelle candida sembrava fine porcellana.
Il colorito di Damon si fece poi purpureo quando vide le sottili caviglie della ragazza spuntare da sotto il lungo abito sollevato per facilitarle la discesa: «Sei bellissima, Aliciana,» sussurrò quasi ammutolito dalla sua avvenenza, «mai in tutta la vita ho avuto compagna più affascinante: tutti stasera mi invidieranno!»
Aliciana arrossì, abbassando lo sguardo, imbarazzata dai complimenti, mentre un sorriso dolcissimo le saliva alle labbra.
«Volete darmi il braccio,vai domna?» disse Damon, lo sguardo fisso negli occhi azzurri della giovane.
«Certo, Damon caro,» rispose civettuola Aliciana, appoggiando la mano su quella che Damon le offriva.
La serata si preannunciava meravigliosa.


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Non appena entrata nella stanza, lo sguardo di Aliciana si posò sugli stendardi appesi alle pareti: tutte le nobili famiglie di Darkover sembravano essere presenti a quella piccola festa di paese.
Un brivido le percorse la schiena, al pensiero di dover ancora sentirsi una Alton e comportarsi di conseguenza: la Torre l'aveva cambiata, ora lei era solo Aliciana, ma non aveva perso nulla più di un nome, per acquistare cose che l'avevano resa una persona migliore, più vera. E questo, anche grazie a Damon. Lo guardò sorridendo, consapevole che la sua maturazione era avvenuta soprattutto grazie a quell'amico fidato, attento e dolcissimo. Le danze dovevano ancora cominciare, e così Damon la portò a prendere qualcosa da bere presso il tavolo dei rinfreschi, organizzato da Alar: il ghigno divertito con cui l'uomo tese il bicchiere ad Aliciana faceva presupporre che, nei giorni seguenti, molte cose sarebbero state dette sulle coppie formatesi alla festa.
Damon sembrava non avere occhi che per lei: salutava distrattamente chiunque incontrasse, e lasciava Aliciana solo per pochi secondi, tornando poi trafelato e nervoso, chiedendole se non l'avesse lasciata sola per troppo tempo.
Di fronte a quelle dolcissime attenzioni, Aliciana non poteva far altro che sorridere soddisfatta, sperando che quella serata ne segnasse solo l'inizio.
La ragazza si allontanò dal suo romantico compagno solo per salutare le sue amiche, che sorrisero ammirate al suo arrivo: «Non ho mai visto un abito più bello!» esclamò Loreena, eccitata. «L'hai indossato anche a Castel Alton, Ali?»
«Certo, Lori, che discorsi sono? Stasera siete bellissime, amiche mie... vi state divertendo?»
«Si...» rispose Kasentlaya, «ma devi ammettere che mai potremo divertirci come stai facendo tu: Damon non ti toglie gli occhi di dosso!»
Aliciana divenne rossa fino alla radice dei capelli, ma poi non poté fare a meno di sorridere: «Beh... devo ammettere che questa è la serata più bella che trascorro da molto tempo a questa parte, se non da sempre! E voi, avete trovato qualche bel cavaliere?»
Le ragazze la guardarono con uno sguardo che non lasciava dubbi, ma fu Kasentlaya a risponderle: «Non ho mai visto una così grande penuria di giovanotti, in nessun luogo che io abbia visitato! E quei pochi che ci sono, sono già irrimediabilmente impegnati! Che terribile sfortuna!»
Aliciana sorrise, facendo vagare lo sguardo sulla sala: Kelan discuteva con Mikhail, ma tutti sapevano che il ricordo della moglie perduta era ancora vivissimo nella sua mente; Benton stava insegnando alla sua compagna Liriel i primi rudimenti del ballo, e il quadretto che i due formavano era veramente romantico; Shann stava bisticciando con Madre Gwennis, ma gli sguardi che i due si lanciavano non lasciavano alcun dubbio sulla profondità e la forza dei loro sentimenti; Alar sedeva presso il tavolo del rinfresco, lo sguardo fisso sulla porta della serra, contro la quale era appoggiata Shonnach, che però sembrava non accorgersi di chi la stava spiando. Lo sguardo di Aliciana si posò infine su Damon, ed un nuovo sorriso le riempì il volto: anche il Dom, almeno per quella sera, era intoccabile; quella sera era tutto suo!
«Scusatemi ragazze, vi devo lasciare... Damon mi sta chiamando!» Aliciana sorrise alle ragazze, e corse via, seguita dal dolce fruscio delle sue gonne, che sembrava perfettamente accompagnarsi alla felicità della giovane.
Quando le danze iniziarono Damon chiese ad Aliciana di aprirle con lui, e la ragazza non se lo fece ripetere...
Damon era un ottimo ballerino, ma anche lei se la cavava egregiamente: Damon le sussurrò che lei era senza dubbio la ballerina migliore di tutta la sala, e Aliciana arrossì sorridendogli.
Ballarono poco, quella sera, preferendo rimanere in disparte, seduti sulle comode poltrone preparate per gli invitati, a chiacchierare, o a tubare, come credeva gran parte degli invitati.
Spesso qualcuno voleva parlare con Damon, che dopotutto era l'uomo più importante della valle, e Aliciana lo guardava con un dolce sorriso dipinto sulle labbra, mentre faceva la parte del patrono, del Dom vecchio stampo: parte che, a tutto dire, non gli era poi così congeniale.
Anche lui aveva trovato piena realizzazione nella vita della torre, e sembrava non desiderare di più.
Guardarono ammirati Mikhail compiere la sua complicata Danza delle Spade, capendo finalmente perché il tecnico gli aveva parlato per mesi di quella sua mania: era veramente bravo, e i copiosi applausi che seguirono la fine dell'esibizione furono del tutto meritati.


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«Non vuoi sapere cosa ti ho regalato?» sussurrò Damon all'orecchio di Aliciana, mentre i due si riposavano dopo una danza complicata, e la ragazza fissò il compagno incredula: "I regali della festa del Solstizio sono solo tra innamorati!"
Damon ridacchiò, catturando subito il pensiero che Aliciana aveva lasciato sfuggire inavvertitamente: "E cosa credi che sia, io, se non innamorato di te?"
L'intimità e la semplicità di quella dichiarazione colpì profondamente Aliciana, che arrossì, abbassando poi lo sguardo.
Damon la prese per mano, conducendola frettolosamente fuori dalla serra, quasi volesse che nessuno interferisse nelle rivelazioni che stava facendo alla ragazza; Aliciana non ebbe nemmeno il tempo di replicare, che già si ritrovò sotto la luna viola che illuminava il cielo con tutto il suo splendore, con la mano ancora in quella di Damon.
Il contatto fisico non era qualcosa di normali fra telepati, e veniva instaurato solo quando il rapporto diveniva intimo; Damon stringeva forte la sua mano, incapace di lasciarla, e Aliciana si ritrovò a stringere a sua volta la mano dell'uomo.
I loro respiri si condensavano nell'aria gelida della notte, ed i loro pensieri viaggiavano leggeri, come quelle nuvole di vapore, da una mente all'altra.
"Non puoi non aver mai capito cosa provavo per te." Le disse Damon, mantenendo quel tipo di comunicazione che rendeva la conversazione ancora più intima e romantica.
"Non ho mai osato sperare che tu potessi volgere lo sguardo su di me," rispose Aliciana, arrossendo nuovamente: in quei mesi non aveva lasciato scappare mai un solo pensiero su ciò che provava per Damon, e quel sentimento era cresciuto e maturato senza testimoni, senza destare sospetti. Forse solo Dana era riuscita ad intuire qualcosa, avvertendo le emozioni che sconvolgevano Aliciana all'apparire di Damon. Ma la Rinunciataria, da amica fedele, non aveva mai detto una parola su quell'argomento.
Damon sospirò, estraendo dalla tasca del farsetto un piccolo involucro di pelle: «È solo un pensiero, chiya, spero ti piaccia...» Il diminutivo che Damon aveva usato fece ancora una volta sorridere Aliciana: possibile che quello non fosse solo un magico sogno, ma la realtà? Con mani tremanti prese il pacchetto, e prese ad aprirlo, eccitata e curiosa: qualcosa brillò alla luce della Luna, ed Aliciana si ritrovò ad osservare una bellissima spilla, creata con oro ed argento, raffigurante una D ed una A che si intrecciavano. Una lacrima scese lungo la guancia della ragazza, che alzò lo sguardo sul volto di Damon, sorridendo dolcemente, al colmo della felicità. "È bellissima... mai avrei creduto di poter essere così felice, Damon..."
L'uomo sorrise, e poi, incapace di attendere ancora, la strinse tra le braccia, mentre lei continuava a tenere tra le mani quelle lettere, il simbolo tangibile del loro legame e dei loro sentimenti.


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Anndra Castamir

Anndra si guardò allo specchio con occhio critico. Il fisico si era mantenuto snello, grazie anche alle lunghe galoppate che faceva ogni volta che era possibile ed alla dieta spartana che aveva caratterizzato questo suo primo periodo ad Elvas: l'abito con i colori della sua famiglia adottiva (l'unico elegante che avesse) gli andava ancora a pennello. Scrutò con occhio critico i morbidi pantaloni di pelle scamosciata di un celeste argenteo, sopra i quali aveva indossato una tunica di lana azzurra con riporti in pelle dello stesso colore. Strinse un po' la cintura in pelle che gli cingeva la vita, notando che era dimagrito rispetto all'anno prima. Sicuramente effetto del lungo e faticoso lavoro alla Torre e della dieta spartana del suo ultimo viaggio. Sentì dietro di sé il passo leggero di Elaine e si voltò, restando colpito dalla bellezza fine della donna. Lei per l'occasione aveva indossato una larga gonna in lana pesante di un verde scuro, con sopra un corpetto delle stesso colore con dei riporti in pelle nera. Come pure neri erano i bassi stivaletti che si intravedevano quando camminava. Il biondo luminoso dei capelli, tagliati corti secondo le usanze delle Libere Amazzoni (ma abbastanza lunghi per coprirle in maniera appena decente il collo), era ravvivato da una leggerissima passata in argento ed incorniciava occhi di un blu scuro come quello dei laghetti negli Hellers.
Le sfiorò le labbra con un bacio leggero come un soffio di vento: «Sei meravigliosa, stasera!»
La donna sorrise compiaciuta: «Nonostante cominci a metter su un po' di pancetta?»
«Ma quale pancetta, non si vede proprio nulla!» ribattè Anndra, che poi aggiunse con un tono volutamente leggero e quasi indifferente: «Se non fosse perché sappiamo... saprei bene come finire la serata di stasera!»
«E tu oseresti farlo?» gli rispose la donna fingendosi indignata.
«Non mi tentare...»
«Beh, stasera puoi sempre riaccompagnarmi presto a casa... o meglio, potrei tornare a dormire dalle mie compagne della Gilda, Così tu avresti via libera per festeggiare in modo completo!»
Il tono di voce di Elaine si fece serio: «Lo sento, sai, che avresti bisogno di me. No,» disse mettendogli due dita sulle labbra per farlo tacere, «che razza di monitore sarei se non fossi capace di sentire queste cose?»
«Non voglio sentirti dire altro,» protestò l'uomo. «Lo so quello che vuoi dire, ma non è poi così importante per me. Credimi. E poi presto ricomincerò i miei viaggi nel Sopramondo e la possibilità di avere rapporti sessuali diventa praticamente nulla per giorni e giorni.» Le carezzò con dolcezza l'addome. «A me interessa solo che tutto vada bene, sono contento così. Sai,» riprese guardandosi intorno, «questa è un'abitazione piccola, dopo dovremo riparare in qualche modo anche le stanze che sono al piano di sopra, ma è l'unica che abbia mai avuto in vita mia. Ma ora andiamo, siamo già quasi in ritardo.»
Uscirono da una vecchia casa a due piani che sorgeva poco fuori del paese, ancora mezza diroccata nella sua parte nord, ma col tetto appena rifatto ed odoroso di resina. La piazza del paese era piena di gente che si accalcava sulla porta della Torre, sorvegliata da un Manolo che per l'occasione aveva accettato di vestire in modo appena elegante. Più d'uno fece il gesto di farli passare, ma Anndra rifiutò sempre in modo cortese: Elvas non era Thendara e poi preferiva essere trattato come un semplice compaesano e non come un orgoglioso figlio di Comyn.
Sentì Elaine fremere in modo impercettibile quando Manolo le porse come dono personale un piccolo cestino con noci e frutta secca. Al riparo di tutte le sue barriere erette a proteggere al massimo livello i suoi pensieri, si permise il lusso di un pizzico di gelosia. Possibile che tutte le donne, chi più, chi meno, venissero attratte in quel modo da Manolo? Scosse fra sé la testa. Lei però doveva aver intuito lo stesso qualcosa, perché gli si strinse ancora di più addosso, guardandolo con una tenerezza quasi esagerata.
Proprio allora la Vedova catturò la sua compagna (forse per poter arricchire il suo serbatoio di notizie personali da usare per successivi pettegolezzi) con la scusa che aveva da mostrarle un qualcosa di imprecisato, per cui Anndra si ritrovò a girellare da solo per l'ampio locale senza una meta precisa. Sbocconcellò un pezzetto di pandispezie e assaggiò una bibita, ma non aveva proprio appetito. Dovette ammettere tra sé e sé che l'attrazione che le aveva sentito provare nei confronti di Manolo gli dava fastidio... anche se era cosa risaputa che lui non concedeva le sue... grazie... a nessuno. O quasi. Sembrava che solo la Vedova riuscisse a sedurlo... o almeno era questa la diceria più ricorrente in Elvas.
Vide poco lontano una giovane donna dai bellissimi occhi grigi e con capelli il cui rosso ramato tradiva l'inequivocabile sangue comyn.
«Siete Diotima Aillard, vero?» le disse avvicinandosi e facendole un inchino.
«Sì,» gli disse la donna, «sono Diotima Aillard... e voi dovreste essere Dom Anndra Castamir...»
«Ancora non abbiamo avuto il tempo per conoscersi, né tanto meno per lavorare insieme. So che anche voi siete un tecnico delle matrici.»
«Esatto, ma non ho avuto modo di inserirmi nel giro dei servizi della Torre; spero però che la Custode mi assegni presto un qualche incarico. Le mie giornate sono diventate lunghe e vuote.»
«Intanto non chiamatemi Dom Castamir, Anndra è sufficiente. È vero, alla Torre ci hanno solo presentato. Siete arrivata durante il mio viaggio a Neskaya ed Arilinn, vero?»
«Sì,» rispose Diotima, «ero in compagnia di mia cugina Fiona quando abbiamo avuto notizia dell'assalto dei banditi...»
«Fiona è vostra cugina? Non me lo ricordavo proprio.»
«Sì, e... eccola là, appunto. Scusatemi Dom... Anndra, devo parlare con lei...»
«Certamente.» No, proprio non la ricordava... anche se qualcuno gli aveva parlato dell'arrivo di una cugina di Fiona.
In quel momento gli si avvicinò la Vedova con fare deciso... Anndra vide che si stavano formando le coppie per un ballo figurato: «Posso invitarvi a ballare?» le chiese, cercando nel frattempo di vedere dove fosse Elaine.
La donna seguì il suo sguardo divertita: «La vostra compagna è così gelosa da non farvi ballare con altre donne?»
«No, figuriamoci,» le rispose prendendola per mano e conducendola verso il centro della sala dove stava per cominciare un altro ballo figurato, «stavo proprio per proporvelo.»
Quando i musicanti finirono di suonare la riaccompagnò verso uno dei tavoli ancora colmo di dolci, frutta secca e bibite.
«Che vi stava raccontando domna Diotima?» gli chiese con apparente noncuranza.
«Nulla di particolare,» "ed in ogni caso," pensò, "figuriamoci se lo verrei a raccontare a te!" «Mi chiedeva come sono organizzati i servizi nella Torre.»
«Eh, povera donna... gli Dei sono stati duri con lei!» cominciò la Vedova, proseguendo col racconto di tutte le traversie e lutti che avevano funestato la vita della Aillard.
Non poté fare a meno di ascoltarla, anche perché non aveva ancora avuto modo di conoscerne la storia.
«Mi dispiace interrompere la vostra conversazione, ma sta per iniziare un altro ballo, e questo tocca a me!» Era Elaine che si era come materializzata accanto al tavolo. Rivolse all'altra un bel sorriso: «Mi dispiace portartelo via, ma questa sera ancora non abbiamo avuto modo di ballare insieme.» Trascinò con sé Anndra verso un altro punto della sala. «Hai fatto benissimo a fare quel ballo con la Vedova, siete stati veramente molto bravi. Non era per me, troppe figure, troppe giravolte. Ma questo ballo lo devi fare con me,» continuò accostandosi a lui in un modo quasi indecente, «questo ritmo lento mi piace molto... e non mi fa girare la testa.»
«Certamente chiya, ma non ti accostare troppo... la notte del Solstizio potrebbe finire in un modo molto diverso da come dovrebbe essere ora.» Le rispose scostandosi leggermente.
«Hai ragione... scusami.» Nel frattempo la musica era cessata ed anche i musicisti si avviavano ai tavoli per una pausa meritata. «Anndra, andiamo, mi sento un po' stanca. Salutiamo tutti e torniamo a casa.»
«Va bene...» disse leggermente deluso. La festa sarebbe durata almeno per un'altra ora. «Come vuoi tu.»
Fecero il giro della sala per salutare un po' tutti, scusandosi per il dover rientrare presto. Fu solo mentre l'aiutava a mettersi il pesante mantello di lana che colse un lampo divertito negli occhi della donna.
«La notte del Solstizio non è ancora finita...» cominciò lei.
«Ma... che stai dicendo? Non possiamo certo...»
«No, naturalmente. Ma conosco altri modi per farla concludere bene lo stesso. Almeno per quanto mi riguarda,» finì Elaine.


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Fuori stava nevicando molto forte e fu necessario molto più tempo del previsto per rientrare in casa. Il grande camino nella sala era quasi spento, ma bastò rifornirlo di legna ed... aiutarlo con un tocco di laran per farlo riprendere. La donna seguì divertita le fiammelle che scaturivano dal nulla e cominciavano ad ingrandirsi a contatto con la legna... aveva sempre invidiato un po' quella capacità (invero piuttosto rara tra i telepati) di Anndra ed ogni volta che lui accendeva il fuoco si entusiasmava come una ragazzina.
«Allora, mi sai dire cosa passa per quella testolina bionda e pericolosa?» chiese l'uomo finendo di sistemare cuscini e pellicce di fronte al camino. «Sai bene che non dobbiamo permetterci un comportamento meno...» le strizzò l'occhio e le lanciò un'immagine mentale molto significativa, «di quanto si potrebbe in mezzo alla strada!»
«Certo che lo so,» ribattè lei rimandandogli con la mente il gesto di bacchettargli le mani, «anche se, da quel che ho sentito qualche volta, è una iattura che tocca solo a noi, poveri comyn
«Non voglio nemmeno sapere dove e da chi questa damisela abbia ascoltato certi racconti...» scherzò lui. Poi ridivenne serio. «Il fatto è che i nostri figli hanno tutti delle forti potenzialità laran... anche se queste vengono alla luce solo alla pubertà. Io credo che questa tradizione... chiamiamola così... serva solo ad impedir loro di partecipare emotivamente ai nostri amplessi. Da adulti sappiamo tutti come fare a proteggerci e a non essere indiscreti al tempo stesso. Alla nascita non c'è apparentemente traccia di laran... mentre a questo stadio...»
«Penso che tu abbia ragione... anch'io una volta ho sentito la stessa teoria. E, sai, qualche volta mi sembra di sentirmi chiamare.» Gli prese le mani e lo costrinse a sdraiarsi accanto a lei, davanti al fuoco che ormai scoppiettava allegramente. «Volevo finire la serata in un modo diverso, ma non nel modo indecente che hai sospettato tu...»
«Più che altro quello che deve aver sospettato mezza Elvas!» ribattè lui un po' seccato al ricordo di qualche frammento di pensiero molto eloquente e di qualche sorrisetto percepito qua e là.
«Ma dai,» ribattè Elaine, «lascia perdere... anche se qualcuno ha spettegolato lo devi capire, è pur sempre la notte del Solstizio.»
Erano di nuovo in stretto contatto mentale, con la mente di lei che lui sentì come solida roccia che lo sovrastava e lo costringeva a seguirla e a rafforzare le immagini che stava creando. La roccia divenne un grandissimo, caldo nido di piume e pelo morbido... e in mezzo due esserini informi, simili a cuccioli di coniglio appena nati. Li avvolsero col calore dei loro corpi e tutti e quattro si ritrovarono uniti e stretti intimamente come una cosa sola.
«Hai capito ora cosa intendevo quando ti ho chiesto di tornare a casa?» sussurrò la donna.
Ma Anndra non le rispose nemmeno, limitandosi a stringerli tutti, ancora di più, a sé...


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Shaya Alton Aillard

Shaya andò alla finestra e scostò la tenda. Almeno per quella sera non ci sarebbero state bufere di neve, e se ce ne fossero state in arrivo, era pronta ad avvertire gli altri di anticipare il ritorno a casa. Ma perché si sentiva così nervosa?
Aveva diciotto anni ormai, ma quella era la sua prima festa del Solstizio senza la madre e le ancelle alle costole.
I suoi ricordi di quelle giornate erano popolati da parecchie figuracce, litigi e discorsi noiosi su chi delle sue coetanee avesse il vestito più sfarzoso, su quale di loro fosse già fidanzata o su con quale dei ragazzi presenti in sala avrebbe voluto ballare. Non che facesse molta differenza, visto che in tutti i balli in cui aveva partecipato, da Thendara a Temora, aveva sempre ballato con i suoi fratelli adottivi; tranne quell'ultima volta, al ballo di Castel Comyn...
Sospirò e si guardò allo specchio per l'ennesima volta. Essendo arrivata meno di una settimana prima, non se la era sentita di ordinare un vestito nuovo per la festa: probabilmente tutte le sarte della valle erano già stracariche di lavoro.
Quello che indossava ora era un abito di finissima lana blu, ricamato ai polsi e all'orlo con fili oro e cremisi, che aveva indossato solo una volta a Castel Aillard. I capelli erano raccolti in trecce e fissati sul collo con dei nastri blu.
"Va bene, sono pronta."
"Non devi mica andare a combattere qualche demone di Zandru, sai?"
"Damon! Non lo sai che è maleducato spiare i pensieri di una fanciulla?"
"No, soprattutto se è lei ad urlarli... sono qui fuori con Aliciana, sei pronta?"
"Arrivo. Devo solo prendere una cosa..."


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"Hanno fatto davvero un ottimo lavoro," pensò guardando la serra addobbata. Elvas sarà anche stata una comunità dispersa tra i monti, ma sapevano di certo come organizzare una festa! Andò come d'obbligo a salutare Fiona, splendida nel suo abito da cerimonia cremisi.
«Spero che tu ti senta meglio... Kelan aveva paura di averti dato troppo raivannin
«Non preoccuparti, ci vuole ben altro per stendermi!» Nonostante l'aria spavalda però si sentiva ancora insicura. Ormai conosceva la Torre ed era stata presentata ad alcuni membri del Cerchio - Dana, Kelan, Damon, Aliciana e le giovani Kasentlaya e Loreena - e sentiva di potersi fidare di loro, ma se avesse avuto altre crisi?
Fiona le fece l'equivalente mentale di una tirata d'orecchi, sorridendo. "Vergogna! Pensare al lavoro anche durante la Festa! Avanti, seguimi... ti presenterò gli altri."
Gli altri erano Anndra Castamir, la sua libera compagna Elaine n'ha Rayna (che le chiese notizie di Marelie, la sua vecchia Custode), Mikhail Ardais, la Vedova - quest'ultima non era proprio membro della Torre, ma si infiltrava dappertutto - e Shonnach n'ha Pedra, che la squadrò come se si aspettasse di vederla estrarre un pugnale e attaccare qualcuno. Kasentlaya e Loreena, intanto, erano sicuramente le più emozionate di tutta la valle.
«È la nostra prima festa del Solstizio,» spiegò la seconda con un sorriso timido.
«È tanto diverso da quella di Castel Comyn? Non mi ci hanno mai portato, neanche a quello dei bambini...» In realtà erano anni che voleva andarci, e la sua matrigna ce l'avrebbe anche portata, ma lei si sarebbe tagliata una mano piuttosto che farle piacere!
Loreena sospirò. «Beh, io non ci sarei mai potuta andare... e poi con chi? Con uno dei chervine di mio padre?»
Shaya colse subito la nota di tristezza nella voce della ragazzina, e prontamente ribatté: «Non sarebbe stato tanto male come accompagnatore... probabilmente avrebbe ballato meglio di mio fratello Bertrand, e non ti avrebbe neanche pestato i piedi così tanto!»
La diversione funzionò e le tre ragazze risero a crepapelle, poi cominciarono a chiacchierare su Arilinn, sul loro arrivo ad Elvas... l'atmosfera era allegra e vivace, e già cominciavano le danze più scatenate. La giovane si inchinò alle sue amiche e le invitò a ballare, col tono più pomposo che le riuscì di trovare.
«Volete concedermi l'onore di questo ballo, mie damiselas?» Si lanciarono sulla pista giusto in tempo per la prima delle danze di gruppo, poi Shaya venne invitata a ballare da Alar... "non è tanto male come ballerino," pensò mentre si giravano giusto in tempo per evitare Liriel e il fratello di Shann, "ma se solo la smettesse di spogliare con gli occhi ogni donna della sala!"
Finita la prima serie di balli, sentì una manina tirarle l'orlo della gonna e vide il piccolo Aengus infilarcisi sotto a gattoni, mentre Gwennis e un'altra Rinunciataria attraversavano la pista da ballo per recuperarlo.
«Uff... scusami, ma è impossibile tenerlo fermo! Shaya, conosci già Marelie e la sua famiglia?» In breve fu presentata alla famiglia MacAran, una vera tribù: Marelie n'ha Elorie, sua sorella Elorie, il marito e i loro figli... che le vennero presentati sottovoce, visto che si erano tutti addormentati su un cumulo di cuscini.
«Speriamo che rimanga qualcosa da mangiare...» commentò Gwennis divertita guardando la battaglia intorno alla tavola del buffet, «... se non ci saranno bufere, tra due giorni dovrebbe arrivare la comitiva da Neskaya. Tra di loro ci sarà la nostra nuova insegnante di lotta e spada: ce n'è bisogno, con tutte le novizie che abbiamo!»
Shaya cominciava a sentirsi un po' stanca, ma non voleva andarsene: andò all'anticamera della serra, prese la borsa di pelle di chervine ricamata e, alla prima pausa, chiese ai musicisti se poteva suonare con loro.
«Certamente, damisela: avete già lo strumento?» La ragazza annuì. Si sedette e trasse dalla borsa un rryl, una piccola arpa di legno chiaro. Era uno dei suoi ricordi più cari: gliel'avevano regalato i suoi fratelli adottivi l'ultima volta che si erano visti tutti assieme. Ora Esteban era a Syrtis per aiutare il padre nella tenuta, Bertrand a Nevarsin per diventare un monaco cristoforo, Anndra a Castel Aillard perché era uno dei migliori messaggeri a cavallo dei Sette Domini e con lui c'era anche il piccolo Dyan...
Accarezzò dolcemente le corde e aggiustò le chiavette d'osso, poi cominciò a cantare la ballata di Hastur e Cassilda, la canzone d'obbligo in quella notte. Suonarono tutti i balli dal Valeron al Kadarin, poi durante una pausa scorse Shann venire verso di lei.
«Avete una voce bellissima, damisela
«Avanti, Shann! Chiamami Shaya, sono la stessa di tre giorni fa, sai?» Lui sorrise, lievemente imbarazzato.
«Avevo una richiesta da farti. Conosci...» e fischiettò una canzone delle Terre Aride, molto adatta per quella serata.
«Sì, certo. Vuoi dedicarla a qualcuno?»
«Beh, lo sai...»
«Porta la tua dama sulla pista, al resto ci penso io.» Li guardò andare dietro una cortina di piante, poi respirò a fondo (adorava cantare su richiesta) e fece partire un dolce assolo di rryl.

   Sotto il cielo di chi si ama
   Voglio stare con te
   E senza altra gente intorno
   Se pensi di non voler fallire
   Potremo aspettare finché
   Finché il sole non sarà tramontato...

   Tutto quello di cui ho bisogno
   Sono le stelle, la loro luce
   C'è un legame così magico tra di noi, così giusto
   Che stanotte vuole rubare il tuo cuore...

   Puoi provare a resistere
   Provare a nasconderti dai miei baci
   Ma non puoi, tu non puoi oh no,
   Non puoi combattere la luce delle lune
   Profondo nell'oscurità
   Si arrenderà il tuo cuore
   Ma non puoi, ma non puoi oh no,
   Non puoi combattere la luce delle lune, no,
   Non puoi combatterla...


Era una canzone delle Terre Aride... com'era possibile che quei popoli abituati solo a combattere e a incatenare le loro donne scrivessero delle canzoni così belle? "Solo le lune lo sanno..." pensò Shaya, osservando Alar che trascinava Shonnach fuori dalla porta.


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Alar Montrel

Alar si guardò intorno con aria insofferente. La festa era ormai entrata in quella fase in cui i vecchi si ritirano e i giovani trovano compagnia e si appartano... tutti tranne lui!
La giovane contadina dalle forme generose con cui si era intrattenuto fino ad allora lo aveva lasciato, trascinata via dalla famiglia che era tornata a casa. Peccato, perché la conversazione stava cominciando a prendere la piega giusta e, con un altro piccolo sforzo, la fanciulla ormai soggiogata dal suo fascino gli si sarebbe certamente concessa.
"Sarà per la prossima volta," brontolò tra sé. In fondo Elvas era una comunità piccola e le occasioni d'incontro non mancavano di certo.
Ora, però, c'era un problema più urgente da risolvere e Alar aveva intenzione di affrontarlo senza ulteriori indugi.
La serra, per l'occasione trasformata in sala da ballo, si stava svuotando.
Mikhail, dopo essersi pavoneggiato per ore per la mirabile interpretazione della danza delle spade, ora stava chiacchierando con la Vedova e Benton sulle varianti regionali di alcuni balli. Accanto a loro, gli occhi fissi sul volto dell'allevatore, Liriel stava in disparte, apparentemente più presa dalla passione per il suo uomo che dalla conversazione.
Poco distante, Madre Gwennis sedeva con il figlioletto addormentato in braccio, gli occhi socchiusi e le labbra che si muovevano appena in una sommessa ninna nanna.
In un altro momento Alar avrebbe trovato quella scena disgustosamente melensa, ma quella sera, forse per l'atmosfera di calore e serenità che si era creata, provava un'acuta fitta d'invidia per Shann.
L'oggetto del suo risentimento in quel momento stava ballando con Dana i cui occhi scintillanti e il viso arrossato dimostravano che il suo ritardo alla Festa non era certo stato dovuto a qualche banale contrattempo.
Quasi automaticamente cercò Illa e la trovò in piedi, vicino a un tavolo, con un bicchiere in mano e l'aria distaccata di chi è del tutto indifferente a ciò che lo circonda. Era una finta, Alar lo sapeva bene, come sapeva che le attività che avevano trattenuto Dana non avevano lasciato indifferente neanche la mercenaria, il cui colorito era meno pallido del solito.
"Dannazione," imprecò tra sé. Possibile che lui fosse l'unico ad essere rimasto solo, quella sera?
Guardò con desiderio le due protette della Custode: Kasentlaya e Loreena stavano ballando insieme, con la grazia propria della loro giovane età. Per un istante accarezzò l'idea dei loro tre corpi nudi che si intrecciavano su una pelliccia davanti al fuoco, ma si affrettò a cancellare l'immagine. Era circondato da telepati e, se anche questo non fosse bastato, Marelie vegliava sulle fanciulle con l'attenzione di un falco.
La vista di Marelie lo costrinse a fare qualcosa che aveva evitato con cura per tutta la serata. Lentamente, quasi con riluttanza, si girò verso l'ingresso dove Shonnach, rigidamente appoggiata alla parete, aveva trascorso buona parte della serata.
Era sempre stato acutamente consapevole della sua presenza, anche se non le aveva rivolto neppure una parola. Ora decise che ne aveva abbastanza.
Si avviò a passo deciso verso la Rinunciataria.
«Bella festa,» commentò.
«Già,» fu la laconica risposta.
«Non ti sei divertita molto, mi pare...»
«Qualcuno doveva pur restare lucido.»
L'uomo registrò la risposta con una leggera alzata di sopracciglia. Con tono volutamente indifferente provò a informarsi: «Ti trattieni ancora molto?»
«Finché sarà necessario.» La voce della Rinunciataria non ammetteva repliche.
Alar incassò il colpo con l'impassibilità dell'esperto giocatore.
«Divertiti!» mormorò attraversando la porta.
Se Shonnach fu sorpresa da tutta quell'arrendevolezza, nulla in lei lo diede a vedere. Si limitò ad appoggiarsi meglio alla parete allentando impercettibilmente la tensione delle spalle.
In quell'istante la mano di Alar le afferrò un braccio e la trascinò fuori dalla serra.
Era la notte del solstizio, e nessuno doveva dormire da solo.










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Disclaimers

In concomitanza con il Solstizio di Inverno, la comunità di Elvas decide di festeggiare il primo compleanno della nuova città.

Credits

Manolo rivestito per il Solstizio: immagine tratta dal telefilm Hercules - The Legendary Journey - Prince Hercules.

Aliciana Alton con uno degli abiti provati per la feste: immagine tratta dall'anime Neon Genesis Evangelion di GAINAX/Yoshiyuki Sadamoto.
La canzone citata da Damon è: Samarcanda di Roberto Vecchioni.

La canzone cantata da Shaya è: Can't Fight The Moonlight di LeAnn Rimes.

Seguendo i link, che vi porteranno alle pagine della sezione musicale, avrete ulteriori informazioni sulle canzoni e sugli autori.


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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008