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Fuga in collina

Tristam Elhalyn Alton

La pioggia era cessata da alcune ore, lasciando che un tiepido sole illuminasse, con i suoi pallidi raggi sanguigni, la foresta cresceva ancora rigogliosa lungo il crinale il quale lentamente degradava fino a scivolare ai piedi della valle di Elvas. Tristam sospirò, tirando leggermente le redini della sua cavalcatura per obbligarla a rallentare il passo. Sentiva il respiro affannato della giumenta premere contro i finimenti e, istintivamente, ne controllò il ritmo per assicurarsi che la leggera corsa a cui l'aveva costretta dopo il lungo periodo di riposo in stalla non l'avesse stancata troppo.
«Brava... ora, però, godiamoci la passeggiata,» mormorò, posando una mano inguantata sul collo arcuato di Manto di Stelle, solleticandone il pelo in una carezza vigorosa piena di affetto mentre, finalmente, l'andatura della cavalla tornava regolare e morbida.
Si abbandonò cautamente alle sensazioni che l'atmosfera attorno a lui gli trasmetteva, tentato quasi di espandere le proprie percezioni per abbracciare l'immensità di ogni singolo frammento di quella pace. Tutto era immerso in un silenzio irreale in cui anche una singola goccia di pioggia che scivolava infrangendosi su un vecchio legno marcio diventava un suono argentino e quasi assordante.
Con un movimento agile fermò la cavalla in un piccolo spiazzo naturale, smontando senza difficoltà dalla sella. In lontananza uno stridio annunciò il veloce battito d'ali di un uccello che tornava dalla caccia e, per un attimo, Tristam si pentì di aver lasciato il proprio falcone nella cittadina, troppo affrettato nella propria fuga per pensare realmente all'eventualità di privare del laccio il volatile e lasciare che nuovamente percorresse quei cieli immensi colmandoli dei propri striduli richiami.
"Sono fuggito?" si domandò di colpo, mentre affondava le dita nella criniera di Manto, godendo del calore che il suo corpo vibrante sprigionava dopo la salita. Sì, era fuggito, ma d'altra parte pareva essere una delle poche cose che gli riuscivano magistralmente negli ultimi tempi. Era come se nuovamente avesse perso la capacità di controllare le proprie emozioni come quando aveva solo dodici anni, ma con l'unica differenza che quello che all'epoca era imputabile all'età e alla dirompente emotività dell'adolescenza, ora era un puro capriccio a cui si abbandonava per il mero gusto di non contrapporsi a se stesso.
«La rocca è lontana,» commentò a bassa voce, interrompendo il flusso dei propri pensieri, risolvendosi ad afferrare le briglie per tornare ad incamminarsi lungo il sentiero, cercando di dimenticare per un attimo il motivo per il quale era salito fino a quel promontorio ed interessarsi unicamente del percorso che ancora li aspettava. Sollevò il capo verso il cielo, strizzando gli occhi per osservare le nuvole che erano sospinte a sud da una lieve brezza.
«Il cielo è terso e, se continua così, non dovremmo preoccuparci della neve...» si disse con poca convinzione, poiché nessun darkovano in quel periodo dell'anno avrebbe scommesso un solo sekal sul tempo atmosferico della regione, ma avrebbe preferito portarsi il necessario per affrontare una bufera, cosa che ovviamente Tristam stesso aveva pensato di fare portandosi dietro anche degli abiti pesanti e una piccola tenda da viaggio che, alla mal parata, gli avrebbe assicurato la sopravvivenza anche davanti all'evenienza di una forte nevicata. Se il tempo fosse continuato così, presto i passi sarebbero stati sgombri e le poche carovane che non si erano lasciate sconfortare dalle nevicate dei giorni precedenti, avrebbero potuto portare le loro merci al mercato: spezie dalle Terre Aride, fine cuoio profumato delle alture del Nord e quelle deliziose ciambelle dolci che si trovano soltanto dai panettieri di Thendara e che non assaggiava dai tempi della guardia. Forse sarebbe anche potuto arrivare qualche nuovo visitatore, a dorso di cavallo o di chervine, portando con sé notizie dal mondo di fuori.
«Dal mondo di fuori,» ripeté quasi inconsciamente, razionalizzando solo in quel momento che per lui Elvas aveva sempre rappresentato una realtà a se stante, quasi quelle alte montagne e colline verdeggianti avessero isolato in una piccola oasi autonoma di pace la cittadina intera. E per lui che, come molti altri, aveva abbandonato le ultime vestigia della sua antica vita al di fuori delle mura cittadine, era davvero così ed ora era proprio quel distacco che aveva cercato durante la folle corsa che lo aveva portato fin lì, con anche l'ultima scintilla della propria coscienza, ad essersi trasformato in una gabbia insopportabile da cui voleva evadere ad ogni costo. Molti l'avrebbero chiamata nostalgia, ma chiunque abbia mai provato, anche solo per un fugace attimo, quel legame fatto di totale comprensione di sé e degli altri che s'impara ad avere in una Torre, avrebbe chiamato quella sensazione con l'unico termine adatto: Agonia.
Quella mattina era cominciata come una delle tante altre, con i soliti gesti abituali che compiva da ormai... da quanto? Poco gli importava, non avrebbe saputo in ogni caso dirlo, ma abbastanza da aver avuto il tempo necessario a plasmare le sue abitudini in base ai nuovi orari che osservava, completamente diversi da quelli a cui si era abituato a Tramontana.


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Quella mattina aveva aperto gli infissi delle finestre, annusando l'aria frizzante che sapeva di vento e di lontane bufere, godendo della sensazione che la leggera brezza provocava lambendo la pelle del volto ancora umida per le abluzioni, A differenza degli altri giorni, però, non aveva trovato nulla da organizzare per scandire le ore del proprio giorno e questo lo aveva messo in una disposizione d'animo che definire nervosa sarebbe dir poco.
Aveva camminato a lungo nella sala prima che Rael, trotterellandogli dietro con un vassoio su cui teneva in bilico la colazione, riuscisse a convincerlo a mettersi a tavola e consumare almeno in maniera frugale tutte le leccornie che aveva appositamente preparato per «Un sano risveglio, Vai Dom!» come aveva detto lui stesso. Mentre beveva lentamente quello strano misto di vino speziato e qualche altra bevanda dal gusto fruttato sulle cui origini non si era mai interrogato, cercando di isolarsi da qualunque tipo di rumori il vento portasse con sé, l'idea di fuggire da tutto quello era balenata prepotente nei suoi pensieri. Dyllin e la sua compagnia, giunti per continuare i lavori alla casa, avevano poi trasformato il pensiero in fatti, portandolo ad una precipitosa fuga per allontanarsi dalla morsa della routine quotidiana a cui si stava sottomettendo da troppo tempo e che si stava trasformando in un laccio troppo stretto per un animale selvatico come lui.
«Per il nono inferno di Zandru!» esclamò sommessamente, sobbalzando per sottrarsi al leggero contatto umido che aveva sentito contro il collo e che gli aveva trasmesso una sensazione particolarmente spiacevole, oltre a strapparlo con prepotenza al fiume dei propri ricordi. Mosse il capo velocemente in cerca della fonte di quel tocco bagnato, posandosi la mano sgombra dalle briglie appena sotto i capelli come a voler proteggere il punto leso, ma nessuna presenza anomala sembrava aver turbato l'apparente chiassosa quiete boschiva.
Camminò per un tempo indeterminato, seguendo il corso di un fiumiciattolo che si snodava attraverso la foresta, rimanendo assiso in sella e proseguendo a piedi quando il terreno umido diventava troppo accidentato o le pietre lisce che a tratti si ammassavano ai bordi dell'acqua, erano troppo scivolose perché la cavalla non rischiasse di scivolare, spezzandosi una gamba. Quando, finalmente, trovò una piccola radura dove fermarsi, il sole aveva già compiuto parte del suo arco nel cielo e si era adagiato poco oltre uno dei crinali delle montagne. Con un sospiro smontò di sella, affrettandosi ad appoggiare sul collo della cavalla le redini per lasciarla libera di brucare mentre lui cercava un tratto di terreno abbastanza asciutto per concedersi un po' di riposo.
«Che sciocco... girare da solo per questi boschi senza neppure un compagno con cui parlare...» borbottò, posando la propria sacca davanti a sé, frugandovi all'interno per tirarne fuori una pagnotta e un pezzo di formaggio avvolto in un fazzoletto, accorgendosi solo in quel momento che aveva fame. Consumò un pasto frugale, rimuginando sulla propria stupidità, coi sensi ormai tesi a cogliere qualunque rumore provenisse dalla fitta vegetazione, come se il crepuscolo che iniziava ad incalzare, potesse portare con sé orde di pericoli pronti ad aggredirlo. Solo quando già il chiarore rossastro del cielo iniziava a diventare del colore del vino di Thendara, si alzò in piedi, sgranchendosi gli arti indolenziti mentre tornava da Manto di Stelle e rimontava in sella, decidendo di fare ritorno ai propri alloggi.
«Speriamo di arrivare prima di notte, non vorrei dover provare sulla mia pelle la veridicità dei vecchi proverbi!» esclamò, rivolgendosi ad un immaginario compagno di viaggio che il timore delle ombre di quella notte gelida stava iniziando a disegnare nella sua mente, chinando il capo per evitare un ramo basso.
Era ormai a più di metà del percorso quando qualcosa attirò la sua attenzione, costringendolo a voltarsi per controllare, là dove le prime due lune lo permettevano, chi si fosse annidato nell'oscurità per tendergli un agguato. Il quieto brillare degli astri, però, non gli rivelò nulla che non fosse normale incontrare all'imbrunire tra gli alberi fitti del luogo e, ben presto, si trovò a cercare col laran eventuali pensieri sfuggiti ad un essere umano. Si era ormai immerso quasi totalmente in quella attività quando, senza alcun preavviso, Manto di Stelle scartò, emettendo un nitrito impaurito. Il comyn dovette aggrapparsi alla criniera della giumenta per non farsi sbalzare di sella e, anche così, avvertì dolorosamente la vibrante tensione che gli attraversava il muscolo del braccio che aveva curato al suo arrivo ad Elvas. Dovette impiegare svariati minuti per far calmare la giumenta e convincerla ad un passo che fosse meno pericoloso di un folle galoppo in discesa e per innumerevoli volte dovette stringersi a redini e collo per evitare pericolose cadute sui massi della discesa.
Quando, finalmente, arrivò a casa, non diede neppure il tempo a Rael di mostrargli quanto fosse stato preoccupato per la sua assenza ma, senza più una parola, andò nella propria stanza, sedendosi pensierosamente davanti al camino chiudendosi in un ostinato e cogitabondo silenzio.









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Disclaimers

Una passeggiata, non troppo tranquillizzante, di Tristam.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008