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L'arrivo a Elvas

Vivienne Ardais

"Credevo che non sarei mai arrivata fin qui, che questo posto fosse solo una delle favole della vecchia Doria."
Questo fu il primo pensiero di Vivienne quando, superata la cima di un'aspra montagna vide stagliarsi sotto di sé lo splendido paesaggio della valle di Elvas, coloratissimo nella luce del pomeriggio. Lo spettacolo era maestoso: l'autunno aveva già sfumato di rosso la natura boschiva, e il sole già leggermente calante tingeva d'arancio le case del piccolo villaggio, tra le quali svettava la Torre, verde come il suo nome, imponente e maestosa. Dall'altro lato della valle scorgeva un castello diroccato, grigio di pietre antiche, che sembrava uscito da una fiaba.
Elorie cominciò ad agitarsi nel marsupio sulle sue spalle, poi la sua voce stridula di bambina annunciò la sua presenza alla madre, reclamando la sua attenzione.
«Ho fame!» strillò la piccola, e non contenta di averlo detto cominciò a tirare i capelli di Vivienne per reclamare il suo pasto.
Vivienne sospirò, mise a terra la bambina e si accinse a tirare fuori il formaggio tenero e il pane che costituivano il loro pasto abituale da quando tre giorni prima avevano incontrato l'ultimo villaggio. Aveva sperato di mangiare qualcosa di caldo seduta ad una tavola quel giorno, ma si accontentò alzando le spalle. Mangiò molto poco, persa nei suoi pensieri, dai quali si distraeva solo per controllare che Elorie non si allontanasse e non si mettesse nei guai.
Ora che il suo viaggio, o meglio la sua fuga, era a poche ore dalla sua conclusione i dubbi l'assalivano, tormentandola.
Pensandoci, non era certa che in quella comunità l'avrebbero accolta a braccia aperte. In fondo, cosa aveva di utile da offrire? Era una giovane donna sola, senza denaro, con una bambina a carico, senza nessuna abilità. Era cresciuta tra i Comyn, viziata, senza essere abituata a badare a sé stessa né a lavorare per vivere. Non era mai servita a nessuno. Suo padre l'aveva sempre considerata una bambolina da mostrare in pubblico, utile solo ad avere un buon matrimonio, e dopo la violenza neppure a quello. Aveva inseguito per breve tempo il sogno di essere un giorno Custode, sebbene l'avessero mandata alla Torre molto tardi, ma alla Torre non era mai neppure arrivata. E nessuno voleva perder tempo a tentare di addestrare una ragazza già al limite dell'età consentita e per di più non più vergine, la sua parente era stata chiara.
Tuttavia Vivienne sapeva di non poter indugiare nel passato. Aveva il dovere di ricostruirsi una vita decente, se non per sé stessa, almeno per sua figlia. L'aveva già fatto più di una volta, dopo la morte del suo primo fidanzato, dopo la violenza, dopo la nascita della sua creatura. La differenza era che questa volta la scelta era sua. E non poteva sbagliare.
Il sentiero era in discesa, quindi radunate le sue poche cose prese per mano sua figlia e si incamminò. Se il sentiero si fosse fatto ripido, ma non le sembrava, avrebbe ripreso a portare la bambina sulle spalle.
Alzò la testa, si armò dell'orgoglio della sua casata, decisa a non mostrare debolezza. Decisa a diventare una Libera Amazzone. E a percorrere nel minor tempo possibile le poche leghe che la distanziavano dalla sua meta.


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Era quasi il tramonto quando entrò nel villaggio. Incrociò molte persone che andavano di fretta, persi nei loro affari. Una madre si affacciò alla porta di una casa chiamando due bambini che giocavano in strada; la bimba le lanciò un'occhiata curiosa e corse in casa alle costole del fratellino. Vivienne si rese conto che non doveva essere un bello spettacolo. Impolverata dal viaggio, sudata, con una bambina attaccata ad una gamba che si guardava intorno più spaesata di sua madre e continuava a pulirsi l'eterno moccio dal naso sulla gamba dei vecchi e lisi pantaloni.
Si fece coraggio e chiese informazioni ad un giovane che passeggiava e sembrava meno occupato degli altri. Mentre questo le spiegava dove andare per trovare la Gilda delle Amazzoni, Vivienne si rese conto di averlo già visto. "Probabilmente," pensò, "era un mio parente. In fondo sono imparentata con mezza Darkover!" Ma l'uomo non dette segno di averla riconosciuta. Vivienne lo ringraziò e si incamminò, regolando il passo con quello traballante di Elorie. In pochi minuti fu di fronte ad un edificio più grande degli altri, semplice ed accogliente. Tirò la corda ed attese.
Le aprì una donna alta e magra, con corti capelli castani e penetranti occhi azzurri. Indossava quello che in tutti i Domini era il costume delle Libere Amazzoni, fatta eccezione per un comodo paio di scarpe da casa.
Vivienne sentì un'improvvisa diffidenza, ma non riuscì a capire se provenisse da lei o dalla donna che aveva davanti. Era troppo stanca per controllare il suo dono, l'empatia che aveva ereditato dalla madre. Comunque non doveva sembrare molto minacciosa con una bambina attaccata alla caviglia, quindi se la diffidenza che avvertiva era dell'Amazzone, doveva essere un'abitudine. La donna che aveva aperto la porta la squadrò, poi le chiese con voce sorprendentemente gentile:
«Di cosa hai bisogno nella nostra casa, domna»
Vivienne si sorprese. L'Amazzone l'aveva riconosciuta come una comynara, nonostante i capelli rossi fossero completamente celati dal cappuccio della tunica.
«Mi chiamo Vivienne Ardais, ho bussato alla vostra porta per chiedere asilo per me e per mia figlia, e per chiedere di prestare Giuramento come Libera Amazzone.»
«...Rinunciataria.»
«Come scusa?» Vivienne rimase interdetta. Si aspettava qualcosa come una presentazione.»
«Preferiamo essere chiamate Rinunciatarie. Io sono Shonnach n'ha Pedra. Diamo asilo a ogni donna che lo richieda, ma penso che dovresti saperne di più su di noi prima di impegnarti a vita con un giuramento. Ora entrate, si sta facendo freddo.»
Vivienne prese in braccio la figlia ed entrò nel corridoio che era sorprendentemente caldo per essere di fronte alla porta.
«Siediti qui, vado a vedere se la Madre della Gilda ti può vedere adesso. E manderò qualcuno a prendere la piccola per farle un bagno. A pensarci bene ne avete bisogno entrambe.»
L'Amazzone sorrise e scomparve lungo il corridoio.
Vivienne si sedette su una panca e mise Elorie a sedere sulle sue ginocchia, carezzandole distrattamente i capelli, mentre osservava l'ambiente attorno a sé. L'atrio era semplice e pulito, e trasmetteva una sensazione di accoglienza; la diffidenza iniziale era scomparsa, e Vivienne si rilassò.
«Adesso viviamo qui mamma?» chiese Elorie.
«Spero di sì, tesoro, ti piace?»
«Non l'ho ancora vista la casa mamma! Dobbiamo aspettare quella signora con la sua mamma!»
Vivienne rimase un attimo interdetta, poi si mise a ridere dell'innocenza della sua piccola, che sentendo parlare di Madre della Gilda aveva pensato che si trattasse della madre di Shonnach.
Un'altra risata si unì a quella di Vivienne, che, distratta e stanca, non aveva notato l'arrivo di un'altra donna nel corridoio, accompagnata dalla Rinunciataria che le aveva aperto la porta. Questa prese la parola e fece le presentazioni.
«Questa è Vivienne Ardais. Vivienne, ti presento Gwennis n'ha Hannah.»
«Piacere!» trillò una vocina dal basso. Le tre donne guardarono la bambina che da terra guardava a sua volta la Madre della Gilda dritto negli occhi.
«Io mi chiamo Elorie, e ho fame!»
Gwennis sorrise alla bambina, poi tornò a parlare con le altre.
«Nella fretta di accoglierti ho dimenticato le tue necessità e quelle della damisela.» Disse accennando a Elorie. «Per favore, Shonnach, le accompagneresti ai bagni? Possiamo cercare qualcuna che si occupi della bambina, ma forse preferisci farle il bagno tu.» Al cenno affermativo di Vivienne, proseguì. «Le sistemeremo in una delle stanze del primo piano, puoi mostrargliele? E dopo cena,» tornò a rivolgersi a Vivienne, «tu ed io parleremo un po' del Giuramento, se vuoi.»


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Due ore dopo, Vivienne era seduta su un comodo letto di piume, in una piccola stanza calda e ben illuminata, intenta a spazzolare i capelli di Elorie prima di metterla a dormire. Entrambe avevano fatto un lungo bagno caldo e rilassante, e una cena deliziosa a base di zuppa e pane che era stata portata loro da un'Amazzone gioviale di cui però Vivienne non riusciva a ricordare il nome.
Elorie sbadigliò, e Vivienne si decise a metterla a dormire nella culla che qualcuno aveva messo nella stanza. Mentre le canticchiava come tutte le sere una dolce ninnananna, pensava con preoccupazione al colloquio che l'attendeva. Quelle donne erano state più che gentili con loro, ma non era detto che l'accettassero. Per quel che ne sapeva lei, magari non potevano accettare le donne nobili! O forse le donne con figli... "Certo," si disse, "la mia prossima idea sarà che non possano accettare le donne troppo basse! Sto esagerando. Aspettiamo di sapere cosa mi diranno." Cercando di non svegliare la figlia, Vivienne si tolse la vestaglia che ancora indossava dopo il bagno, e aprì le sue sacche per cercare qualcosa da mettersi. Osservò con occhio critico i suoi indumenti. Si era portata dietro i vestiti che indossava abitualmente in casa, larghe gonne di lana e calde tuniche ricamate, abiti che le erano sembrati comodi e pratici. L'unico paio da calzoni che aveva erano quelli da cavallo che aveva indossato durante il viaggio, ma erano sporchi e strappati in più punti. Un abito elegante da sera, che era stato di sua madre e che non aveva voluto lasciare al castello completava il quadro. Le sarebbe piaciuto presentarsi alla Madre della Gilda con una tenuta meno femminile, ma si dovette accontentare di una gonna scura molto semplice, dal momento che non voleva passare per una nobile snob ostentando un eleganza fuori luogo. Si pettinò i lunghi capelli rossi, che comunque non poteva nascondere, trattenendoli con un fermaglio d'argento dal quale sapeva che sarebbero comunque scappati presto. Si osservò con occhio critico e si rese conto che non sembrava affatto una Rinunciataria, piuttosto una comynara che cercava di passare per una contadina. E ci riusciva molto male, con quel fermaglio di metallo. "È inutile," si disse, "non posso sembrare qualcosa che non sono. Dovrò cercare di dimostrare che non mi sento superiore perché sono nobile."
Sempre più preoccupata, uscì dalla stanza e scese al piano di sotto, cercando di ricordarsi dove le avevano detto fosse lo studio della Madre della Gilda.


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Un'altra volta Vivienne dovette ammettere di essere partita prevenuta nei confronti delle Amazzoni, e di essersi dovuta ricredere. Gwennis n'ha Hannah si era dimostrata molto più gentile di come se l'aspettava, l'aveva messa a suo agio con una tazza di tè, e nel primo quarto d'ora di colloquio l'aveva rassicurata: nessuno le avrebbe impedito di giurare se fosse stata convinta di farlo.
«Per prima cosa,» stava dicendo in quel momento Madre Gwennis, «ogni Amazzone deve trascorrere un periodo di sei mesi nella Loggia, senza uscire, tranne in casi eccezionali. Questo avviene prima o dopo il Giuramento, a seconda dei casi. Nel tuo caso, visto che sai molto poco di noi, e che impegnandoti impegni anche tua figlia finché non sarà maggiorenne, penso sarebbe meglio che tu giurassi alla fine del ritiro, come sarebbe stato nel caso in cui tu fossi figlia di un'Amazzone e quindi cresciuta tra noi.»
Vivienne chinò il capo. Sapeva di essersi dimostrata ignorante e piena di pregiudizi nei riguardi delle Rinunciatarie. L'altra donna evidentemente attendeva una risposta. "Anche qui qualcuno che mi dice cosa è meglio per me," pensò Vivienne. Poi, sentendosi meschina, visto che la donna non aveva fatto altro che consigliarla, accantonò questi pensieri.
«Per me va bene. Però... non so se per Elorie sia bene restare chiusa tanto a lungo.»
«Non preoccuparti, qualcuna la porterà fuori con sé, se lei vorrà, oppure potremo portarla a giocare ogni tanto con altri bambini al villaggio.»
«D'accordo. Accetto di restare per mezzo anno in ritiro, per essere sicura di fare la scelta giusta.»
Gwennis sorrise e continuò.
«Bene, allora adesso ho bisogno di sapere alcune cose su di te. Come ti chiami? Intendo il tuo nome completo.»
«Vivienne Gabriela Alicia Ardais y Ridenow.»
«Il nome di tua madre?»
«Eleonor.»
«Bene. Allora da ora in poi sarai conosciuta solo come Vivienne tra noi. Quando giurerai, allora ti impegnerai anche a non farti conoscere con altro nome che il tuo e quello di tua madre. Sarai chiamata Vivienne n'ha Eleonor.»
La donna fece una pausa.
«Tu e il padre di Elorie siete sposati di catenas?
«Sono stata violentata, ed Elorie è il frutto di quella violenza. Lei non lo sa. Le ho detto che suo padre è morto.»
«Capisco. Nelle pianure c'è un vecchio detto: ogni Amazzone ha una storia e ogni storia è una tragedia.»
Il fuoco nel camino scoppiettò, interrompendo il silenzio che si era creato dopo questa affermazione. Vivienne si stava chiedendo a quale tragedia stesse ripensando la donna dall'aria serena che aveva di fronte.
«Passiamo alle cose pratiche. Vediamo che lavoro puoi fare qui tra noi. Sai leggere e scrivere?»
«Sì, ho imparato da bambina.»
Madre Gwennis le passò una penna e una pergamena.
Incerta, Vivienne cominciò come le era stato insegnato con la data in cima al foglio, poi scrisse il suo nome. Ripensandoci, lo cancellò e scrisse semplicemente Vivienne.
«Molto bene,» la interruppe l'Amazzone guardando il lavoro. «Hai la mano da copista, anche se sei un po' lenta. Sai cucire, tessere o ricamare?»
«A mala pena so fare un rammendo! La mia balia diceva che un cavallo avrebbe avuto più precisione.»
«Sai cavalcare?»
«Sì.»
«Sai prenderti cura del tuo cavallo?»
«Sì.»
«Cacciare col falco o con le trappole?»
«No.»
Annuendo, Gwennis riprese: «Suppongo tu non sappia neppure combattere.»
«No. Conosco qualche tecnica per cadere senza farsi male, o per divincolarsi da un'aggressione, ma nulla di più.»
«Sai cucinare?»
«No.» A Vivienne venne quasi da ridere pensando allo stufato che aveva tentato di preparare il terzo giorno di viaggio, e alla faccia di sua figlia nell'assaggiarlo.
«Conosci l'uso delle erbe?»
«Sì, era quello che facevo più volentieri a casa.»
«Sai anche preparare medicine?»
«Sì, e diagnosticare le malattie. Mi hanno sempre detto che sono molto brava in questo.»
«Sai fare anche la levatrice?»
«Ho fatto nascere un bambino solo. In teoria potrei farlo, ma non ho esperienza.»
«Molto bene, te la sentiresti per ora di lavorare nell'erboristeria? Dovresti fare l'inventario e preparare le medicine più comuni. Anche la tua conoscenza medica può esserci utile.»
«Lo farò con piacere.»
«Suppongo che tu non ti sia portata dietro un amante nella tua fuga, ma credi che sarà un problema stare senza per sei mesi?»
Vivienne arrossì. «Non ho mai avuto un'amante, nonostante sia vecchia. Non credo sia un problema farne a meno.»
Gwennis sollevò un sopracciglio. «Vecchia? Quanti anni hai?»
«Ho compiuto i diciotto.»
«Allora sei molto giovane. E da quanto vedo, anche molto stanca. Vai a riposare sorella. Domani ti presenterò alle altre. Buonanotte.»
Congedata, Vivienne tornò nella sua stanza. Il fuoco nel camino era quasi spento, e lei vi aggiunse un po' della legna che era contenuta in una cassetta vicino al caminetto, poiché aveva molto freddo. Elorie dormiva tranquilla. Rimase un po' a guardarla. "Da domani, piccola mia, comincia una nuova vita. E niente più cambiamenti." Poi si coricò, e nonostante l'emozione di quella svolta nella sua vita, prese subito sonno.









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Disclaimers

Vivienne Ardais, scappata di casa con un figlioletta a carico, raggiunge Elvas e decide di chiedere asilo alla Gilda delle Rinunciatarie.

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Ultimo aggiornamento: 31/12/2008