[Home] [La storia del Progetto Elvas] [Regole Utilizzate]
[Personaggi] [Luoghi] [Racconti] [Download]
[Cronologia] [Genealogia] [Dizionario] [Musiche] [Immagini e Disegni]
[Giocatori] [Incontri] [Aggiornamenti] [Credits] [Link] [Mail]
barra spaziatrice
[torna a Racconti] [E.S.T. dE +3, febbraio (10)] [Credits & Disclaimers]



Benarrivati

Aurora n'ha Viviana

Aveva smesso di lavorare da una decina di giorni, preparandosi al parto. Non ci sarebbe voluto ancora molto, le avevano detto tutte le donne con un minimo di competenza, una decade o due, perciò era il caso di smettere di affaticarsi in qualsiasi modo. Lei era stata del tutto d'accordo, visto che non aveva più il fiato per fare niente, quasi neanche per trascinarsi dietro la pancia, e soffriva spesso il freddo. Si muoveva lentamente per la Gilda, stanca e apprensiva, avvolta in un paio di scialli.
Le avevano tutti chiesto se avrebbe preferito un maschietto o una femminuccia. Una femminuccia, senza dubbio, come tutte le Rinunciatarie desideravano, come Vivienne che avrebbe potuto tenere la sua piccola Elorie per almeno altri undici anni. Tuttavia il suo ombelico sporgeva come un bottone, segno che probabilmente il bambino sarebbe stato un maschietto.
"Se sarà un maschio, sarà sempre mio figlio, il figlio di una Rinunciataria. Potrò tenerlo nella Gilda per cinque anni ed insegnargli a rispettare le donne e le loro capacità. E poi... beh, si vedrà."
Ad ogni modo, in questo momento non desiderava particolarmente l'uno o l'altro sesso, ma soltanto che tutto finisse: la gravidanza, il freddo, il mal di piedi, il mal di schiena, quel mal di schiena che dalla sera prima non le aveva dato tregua, una dolenzia diffusa con dei piccoli crampi ogni tanto. Cercò per l'ennesima volta di farlo passare, massaggiandosi con forza all'altezza dei reni. Inutile: la sua schiena non sopportava tutto quel peso e, proprio come lei, non vedeva l'ora che venisse fuori!
"Una femmina, un maschio... Fosse anche un cucciolo di cralmac, è ora che si decida a uscire di lì o finirà per prendersi tutto lo spazio, accidenti!"
Da un paio d'ore, poi, le sembrava che i crampi fossero più intensi, e il movimento del bambino non faceva che peggiorare la situazione.
«Ti fa male la schiena?» Le chiese Vivienne che, seduta poco lontano, tentava con qualche difficoltà di rammendare un paio di calze.
«Sì, e non riesco a farmelo passare in nessun modo. Sono così stanca!»
«Vedrai che nascerà presto, e potrai riposarti. Anche io negli ultimi giorni avevo sempre mal di schiena. È come portare un sacco appeso sulla pancia, anche se non è carino dirlo, nei confronti dei nostri bambini.» Lanciò un'occhiata critica alla camicia di Aurora che, tesa sul ventre, ne lasciava vedere i contorni. «La pancia è più in basso, vuol dire che il bambino si prepara a nascere.» Poi notò la smorfia della ragazza. «Hai delle contrazioni?»
«Contrazioni? Ho qualche crampo ogni tanto, ma questo era un po' più forte.»
«Non vorrai farlo nascere senza dirci niente, vero? Sta' seduta tranquilla e avvisami se il dolore aumenta, d'accordo?»
Lentamente, ascoltando l'altra che intonava un monotono canto di lavoro, Aurora scivolò nel sonno, nell'abbraccio della poltrona. A risvegliarla fu l'ennesimo crampo, stavolta molto più forte di quelli precedenti. Solo quando fu passato, la ragazza riuscì a sollevare la testa e guardarsi intorno. Vivienne doveva aver finito ciò che stava sbrigando ed essersi allontanata, ma aveva lasciato lì Elorie, che giocava a vestire la sua bambola. Stringendo le dita sui braccioli della poltrona, si alzò. Il dolore era passato lasciandosi dietro solo un leggero indolenzimento, e lasciando a lei la certezza che il bambino non si sarebbe fatto aspettare ancora molto. Forse, si disse, avrebbe potuto prendere una tisana per rilassarsi e far diminuire i dolori.
«Kiya Aurora, ti fa tanto male la pancia? La mamma mi ha detto di andare a chiamarla, se ti faceva tanto male.»
«Se la mamma ritorna, dille che mi fa male ma non tanto. Grazie, piccola.» La lasciò con una carezza sui capelli e si diresse in cucina. Lì c'erano un paio di sorelle, che le chiesero, come sempre, della sua gravidanza.
"Questa faccenda inizia a stancarmi. Non posso far niente senza che mi chiedano come sto, come se fossi malata. Beh, se non altro adesso ho delle novità per loro!"
«Credo che non manchi davvero molto. Forse, prima di cena avremo un'altra piccola Rinunciataria per la Gilda.»
«Allora perché non sei in camera, al caldo? Da' qua, ti preparo qualcosa di caldo e te lo porto io, ma tu non devi fare sforzi!»
«Oh breda, grazie ma sono incinta, non malata! E poi manca ancora un sacco di tempo!»
Ma le altre non vollero sentire ragioni, e la spedirono in camera ad annoiarsi. Ebbe, in realtà, appena il tempo di sedersi sul letto prima di avere un'altra contrazione. Dovevano essere passati soltanto pochi minuti. Sapeva di avere ancora delle ore simili davanti a sé, e fu presa dallo sconforto. Perché gli Dei avevano deciso che il venire al mondo doveva essere una faccenda così laboriosa?


barra

«Ouch!» Il mucchio di neve, cadendo dal ramo su cui si era trovato fino ad un istante prima, l'aveva presa in pieno. Maia bofonchiò qualche imprecazione, troppo intirizzita per bestemmiare a dovere. La neve gelata le era finita ovunque, probabilmente anche sotto gli abiti. Rifletté sulla possibilità di togliersi di dosso uno o due strati, per controllare, ma poi decise che preferiva aspettare che le si sciogliesse addosso. Tanto ormai un po' di umidità in più non faceva differenza.
Per tutta la mattinata, così come per la maggior parte dei due giorni precedenti, era stata costretta a portare Hermes ed il chervine per le briglie sui sentieri montani: la neve dei giorni passati aveva bloccato quasi completamente le strade, ma lei era abbastanza pazza per mettersi in viaggio in inverno inoltrato, e completamente sola. La sua Madre di Voto, a Caer Donn, gliel'aveva fortemente sconsigliato, ma Maia era partita lo stesso, un po' alla chetichella per evitare ulteriori critiche dalla Madre di Caer Donn, ma sapeva che in entrambe le Gilde avrebbe avuto delle critiche: le Rinunciatarie non dovevano mai viaggiare sole. Beh, fino ad allora aveva incontrato solo qualche animale di montagna ed un banshee fortunatamente troppo lontano per essere interessato a lei.
Avrebbe potuto aspettare ancora almeno una decade prima di partire, per raggiungere Elvas con tutta calma, con il bel tempo e le strade libere, ed accompagnata da un paio di sorelle, ma aveva promesso ad Aurora che sarebbe stata presente per la nascita del suo bambino. Era sicura di farcela: nonostante il tempo e la strada, aveva mantenuto una buona andatura, ed era partita per tempo. Il figlio o la figlia di Aurora avrebbe avuto kiya Maia al momento di venire al mondo, ed Aurora avrebbe avuto la sua breda, e questo era tutto. Non sapeva se a parlare era la sua speranza o un qualche donas che veniva fuori, ma ciò non aveva importanza.
Ad Elvas avrebbe finalmente potuto completare la sua preparazione come erborista, sotto la guida di Dana n'ha Angela, con l'aiuto di Aurora n'ha Viviana e delle altre sorelle che aveva conosciuto. La Gilda in cui avrebbe abitato nei mesi successivi era dotata della serra più grande che avesse mai visto, così vasta che vi si era quasi persa, e piena di ogni specie di piante commestibili, medicinali, cosmetiche, ed anche velenose. Al ritorno (chissà quando) avrebbe riportato a Caer Donn alcuni semi e talee per la serra della sua Gilda di provenienza, continuando lo scambio già in corso da tempo.
Per fortuna ora la strada si andava allargando e, presto, avrebbe potuto discendere nella valle.
Continuò ad avanzare a fatica nella neve fresca, finché non si trovò sul ciglio della vallata, e decise di rimontare a cavallo. Sul versante discendente la neve era compatta e forniva un buon appiglio per gli zoccoli degli animali. Si concesse di godersi un po' la vista della valle, lasciando che fosse Hermes a scegliersi il tragitto più sicuro, ma presto fu di nuovo presa dalla stessa urgenza che l'aveva fatta partire in tutta fretta. Sbrigatisbrigatisbrigati, le sussurrava qualcosa dentro di sé, e Maia diede retta a quella vocina.
Forzò un po' l'andatura, fino ad arrivare all'entrata di Elvas quasi al galoppo, con il chervine che l'inseguiva esausto a distanza. Poco male: sarebbe arrivato da solo alla Gilda seguendo il cavallo, ne era certa. O non ci sarebbe arrivato, e lei avrebbe potuto benissimo recuperarlo non appena si fosse accertata che Aurora stava bene.
Bussò al portone, saltellando da un piede all'altro per il freddo e l'impazienza. Quasi assalì Idriel, che le aveva aperto la porta.
«Ehilà, Dri! Come sta Aurora, non ha partorito, vero?» Esclamò, entrando di corsa e sfilandosi al tempo stesso mantello, sciarpa e cappuccio di lana.
«N-no, ancora no,» rispose l'altra, confusa, «però non manca molto.»
«Che non manca molto lo so anche io, ma temevo di non arrivare in tempo e...» Tutta la fretta le sembrò d'un tratto puerile e inutile, e si vergognò di se stessa. Si diresse con calma verso il vestibolo, sfilandosi un guanto con l'aiuto dei denti.
«A dire il vero, intendevo dire che non mancano molte ore. Ha le doglie da questa mattina e ormai ci siamo, però il bambino non è ancora nato.»
Maia si immobilizzò come raggelata, poi lanciò un urlo, facendo cadere tutto ciò che trasportava, e corse verso il piano superiore. Idriel credette di sentirle dire qualcosa come: «Scusami, li prendo dopo.» Ma non poté esserne certa e, con un sospiro, si mise a raccogliere ogni cosa.


barra

Dopo aver fatto le scale a tre a tre ed aver attraversato di corsa metà del piano, Maia si fermò giusto il tempo per socchiudere la porta e dare un'occhiata di valutazione, poi entrò.
Aurora era sdraiata sul letto, avvolta in una camicia da notte ormai bagnata di sudore (oltre alla fatica del parto, anche il calore nella stanza non era indifferente), e Gwennis le sedeva accanto tenendole la mano, mormorandole delle rassicurazioni. Le ore di travaglio l'avevano sfinita, aveva contrazioni ogni pochi secondi e non riusciva più a reggersi sulle gambe. Tuttavia, quando la vide si sollevò a fatica sui gomiti.
«Maia! Non credevo che saresti arrivata...»
«Invece sono qui, piccola, come ti avevo promesso. Non sono stata brava?» Attraversò la stanza ed andò a prenderle la mano libera.
Solo in quel momento vide le impronte di fango che gli stivali lasciavano (e che aveva sicuramente lasciato in giro per mezza casa) e se ne scusò.
«Non importa.» Rispose pazientemente la Madre della Gilda. «E poi, quando nasce un bambino, un po' di scompiglio si crea sempre. Anzi, grazie per essere venuta. Dana è in viaggio e non ha potuto esserci per il parto della sua Figlia di Voto, così una Sorella di Voto in più sarà un conforto per Aurora. Idriel è stata qui finora, ma le ho detto di riposarsi...»
Stava per aggiungere qualcos'altro, quando Aurora cacciò un grido, e si affrettò a controllarla.
«Coraggio, ci siamo quasi, fra un po' il bambino verrà fuori. Non spingere ancora...»
Maia si rese conto all'improvviso delle proprie condizioni e si sfilò in un gesto solo tunica e camicia, restando in biancheria, per poi servirsi di un po' dell'acqua che era stata messa a scaldare vicino al camino per lavarsi le mani e la faccia.
«Non posso certo accogliere il mio nipotino tutta sporca! Così va meglio, direi.» Mormorò, riprendendo il suo posto accanto ad Aurora, sorreggendola per le spalle mentre Gwennis restava ai piedi del letto per aiutarla.
Aurora iniziò di nuovo a gridare, ma presto il grido si trasformò in un prolungato gemito di sforzo. Maia le scostò un ciuffo di capelli bagnati dalla fronte e la sostenne mentre si inarcava.
«Molto bene, chiya, spingi. Sta uscendo la testa... ancora una bella spinta, più forte che puoi...» E come per magia, Gwennis si ritrovò fra le mani un neonato viscido di liquido amniotico che vagiva debolmente, ed Aurora si abbandonò tra le braccia della Sorella di Voto.
«Cosa... come...» le mormorò.
«Complimenti, hai fatto un bambino bellissimo. È un maschietto, è piccolo ma mi sembra sano.»
«Sanissimo,» confermò Gwennis, «venti dita in tutto, due occhi, un nasino, tutto a posto.» Con mani esperte e delicatissime, legò il cordone ombelicale e lo tagliò, poi avvolse il bimbo in un panno pulito e lo appoggiò sulla pancia della madre, per farglielo abbracciare un momento.
Aurora lo tenne stretto, un po' timorosa di fargli male, incantata per la sua bellezza. Il bambino era rosso, rugoso, con un ciuffo di capelli neri in mezzo alla testa, ancora bagnati. Aveva gli occhi e i pugni stretti, nello sforzo di piangere con sempre più voce ed una macchiolina di sangue sul naso. Il suo odore era un po' strano, perché non era ancora stato lavato.
Era splendido.
Era suo.
«Benarrivato.» Gli sussurrò. «E benarrivata anche a te, Maia. Riesci sempre ad essere qui al momento giusto.»









barra









Disclaimers

Maia arriva appena in tempo per assistere al parto di Aurora... ma non senza correre dei rischi.

torna all'inizio







The Elvas Project © 1999 - 2008
© SDE Creations
Ultimo aggiornamento: 31/12/2008