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[torna a Racconti][E.S.T. dE +2, gennaio] [Credits & Disclaimers]



L'arrivo a Elvas

Daenerys & Kennard Hastur

Per scendere nella valle furono necessarie ancora molte ore di cammino e quando arrivammo in paese era quasi buio. Nonostante l'ora, in paese c'erano diverse persone in strada e fui colpito dall'immediata cordialità che percepimmo quando feci sapere che non eravamo di passaggio, ma eravamo intenzionati a stabilirci ad Elvas. Vista l'ora decidemmo di fermarci alla locanda posta accanto alla Torre: dall'esterno appariva ben tenuta e pulita... e comunque era sicuramente l'unica disponibile. Accanto, sulla sinistra, vedemmo le stalle pubbliche e vi portammo i cavalli. Poi entrammo nella locanda: il locale era praticamente vuoto. Un paio di uomini stavano mangiando seduti ad un tavolo accanto al camino, probabilmente zuppa di cavoli, a giudicare dall'odore, altri seduti accanto al bancone ridacchiavano, scambiandosi battute e gomitate. Il nostro arrivo fece girare tutti gli avventori e la presenza di una donna sembrò aumentare il brusio di sottofondo. Il proprietario della locanda, intento a rimettere in ordine i boccali in vista della prossima chiusura, si voltò per dare un'occhiata ai nuovi clienti. Sul viso apparve una smorfia di disappunto, quando si rese conto di chi era appena entrato, sostituito da uno sguardo che non lasciava dubbi all'interpretazione, quando i suoi occhi si posarono su Rys, che si stava sistemando i capelli, raccolti nella solita crocchia. Lo guardai attentamente. Se non fossimo stati proprio in mezzo agli Hellers avrei giurato di trovarmi davanti ad un uomo delle Terre Aride. Mentre mi avvicinavo al bancone vidi la sua espressione mutare nuovamente, come facendo buon viso a cattivo gioco.
«Benvenuti a Elvas,» salutò l'uomo. «Siete qui per mangiare o per fermarvi? Il Northern Scoundrel può soddisfare entrambi i vostri bisogni... e non solo...»
Feci finta di non cogliere il senso implicito delle ultime parole, anche se lo sguardo che lanciò a Rys mi fece avvampare di rabbia.
«Da mangiare,» risposi con voce fredda. «E se ci sono due camere per stanotte.»
Nel frattempo Rys, aggiustandosi con un gesto che tradiva l'abitudine i capelli sulla nuca, sembrò trattenere a stento un'espressione di timore per le mie reazioni davanti all'evidenza ostilità che proveniva dall'uomo dietro al bancone.
«Abbiamo solo zuppa di cavoli stasera, vi va bene?» chiese il locandiere, come aspettandosi da noi chissà quale richiesta.
«Va bene,» dissi aiutando mia sorella a togliersi il mantello e facendo altrettanto col mio.
Il movimento fece scoprire il mio fianco, mostrando il pugnale che portavo agganciato alla cintura. Uno degli uomini appostati all'estremità del bancone si lasciò sfuggire un fischio di sorpresa, dando di gomito all'altro, che aveva ricominciato a scambiarsi battutacce con quello che sembrava essere l'aiutante del locandiere.
«Hey! Ma quello è un pugnale delle Terre Aride!» esclamò, tirando per un gomito il locandiere. «Alar, tu che ne dici?»
Alar si tornò a girare verso di me, soppesando con occhio esperto l'impugnatura ingemmata che spuntava dal fodero di fattura altrettanto costosa.
«Dove l'hai preso?» La voce dell'uomo mi arrivò secca come una scudisciata.
Appoggiai i due mantelli su una panca e mi girai lentamente, con calma. Mi sentivo spesso ripetere quella domanda, non era comune che un comyn portasse un coltello tipico dei Signori della Guerra delle Terre Aride.
«Sono affari miei,» risposi con voce piatta, guardandolo negli occhi. «Non vedo come la cosa potrebbe interessarti. Anche se di certo non è il genere di arma che potrebbe possedere un uomo qualsiasi.»
Un lampo di odio si accese nei suoi occhi e per un attimo e capii di averlo toccato.
Rys mi mandò un messaggio allarmato. "Lascia perdere, Ken! Qui ci dobbiamo vivere, non siamo di passaggio!"
Il mio sguardo si era fissato sul locandiere che, come trattenendosi a stento, aveva ricominciato a sistemare gli oggetti dietro al bancone. Ma la tensione che percepivo e, ne ero certo, che riusciva a percepire ancor meglio mia sorella, si era fatta più spessa.
Alar aveva perso il tranquillo aspetto del locandiere strafottente e si era come trasformato in un soldato... un soldato pericoloso che si appresta al combattimento.
«Di pugnali di quel genere ne esistono pochi,» aggiunse poi l'uomo. «Se è nelle tue mani può essere solo perché l'hai rubato al legittimo proprietario, o l'hai ucciso. Posso vederlo?»
Lo disse con un tono apparentemente gentile, ma non mi lasciai ingannare: la sua voce era fredda come le piume di un banshee.
"Ken! Ti prego!" la voce di Rys mi risuonò nella mente come ovattata. "Non sfidarlo, senti prima cosa vuole dirti!"
Sospirai, cercando di stare calmo. Mia sorella, come spesso accadeva, poteva aver ragione. L'abitudine di attaccare per difesa, soprattutto nei confronti di esseri infidi come uomini addestrati nelle Terre Aride, poteva non essere la giusta via di comportamento in quel luogo.
Trattenni a stento l'impulso a portare la mano all'impugnatura della spada.
L'uomo era sempre davanti a me, come in attesa, e continuava a guardarmi nel solito modo freddo. Non aveva la spada al fianco e poteva non avere delle intenzioni omicide: non davanti ad un uomo armato, almeno. Lanciai uno sguardo agli altri uomini raccolti attorno al bancone, sembravano tutti pronti a scattare, ma non ero sicuro in difesa di chi. Sfilai lentamente l'arma dal fodero e la appoggiai sul bancone, con la punta rivolta verso di lui.
«Solo guardare.»
Sentii la mia voce risuonare fredda e lontana, come se a parlare fosse stata un'altra persona. L'uomo si avvicinò al bancone in silenzio, tenendo le braccia stese lungo i fianchi. Si sentiva solo il crepitio del fuoco nel camino. I due uomini accanto al fuoco avevano smesso di mangiare e stavano guardandoci: forse stavano pregustando una bella rissa. Fissò per qualche istante il pugnale.
«Il mio parere non cambia,» fu il suo giudizio finale. «Ho visto pugnali del genere solo in mano a pochi Signori della Guerra. Predoni che nessuno si sognerebbe di sfidare,» con la coda degli occhi vidi l'espressione dei suoi avventori mutare, come se pendessero dalle sue labbra in attesa di chissà quale rivelazione. «Se adesso è tuo come l'hai avuto?»
«Dopo un duello onorevole,» risposi. «Con un capo predone di nome Jaraz.»
«Mi hanno raccontato una storia riguardo la morte di Jaraz,» mi rispose, appoggiandosi contro gli scaffali alle sue spalle. Mi irrigidii, poteva essere una mossa istintiva, come in attesa di un attacco... «Ma la persona che l'aveva sentita in origine non è molto degna di fede. Sono più le fanfaronate che si inventa che i fatti degni di fiducia.»
I due uomini al lato del bancone si scambiarono uno sguardo di comprensione e nella mia mente si formò il fantasma di un nome... Bertrand...
«A quanto pare, questa volta, non stava raccontando una delle sue solite favole,» l'uomo mi fissò in volto, ma io non battei ciglio, in attesa di capire dove stesse andando a parare. «Si dice che il potente Jaraz,» continuò poi rivolto agli altri avventori, «dopo essere stato catturato con mezzi poco onorevoli, abbia combattuto contro una giovane guardia comyn,» il suo tono era quello di una persona che non crederebbe mai ad una storia del genere, se non avesse la prova davanti ai suoi occhi.
«Un duello ad armi pari, ma dall'esito imprevedibile... È una storia che ho sentito raccontare molte volte, la sera, da avventori di passaggio. Il combattimento tra il grande Jaraz ed una giovane guardia...» concluse.
Sentii che improvvisamente la tensione nell'uomo si era come allentata, anche se stava sempre in guardia. Poi sembrò disinteressarsi completamente della cosa e fece cenno al suo aiutante di portarci da mangiare.
Anche gli altri avventori sembrarono ignorarci e ricominciarono a chiacchierare fra loro, anche se avvertivo nitidamente un brusio di pensieri che riguardavano la cosa appena successa.
Il sollievo di mia sorella era evidente, ma non le dissi nulla, preso dai miei pensieri. Ne ero sicuro, quello era un uomo delle Terre Aride, probabilmente un ex-predone o qualcosa del genere. Com'è strana la vita! In altro tempo e in altro luogo avrei estratto la spada... ed invece ora provavo quasi simpatia per l'uomo...
"Il fatto è che in un certo senso è simile a te... o per lo meno apparteneva ad un mondo che conoscevi bene... Guardie e predoni... buoni e cattivi..." Sentii la voce di mia sorella risuonarmi tranquilla nella mente. Per tutti gli inferni di Zandru! Ancora una volta aveva forse ragione.
"Forse è vero, chiya," le risposi, "ma quello è un mondo che non mi appartiene più..."
"E come tutte le cose che sono finite, dopo qualche tempo, le vediamo sotto una luce nuova... ricordiamo solo gli episodi che ci fa maggiormente piacere di ricordare... specie quelle in cui ci sembra essere stati degli eroi..." insisté impietosa.
"E tu come al solito mi leggi nel cuore e sai dirmi le cose giuste..."
Sentii più che vedere il suo sorriso e con la mente le mandai la solita carezza.
Il locale era ormai vuoto e stavo guardandomi intorno per cercare qualcuno a cui chiedere per la nostra sistemazione, quando l'uomo si avvicinò al nostro tavolo.
«Non mi sono ancora presentato,» disse con tono quasi cortese. «Sono Alar Montrel... al vostro servizio.»
«Io Kennard, Kennard Hastur...» risposi, accettando l'offerta di Alar con il beneficio del dubbio. I fatti avrebbero in caso parlato per lui.


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Quando raggiunsi la porta, oltre la quale si trovava sicuramente lo studio della Custode, mi sentii come una ragazzina.
Tremavo, e le mani combattevano fra loro una strenua lotta: si attorcigliavano, si rilasciavano, si stringevano.
Ma dove era finito tutto il mio autocontrollo? Tutta la mia preparazione come Custode era dunque letteralmente svanita nel nulla? Mi feci forza, tirai un respiro profondo, portando istintivamente una mano al collo, dove era appoggiata la mia matrice.
Dana mi sorrise: le mie barriere mentali erano al massimo, ma era ben facile intuire il mio stato d'animo: non c'era certo bisogno di un esperto telepate dotato del dono dell'empatia!
La Rinunciataria bussò educatamente, ed una voce profonda ma dolce ci disse di farci avanti.
La Custode, seduta su un'alta sedia tappezzata di tessuto cremisi, lo stesso cremisi della sua veste, era la stessa del sogno. Lo sapevo, ma poterlo constatare di persona mi riempì di una gioia quasi infantile: finalmente qualcuno che mi comprendeva!
Fiona ricambiò il sorriso che si era naturalmente affacciato sulle mie labbra, facendomi poi cenno di sedermi di fronte a lei.
Dana chiuse la porta dietro di sé dopo averci salutato, lasciandomi al mio destino.
«Sei stata addestrata come Custode, non è vero?» Fiona arrivò subito al punto, non sembrava esserci traccia di formalità in quella Torre. Non volevo apparire come una maleducata, però, quindi mi rivolsi a lei con tutta la deferenza che il suo grado di custode richiedeva:
«Si, Vai Leronis. Sono stata addestrata ad Arilinn, dall'età di dodici anni. Il mal della soglia è stato molto precoce in me, ed i miei genitori hanno subito provveduto a mandarmi in una Torre per essere curata nel modo più adatto. Sono giunta fino ad un grado piuttosto alto di addestramento, mancava ormai solo una stagione al suo completamento, ma alla fine le visioni hanno avuto la meglio sulla mia mente... e ho dovuto rinunciare.»
La tristezza sul mio volto doveva essere evidente. Abbassai lo sguardo, cercando di mantenere un certo contegno, mentre mille immagini di quel passato doloroso tornavano a sommergermi ancora una volta. Ripreso il controllo, rialzai lo sguardo sulla Custode, che mi guardava con un dolce ma triste sorriso.
«Sento molto bene quanto forte fosse in te il desiderio di essere una Custode. Forse Elvas potrà darti una seconda possibilità... in ogni modo il tuo laran è molto forte, potrai sicuramente diventare un ottimo tecnico o un meccanico. E poi.. chissà? il futuro è nel grembo degli dei, figliola.»
«Ora però dovrei parlarti di un argomento alquanto personale,» prima che lei finisse la frase le diedi mentalmente il mio consenso: sapevo di potermi fidare ciecamente di quella donna. Mi aveva ridato l'orgoglio di una leronis: poteva chiedermi tutto ciò che riteneva necessario sapere.
«Bene. Vorrei sapere qualcosa sul tuo... condizionamento. Ho notato che i tuoi rapporti interpersonali, soprattutto quelli con tuo fratello, sono molto liberi. Hai avuto il tempo, nella tua giovane esistenza, di diventare quasi Custode e di essere anche... liberata da tutti i vincoli che ti avevano imposto?»
Avvampai. Certo potevo aspettarmi una domanda del genere, ma non credevo che potesse essere così diretta. Cercai di svicolare in qualche modo, senza entrare in particolari, sperando che la mia interlocutrice si accontentasse di poco: «Per quanto riguarda Ken... mio fratello... i nostri sono solo rapporti tra fratello e sorella... e nulla più. Per il resto... beh... in realtà... sì... il mio condizionamento non è più un problema. È stato naturalmente un lavoro doloroso, ma ora vivo la mia sessualità senza alcuna menomazione,» abbassai di nuovo lo sguardo, sperando che Fiona ritenesse chiuso l'argomento.
«Bene? Immagino che dovrò accontentarmi! Mi sembra inutile controllare le tue capacità? Marelie avrà di certo fatto un ottimo lavoro anche con te e con la forza del tuo laran. Bene... penso che tu possa entrare a far parte dell'unico Cerchio di Elvas al più presto. Cosa ne pensi?» Sorrise, ed anche sul mio volto si disegnò una gioia raggiante.
«Non vedo l'ora di poter tornare ad usare il mio laran, vai Leronis. Ti ringrazio molto per questa meravigliosa opportunità!»
Mi inchinai di fronte a lei, da brava comynara, anche se non lo ero mai stata del tutto. Ma in quel momento sentivo che la formalità era d'obbligo: la mia casa non era più Heatwine, la mia famiglia non erano più gli Hastur: ora facevo parte della comunità di Elvas, ne sarei stata parte integrante ed attiva. E quella era una sensazione che destava in me una forza sconosciuta, indomabile. Non avrei certo sentito la mancanza del mio lavoro di amministratrice!
«Grazie a te Daenerys, per aver ascoltato il mio messaggio. Il nostro bisogno di telepati è pari se non superiore a quello delle altre Torri. Il tuo aiuto e la tua preparazione saranno utilissimi. Dana ti mostrerà i tuoi compiti. Nel primo pomeriggio vorrei parlare con tuo fratello. Puoi avvertirlo vero?»
«Certo, vai leronis.» Feci per andarmene, ma lei mi richiamò con un gesto, sorridendomi bonariamente.
«Cara, smettila di chiamarmi vai leronis. Per te e per tutta Elvas io sono solo Fiona.»
«Va bene... Fiona. Spero che l'abitudine non abbia il sopravvento!» Ridemmo di gusto, e poi chiusi la porta alle mie spalle.


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Indugiai un attimo, poi chiusi il coperchio della piccola cassapanca in cui avevo riposto gli oggetti personali. Indossavo indumenti ormai un po' lisi, ma comodi: pantaloni neri e casacca di spessa lana blu, tenuta in vita da una larga cintura di cuoio dello stesso colore da cui pendeva solo il fodero del mio coltello personale. Mi sedetti sulla cassapanca assaporando il silenzio e la tranquillità della stanza e cercando di analizzare le mie sensazioni. Ero ad Elvas da poco più di un giorno e mi sembrava invece di esserci arrivato da tempo... Heatwine mi appariva lontanissima, nel passato, mentre stranamente sentivo più vicina la stanza (ancora più disadorna) che avevo avuto a Thendara, nella Caserma della Guardia.
Due colpi leggeri alla porta interruppero la mia riflessione.
«Avanti, la porta è aperta...»
«Buona giornata, parente.»
Era un uomo dai capelli rossi, dall'aspetto tranquillo e sicuro ed il volto sorridente... ma era...
«Anndra!» esclamai alzandomi di scatto e andandogli incontro.
«Ciao Ken,» rispose con evidente piacere sul volto e ricambiando il mio leggero tocco sul suo braccio. I capelli erano leggermente ingrigiti alle tempie ed il volto appariva un po' stanco e tirato.
«Vedo che anche tu hai risposto all'invito della nostra Custode,» continuò guardandosi intorno, come in cerca di qualcosa dove sedersi. Gli feci cenno di utilizzare l'unica sedia della stanza e sedetti di nuovo sulla cassapanca.
«Veramente... l'invito vero e proprio l'ha raccolto Rys... e lei ha convinto me...»
«Lo so, me lo ha già detto... Sì,» continuò vedendomi sorpreso, «sono andato a trovare prima lei, la sua stanza è abbastanza vicina alla mia. È diventata veramente una bella donna, non la vedevo da almeno tre anni. Piuttosto... guarda di convincerla ad acconciare i capelli come una vera comynara... è vero che anche qui siamo in mezzo alle montagne ed i costumi sono più...» cercò il termine, «...meno formali rispetto alla pianura. Ma la treccia sulla testa!»
«Hai ragione, ho insistito più di una volta. Ma mi ha promesso... Di mettere la treccia a posto!»
Ridemmo entrambi per la battuta. Era tutto come prima. Anche se non ci eravamo frequentati molto, avevo sempre considerato Anndra uno dei cugini preferiti. Nonostante non portasse il nome della nostra famiglia tutti sapevamo che era figlio di Ambrosia Hastur, prima cugina di mio padre Damon.
«Hai già conosciuto la nostra Custode?» mi chiese in tono leggero.
«Ancora no. Ma penso di conoscerla quanto prima. Ha appena chiamato a Rys: sto aspettando che mia sorella venga a raccontarmi qualcosa.»
«Lei è stata addestrata ad Arilinn e proviene dalla dura scuola di Marelie,» mi rispose pensoso, «non potrà che trovarsi bene. Come tutti, del resto,» concluse guardandomi. «Cosa c'è, Ken? Non ti sento tranquillo. Vuoi parlarne con me?»
«No... cioè sì, con molto piacere... il mio disagio è così evidente?» mi sentii davvero a disagio.
«Stai tranquillo, nulla di tutto questo. Capisco che per te siano cambiate molte cose e molto in fretta. È normale che tu ti trovi in uno stato di... diciamo di incertezza.»
«È che mi sono trovato a dover prendere molte decisioni sulla mia vita... tutte importanti e tutte quasi all'improvviso. Tu non sei mai stato un soldato,» non potei fare a meno di notare le sue mani, quasi femminee... rispetto alle mie, dure e callose, «e forse ti sembrerà strano quello che ti sto per dire.» Mi alzai ed andai alla finestra, guardai un momento fuori, poi mi girai nuovamente, guardandolo. «È vero che spesso, da ufficiale almeno, è necessario prendere decisioni. A volte in fretta. A volte con la responsabilità della vita dei tuoi uomini. Ma è un mondo che in fondo è regolato da leggi e consuetudini precise... sai sempre cosa fare e come comportarti insomma!» Cominciai a passeggiare su e giù per la stanza, ma mi sentii ridicolo e mi rimisi a sedere sulla cassapanca. Anndra continuava ad ascoltarmi senza interrompere ed allora continuai:
«Bene: alla morte di mio padre sono tornato ad Heatwine ed ho cominciato tutto da capo. Ho imparato ad allevare i cavalli, a venderli al mercato, a trattare con i contadini della tenuta... Insomma, ho dovuto ricominciare da capo,» ripetei. «Anche se l'aiuto di Rys è stato grandissimo, sempre, il Dom ero io, le responsabilità mie, senza poterle delegare a qualcuno con un grado più basso... o scaricare sulle spalle di qualcuno con il grado più alto.»
«Capisco,» assentì mio cugino, «e allora?»
«Come allora!» mi sentivo nervoso e frustrato, adesso. «Un anno intero per abituarmi alla nuova vita... ed una mattina Rys entra in camera mia e mi comunica che il mio destino non è più quello... che altre cose ci aspettano...»
«Vieni al punto, Ken.»
«Io non sono mai stato un bravo telepate. Sono un monitore, è vero, ma ne ho conosciuti tantissimi molto più bravi di me. Ho i donas degli Alton, ma ho usato la voce solo raramente e solo in casi di strettissima necessità. Cosa ci faccio qui? A cosa servo?» Sentii che la voce mi si stava incrinando e mi interruppi. Anndra si avvicinò e mi abbracciò in modo leggero.
«Sei liberissimo di andartene se vuoi, come tutti, del resto. Ma so che non lo farai.» Risentii in lui il tono della voce di Rys, la sua stessa convinzione, la sua stessa forza.
«No, non lo farai,» continuò, «perché qui sta prendendo vita un progetto, un sogno che è più grande di tutti noi. E che richiede l'aiuto di tutti. Di tutti i telepati che hanno raccolto l'invito, sia direttamente come tua sorella, sia indirettamente come te. Si studia e si lavora per riportare le conoscenze di questo pianeta agli antichi splendori, ma senza correre rischi. Non c'è un programma genetico, come ai tempi delle Ere del Caos,» lo sentii rabbrividire, «né la voglia e l'intenzione di ricostruire le armi che hanno quasi distrutto Darkover. Ma tutto il patrimonio di antiche conoscenze deve tornare alla luce, essere nuovamente sperimentato e se occorre imparato nuovamente.»
Vidi nei suoi occhi la stessa luce che avevo visto negli occhi di Rys e mio malgrado ne fui contagiato ancora una volta.
«Mi dici che non sei un bravo telepate? Cosa intendi per bravo? Sei stato addestrato a Dalereuth, da Fiora, una Custode che non è seconda a nessuno.»
«Ma poi ho lasciato la Torre...»
«Come quasi tutti i giovani comyn del Pianeta! E dopo essere stato addestrato a controllare ed usare i tuoi poteri. Tu hai avuto il dono degli Alton in una discreta misura e proprio per questo la tua preparazione ha dovuto essere accurata. Fiora non ti avrebbe mai permesso di lasciare Dalereuth se non avesse avuto una ragionevole certezza del buon uso da parte tua del laran concessoti dagli dei.» Anndra era un torrente in piena e rimasi ad ascoltarlo quasi travolto dalla massa di sentimenti ed emozioni che cercava di trasmettermi.
«Cosa puoi fare qui? Molto più di quanto immagini, te ne accorgerai. Hai un laran potente, ed il laran è energia per il Cerchio, energia per ricaricare le lampade, per estrarre i minerali. E poi... sei sempre un soldato, un uomo che può servire (gli dei non vogliano mai!) di aiuto per difendere la comunità da pericoli esterni.»
Un discreto bussare alla porta lo interruppe: ero stato così preso da quanto mi diceva che non avevo neppure sentito il delicato tocco mentale di mia sorella.
«Entra pure, Rys,» la salutai.
Daenerys si inchinò con grazia verso Anndra, con un gesto che non avrebbe sfigurato alla corte del vecchio re Stefan.
«Come vedi, cugino, ho prestato ascolto ai tuoi consigli ed acconciato la capigliatura come si conviene ad una giovane di buona famiglia,» disse piegando leggermente il capo da una parte per mostrare il collo coperto dai capelli.
«Ed io sono lieto di aver contribuito a risolvere il tuo piccolo problema...» rispose lui col medesimo tono. E scoppiarono a ridere tutti e due, lasciandomi perplesso ed anche un po' indispettito. Rys aveva scelto il momento meno opportuno per parlare dei suoi capelli e delle sue trecce.
«Bredu, non te la prendere... lo so che avrei dovuto ascoltare prima i tuoi consigli. Anndra si è limitato a dirmi le stesse cose in modo più ultimativo. Ma vi ho interrotto, vero?»
«No, avevamo finito,» disse semplicemente. «E non mancherà il tempo per riprendere il discorso se dovesse essercene bisogno, vero?»
«No certamente, ma resta ti prego,» ma ero sempre un po' indispettito per l'interruzione di Rys.
«Tra mezz'ora sono di servizio ai relè e voglio mangiare qualcosa. Ci vediamo domani, comunque,» poi allungò le braccia sfiorandoci appena i polsi: «Benvenuti ad Elvas, cugini.» Ed uscì come se avesse davvero fretta.
«Rys...» cominciai. Ma lei mi fece cenno di tacere e si mise a sedere.
«Bredillu... non te la prendere. Avevo fretta di venire a raccontarti tutto! A proposito, la Custode mi ha detto di dirti che ti aspetta nel primo pomeriggio. Manderà un kyrri a chiamarti, comunque.»
Ma il filo dei miei pensieri si dipanava ancora attorno al discorso con il mio parente e la notizia dell'incontro ormai prossimo con la Custode lo rendeva ancora più forte e pressante. Lasciai che mia sorella sentisse le mie preoccupazioni e i miei dubbi e i consigli che mi aveva dato Anndra.
«Ken, non ti preoccupare. Andrà tutto bene, vedrai. Tu hai solo un problema: la paura di apparire inutile, inadeguato. E di essere costretto ad andar via, lasciandomi da sola qui.»
«Non proprio...»
«No, è proprio così, credimi. Ma non devi aver timore, verrai accettato per quello che sei e per quello che vorrai fare a beneficio dell'intera Comunità.» Sospirò in modo appena avvertibile e capii che non stava parlando solo di me.
«A te cosa ha detto?» la interruppi.
«Più o meno quello che Anndra ha detto a te.» Si guardò i polsi, segnati da alcune piccole cicatrici. «Non ho più l'età per iniziare o per continuare l'addestramento come Custode... e questo lo sapevo naturalmente. Ma potrò riprendere il mio addestramento e diventare magari un buon meccanico od un buon tecnico. Ken, qui non hanno bisogno di telepati superdotati da mandare all'attacco di chissà che cosa. Servono solo persone normali, che siano dotate di un laran adeguato, per riportare le Torri al loro antico splendore... al servizio di Darkover e non di una o più Famiglie.»
Si chinò verso di me, ma i suoi occhi erano persi nel vuoto, come assenti. Capii che mia sorella stava vedendo qualcosa e rimasi in silenzio, quasi trattenendo il fiato. Durò pochi attimi... che mi parvero interminabili, poi riacquistò la sua espressione di sempre. Mi sorrise, incerta.
«Hai avuto una visione, vero?» chiesi.
«Sì, penso proprio di sì. Ma questa volta era molto più sfumata e indecifrabile... ed ho visto degli oggetti strani...» Scosse la testa come per schiarirsi le idee. «È tutto così vago che non so neanche se dirlo alla Custode...»
«Io non avrei dubbi: parlane con lei. Credo che qualsiasi piccolo particolare possa essere utile in una qualche misura.»
«Hai ragione. Ma ora andiamo a mangiare qualcosa. Ho una gran fame.»
«Io no,» brontolai, «mi sento come un cadetto in attesa della prima ispezione...»


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Un kyrri mi fece strada, conducendomi dal piano dove avevamo i nostri alloggi fino al primo piano: la Torre era veramente molto grande e spaziosa. Come grande e spaziosa, anche se quasi completamente occupata da banchi e scaffali, era la stanza in cui mi fece entrare con un cenno silenzioso.
La Custode era come me l'aveva descritta Rys: una donna minuta cui era quasi impossibile attribuire un'età precisa, anche se i capelli erano di un rosso ancora lucente ed il portamento eretto e deciso. Andai per un attimo con la mente alla mia vecchia Custode: Fiora non solo era vecchia, molto vecchia, ma lo sembrava anche, dura e rigida, talvolta lenta nel compiere certi movimenti...
«Hai avuto un'ottima Custode, che ha domato più rampolli delle nobili famiglie di quanti tu possa mai conoscerne nella tua vita.» Mi disse con tono quieto, ma deciso. «Ma non sei qui certamente per questo...»
Sobbalzai quasi e mi sentii avvampare.
«Vai leronis... scusatemi... non volevo...»
«... fare paragoni.» Concluse per me. E sorrise leggermente. «Ma non importa. Mettiamoci a sedere,» mi indicò con un gesto uno sgabello, accomodandosi su una piccola poltrona di cuoio con le spalle alla finestra e raccogliendo intorno a sé le mille pieghe del suo abito cremisi.
Stranamente mi sentii a mio agio e sentii la mia voce ferma e sicura.
«Sono arrivato qui non per aver sentito direttamente il tuo appello nel Sopramondo, come ti avrà già detto mia sorella Daenerys...» cominciai.
«Ho già parlato con lei e so già tutto. Non sei un ragazzino e non ho voglia di fare troppi discorsi: sai che nessuno ti obbliga a stare qui. Puoi tornare alla tua tenuta se vuoi, senza preoccuparti per tua sorella sa cavarsela benissimo da sola, specialmente in una Torre. So dei tuoi dubbi e delle tue incertezze...e li posso anche capire.» Sorrise leggermente e mi sentii come incoraggiato. Ma non riuscii a replicare, perché lei continuò quietamente. «C'è posto anche per te, Kennard Hastur, per tutti i telepati che abbiano a cuore questo nostro mondo. È sufficiente che tu ti impegni e cerchi di mettere a frutto tutto quello che ti hanno insegnato. Ricordati che non si dimentica mai quello che si è imparato... anche se hai fatto esperienze diverse. Ma ora voglio sentire quanta forza ha il tuo laran
"Prova ad entrare nella mia mente!" mi trasmise: ed il suo tono era diventato improvvisamente duro come quello del mio vecchio comandante. Di quel vecchio, duro Alton che violando come di tradizione la mia mente aveva risvegliato in me il dono della Famiglia. Ebbi la visione di una bassa torre in mattoni... in mattoni che sembravano vecchi e friabili per l'età. Chiusi gli occhi e mi avventai contro la costruzione, immaginandomi come un ariete, una di quelle antiche armi da assedio: e sentii il muro tremare leggermente, ma non cedere. Era un'illusione, naturalmente, ma la così mi divertì quasi. Il tronco che costituiva il corpo dell'arma diventò più grosso e scagliai un altro colpo, un altro, un altro ancora. Ed il muro sotto i miei colpi sembrava cedere, ritirarsi quasi. E andai di nuovo all'attacco, ancora più grosso, più forte.
Ma le pareti che sembrava stessero cedendo diventarono improvvisamente di pietra, di pietra dura, sempre più dura e mi imprigionarono e cominciarono a chiudersi intorno a me. Allora reagii, divincolandomi con violenza, cercando di sfuggire a quello che sembrava diventato un abbraccio mortale. Sentii il sudore imperlarmi la fronte... e tutto finì.
La Custode era davanti a me, con l'aria tranquilla e leggermente divertita: «Hai una buona forza, un laran potente,» affermò. «Forse un po' aggressivo, ma potrai essere una buona fonte di energia in un Cerchio.»
Mi sentii come svuotato... ma felice: «Se qui c'è posto anche per me, sarò ben felice di essere nel gruppo.»
La Custode si alzò facendo un gesto ad un kyrri, che era entrato senza che io me ne fossi accorto:
«Avremo modo di rivederci presto,» disse, «e... benvenuto ad Elvas.»









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Disclaimers

I fratelli Kennard e daenerys Hastur arrivano a Elvas e incontrano Fiona.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008